“La mia coppa è vuota, Merlin.”
Merlin si riscosse dalla trance e si avvicinò per riempire ancora una volta il calice di Arthur.
Qualche giorno prima Arthur gli avrebbe trattenuto il polso con una presa ferrea per costringerlo ad avvicinarsi, e ne avrebbe approfittato per scambiare due parole. Di biasimo, in genere, ma Merlin avrebbe risposto e sarebbe finita in un sorriso.
“Aspettate,” Disse Lucan, e provvide lui stesso a versare il vino “E’ bella.” Mormorò poi.
Merlin l’aveva già notata da quando aveva messo piede nella sala del banchetto. Era di una bellezza tipica delle terre a Nord, i capelli chiari che stranamente si accordavano con la pelle lattea, il naso aquilino e dritto, gli occhi strani, troppo grandi e vivi, che le davano l’aria di chi si sta perdendo in mille cose, le ciglia spesse e chiare.
Arthur le lanciò un’occhiata veloce “Abbastanza. Allora, domani a caccia di nuovo? Voglio prendere quel cervo enorme che abbiamo visto l’altra volta.”
Merlino rimase dietro di loro. D’altra parte quello era sempre stato il suo posto.
“Sire, non voltatevi, ma credo che mi stia guardando.” Sussurrò improvvisamente Lucan “O forse guarda voi. Non vi girate.” Si sporse appena da sopra la spalla di Arthur, per poi ritrarsi velocemente. “Guarda me. Chi è? La conoscete?”
“Ma chi?” Rispose Arthur infastidito dall’essere stato interrotto “Quella? E’ la nipote di Sir Bedivere. Ora, se non ti dispiace, possiamo tornare alla caccia? Stavo dicendo - ”
“Come si chiama? Scusatemi, ma… pensate di potermela presentare? E’ davvero molto bella” Spalancò di scatto gli occhi come preso da un timore improvviso “Ho le migliori intenzioni, se di questo vi preoccupate! Voglio solo parlarle.”
Arthur si bloccò completamente e per la prima volta dall’inizio del banchetto si girò per guardare gli altri ospiti. Fissò la povera ragazza a tal punto che la fece arrossire.
“Lynette.” Mormorò.
“Lynette.” Lucan si girò il nome in bocca come un cucchiaino sporco di miele.
“Andate e presentatevi da solo.” Disse secco Arthur “Non ho ancora finito il mio vino.” E diede un sorso dimostrativo al bicchiere.
Probabilmente Lucan non aveva ascoltato una parola, ma annuì subito, prese una boccata dal calice e scivolò giù dal sedile con l’aria di chi non sa bene quel che fa ma lo vuol fare a tutti i costi.
Quando Arthur si voltò, a Merlin il suo viso non piacque per niente.
“Vino, Merlin.” Disse, e lo fece come se ogni lettera facesse male.
Tredici bicchieri e mezzo dopo, Merlin stava trascinando un Arthur completamente ubriaco attraverso la porta della sua stanza.
“Per vostra fortuna Gaius ha un ottimo rimedio per domattina” Mugugnò sotto il peso del corpo privo di forze “O vi avrei ucciso per farvi un favore.”
“ - sposerò Gwen,” Biascicò Arthur da sopra la sua spalla continuando un discorso senza senso che aveva iniziato per le scale. “Be - bello. Arthur e Gwene- Gene- Guinevere. Sovrani di Camelot.”
“Bello.” Rispose Merlin cercando di farlo arrivare al letto. Una volta accanto bastò una piccola spinta per farlo crollare disteso.
“Ma non avremo - non avremo - bambini. Non mi piacciono. Quello druido, quello scuro, Mar- Mor- ”
“Mordred.”
“Mi faceva paura.”
Merlin si sedette accanto a lui e cominciò a togliergli gli stivali.
“Non dite più niente con cui potrei ricattarvi. La tentazione comincia a diventare troppo forte per resistere.”
“Merlin.” Il tono cambiò a tal punto che Merlin lasciò gli stivali e si voltò a guardarlo.
“Sì?”
Senza dar cenno di aver sentito, Arthur fece un respiro profondo e fissò gli occhi sgranati sul soffitto, la mascella tesa come quando era al cospetto di suo padre e si sentiva inadeguato. Quando espirò aria in un evidente tentativo di calmarsi, Merlin gli sfiorò piano un braccio sentendo la rigidità dei muscoli attraverso il cotone.
“Sì?”
Arthur abbassò lo sguardo su di lui, quasi perso, poi lo rialzò di nuovo.
“Non sto bene, Merlin.” Disse piano, con voce profonda.
Merlin intensificò la presa. La paura di perderlo che lo aveva accompagnato per tutta la settimana si era acuita all’improvviso, ed ebbe bisogno di avvicinarsi di più per ricominciare a pensare.
“Vi hanno fatto qualcosa? Avete preso qualcosa? Bevuto?”
Arthur scosse la testa con evidente fatica. “No.” Sussurrò “No. Ma fa male.”
Merlin sapeva cosa faceva tanto male, e se avesse potuto avrebbe fatto qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa. Ma aveva paura che questa volta nemmeno la magia sarebbe servita a molto.
Disperato, quando il giorno dopo il principe non tirò fuori l’argomento e andò a caccia con Lucan, preferì dirsi che erano stati solo deliri da ubriaco. Fino a quel pomeriggio.
“Stai diventando troppo sicuro di te.”
“E’ colpa vostra che me lo permettete, Sire.”
Arthur schivò un altro affondo con la grazia di chi ha visto di peggio, Merlin sul momento poteva dirne due o tre, ma sorrise al cavaliere che si era fermato ansimando.
“Com’è che è sempre colpa mia, Sir Lucan? E non fermatevi così in mezzo ad un duello.”
Lo toccò appena con la spada, niente di simile ai colpi che toccavano a Merlin se veniva trovato distratto o stanco.
Lucan alzò lo sguardo ed anche lui sorrideva come se non avesse mai potuto chiedere di meglio che essere lì con il sole che accarezzava i campi di Camelot e un principe pronto alla battaglia.
“Ed io che pensavo che fosse un addestramento tra amici, Maestà.”
Lo sguardo di Arthur aveva l’ardore di quando Morgana metteva il vestito rosso e la felicità onesta di quando suo padre si congratulava. “Lo è ” rispose senza smettere di sorridere, mentendo palesemente, “Lo è.” .
E Merlin, che lo aveva già intuito, non riuscì più a negare.
Il principe Arthur era innamorato.
Morgana fermò Merlin durante il cambio di biancheria per il letto di Arthur, il momento meno propizio di tutta la giornata per fermarsi a scambiare due parole.
Merlin sbirciò da sopra il carico di cuscini e lenzuola che teneva tra le braccia. “C’è qualcosa che posso fare per voi?”
Morgana fece un cenno rapido con la testa come invitandolo a troncare lì i convenevoli.
“Cos’ha Arthur?”
“Arthur?” Merlin spostò il peso da un piede all’altro sentendo che i cuscini gli sfuggivano “Niente. Questa mattina è andato ad allenarsi con Sir Lucan e stava bene. Perché?” Chiese subito, ansioso “Gli è successo qualcosa?”
Morgana annuì con impazienza “Sicuramente gli è successo qualcosa, ma speravo tu potessi dirmi cosa. Ora dovrò parlare con Gaius.”
Merlin si risolse ad abbandonare i cuscini a terra e riuscì così a notare che la ragazza era davvero preoccupata. “Gaius? Ma sta male?”
“Non sta bene, questo è sicuro. L’hai guardato negli ultimi giorni, Merlin? Mi verrebbe da chiedergli se dorme o no due ore a notte, se le occhiaie non parlassero abbastanza. E ora questo!”
Merlin annuì. Arthur dopo la sera del banchetto si era come spento a poco a poco, mangiava poco o nulla e andava a dormire presto adducendo scuse sempre più improbabili, per poi presentarsi la mattina seguente con il viso stravolto di chi si è addormentato solo con le prime luci dell’alba. Allenava i suoi cavalieri con lo sguardo perso in terra, assisteva alle cerimonie senza aprire bocca e senza spostarsi dal fianco di suo padre. Merlin si struggeva per aiutarlo, indagare almeno, ma ormai era il servo di Arthur solo di nome e l’unica cosa che gli era richiesta era di stare fuori dai piedi.
Entrava nella sua stanza per ritirare i vestiti sporchi, e lui non c’era, e quando li riportava la stanza era ancora deserta.
Non che fosse un mistero dove Arthur si trovasse. Come una falena, volava verso la luce senza riuscire a staccarsi, lo seguiva in ogni cosa, se lo teneva accanto, camminava al suo stesso passo. Ed era possessivo, ogni distrazione di Lucan era dolorosa, Merlin poteva vederlo. Ma quando si bruciava non trovava neppure il tempo per leccarsi le ferite, costretto a correre dietro a Lucan ancora e ancora.
L’amore non dovrebbe essere così, pensava Merlin. Fa troppo male.
“Questo?” Mormorò Merlin “Cosa - non siete tenuta a spiegarmelo.” Aggiunse, perché Morgana riusciva a sembrare sempre spaventosa. Anche se in un modo gentile.
Morgana scosse la testa “Mi fido di te. L’idiota ha detto ad Uther di volersi fidanzare con la figlia minore del Duca di Pellinor.”
Merlin aprì la bocca. Poi la richiuse.
“Uther ha ovviamente rifiutato. Ma comunque! Non le ha nemmeno mai parlato, Merlin. Non è da lui. Non ha senso. E sai cosa mi ha detto quando gli ho chiesto cosa avesse in mente? Che sperava di poterla portare al fiume domani con Sir Lucan e Lynette per conoscerla meglio. Conoscerla meglio.” Aggiunse con un misto di pietà, incredulità e disgusto.
“Sir Lucan e - ”
“Si sono fidanzati ieri. Forse qualcuno ha versato del filtro d’amore nei bicchieri di tutta Camelot. Oppure soffrono tutti di una malattia del cervello. Devo parlare a Gaius.”
Merlin si sentì rispondere “Lasciate fare a me, vi prego,” mentre ancora i pensieri nella sua testa vorticavano impazziti per le ultime frasi di Morgana.
Quella notte stessa Merlin scivolò furtivo oltre Gaius che russava su un testo di botanica, oltre le solite guardie con le palpebre pesanti, giù per le scale di pietra, e si ritrovò davanti al Grande Drago.
“Di nuovo qui, giovane stregone?” La voce profonda del Drago rimbombò nella grotta scavata nelle fondamenta, e il suo soffio fece ondeggiare la luce delle fiaccole dando vita a strane ombre.
Merlin annuì deciso “Ho bisogno ancora del tuo aiuto.” Disse con forza. La grotta risuonò di un eco cupo. “Devi aiutarmi a salvare Arthur.”
Il Drago abbassò l’enorme muso fino ad avere gli occhi al pari con quelli di Merlin. “Salvarlo? Se Arthur Pendragon deve essere salvato, il compito spetta a te.”.
“Lo so. Ma devi aiutarmi perché…” La voce di Merlin si spense nei suoi stessi dubbi.
Arthur deperiva a vista d’occhio, e questo era un fatto, e si comportava come se fosse impazzito, e questo era un altro, e dopo quello che aveva detto Morgana... Non per la prima volta, Merlin si ritrovò a chiedersi se era adatto al ruolo che gli era stato affidato dal destino. Avrebbe dovuto affiancare Arthur mentre si preparava a diventare re, e si era trovato a servirlo. Avrebbe dovuto aiutarlo, sostenerlo, e sapeva bene che Arthur non era uno che chiedesse aiuto, e che quindi c’era solo un modo per farlo: conoscerlo.
Avrebbe dovuto essere lui a riconoscere i segni della malattia sul viso di Arthur, ma aveva finto di non vedere i sintomi, aveva chiuso gli occhi, non aveva capito. Ed ora che era tutto chiaro, che la malattia non poteva più essere ignorata, ecco che si ritrovava di nuovo a dubitare.
“Ti hanno già dato un aiuto, Giovane Mago.”
Merlin si riscosse dai suoi pensieri. “Chi? Nessuno mi ha aiutato. Nessuno sa cosa gli sta succedendo.”
Il Drago fece un verso che somigliava ad uno sbuffo “Il Destino non si manifesta in te solo, Merlin. Quando cammini nelle stanze di questo castello, qualcuno sa già che lo farai.”
“Sa già…”
“Qualcuno sogna di te.”
Merlin rimase qualche istante senza capire, poi l’illuminazione. “Morgana?”
“Chi vede troppo può saper troppo senza accorgersene.”
Merlin ripercorse velocemente tutto quello che lui e Morgana si erano detti nell’ultima settimana, e la risposta fu subito lì, neppure nascosta. Fu come un sorso d’acqua fresca dopo una giornata nei campi di grano di Ealdor, come se si fosse portato un peso in gola per giorni e giorni e ora fosse finalmente andato giù.
A differenza di Morgana lui aveva familiarità con la magia, e sapeva bene che l’ipotesi di un filtro d’amore non era né impossibile (o strana, se paragonata a fate assassine o scudi da cui uscivano serpenti) né improbabile visto il degenerare della situazione.
Tutti i sintomi combaciavano con la descrizione di un filtro che aveva trovato una volta sfogliando il suo libro: la rapidità di sviluppo del sentimento, il tormento della vittima, il non essere capace di arrendersi, persino le nottate insonni. Il non riconoscere la realtà per com’era, i veri amici da chi neppure si conosce.
“Sì,” sospirò, lasciando che tutto fluisse via “Sì, è un filtro d’amore.”
Non è vero che non mi vuole, è solo un filtro d’amore. Non è che non sono nobile, che non so combattere, che non riesco a capire in cosa crede, che mi ha sostituito perché non sono abbastanza.
Il Drago lo osservò attentamente “Temevi invece che la malattia di Arthur Pendragon fosse solo nel suo cuore.”
Merlin annuì stancamente senza chiedere come potesse saperlo.
“Solo tu poi dirlo, Merlin. Guarda dentro di te, pensa al Principe che conosci e cui il destino ti ha legato.”
Merli chiuse gli occhi e la grotta buia scomparve. Piano piano sparirono anche le tracce della luce delle torce sulle sue palpebre, e apparvero le immagini di Arthur che ormai lo accompagnavano da mesi.
“No.” Sussurrò dopo qualche istante ancora, con l’immagine del Principe in quegli ultimi giorni che diventava dolorosa “No. E’ un filtro d’amore.”
“Lo è, Merlin?”
Il ‘sì’ uscì di nuovo in un soffio, poi diventò più forte “Non mi ignorerebbe mai così. Non è da lui.”
“Se sei sicuro, ecco la tua risposta.” Il Drago cominciò ad allontanarsi, le enormi zampe che si pestavano impazienti la roccia.
“Non sono sicuro.”
Il Drago si scrollò di dosso la sua voce come polvere, sbuffando dalle narici “Nessuno lo è mai, Merlin.”
“Aspetta. Cosa devo fare? Come posso curarlo?” Chiese a vuoto, il Drago che ormai guardava verso l’altissimo soffitto. La roccia sembrò franare quando si staccò da terra.
Con un ultimo ripensamento sincero, Merlin gridò “Non sono sicuro! Mi hai sentito? Non sono sicuro di poter capire cosa il destino vuole da me!”.
Quando l’animale fu nascosto alla vista, l’eco della caverna rimbombò piano ‘Tocca a te, Merlin, Merlin, Merlin, Merlin’.
Gaius lo guardò tra lo scettico e il preoccupato. “Il filtro d’amore non è una cosa su cui scherzare.”
“Lo so. Per questo sono venuto qui.”
Il vecchio si sedette lentamente sullo sgabello, accarezzando con una mano in un gesto nervoso uno dei suoi vecchi libri. “E dici che qualcuno l’ha messo nel bicchiere del Principe.”
“Nel bicchiere, nel piatto, nell’acqua del lavabo, che importa?”
“Questo, ” Disse Gaius scuotendo la testa “E’ il motivo per cui sei un incapace. Se scopriamo come Arthur ha assunto il filtro, saremo un passo più vicini a scoprire chi l’ha creato e a costringerlo a dargli l’antidoto.”
“Allora c’è un antidoto.”
La fronte di Gaius si raggrinzì come un lenzuolo stropicciato, e i suoi occhi si persero sulla parete dietro Merlin “Non ne ho mai sentito parlare, ma” Disse lentamente “dovrebbe esserci un libro…”
Senza degnare Merlin di un’altra occhiata prese il suo mantello e uscì dalla porta.
Merlin si rifiutò di sperare troppo, si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi, vinto dalla stanchezza.
“Merlin. Svegliati, ragazzo.”
Merlin si riscosse di scatto battendo contro il legno del tavolo. Ma Non ci fece neppure caso, appena vide l’espressione di Gaius.
“Non esiste un rimedio?” Chiese inorridito.
Gaius scosse mestamente la testa sedendosi al tavolo “Esiste, ma non è niente di sicuro.”
Merlin sentì una corrente di sollievo salire a rinvigorirlo, la stanchezza che spariva. Non importava quanto fosse alto il prezzo da pagare, sapeva bene che per Arthur l’avrebbe fatto.
“Dimmi cosa.” Disse.
Gaius sospirò come se si aspettasse già la risposta e stese davanti a lui una mappa del regno.
“C’è una pianta” Cominciò a spiegare “Una specie simile alla giunchiglia che nasce solo accanto al Lago di Or, e che fiorisce una volta l’anno. L’unico rimedio possibile per il filtro d’amore è far bere al Principe acqua di lago tenuta una notte a riposare con il fiore.”
Merlin annuì memorizzando tutte le informazioni “D’accordo. Dove si trova il Lago di Or?”
“A Nord delle terre di Camelot, ai confini settentrionali del Regno, almeno quattro giorni a cavallo. Ma, Merlin, non è questo il problema.”
Merlin inghiottì a vuoto di fronte all’espressione tetra del medico. “No?” Chiese.
Gaius sospirò ancora “Mi dispiace, ma credo proprio che sia già sfiorito. La fioritura dovrebbe essere la settimana dopo Beltane, e ormai ne sono già passate due, senza contare - ”
La porta di legno del laboratorio si aprì con uno schianto e Arthur fece il suo ingresso.
Merlin non poté fare a meno di notare come sembrasse distrutto, nonostante l’espressione fosse il solito malcelato fastidio. Ma gli occhi erano infossati, arrossati come se non dormisse da giorni e pieni di un tormento che doveva essergli nuovo tanto quanto lo era per Merlin.
“Gaius!” Chiamò imperioso senza dar segno di essersi accorto di Merlin. I pugni stretti tremavano.
Gaius lanciò un’occhiata a Merlin prima di alzarsi rispettosamente “Sire.”
“Mi hanno detto” Cominciò Arthur quasi con rabbia “Che prescrivi a Morgana rimedi per dormire.”
“E’ così, Sire.”
“Bene!” Accortosi di avere quasi urlato, serrò ancora di più la mascella, cominciando a misurare la stanza in grandi passi “Bene. Desidero la stessa prescrizione. Doppia.”
“Questo non è possibile” Disse Gaius cercando di tenere la voce più quieta possibile “ Lady Morgana soffre di incubi, e ciò che le prescrivo le assicura un sonno senza sogni.”
Arthur fece uno scatto con il capo “ Allora dammi dell’altro. Sei il medico di corte.”
Gaius accolse la richiesta e cominciò ad aggirarsi tra le sue erbe.
Merlin, che non aveva potuto far altro che guardare e catalogare tutto ciò che non andava in Arthur, si alzò lentamente dallo sgabello avvicinandosi al Principe e alzò le mani per istinto, mostrando i palmi come si fa con un animale diffidente.
“Arthur,” Chiamò piano.
Arthur si voltò, guardandolo davvero per la prima volta da quando era entrato, e fece un cenno di riconoscimento. “Sire.” Corresse.
“Sire” Gli accordò Merlin. “Volevo - ”
La porta si aprì di nuovo, questa volta con delicatezza, e uno degli sguatteri fece capolino con la testa.
“Sua Altezza?”
“Sono qui.” Ringhiò Arthur.
“Vi cerca Sir Lucan. Si chiede se Vostra Altezza abbia ancora l’intenzione di unirsi ai festeggiamenti per il fidanzamento offerti da Sir Bedivere, stasera. E se gli concederà ancora l’onore di cavalcare con lui questo pomeriggio.”
Merlin era vicino abbastanza da osservare ogni cambiamento passato come ombra sul viso di Arthur, la speranza, profonda e dolorosa, la rabbia, il disgusto per se stesso e infine la rassegnazione.
“Devo andare.” Disse Arthur rivolgendosi a Merlin “E grazie, Gaius, appena trovi qualcosa… qualunque cosa, mandala nelle mie stanze.”
Quando se ne fu andato seguendo lo sguattero come se davvero per lui non ci fosse altra scelta, i due si guardarono in viso. Fu Merlin ad abbassare per primo lo sguardo.
“Devo tentare.” Disse solo, e Gaius annuì.
Era qualche giorno che non era più stata richiesta la sua presenza nelle stanze del Principe, così Merlin si aspettava già che il disordine regnasse sovrano. Quello che non si aspettava era che in mezzo ai vestiti lanciati e alle lenzuola stropicciate ci fosse Arthur, impegnato a prendere a calci qualsiasi cosa gli stesse intorno.
“Arthur?” Chiamò, sorpreso e allarmato dal viso sconvolto del ragazzo. “Sono venuto a portarvi le erbe medicinali per dormire.”
“Stupido.” Ringhiò Arthur tra i denti “Stupido stupido stupido.”
Merlin si fece strada in mezzo al disordine, abbandonò le ampolle sopra un tavolino incolume e si fermò, indeciso tra la voglia di avvicinarsi ad Arthur e la paura di come avrebbe potuto reagire.
“Cosa - che è successo?” Tentò, asciugandosi nervosamente i palmi delle mani sui pantaloni, senza perderlo d’occhio.
Arthur sferrò un altro calcio a una sedia che si rovesciò con un tonfo. “Sono. uno. stupido. Un. maledettissimo. stupido.”
“Cosa avete fatto?” Chiese Merlin, temendo più le ripercussioni su Arthur di quello che era realmente successo.
Arthur si bloccò, e si girò in modo da dargli le spalle. Lentamente fece in modo di calmare il respiro. “Sto umiliando me stesso. Mio padre. L’intera Camelot.” Disse, cercando senza riuscirci a tenere salda la voce.
Merlin si avvicinò alle spalle contratte fino quasi a toccarle. Non sapeva come avrebbe potuto reagire se avesse saputo del filtro d’amore, se avesse pensato di essere in balìa di un incantesimo. Ma più di tutto, non sapeva come dirgli che aveva capito da tempo che era innamorato. Di un ragazzo. Un cavaliere.
Allungò la mano, ma appena sfiorò il cotone Arthur si allontanò.
“Non so cosa mi prende. Mi sto addirittura facendo compiangere da te.” Fece una risata triste “Ma che dico. Lo so anche troppo bene. Ormai so solo questo.”
“Ma cosa avete fatto?”
La risata tornò, più cupa e triste di prima “Ho fatto una proposta di matrimonio. Un’altra. Non è divertente? Anni e anni di rifiuti, calcoli, attenzione a non dare il minimo segno che - e ora eccomi qui. Due proposte nel giro di una settimana. L’intera Camelot starà morendo di risate alle mie spalle.”
L’idea di essere oggetto di scherno era così dolorosa per Arthur che fu costretto a fare una pausa. Merlin lo vide scuotere la testa bionda e abbassare le spalle e si sentì stringere lo stomaco dalla pena.
“Non è colpa tua.” Mormorò.
“No, certo.” Il sarcasmo era duro e senza speranza “Lo sai a chi ho chiesto la mano? Con chi ho messo in ridicolo di nuovo mio padre e tutto ciò che rappresenta? Lynette. La cazzo di fidanzata di Lucan.”
“Arthur…”
“Mi è sembrata l’unica cosa da fare! L’unica! Non mi basta nemmeno più il vino, Merlin.”
Le spalle cominciarono a tremare, Arthur fu preso di nuovo dalla rabbia e sferrò un altro calcio contro l’armadio. “Non. mi basta. più. niente.”
“Arthur.” Merlin scansò i vestiti e le sedie rovesciate e gli si affiancò, costringendolo a guardarlo. Le pupille erano enormi, dilatate e piene di smarrimento, e Merlin sentì di dovergli dare un qualsiasi appiglio. “Ascolta. Non è colpa tua.”
Arthur scosse la testa, ma non distolse lo sguardo. “Non sai quello che dici. Non sai… niente. Non sai niente.”
Merlin gli si avvicinò ancora, tenendo gli occhi ben piantati nei suoi. “So quello che provi per Sir Lucan. Cosa senti. So che -” inghiottì “lo so. Me ne sono accorto.”
Anche Arthur inghiottì, come di riflesso, e spalancò gli occhi. La vergogna stava quasi mangiando il blu dell’iride. “Non - ”
“Ma non è colpa tua, Arthur.”
“Tu non sai” Sussurrò Arthur “Quanto ho provato a non pensarci. Quanto vorrei…”
“Lo so.” Lo rassicurò Merlin “Io credo… credo sia un filtro.”
Merlin si sarebbe aspettato tutto meno che una risata. Invece Arthur rise, e quando smise di ridere aveva ancora una smorfia simile a un ghigno che gli deformava l’espressione.
“Un filtro. Che tipo di filtro, Merlin? Un filtro magico? Una delle erbe di Gaius?” Se anche Merlin non si fosse accorto che quella sera il principe aveva esagerato di nuovo con l’alcol, l’espressione di quel momento gliene diede ogni conferma. “C’è una magia che mi fa stare così? Te lo sto chiedendo, Merlin! Una magia che mi entra nel sangue e mi costringe a guardare, a guardarlo ancora e a volergli parlare, sempre, e a volerlo vicino e a volerlo, Dei, toccare e non riuscire a rassegnarsi, perché Merlin! Non puoi farlo quando lo vedi che la guarda e le parla e non riesci a sopportarlo e sai qual è la cosa peggiore?”
Merlin non poté che negare, esterrefatto e affascinato insieme dallo sguardo febbrile di Arthur e dalla facilità con cui le parole gli uscivano dalla bocca, come trattenute per troppo tempo.
“Che più di tutto, più della vergogna e dello schifo per aver tradito la sua fiducia e quella di mio padre, più della paura di essere scoperto, più della rabbia per non sapermi trattenere, più di tutto, quello che fa più male è non averlo!” La voce, che era andata in crescendo, si spense in un sussurro doloroso “Non averlo mi distrugge. Che non mi voglia mi distrugge. Quindi, Merlin, dimmi, è forse una magia o un qualche tipo di pianta?”
“Sì.”
Arthur lo guardò, attonito, poi esausto scosse la testa. “Non è possibile. Lo sento, è dentro di me.”
“E’ un filtro d’amore. Esiste, e basta versarlo in qualcosa che tu abbia bevuto o mangiato per ottenere questi risultati. Può averlo fatto chiunque. Ma, cosa più importante,” Non riuscì a fermarsi per non dargli false speranze. Ogni tipo di speranza sarebbe andata bene. “C’è un rimedio.”
Una prima scintilla vibrò negli occhi chiari dell’altro, ancora troppo piccola. “E tu come fai a saperlo?”
“Non sono io.” Mentì Merlin, abituato a cedere i meriti. “E’ stato Gaius.”
“Gaius sa…?”
“Mi dispiace. Però sa anche che non è dipeso in nessun modo da te.”
Arthur dovette chiudere gli occhi un secondo per contrastare l’ondata di vergogna, ma quando li riaprì sembravano leggermente più saldi. “Ed è sicuro che sia…”
“Sì.” Mentì di nuovo Merlin. “E mi ha spiegato come trovare l’antidoto. E’ un fiore di una giunchiglia che cresce solo sul Lago di Or, quindi non dovrebbe - ”
“Partirò domattina.” Nella voce per la prima volta da settimane Merlin ritrovò l’Arthur che conosceva. “Se c’è anche la minima speranza, devo tentare.”
“Non potete andare da solo” Protestò Merlin “Siete anche abbastanza debilitato dagli ultimi giorni.”
Arthur scosse la testa con foga “Non sono niente di simile a debilitato. E non posso farmi accompagnare dai miei cavalieri. Ora come ora non sarebbe sicuro.” Concluse abbassando gli occhi.
Anche se l’idea di Arthur che si approfittava di Sir Lucan contro la sua volontà era abbastanza comica, Merlin sapeva che almeno in parte aveva ragione. Non era sicuro per lui costringerlo a dieci giorni di stretto contatto.
“Verrò io.” Dichiarò “Certo non salterete addosso a me.”
Arthur strinse le labbra.