[Teen Titans Cartoon] Mai più

Dec 28, 2008 06:16

Titolo: Mai più
Fandom: Teen Titans Animated Series
Personaggi: Nightwing, Raven
Beta: iosonosara [GRAZIE]
Genere: Introspettivo, Malinconico
Rating: Pg13
Conteggio Parole: 1.470
Disclaimer: I personaggi dei Teen Titans non mi appartengono, ma dato che nonostante la faticaccia non ci guadagno neanche un centesimo a scrivere di loro, lasciatemi in pace! ;_;
Note:
* Future-Fic ambientata nel *futuro-senza-Starfire* intravisto nel primo episodio della seconda serie (How Long Is Forever?)
* Missing Moment Fic (vedi sopra)
* Talmente RobRae che vi verrà da vomitare (no, non accadrà xD ma un giorno la scriverò una fice del genere, yeah!), volevo dire: tendente al RobRaeismo (forse lo avevate già intuito?).


E mai più volando via da lì, il corvo ancora lì posa, ancora
lì siede, sul pallido busto di Pallade, sopra la porta della mia stanza;
e sembrano i suoi gli occhi d’un demone che sogni;
e la luce della lampada che l’investe ne getta l’ombra sul pavimento;
e la mia anima da quell’ombra che fluttua e tremola sul pavimento
non sarà sollevata - mai più!

E. A. Poe; Il Corvo

Tre anni dopo aver abbandonato i Teen Titans, a Nightwing venne fatto sapere che Raven era finita in manicomio. Per tre anni si era ripromesso che sarebbe andato a trovarla, solo che adesso non poteva perché il crimine a New York stava degenerando/ doveva fermare l’ennesima Apocalisse/ gli Outsiders avevano bisogno di lui/ aveva preso a cuore un caso decisamente particolare. A furia di dire “domani”, per un certo periodo di tempo aveva smesso di pensare a lei. Ma il senso di colpa sa resistere in silenzio per anni, nascosto da qualche parte nella tua mente, cresce, matura e ti attacca senza lasciarti via di scampo. Quando un giorno, semplicemente dando un’occhiata al calendario si rese conto che era il compleanno di Raven, non poté fare altro che alzare i tacchi e andare a Jump City. Il domani era arrivato.

Camminava avanti e indietro, nervoso, tutti i muscoli del corpo incredibilmente tesi, sul viso un’espressione indecifrabile, qualcosa simile alla sofferenza o al senso di colpa.
Il medico lo osservava con attenzione, quasi si trattasse di un suo paziente. In realtà era semplicemente incuriosito dalla presenza del super-eroe a Jump City, città che aveva abbandonato da tempo, non solo dal comportamento anomalo. Anzi, di certo da Nightwing non si aspettava nulla di normale. I supereroi prima o poi la perdono, la normalità.
- Quindi posso vederla? - sobbalzò sentendo la voce del ragazzo, così chiara e limpida, senza nessuna intonazione particolare.
- Certo, certo… - si affrettò a rispondere, per poi aggiungere, dimostrando di non aver capito il senso della domanda: - Raven non è per niente pericolosa, - ma LUI, il suo ritorno, invece, era pericoloso per lei? - Non ha mai utilizzato i suoi poteri contro il personale dell’ospedale. È una paziente modello. -
Una pazza modello, avrebbe voluto ribattere Nightwing.
- Vuole che l’accompagni da lei? - a sobbalzare questa volta fu l’eroe, che prese ad osservare il medico con attenzione, quasi si trattasse di un suo nemico.
- Io… - cercò di formulare una domanda, ma questa si rifiutava di uscire. L’uomo col camice bianco prese un profondo respiro, sapeva benissimo cosa stava cercando di dire Nightwing. Era la domanda che tutti gli facevano, prima o poi.
- No. - rispose. - Non esiste cura. Ora venga con me. -
Uscì dallo studio senza controllare se l’altro lo seguisse o meno, tanto le cose andavano sempre nello stesso modo lì dentro: il visitatore lo seguiva, incontrava il paziente e non si faceva mai più rivedere. E infatti poco dopo il ragazzo gli si affiancò, con una camminata veloce ma timorosa, uguale a tutti gli altri visitatori. Alla fine, considerò, i supereroi conservano un po’ di normalità, dentro di loro.

Era tutto bianco, di un bianco accecante e doloroso. Voleva sporcarlo, quel bianco, anche con il suo sangue, rompendo le mura per creare delle crepe grigie, qualsiasi cosa pur di dare un po’ di colore al luogo. Il medico lo aveva portato davanti a una porta, bianca, dove c’era un rettangolo di vetro fatto per osservare l’interno della stanza, bianche le mura, quasi a sbirciare un luogo diverso, un’altra dimensione, bianco il pavimento, e lì fluttuava in aria lei, in un angolino di quella che era diventata la sua camera, la sua casa, bianco il mantello.

Dov’era finito il suo blu?
Il rosso, il viola, il nero?
Dov’era finita lei?

- Non entra? - la domanda del medico gli sembrò completamente inopportuna, non si entra in un posto sacro semplicemente aprendo una porta. Bisogna essere preparati, e lui non lo era, non lo sarebbe mai stato.
Lentamente afferrò la maniglia e spinse in avanti la porta. Nessun odore, ovviamente, il bianco non ne ha, ma una luce anch’essa troppo forte, che rendeva ancora più strano e inquietante il luogo. Raven, una creatura delle Tenebre, come poteva sopportarla, tutta quella luminosità? Come? Fece qualche passo in avanti avvicinandosi al centro della stanza, avvicinandosi a lei, mentre la porta si richiudeva dietro di lui, intrappolandolo nel bianco e nella luce.
- Raven? -
Nessuna risposta. Eppure ci aveva sperato. Aveva sperato che semplicemente tornado lì, pronunciando il suo nome, sarebbe tornata in sé, gli avrebbe sorriso (uno di quei rari sorrisi), e ringraziato di tutto (tutto cosa?). Ma non si guarisce dalla pazzia semplicemente pronunciando un nome. Ma non la salvi una persona tornando all’improvviso nella sua vita.
- Raven? - ripeté, avvicinandosi ancora, e lei in risposta creò una barriera nera, di cui lui gli fu stranamente grato. Quel mondo affogato nel bianco era insopportabile.
- Raven, sono io… -
- Menzogne. Tutte menzogne. -
Era così strano sentire la sua voce dopo tutto questo tempo, ora molto più adulta e profonda. Diversa. Il tono era strascicato, ogni singola parola doveva costarle molta fatica, come se lottasse contro se stessa per poter comunicare.
- Rae? -
- Vattene. Non ti voglio nella mia vita, mai più. Sei solo una menzogna. -
Le parole di una pazza non avrebbero dovuto metterlo in crisi, non in quel modo, non così tanto.
- Non ti ho mai mentito… - cercò di dire, quasi scusandosi.
- Mai più, nessuno di voi, mai più. Non proverò di nuovo quel dolore. -
Quel dolore.
Lei non voleva più soffrire.
Cosa se…
Cosa, se avesse saputo…
Cosa, se avesse capito…

Risvegliati, ti prego, risvegliati e chiedimi di loro, risvegliami e salvami come potevi fare solo tu, perché nemmeno io ci riesco ad andare avanti in questo modo.

Chiedimi di BB, con la tua voce strafottente, immaginandolo in qualche stupido appartamento con una biondina che lo mantiene, lo ama, lo sopporta e riesce addirittura a dargli corda per le sue stupidate…

Ti darò ragione

Perché la realtà mi fa schifo
E io non voglio farti soffrire

Beast Boy rinchiuso in una squallida gabbia come fosse un mostro, un oggetto,

Ci ho provato a fare l’eroe,
ma non è andata, sai?
Alla fine non si sta così male
Qui dentro.

un fenomeno da baraccone o peggio.

Chiedimi di Cyborg, e ti risponderò che sì, si è sposato con Bumblebee, hanno anche un paio di bambini che ci chiamano “zii”, esattamente come amavamo dipingere noi il nostro futuro, nei noiosi pomeriggi estivi

Anche se sono tutte bugie

Giusto per non farti soffrire
Giusto per non farci soffrire
Giusto per dimenticare

Cyborg, il loro fratellone, costretto a restare nella Torre dove loro avevano vissuto per così tanto tempo, attaccato a una macchina per poter sopravvivere,

A volte sogno di noi,
quando eravamo giovani,stupidi e potenti,
non capisco mai quale dei due
sia l’incubo peggiore.
Alla fine va bene anche così
vivere cominciava ad essere troppo doloroso

si è trasformato in un morto che respira.

E Starfire…
E Starfire?

No, non chiedermi di lei, non chiedermi di lei

Perché fa ancora troppo male, perché nessuno di noi l’ha superata anche se

Può succedere nel nostro lavoro
Lo dice Bruce e Bruce ha sempre ragione
L’unica cosa che possiamo fare
Ascoltalo, Robin,
Bruce ha tutte le risposte,
senza piangere però,
non piangere davanti a lui
È continuare a combattere,
anche per chi non può più farlo
Continuare a combattere
Anche se fa talmente male
Che ti sembra di essere tu
Quello morto?
Sì.
Sì…

- E ho continuato a combattere… - affermò, senza sapere esattamente cosa le avesse detto fino a quel momento, le parole erano uscite da sole, una sopra l’altra, in un racconto confuso e frettoloso, perché lui di tempo ne aveva sprecato troppo. - Ma non potevo farlo nella Titans Tower con voi perché… -

Perché?

- Perché la stanza di Starfire… -

Era troppo vuota.

- Perché gli scherzi di Beast Boy… -

Erano scomparsi.

- Perché l’allegria di Cyborg… -

Era morta.

- Perché il tuo sorriso… -

Mi mancava troppo.

- Mi mancava troppo. - finì in un sussurro.

Lei non aveva detto niente, per tutto il tempo gli aveva dato le spalle senza nemmeno togliere quella barriera di energia. Si chiese quanto fosse riuscito a trasmetterle.

Poi lei parlò.

- E Robin? -

Rimase senza fiato. Cercò di far funzionare il cervello nel vano tentativo di dare una risposta sensata a quella che era una domanda, una domanda vera, fatta dalla vera Raven.

Chiedimi di me

- Robin… -

E ti dirò che sono morto

- Adesso lui è... -

Il giorno in cui sono uscito dalla tua vita

- Cresciuto… -

Si avvicinò. Sfiorò con la mano la barriera, e immediatamente quella svanì. - Raven? - era una domanda, quella. Era una preghiera, quella. - Raven, sei tornata da me? - era una supplica, quella.
La donna atterrò per terra e piano si voltò a guardarlo, il viso quasi interamente nascosto dall’ombra del cappuccio mostrava due occhi che Nightwing non aveva mai visto, gli occhi di un demone che sembra stia sognando.
Disse il corvo: - Mai più. -

[fine]

pg dc: dick grayson, fandom: teen titans cartoon, pg dc: rachel roth (raven)

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