“Ogni cinque o sei anni scrivo - qualcuno di noi scrive - un articolo che è sempre lo stesso, e che in sostanza dice: ti prego, dimmi che non ti sei abituato, non ancora. Ossia: accade qualsiasi cosa, ovunque, il villaggione globale brulica e bussa incessantemente alla porta: anche perché le porte sono tremila, ci sono la tv e internet e il telefono e il tablet e facebook e twitter e whatsapp, e tutto è uguale a tutto, si rimescola in un brodo opaco e insapore dove ogni cosa s'inquadra tra il già visto e il già vissuto, basta un istante e una visione professionale della realtà rovina ogni cosa, e anche l'irripetibile si fa ripetitivo, le apparenze ti bastano, ogni indizio e ogni umore diventa una sentenza e poi un titolo, un articolo, un tweet di 140 battute, un video introdotto dalla pubblicità di un'automobile: e basta. Due bambine kamikaze di 10 anni si sono fatte esplodere: dimmi che non ti sei ancora abituato. Prova a ripeterlo: due bambine kamikaze di 10 anni si sono fatte esplodere. Sì, certo, ci sono pure gli anni che passano, e che asciugano il cuore, lo incrostano di cinismo e di indifferenza: ma dimmi lo stesso che non ti sei abituato. C'è anche un video con un bambino musulmano di dieci anni che spara a due prigionieri: fermati un attimo. Fermatevi un attimo. Dicono: l'Occidente. Ma voi, intanto, diteci che non vi siete ancora stancati di leggere i giornali, come noi di scriverli.”
Filippo Facci