Rating, avvertimenti, personaggi e situazioni delle più disparate, ma un solo disclaimer: i personaggi non mi appartengono (sia benedetta la BBC per averli creati) e non ci guadagno un solo spicciolo.
Non sono la prima…? Tutte se lo chiedono, a un certo punto. Tutti. Ognuno di loro crede di essere stato scelto perché è speciale, ed essere speciali, agli occhi di un umano, è sempre sinonimo di primato. Essere i primi. Un’idea sciocca, a pensarci bene: mille anni di vagabondaggi in lungo e in largo per lo spaziotempo e nessun compagno d’avventure? Non una volta? Sciocco, sì. Illogico. Eppure, tutte all’inizio l’hanno creduto. Tutti. Il punto è che non hanno ragione, ma non hanno torto. Spesso è il caso che gli getta tra le braccia un nuovo amico e a volte è quello che, se non fosse uno degli esseri più razionali dell’universo, chiamerebbe forse destino. Ma lui li sceglie sempre perché sono speciali. Perché sono i primi, ciascuno a modo suo, ognuno in qualcosa di diverso: la prima a invitarlo a una cena di Natale, la prima a non pretendere niente da lui, la prima a salvarlo da un’orda inferocita di Siluriani… Non sono la prima? No. E sì. Che importanza ha? C’è qualcosa per cui stupirsi in ognuno di loro, e tanto basta. Non gli interessa tenere il conto dei primi. Quel che ha sempre contato, quel che sempre conterà, sono gli ultimi.
«È stato terribilmente rude da parte tua» lo accusa Donna. «Io sono una persona rude, Donna, l’ho stabilito nel mio primo giorno di esistenza tra una citazione del Re Leone e una sfida all’arma bianca. Ora, se non ti spiace…» «Mi spiace eccome!» Ovvio. «Non avevo alcun dubbio a riguardo. Ciò non toglie che se vuoi evitare di venire fagocitata da un’enorme pianta carnivora e di passare il resto dei tuoi pochi minuti in uno stomaco verde a -» «Le piante non hanno lo stomaco!» obietta lei. «Ce l’hanno eccome, quando sono Monstrophylle Carnivore Ambulanti, ed è verde e pieno di acidi estremamente corrosivi, credimi.» Donna inarca un sopracciglio e lo guarda come se fosse un alieno. Che in effetti è. Ha passato un po’ troppo tempo con gli umani, sta addirittura cominciando a usare i loro modi di dire. «Ah-ha. Certo. Come se fossi già stato ingoiato da uno di questi affari.» Ora è il suo turno di inarcare un sopracciglio. Perché sì, è già stato quasi-ingoiato da uno di quegli affari e no, grazie tante, non ci tiene a ripetere l’esperienza. «Uno dei peggiori quarti d’ora della mia vita. Di tutte le mie vite. E adesso potresti gentilmente chiudere il becco e stare ferma e lasciarmi raggiungere il mio cacciavite sonico perché possa tirarci fuori da questa spiacevolissima situazione?» le chiede con tutta la calma di cui è ancora capace - che è molto poca, ad essere onesti. «Rude, di nuovo» lo rimbrotta lei per tutta risposta. «Da che pulpito…» «Io non ho salutato Re Rabarbaro con un “ehi, che piacere, hai messo su centocinquanta chili dall’ultima volta?”.» «Infelice scelta di parole, d’accordo, ma almeno io non ho provato a fare un minestrone di sua nipote!» Mezzo minuto di silenzio - il suono della vittoria. Poi: «Hai trovato quel maledetto cacciavite?» «Non certo grazie a te!» E il terzo “rude” mugugnato da Donna non gli sfugge affatto, ma gli strappa un sorrisetto comunque.
Il suo desiderio di solitudine è un’arma a doppio taglio quasi quanto il suo bisogno di compagnia. A volte lo accompagna, lo avvolge, lo protegge dal dolore come il campo di forza della TARDIS lo protegge dai pericoli. Ci convive da tanti anni: essere solo è una conseguenza dell’essere scappato, ma scappare ha significato essere libero, poter viaggiare e vedere ogni meraviglia offerta dall’universo, e trovare cose belle nei luoghi più insospettabili. Persone che gli vogliono bene, ad esempio. Persone che decidono di saltare a bordo e iniziare a scappare al suo fianco - e si fidano di lui, e corrono anche se non sanno da cosa stanno fuggendo. Perché a volte quel suo bisogno di solitudine lo intralcia, lo soffoca, lo ferisce più del suo desiderio di compagnia e di ciò che quel desiderio comporta. E quindi, a volte, gli serve qualcuno che gli ricordi le cose importanti e che gli ricordi che le cose belle, spesso, si trovano nei luoghi e nei momenti più insospettabili. Ed è un’arma a doppio taglio, ed è un circolo vizioso, ma in giorni come questo, giorni in cui sta seduto in un parco a godersi il sole autunnale e bere cioccolata calda da un thermos insieme ai suoi compagni di viaggio, gli sta bene così.
È un pensiero fisso. Un pensiero piccolo e inoffensivo in un angolino della sua mente, ma uno che non l’ha mai abbandonata del tutto e che, in tutta probabilità, mai l’abbandonerà. La storia non si fa con i “se” e con i “ma”, pochi lo sanno meglio di Martha, eppure c’è una vocina che le ripete sempre la stessa cosa, nei momenti di sconforto o di solitudine o semplicemente nei momenti no, quelli in cui le capita di dubitare di se stessa: cosa sarebbe successo se fossi rimasta con lui? Eccola lì, la sillaba pericolosa. Se. La prima risposta che si dà, esattamente come la domanda, non cambia mai, e consiste in un’unica sconfortante parola: niente. Niente sarebbe cambiato. Il Dottore avrebbe continuato a non notarla - o peggio, a notarla e ignorarla - e lei avrebbe continuato a ferire il proprio cuoricino infranto nel tentativo di guarire i due cuori malati di lui. E in ogni caso, si dice Martha, niente sarebbe mai cambiato, perché se anche fosse rimasta con lui in quella particolare occasione, avrebbe finito col lasciarlo in un’altra. O lui avrebbe lasciato indietro lei, prima o poi, volontariamente o meno. E in qualsiasi momento sarebbe potuta morire in qualche strana galassia lontana, in qualche strano inconcepibile incidente, e così abbandonarlo con un nuovo peso sulla coscienza. Ogni giorno con lui è un dono, ma ogni secondo è anche una sfida col fato. Quindi Martha si risponde sempre che no, niente sarebbe cambiato, e sì, la sua scelta è stata la migliore per entrambe le parti in causa, ma (ed eccola lì, l’altra particella malefica) ci pensa, e ci penserà sempre, e per tutta la vita sognerà di aver preso una decisione più coraggiosa (o forse meno coraggiosa) e di averlo seguito. E non smetterà mai di chiedersi se magari, dopo migliaia di avventure e milioni di attimi e miliardi di stelle, qualcosa sarebbe, in effetti, cambiato.