Titolo: Danielle odia le feste
Beta:
LindaParole: 1.257 (W)
Prompt: Capodanno @
FWNote: E pensate che inizialmente doveva concludersi ANCHE questa con una strage di proporzioni cosmiche X°D sono proprio senza pudore.
- CENTESIMA FANFIC DELL'ANNO 2009 SU FUORI POSTO! \O/ *commossa*
- *si fustiga* per l'emozione ho dimenticato il cut é_è perdonami, f-list.
Disclaimer: Molto mio.
Danielle si morde le unghie guardandosi attorno. L'atmosfera festosa la mette a disagio e gli invitati, che parlano con un tono di voce troppo alto e troppo divertito, le sembrano incredibilmente antipatici. Si accoccola di più sul divano alla disperata ricerca di una fuga, il bicchiere di spumante stretto in mano - che poi, a lei, nemmeno piace lo spumante, ma papà diceva sempre che con un po' di alcol nelle vene è più facile affrontare il mondo; d'altra parte lo diceva a suo fratello, non a lei, così non ha ancora bevuto un sorso.
Fissando la porta che potrebbe renderle grazia e farla uscire da quel luogo infernale, Danielle si rende conto di non avere scampo. Non c'è nessun posto in cui sarebbe al sicuro, persino nel buio della sua casa irromperebbe il chiasso di chi sta festeggiando. Beve un sorso di spumante e prega che suo padre avesse ragione.
A quel punto compare Camilla.
Camilla fino a due secondi fa stava intrattenendo gli ospiti con un sorrisone sulle labbra e l'espressione raggiante. Passava da gruppo a gruppo senza mai fermarsi, assicurandosi che tutti fossero a proprio agio e che il gradimento popolare della festa restasse a livelli altissimi. Rideva troppo forte mandando la testa all'indietro, secondo Danielle. Prima o poi si sarebbe spezzata il collo. O magari il capo le si sarebbe staccato di colpo, come se reciso da una forbice.
Ogni tanto dava un'occhiata anche ai bambini, accarezzava le loro testoline e badava che non stessero litigando, distribuiva caramelle e cercava di farli divertire. Poi tornava dagli adulti e si comportava nello stesso identico modo, togliendo le caramelle. Trattava tutti come se fossero una mandria di mocciosi rimbambiti facendo passare la sua mania di superiorità per bravura. È solo una brava padrona di casa, dicevano i più. I più idioti.
«Cosa stai facendo?» domanda, fissandola dritta negli occhi. Il sorriso c'è ma è un po' spento, somiglia più ad una smorfia insofferente. Danielle sa di non poter rispondere "niente", perché equivarrebbe a morte certa. Non fare nulla, non guardare la televisione con la bava alla bocca, non interagire con gli altri ospiti presenti, non ballare mezza nuda ubriaca sul tavolo... Camilla potrebbe prenderla come un'offesa personale.
«Bevo.» dice, infine, trovando una buona scusa, alzando il bicchiere e mostrandolo come prova.
La smorfia di Camilla non fa una piega, solo gli occhi controllano il bicchiere e poi tornano a squadrare Danielle.
«C'è Carlo, di là. L’hai conosciuto?»
A quanto pare la risposta non le è bastata. Sempre meglio di un veritiero "nulla", comunque.
Scuote la testa.
«Vieni che te lo presento.» le afferra la mano e Danielle si lascia trascinare per la grande sala (lascia? Diciamo che è troppo terrorizzata per ribellarsi), fino ad arrivare nell'angolo-single, dove c'è Carlo, che è un esemplare di maschio bianco, adulto, con la barba e un accento tutto strano. Camilla li presenta velocemente: «Carlo, questa è Danielle, agente immobiliare, Danielle, questo è Carlo, architetto.» quasi le loro essenze fossero racchiuse in quelle poche parole, quasi non valessero più di un qualsiasi altro agente immobiliare o altro architetto esistente al mondo. Poi fugge via, felice di aver trovato un'occupazione alla anti-sociale di turno, per tornare a dare il tormento agli altri ospiti - o meglio, a fare la brava padrona di casa.
Carlo ha vent'anni in più di lei, un ego grande come il Texas e una cotta assurda per la sua ex-moglie che, palesemente, ancora non gli è passata. Parla in continuazione di sé - e della sua ex moglie - senza fermarsi nemmeno per respirare. Ad un certo punto le chiede come chiamarla.
«Dany?»
«No. Gli amici mi chiamano Danielle.»
Carlo ride e continua a chiamarla Dany. Che fa tanto americano e che non le va per nulla a genio. Dany stringe di più il bicchiere pregando che, miracolosamente, si riempia di qualsiasi bevanda contenente alcol.
Che a lei non piace, ma questo è un gran brutto mondo.
Carlo le aveva messo una mano sul fianco e questo la infastidiva molto. Poi mano a mano che lo spumante scompariva dal suo bicchiere si è praticamente appoggiato a lei per non cadere stramazzato al suolo, ormai incapace di camminare senza traballare un po'. Ogni tanto Danielle lancia occhiate languide verso la porta, pensando che forse i rumori della falsa felicità altrui non sono poi così fastidiosi.
«È che non capisco.» afferma, disperata: «Come puoi essere allegro in certi giorni precisi? Abbiamo il calendario delle emozioni. Tutto programmato. Dal 25 all'8 felice perché ci sono le feste, il primo novembre triste perché è la giornata dei morti, il giorno prima invece ti devi divertire perché è Halloween, a marzo rispetta le donne, onora il padre e la madre quando ci sono le loro feste, dimostra il tuo amore il 14 febbraio, immensamente contento il giorno del tuo compleanno. E se non ti adegui vieni preso per un malato di mente, per un poveraccio anti-sociale. Ma sono l'unica a cui sembra immensamente stupido tutto ciò? Eh?»
Carlo è al suo ottavo spumante. La guarda sorridendo sornione, si riempie il bicchiere.
«Ma shì, shono dacchordishimo con te.» afferma, la voce impastata dall'alcol: «Che ne dishi di andare in camera a parlare un po' di più? Mh?»
Danielle si sposta di scatto e l'uomo cade rovinosamente a terra nell'indifferenza generale. Può agire solo ora che Camilla è presa dal racconto di un certo Mauro - che conosce un tipo che conosce il Presidente del Consiglio, ciò lo rende il non-plus-ultra della festa. Afferra una bottiglia di vino e sgattaiola via aprendo la Porta Benedetta.
Il Capodanno scorso lo aveva passato in una sala d’aspetto dell’ospedale, mentre suo padre crepava nella stanza accanto, suo fratello a tenergli compagnia.
Ne era uscito mentre i botti di capodanno cominciavano a rimbombare per la città, pallido e talmente magro da farle paura, simile ad un fantasma, da chiedersi se fosse davvero lui suo fratello.
Non glielo disse, si limitò a guardarla, mentre dietro di loro c’era uno strano via vai di medici - come se avesse importanza, capite?
«Che ha detto?»
«Oh. Ha detto: “Morto a Capodanno, morto tutto l’anno.”»
«Già. Avrei dovuto immaginarlo.»
«E anche…» fece una pausa, guardando assente il pavimento. Si comportava sempre così quando stava per mentire, lasciava che passasse qualche secondo nel più totale silenzio, come se stesse valutando bene che menzogne pronunciare e come porle. Si capiva sempre quando ne sparava una, per questa sua cosa di aspettare. Nessuno glielo aveva mai detto perché faceva comodo sapere quando una persona ti sta per raccontare una balla: «Che ci vuole bene. Che ci ha sempre amato.»
Che gli voleva bene, che l’ha sempre amato.
Danielle annuì tristemente.
Dopodiché non aveva più rivolto la parola al fratello. Non per una questione di odio o di invidia, semplicemente non avevano più nulla da dirsi. Si spedivano a vicenda una cartolina, a Natale, come il calendario delle emozioni impone, ma anche quella regola le faceva venire i crampi allo stomaco.
Il Capodanno prima lo aveva passato con suo padre ancora vivo, che imprecava in mezzo alla stessa stanza in cui Camilla saltellava tentando di intrattenere gli ospiti; quello prima ancora abbracciandosi le ginocchia in camera da letto sperando che il mondo la piantasse presto con tutto quell’inutile trambusto.
Non le piacciono le feste. Emozioni a comando. Sente gli ospiti cominciare il conto alla rovescia. Li ignora e inizia a svuotare la bottiglia, mantenendo l’attenzione fissa sulla pozza di vino che si crea nel terreno. Suo padre ha sempre detto delle grandi stronzate, pensa, e intanto i fuochi d’artificio esplodono nel cielo nell’indifferenza generale.