Titolo: Won't Go Home Without You.
Fandom: Doctor Who
Parsonaggi: Madame Vastra/Jenny Flint
Parte: 1 di 1
Rating: G
Parole: 4619
Riassunto: Jenny viene ferita durante una missione e a Vastra non resta altra scelta che chiedere aiuto a qualcuno che non avrebbe mai voluto contattare.
Note: Jenny, Vastra Strax e ogni personaggio di DW non mi appartiene, scrivo solo per divertimento e non a scopo di lucro.
Quella sera Vastra e Jenny stavano uscendo dalla casa di Paternoster row nel buio fitto della notte. Erano già passate le undici, ma entrambe erano vigili e attente. Un ombra sul muro più veloce di un lampo, e poi più nulla. Percorsero le strade che portavano al porto a memoria, ormai era una settimana che pattugliavano quella zona alla ricerca di un gruppo di malviventi, i quali avevano derubato quella che all’apparenza sembrava solo un’anziana signora, ma che in verità non era altri che una forma di vita aliena che si era ritirata in pensione sulla terra dopo aver combattuto una guerra in un mondo lontano e che avrebbe tanto voluto godersi la vacanza piuttosto che rivolgersi a madame Vastra per recuperare un prezioso dispositivo alieno che nelle mani sbagliate avrebbe potuto provocare qualche danno a Londra.
«Mi piacerebbe tanto sapere cosa se ne faceva una innocua vecchietta di un disgregatore molecolare.» Si chiese Jenny appostata dietro ad un magazzino dal quale uscivano risate poco rassicuranti.
«Avrà avuto i suoi buoni motivi, suppongo.» Le ripose il Silurian appena un secondo prima di fare irruzione e ritrovarsi davanti ad un capannello di magazzinieri grandi grossi e anche un po’ puzzolenti.
«Le vostre madri non vi hanno insegnato che non si prendono i giocattoli degli altri bambini?» Sogghignò Vastra notando che uno dei cinque teneva in mano un dispositivo decisamente troppo moderno per appartenere a quell’epoca e a quei manigoldi.
Gli uomini non si fecero prendere di sorpresa e attaccarono con spranghe e bastoni, che le due donne schivavano senza fatica. Vastra atterrò la maggior parte dei componenti della cricca lasciando anche a Jenny il privilegio di sfoggiare le sue, sempre più affinate, capacità di combattimento. Osservava la ragazza mandare fendenti contro l’uomo che le si era messo stupidamente contro pensandola solo una ragazzina facilmente battibile. Oltre che illuso pure un vigliacco che non aveva voluto misurarsi con l’avversario apparentemente più temibile, e finalmente con un gesto secco Jenny riuscì a mandarlo KO colpendolo alla testa con l’elsa sella sua katana.
La giovane si girò subito alla ricerca dello sguardo di Vastra che poco lontano le sorrise radiosa.
«Sono stata brava?» Domandò orgogliosa la ragazza.
«Non lo so, non ho visto, hai fatto qualcosa?» Domandò Vastra fingendo indifferenza.
«Mh! Sei proprio una brutta lucertola, ecco.» Finse di adirarsi Jenny che in realtà aveva sentito su di lei lo sguardo della donna per tutto il tempo.
«Sei stata bravissima, amore mio.» La gratificò il Silurian prima di tornare ad analizzare lo strano marchingegno.
«E ora che ce ne facciamo di questi… quattro?» La giovane ragazza contò tre volte gli uomini a terra ma del quinto non c’era più traccia. Di nuovo all’erta e con le spade sguainate ascoltavano il silenzio del capannone con i nervi tesi, poi si udì uno sparo e Jenny cadde a terra mentre l’uomo che aveva atterrato pochi minuti prima rivelava la sua posizione pronto a colpire Madame, la quale lo avvelenò con un rapido colpo della lingua prima di accasciarsi in soccorso della sua amata.
Perdeva copiose quantità di sangue da un lato del corpo, Vastra non riusciva a vedere nulla nella penombra, sollevò Jenny di peso e la portò sotto ad un lampione. Strappò parte della sua gonna e l’avvolse come poteva attorno alla cassa toracica della ragazza che respirava affannosamente.
«Riesci a sentirmi? Riesci a sentirmi?» Ripeteva il Silurian in panico.
Nulla, nessuna voce si levava da Jenny anche se il suo debole polso ancora rivelava che era viva, per ora.
Vagliò velocemente nella sua mente ogni possibilità che le veniva in mente. Ospedali umani non erano la soluzione ideale, l’avanzamento della cultura degli umani dell’epoca era scarsa e molto approssimativa, avrebbe dovuto chiamare il Dottore, ma non sapeva quanto tempo avrebbe impiegato a ricevere il suo SOS. Doveva fare una cosa che non avrebbe mai pensato di poter fare, rivolgersi ai suoi simili. Il Dottore le aveva detto che c’era, nel sud del Galles, una tribù di Silurian addormentati sotto la crosta terreste, solo alcuni di loro vivevano mentre gli altri riposavano in attesa ma i medici e le alte cariche avevano il dovere di vegliare sul loro popolo in caso di emergenza. Doveva tentare, certo portare una tanto odiata umana da loro poteva condannarla, ma in quelle condizioni la vita di Jenny era comunque segnata. Aveva l’obbligo di provarci almeno. Parker era parcheggiato nelle vicinanze, non ci volle molto a raggiungerlo con il piccolo corpo dell’umana tra le braccia che si lasciava andare ad ogni minuto che passava.
«Veloce, a Cwmtaff!» Ordinò e come una furia la carrozza si diresse verso la meta mentre all’interno Vastra cercava in ogni modo di tamponare la ferita sperando con tutta sé stessa che non fosse mortale.
Viaggiarono tutta la notte e quando arrivarono con il sole cominciava a fare la sua comparsa all’orizzonte.
Vastra riconobbe subito segni Silurian sul terreno, non dovevano essere saliti in superficie per molto tempo ma delle montagnette sospette correvano in linea retta sul terreno come a voler coprire delle entrate. Tra le rocce scorse un enorme cratere, sperò di fare la cosa giusta e si calò in esso tenendo alla bene e meglio Jenny cercando di non scivolare rovinosamente con il suo prezioso carico.
I suoi occhi si abituarono subito all’oscurità e vide segni Silurian in ogni dove. Una scrittura antica come la terra le indicava l’entrata. Corse come meglio poteva attraversando vicoli e tunnel malamente mascherati con un gioco di rifrazione per farli sembrare sbarrati da solide rocce, ma Vastra conosceva sin troppo bene quel vecchio trucco e non ci cascò. In un attimo le sembrò di essere tornata bambina. L’elettricità illuminava una manciata di capanne all’interno di una gola e il fiato le si mozzò in gola per l’emozione. Deglutì e cercò di non farsi sopraffare dai ricordi di una vita troppo lontana, quella non era la sua casa, non c’erano le sue sorelle e lei non era più un cucciolo curioso, si concentrò sul corpo che teneva tra le braccia, poteva sentire la sua camicia bagnata, tutta chiazzata di macchie di sangue. Non c’era altro tempo da perdere. Il posto era disabitato, tutto era silenzioso e dovette cercare per interminabili minuti fino a quando non trovò un laboratorio abbandonato e si affrettò a stendere Jenny su uno dei lunghi tavoli di alluminio.
«Ora ci penso io a sistemare tutto, vedrai tesoro.» Parlava alla ragazza svenuta sperando che la sua voce la raggiungesse comunque. Le sbottonò il gilet, allentò la cravatta e fece saltare parecchi bottoni dalla camicia per la fretta di constatare il danno. Tolse delicatamente i brandelli del tessuto della sua gonna che aveva usato per tenere la ferita tamponata, era così concentrata sul compito che non si accorse di due figure che le erano sopraggiunte alle spalle.
«Ferma o ti uccidiamo.» La voce di un uomo la fece saltare dallo spavento facendola girare di scatto nella direzione del suono. La sorpresa dei tre fu evidente, si fissarono per qualche momento prima che Vastra prese la parola.
«Dovete aiutarmi a salvarla.» Disse e più che una richiesta sembrava molto un ordine.
«Perché mai dovremmo, straniera?» Domandarono sospettosi.
«Perché è una delle vostre sorelle Silurian che ve lo sta domandando.» Disse semplicemente tornado ad esaminare la ferita nel costato di Jenny.
«È solamente una schifosa scimmia, non ne guadagneremo nulla.» Schernì uno dei due ma si pentì subito del suo atteggiamento perché Vastra lo afferrò per il collo con una forza inaudita.
«Salvala e nessuno qui morirà.» Lo minacciò furiosa per poi lasciarlo andare immediatamente, non doveva permettere alla sua rabbia di prendere il sopravvento.
«Se la salvate dimostrerete di essere migliori delle scimmie che tanto odiate.» Li colpì nel vivo, sapeva quanto i Silurian amassero sentirsi superiori a tutte le altre creature, soprattutto agli umani.
«E sia.» Disse il più robusto dei due che fino a quel momento non aveva proferito parola.
«Dovrai fidarti però e non interferire.» Aggiunse esaminando sommariamente la ferita di Jenny.
«Starò al mio posto, ma se le accade qualcosa state pur certi che ve ne pentirete.» Il suo sguardo minaccioso sembrava aver impressionato i due che annuirono.
«Ora, prima di tutto, cosa l’ha provocato?» Domandò quello che sembrava essere il medico.
«Una pistola, un proiettile umano con esattezza.» Cercò di fornire la miglior descrizione.
«Stupidi umani che si sparano tra di loro.» Commentò quello che pareva essere un infermiere mentre avviava un marchingegno dopo l’altro. Vastra per la prima volta si trovò ad essere d’accordo con il suo simile.
«Ora devi lasciarci lavorare.» Disse il dottore finendo di spogliare Jenny dai suoi abiti, Vastra sentì un improvviso moto di disagio a quella scena ma si trattenne dal dire alcun che sperando solo per la vita della giovane che era sempre più pallida e ed emaciata. Uscì dal laboratorio e due spesse porte si chiusero dietro di lei. Se era possibile diventò ancora più preoccupata, non poteva vedere cosa accadeva alla sua amata e non poteva neppure intervenire in alcun modo, si sedette lì fuori e per la prima volta in vita sua desiderò di credere in qualcosa per poterlo pregare di risparmiare la vita di Jenny.
Pensò e ripensò al momento dello sparo, il rumore le rimbombava nel cervello come una tortura eterna, il corpo di Jenny che si accasciava a terra mentre i loro occhi si incontravano per una frazione di secondo prima della realizzazione di quello che era accaduto, la corsa disperata della carrozza nella notte, il modo in cui la giovane cameriera aveva ripreso i sensi un paio di volte per poi cedere nuovamente al dolore lancinante e la sua disperazione ogni volta che Jenny si accasciava nuovamente tra le sue braccia mentre i suoi occhi si perdevano dietro le palpebre e lei non poteva far altro che ripetere il nome della giovane con disperazione mentre Parker spronava i cavalli nella loro folle corsa. E ora lei era lì con la sua gente che aveva giurato di non rimpiangere mai più, aveva Jenny nella sua vita e la ragazza la riempiva completamente ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni alla settimana su sette e ogni giorno dell’anno, era la sua Jenny, il suo amore e la sua gioia, non aveva bisogno di Silurian che la consideravano una straniera e non l’avrebbero mai potuta conoscere quanto Jenny la conosceva, probabilmente avrebbe detto che lei conosceva ogni singola squama sul corpo di Madame, se qualcuno glie l’avrebbe chiesto, e sarebbe stato probabilmente vero. I minuti di attesa si trasformarono lentamente in mezze ore e ore, l’attesa era straziante e ad ogni attimo che passava i suoi pensieri si fecero sempre più cupi e disperati. Perché ci stavano mettendo così tanto? La loro tecnologia era così avanzata, perché non l’avevano semplicemente messa in uno di quei macchinari che aveva visto all’interno della stanza e schiacciato un paio di bottoni per rimetterla a nuovo? Forse la struttura umana non era come quella della sua razza, o semplicemente la stavano prendendo in giro e stavano lasciando morire Jenny su quel tavolo freddo, sola e abbandonata. Quel pensiero la sconvolse e decise che non voleva più aspettare. Fece per battere alla grande porta sbarrata, ma non appena sollevò un pugno in quella direzione la porta si aprì da sola e il dottore ne uscì asciugandosi le mani sul proprio camice.
«Noi abbiamo rispettato il tuo punto, ora dovrai seguirci e spiegarci un po‘ di cose.» Disse in modo fermo l’uomo, e Vastra sapeva che non aveva altra scelta.
«Posso solo vederla un attimo?» Domandò cercando con lo sguardo nella stanza per individuare il suo mammifero. Il Silurian anziano attese di rispondere alla sua domanda, sembrava voler valutare la possibilità che Vastra scappasse con il corpo della giovane senza rendere loro una spiegazione, ma poi si rilassò vedendo lo sguardo determinato ma preoccupato della guerriera e si fece da parte in modo che Vastra potesse entrare.
Quando la vide ebbe quasi un mancamento, Jenny galleggiava in un tubo contenente del liquido verdognolo mentre ad ogni suo dito era collegato un sensore legato tramite il polso dal quale si diramava un tubo più spesso, il volto era nascosto dietro una maschera ad ossigeno che le permetteva di respirare, anche se poteva vedere gli occhi ancora chiusi della giovane. Era completamente nuda e Vastra vide un lungo taglio sulle sue costole dove prima era fuoriuscito tutto quel sangue. Allungò una mano fino a toccare il grande tubo come a voler accarezzare il volto di Jenny.
«Starà bene.» La rassicurò l’infermiere mentre controllava i valori vitali su di un monitor.
«Grazie.» Sussurrò Vastra pronta a seguire il medico ovunque volesse.
La condusse attraverso diversi portelloni che al loro passaggio si richiudevano su sé stessi, la fece accomodare in una grande stanza circolare al cui centro c’era un grande tavolo di pietra circondato da almeno una decina di sedie.
«Arriveranno a breve.» Annunciò il suo accompagnatore per poi sparire nuovamente nel corridoio che li aveva condotti a quella stanza, non appena i suoi passi si fecero lontani altri due Silurian entrarono, uno doveva essere il capo, portava degli ornamenti ufficiali attorno al collo che Vastra si ricordava fin tropo bene e una lunga tunica bordeaux con bande dorate ai lati, il suo portamento era fiero e altezzoso e la sua voce uscì più cavernosa e profonda di quanto Vastra si sarebbe aspettata.
«Il vostro nome.» Non era una domanda, ma un ordine e Madame si alzò in piedi facendo il saluto militare.
«Vastra, signore.» Rispose come avrebbe fatto in una vita che non le apparteneva più da molto, moltissimo tempo.
L’altro uomo intanto le era arrivato accanto, era alto e allampanato, le sue squame tendenti al giallo più che al verde i suoi occhi erano piccoli e scuri e le sue vesti modeste, come un monaco o qualcosa di simile.
«Riposo.» Ordinò il capo mentre tutti e tre prendevano posto sulle sedie attorno al tavolo.
«Non provieni dalla nostra tribù.» Constatò osservandola dall’alto al basso.
«Provengo da Londra.» Spiegò Vastra.
«Cosa ti ha portata alla nostra terra? Come sapevi della nostra presenza?» Domandò curioso.
«Un vecchio amico mi ha avvisato della vostra presenza. Pensava che prima o poi avrei avuto bisogno di tornare dalla mia gente.» Spiegò.
«E aveva ragione.» Il capo pensava di aver colpito nel segno ma Vastra si affrettò a rispondere.
«No.»
«Capisco, la scimmia.» Vastra avrebbe voluto correggerlo ma pensò bene di non aggiungere altro.
«Perché l‘hai portata quaggiù? Non pensavi che avremmo potuto ucciderlo?» Domandò sogghignando.
«Ho dovuto compiere una scelta.» Spiegò Vastra serissima. «Lasciarla morire senza fare nulla oppure tentare il tutto per tutto.»
«Perché ti sta a cuore questa scimmia?» Domandò il militare pieno di disprezzo.
«Un debito.» Mentì Vastra non sicura di quello che avrebbero potuto fare a lei o Jenny se avessero scoperto dei sentimenti che correvano tra di loro.
«Un Silurian nobile che rispetta i suoi debiti.» Il monaco parlò per la prima volta.
«Occhi azzurri, altolocato, un militare di alto rango, o forse anche di più.» La voce dell’altro uomo era acuta e strascicante. A Vastra non piaceva per niente.
«Rimarrai qui con noi ora.» Il capo aveva nuovamente parlato scioccando Madame.
«Non posso rimanere qui, devo tornare in superficie, ho troppo da fare per lasciare Londra.» Cercò di spiegare in panico.
«Abbiamo saldato per te il tuo debito, ora la scimmia è viva e tu devi ripagarci dell‘uso dei nostri macchinari, altrimenti li spegneremo all‘istante lasciando morire il mammifero.» Non lasciavano molta scelta a Vastra la quale era piombata in una nuova e terribile consapevolezza.
«Sia.» Riuscì solo a sussurrare, l’importante era che Jenny sarebbe rimasta in vita.
Mentre Vastra si disperava interiormente non poteva immaginare che Jenny stava riprendendo conoscenza pian piano. Si sentì fluttuare e pensò di essere morta, tutto era leggero e si sentiva libera dalla gravità, solo le sue palpebre non sembravano di godere della stessa legge fisica, erano pesanti e fece fatica a socchiudere appena gli occhi. Tutto era sfocato e … gelatinoso davanti a lei. Poteva vedere a fatica due ombre davanti a lei, provò a muovere un arto e si rese conto che aveva tubi attaccati ovunque, che era immersa in un liquido che non riusciva a riconoscere e che sulla sua faccia c’era qualcosa… una maschera forse. Cercò di mettere a fuoco davanti a lei e finalmente riuscì a muovere piano le dita delle mani e dei piedi. Era finita in un mondo sottomarino? E come c’era finita? L’ultima cosa che ricordava era un vecchio magazzino, odore di mare morto… certo, il porto, ora ricordava qualcosa, dei malviventi e poi uno sparo. Era stata forse colpita? Era finita nell’acqua del porto? Ma come se erano dentro al magazzino? La sua testa era confusa, allungò una mano che sbatté subito contro del vetro. Non era in un mondo sottomarino allora. Abbassò lo sguardo per quanto la maschera ad ossigeno le permetteva e si rese conto di non avere vestiti addosso, si mosse a disagio e uno dolore sordo la colpì al petto. Guardò in direzione del male e vide una cicatrice che le attraversava la pelle del costato. Qualcuno l’aveva salvata, ma come? Sapeva che chiunque venisse colpito da un proiettile trovava morte certa, doveva essere opera di Vastra, e ora che ci pensava, dov’era Madame? Batté debolmente sul vetro per attirare l’attenzione delle due ombre che vedeva al di là ma loro non sembravano sentirla. Provò con maggior convinzione anche se questo voleva dire trovarsi nuda davanti a due perfetti sconosciuti. Sentì alla sua destra il rumore attutito di quello che poteva essere un campanello d’allarme e finalmente le due figure si girarono nella sua direzione. Dopo pochi secondi la vasca cominciò a svuotarsi del liquido e Jenny poté intravedere creste verdi, squame, vestiti di un’epoca diversa dalla sua. La sua gioia nell’aver riconosciuto la sua amata durò solo pochi secondi rendendosi conto che nessuno dei due poteva essere la sua Vastra, allora lei dove poteva essere? Si accovacciò sul fondo del tubo ora completamente vuoto e i due Siluriani si scambiarono un occhiata perplessa.
«Capire - nostra - lingua?» Domandarono e Jenny pensò di rispondere che non era stupida e che non c’era bisogno di parlarle come se lo fosse, ma decise per la diplomazia, non vedeva Vastra e l‘ultima cosa di cui aveva bisogno era di far adirare i due uomini che intanto le stavano rimuovendo la maschera ad ossigeno e i sensori sulle sue venti dita.
«Si, posso avere dei vestiti?» Domandò senza aver il coraggio di alzarsi imbarazzata.
Le posero una piccola tunica e un triangolo di stoffa che Jenny faticò a collocare.
Vedendo il suo sconcerto i due Siluriani risero di lei.
«Le scimmie non portano biancheria intima?» Domandò uno di loro. Biancheria striminzita si trovò a considerare Jenny abituata ai suo mutandoni vittoriani. Si vestì in fretta, il liquido nel quale era immersa non l’aveva lasciata minimamente bagnata. Si sentiva ancora nuda con solo la sua camiciola addosso stretta in vita da una sottile fascia di stoffa.
«Dov‘è Madame Vastra?» Domandò non appena fu in piedi.
«Il Silurian che ti ha portata qui?» Domandò il dottore.
«Presumo.» Disse Jenny non sapendo quello che era accaduto nelle ultime …ore? Giorni?
«Ti ha lasciata qui e se né andata.» Mentì l’infermiere con fare indifferente. Jenny non credeva minimamente che Vastra l’avesse abbandonata e pensò che i Silurian consideravano veramente male gli umani.
«Dite?» Domandò mettendo su la sua miglior faccia di tolla.
«Non penso proprio che Madame mi avrebbe lasciata sola con altri Silurian.» Tentò.
«E quindi perché ora non è qui?» La schernirono i due.
«Sicuramente perché non sa che ora io sono sveglia. Dove l‘avete portata?» Domandò cercando di mantenere la calma.
«Ha detto che potevamo tenerti per studiare gli umani, in cambio della sua libertà di tornare in superficie.» Mentirono nuovamente, e Jenny sapeva che quella era una bugia e che il suo amore non l’avrebbe mai lasciata in cambio della superficie, anzi, era sicura che piuttosto si sarebbe sacrificata al suo posto.
Intanto il Silurian tanto amato dalla giovane umana si rassegnava alla vita che le veniva imposta senza poter fare nulla per cambiare il suo destino.
«Dovete promettermi che non le farete del male, non la userete per studiare gli umani, e una volta che si sarà svegliata la manderete di nuovo a casa, a Londra.» Vastra cercava di trovare tutte le condizioni più vantaggiose per Jenny, lei poteva sacrificarsi ma al suo amore non doveva essere torto neppure un capello.
«Perché ti importa tanto?» Il capo era tornato alla carica, e madame non capiva se loro sapessero già tutto e stessero solo cercando un suo punto debole per attaccarla, oppure il loro interesse era reale.
«L’amo.» Ammise fissando seriamente gli occhi del suo interlocutore.
«Sei una vergogna per la nostra razza.» Saltò subito il monaco additandola.
«Ami una sporca scimmia, dunque.» Il capitano pareva meno sconvolto, si accomodò sullo schienale e prese un profondo respiro.
«Non sono tutti uguali.» Cercò di difendersi Vastra. «Alcuni sono buoni, lei è buona.»
«E dunque anche lei ti ama?» Domandò ancora più cupamente il capitano.
«Si, signore.» Rispose senza incertezze Vastra sostenendo fieramente lo sguardo dell’uomo.
«Come puoi tradire i tuoi simili con un tale scempio della natura? Pelle rosa, peli ovunque, cosa potrebbe mai attirarti in un essere così primitivo e stupido?» Domandò divertito il monaco.
«Non la conoscete neppure, e anche voi siete come gli umani che ci cacciano e pensano a noi a come delle creature orripilanti. Lei mi ha salvato da me stessa, dall’essere un mostro. Non mi ha mai giudicata per il mio aspetto e mi ha amata nonostante il mio brutto carattere, mi ha insegnato molto più di quello che posso averle insegnato io in questi anni. La clemenza verso il nemico, l’amicizia e la bontà, nonché l’essere amata. È questo il debito che ho con lei.» Il capitano sembrava impressionato dall’arringa di Vastra e parlò nuovamente.
«Vorresti rivederla?» La sua voce era in qualche modo addolcita, o almeno così parve a madame.
«Mi basterebbe ancora una volta per poterle dire addio.» Ammise tristemente.
Intanto Jenny si ritrovava nella sua stessa situazione, il medico e il suo assistente la tartassavano di domande su lei stessa e Vastra, ma la ragazza non si lasciava certo intimorire.
«Pensi davvero che ad un Silurian possa importare di una scimmia qualsiasi?» Continuavano ad insultare la sua intelligenza ma la ragazza non si lasciava abbattere, lei sapeva la verità e avrebbe provato a loro la veridicità delle sue convinzioni.
«Noi ci sosteniamo a vicenda, non importa se ora mi dite che lei è andata via senza di me, io so che non è vero, non mi avrebbe mai lasciata da sola. Ci siamo fatte una promessa, e la parola di un Silurian è tutto per lei. È l‘essere più testardo e orgoglioso che abbia mai conosciuto e voi non avete la più pallida idea di cosa si possa spingere a fare per un essere umano.» Si avvicinò al grande portellone cercando di aprirlo con le mani nude. Doveva trovare Vastra a tutti i costi.
«È inutile, quelle porte non si apriranno fino ad un nostro comando vocale, e tu non conosci la parola Silurian per accedere e se anche riuscissi non troveresti chi cerchi.» Cercarono di convincerla senza successo.
«So che lei è qui, vicino, io posso sentirla.» Jenny cominciava a sentirsi furiosa, e nonostante il dolore al costato non voleva mollare la presa.
I due scoppiarono a ridere alle parole della giovane cameriera.
«Che ridicole sciocchezze, sentirla.» I due parevano disprezzarla veramente molto.
Jenny lasciò la porta e si girò seriamente verso il medico e l‘assistente.
«Noi ci amiamo.» Disse seriamente scatenando un’altra ondata di ilarità tra i due.
«Basta bugie, umana. Non capiterà mai che un Silurian trovi qualcosa per cui valga la pena nella vostra razza.» Il medico la provocava ma Jenny al posto di arrabbiarsi sorrise.
«Può darsi, ma io ho trovato la più bella creatura del mondo, e non mi importa del suo aspetto, come a lei non importa del mio. Avremmo potuto essere una, una creatura con i tentacoli, e l’altra piena di bitorzoli sul volto, non ci sarebbe importato, ci saremmo amate ugualmente. Voi due non siete differenti dagli uomini sulla terra, giudicate tutti quelli diversi da voi come sbagliati. Persino la mia famiglia d‘origine non mi ha più voluta con sé non appena ha scoperto il mio amore …particolare.» Loro non sapevano che si stava riferendo ad un fatto generico e non propriamente a Vastra, ma poteva essere un buon punto per fare colpo sui due che, magari, avrebbero finalmente aperto quella maledetta porta.
«Attendi.» Disse seriamente il medico con un espressione sul volto che era mortalmente seria.
Sparirono dietro una porta comparsa dal nulla che tornò nuovamente roccia non appena la oltrepassarono e Jenny non fece in tempo a seguirli.
«Maledizione.» Imprecò sola e con un inizio di timore. E se Vastra fosse stata costretta l’avrebbe veramente abbandonata come avevano detto? Aveva cercato di non cedere davanti ai due Silurian, ma ora non era più sicura di nulla. Doveva credere nelle sue sensazioni e soprattutto in madame, ma non era facile in quello strano luogo asettico e nuovo per lei. E se fosse morta per colpa sua? Aveva ammesso la loro relazione e forse ora la stavano torturando e uccidendo per la sua colpa. Calde lacrime cominciarono a correrle sulle guance ancor prima che potesse trattenersi.
«Vastra!» Mugugnò tra i singhiozzi inginocchiandosi a terra senza forze.
Passarono diversi minuti in cui non accadde nulla, quando la porta comparve di nuovo vide una sagoma sfocata entrare, sembrava l’infermiere, ma non poteva dirlo con certezza, i suoi occhi colmi di lacrime la tradivano. Vide la figura fermarsi di fronte a lei, si portò le mani agli occhi per asciugarli ma non finì l’azione che due braccia la cinsero abbracciandola.
«Stai bene, amore mio.» La voce di Vastra le arrivò alle orecchie come il più bel suono del mondo e si buttò tra le braccia della sua amata tornando a piangere con ancora maggior forza di prima. I singhiozzi la scuotevano dalla testa ai piedi mentre Vastra la stringeva sempre più forte.
«Sapevo che non mi avevi abbandonata.» Riuscì a sussurrare cercando di calmarsi.
«Non potrei mai e poi mai.» Il Silurian le baciò la testa, la fronte per poi catturare le labbra di Jenny che approfondì famelica il bacio bagnato di lacrime. Sentì le dita di Vastra accarezzarle la schiena con gentilezza sopra il tessuto leggero della sua camiciola e riuscì a rilassarsi sotto quel delicato tocco.
«Volevano tenermi qui sotto per sempre.» Ammise il Silurian cullando gentilmente la ragazza mai sazia di sentire il suo corpo stretto tra le sue braccia.
«E a me volevano far credere che eri tornata a Londra lasciandomi qui da sola.» Spiegò Jenny poggiata con il capo sul petto di Vastra e ascoltando il battito finalmente calmo del suo cuore.
«Non avrei mai potuto.» La rassicurò il Silurian.
«E tu dovresti sapere che non me ne andrei mai senza di te.» Le rispose finalmente con un sorriso fissandola negli occhi.
«Sai, ho la sensazione che ora ci stiano spiando, è come se avessi degli occhi puntati addosso.» Vastra rabbrividì nonostante un sorriso malizioso le incorniciò il volto prima di chinarsi sulle labbra di Jenny che arrossì al pensiero di essere osservata ma felice che i loro nemici potessero vedere quanto le sue parole fossero vere. Le pesanti porte del laboratorio si aprirono e Vastra e Jenny seppero che erano libere di andarsene.
«Andiamo a casa ora, penso che Parker sia stia chiedendo dove siamo finite.» Affermò la lucertola afferrando saldamente la mano della ragazza e non intenzionata a lasciarla fino a quando non sarebbero state al sicuro nella loro casa a Londra.
Fine.
NA: So che ci sono un paio di cose che non tornano con il canon della tv (si Jenny che parla con i silurian, ce l'ho con te) ma la mia musa non si è voluta far convincere a scrivere la storia diversamente. Spero sia cmq una buona lettura.