Titolo: I know you'd take me back
Fandom: DC new gen
Beta:
cialy_girlPersonaggi:
Leonor Wilson/
Dylan Myers. Nominati anche gli altri
Titans.
Rating: PG13/R
Parole: 1.649
Prompt: 03.
Thurisaz [
24_runes]
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Dylan Myers, Leonor Wilson - La prima volta che la segue, ha il terrore di essere scoperto. Poterla vedere così da vicino, però, lo ripaga di ogni cosa. + Percepisce un sentimento forte diretto verso di lei, ma non sa da dove proviene. (
Gomitoli di Lana Fest)
Note: Titolo preso da Opheliac di Emilie Autumn.
Disclaimer: I personaggi appartengono a me e alle lovve
lovvoverse <3
Certe volte Leonor ha paura. È qualcosa di irrazionale e ridicolo, un sentimento del tutto inappropriato al ruolo che adesso investe - Ravager non ha paura, Ravager non ne ha mai avuta, né Wade, né Gart, né Rose, e nemmeno quello schifoso di Bill Walsh, dannazione. In qualità di Ravager, lei non può avere paura. In qualità di figlia di Raven e di Joseph Wilson, nipote di Trigon e di Slade Wilson, un’emozione così stupida non deve nemmeno essere presa in considerazione. Adesso tutti i pericoli sono attenuati, adesso il mondo è salvo.
Eppure certe volte Leonor ha paura.
Lui è sempre molto attento. Si muove con discrezione in mezzo alla folla, cambia spesso pettinatura, il modo di camminare, in alcuni casi persino il modo di respirare. Ma tiene sempre gli occhi fissi su di lei.
Colleziona le sue espressioni e i suoi quadri. Ha catturato ogni sorriso e ogni broncio, è riuscito persino a immortalare il pugno che diede a quel poliziotto, e il sangue che scende lento dai graffi, dopo una lotta. L’ha vista ridere con le amiche, priva della maschera, si è soffermato su quella deliziosa pietra in mezzo alla fronte. La marca dei suoi vestiti, della sua biancheria. Il suo shampoo. Il suo bagno schiuma. Il suo profumo.
Ha comprato il suo preferito e glielo ha spedito, un semplice regalo da un semplice fan. Dylan sorride, aggiunge l’ennesimo ritaglio di giornale nell’album dedicato a Leonor. Non è affatto semplice.
Certe volte Leonor ha paura. Senza capire di cosa. Le persone intorno a lei sono piene di paure; ma benché alcune possano sembrare stupide e irrazionali, hanno qualcosa di fisico e sicuro. Allan ha paura di Trigon. I due idioti di non riuscire a diventare Re di Markovia. Sylar di scoprirsi uguale a suo padre. Lily di perdere le persone che ama. Zachary… di spettinarsi?
Tutte fobie idiote al limite dell’imbecillità; però quello è il mostro. Non può nascondersi: è lì. Puoi combatterci e urlargli contro. Guardarlo in faccia.
Alla domanda “Di cosa hai paura?” Leonor non sa cosa rispondere.
Del mostro invisibile, pensa, certe volte. Ho paura del mostro.
Lui è sempre molto attento. Non ha mai fatto un errore, mai, mai commesso nessuna stupidaggine che potrebbe costargli cara. Nemmeno agli inizi, nemmeno la prima volta che si è deciso a seguirla, nemmeno quando gli tremavano le mani per la paura, nemmeno quando il terrore di essere scoperto lo attanagliava come una morsa. Lui non può permettersi errori. Non può perché la prima volta che l’ha seguita, la prima volta che l’ha vista così vicina, così raggiungibile, si è reso conto di volerne ancora. E ancora. E ancora.
E di più.
Certe volte Leonor ha paura. È stata addestrata da suo padre e da sua zia a combattere, è stata addestrata a vincere. Potrebbe sconfiggere quella pezzente di Robin in un battibaleno - se c’è riuscito suo fratello, può farlo pure lei -, mandare in ospedale Lena Luthor in due secondi. La sua velocità e il suo tempo di reazione sono decisamente più alti rispetto alla media. Una così, non dovrebbe conoscerla la paura.
Ma tra la folla, durante le uscite, i combattimenti, persino nella Torre, avverte qualcosa. Un giorno ha percepito un sentimento diretto verso di lei, talmente intenso da lasciarla confusa e spaventata: non è mai riuscita a individuarne la provenienza, tra la folla di fan che si avvicinavano per chiedere autografi. Anche la natura dell’emozione le è completamente sconosciuta, non ha la minima idea di cosa si trattasse. Però non l’abbandona mai.
È diventato qualcosa di costante, in alcuni casi talmente tenue da sembrare solo una banale autosuggestione, e Leonor riesce quasi a convincersene. Non è nulla, non è nulla, non è nulla.
Però continua ad avere paura.
Lui è sempre molto attento e preciso: conosce la Titans Tower meglio di casa sua, sistema d’allarme compreso. Entrare nella Torre, arrivare alla camera di Leonor evitando le telecamere, è semplice. I suoi passi sono leggeri - grazie, Chiesa di Sangue, e ai tuoi strambi opuscoli sul “Come comportarsi in presenza di un demone.” - e la ragazza ha avuto una giornata pesante; Dylan non l’ha mai vista così esausta. Fa qualche foto, le si avvicina. Click. Click. Click. È davanti a lei, pochi centimetri che li separano. Le sfiora delicatamente una guancia, fa scivolare la mano sul collo e-
Certe volte Leonor ha paura. Si alza di scatto nel bel mezzo della notte, il viso - no, la guancia, il collo che bruciano come fossero appena stati ustionati. Il cuore batte nel petto ad una velocità troppo elevata. Scatta in piedi, lancia una veloce occhiata alla stanza e scappa via.
Allan lascia aperta la porta di camera sua, sempre. A meno che non stia lavorando o facendo sesso, quello è il “via libera” per rompergli le scatole senza farlo infuriare. Piomba dentro, il fratello sta leggendo un libro sulla poltrona, vicino alla finestra, il letto è fatto e questa notte Allan probabilmente non lo userà. Quando la vede, il ragazzo la raggiunge subito, con aria preoccupata. - Un incubo. - afferma, prima che possa chiedere qualcosa. È una menzogna, ma non saprebbe cosa dirgli, altrimenti.
Credo ci sia qualcuno nella mia stanza. Credo che mi abbia toccato. Credo che voglia farmi del male. Credo anche che sia solo un parto della mia stupida immaginazione. E non sono riuscita a ispezionare la stanza, quando mi sono svegliata, perché avevo paura. Credo di averne davvero tanta.
No. Decisamente questo non è un discorso che può fare.
- Vuoi dormire qui? - annuisce. E sente di nuovo il tocco sul suo corpo.
- Posso farmi una doccia? L’incubo, uhm…
- Certo.
Sotto le coperte che sanno di pulito, con Allan poco distante che la tiene d’occhio, Leonor sa che dovrebbe sentirsi al sicuro.
Ma…
Lui è sempre molto attento, quella volta però ha rischiato grosso. È riuscito a nascondersi, semplicemente inginocchiandosi vicino al letto; Leonor non ha nemmeno controllato, il che è strano. Si gratta la testa, sistema le nuove foto sulla parete, il fischio della teiera lo distrae e l’immagine delle mutandine di Leonor viene appesa un po’ sbilenca.
Torna in cucina, chiude il gas, ricontrolla che gli ingredienti ci siano. La Chiesa di Sangue è composta per lo più da imbecilli, rubare quel manoscritto non è stato per nulla difficile.
Sistema i capelli di Leonor dentro un piccolo contenitore rettangolare, e versa il contenuto della teiera.
È meraviglioso sapere che di lì a poco lei sarà sua.
Certe volte Leonor ha paura, ma non adesso. Probabilmente è la birra a renderla così sicura di sé e tranquilla, quasi non avesse una preoccupazione né un problema al mondo. Perciò, quando quello strano ragazzo si avvicina, gli sorride maliziosa. È lei a fare la prima mossa, a chiedergli se vuole offrirle qualcosa.
La sensazione si manifesta appena vede i suoi occhi, ma la scaccia via fingendo di non aver sentito nulla. Non può succedere niente di male così vicini alla Torre, così vicini a casa.
- Mi chiamo Dylan. - si presenta.
- Io sono Leonor.
Il ragazzo sorride, inclina la testa: - Sì. Lo so.
Lui è sempre molto attento, ma non può sfuggire in eterno ad un fratello apprensivo e un team di supereroi ben addestrati, l’ha tenuto in conto fin dall’inizio. Guarda Leonor rivestirsi, ancora sotto l’effetto della pozione che gli ha fatto bere. I poteri della ragazza sono diminuiti, adesso sapere quando e dove saranno i Titans è ancora più difficile.
- A cosa pensi? - domanda lei, sedendosi sulle sue gambe, prendendo a baciargli il collo.
- A quanto ti amo. - le accarezza il braccio, stringendola verso di sé, baciandola. Sapeva che non poteva averla per sempre, che doveva accontentarsi di quegli istanti regalati da una pozione, e vuole viverli il più intensamente possibile. Perché Leonor non li dimentichi mai, perché Leonor capisca di essere solo sua.
Il bussare della porta rompe l’incanto.
Gli occhi di Leonor si spostano immediatamente alla fonte di rumore, e, per un secondo, Dylan ci vede la speranza. È solo un lampo, però, che sparisce nella vacuità data dal filtro. Si alzano entrambi, le ordina di restare ferma.
Aprendo, si ritrova davanti Allan Wilson.
Certe volte Leonor ha paura. Quando, all’improvviso, certi ricordi vengono a galla. Le hanno spiegato come sono riusciti a ritrovarla, Allan che chiedeva ad un ragazzo se avesse mai visto sua sorella, mostrandogli un volantino, lui che rispondeva un “No, mi spiace.” e che sbatteva la porta - ma Allan aveva intravisto qualcosa, dentro la stanza, forse dei capelli biondi. Leonor mancava da un mese e questo aveva fatto in modo che Allan violasse le proprietà private altrui per molto meno, nella speranza di ritrovarla.
Ed infatti, quando si decise a sfondare la porta, lei era lì, gli occhi spalancati e un’espressione giocosa. Il tipo sparito chissà dove.
Non seppe fare alcuna descrizione né ricordare nulla quando l’effetto della pozione svanì completamente, non c’era nessun segno sulla sua pelle né sembrava ferita (la parola “stupro” nessuno l’aveva detta, ma galleggiò nell’aria per giorni prima che i vari test medici dimostrassero che non era successo nulla di simile, e anche dopo la rassicurazione i visi delle persone intorno a lei non divennero più distesi, l’odio per chi l’aveva rapita non diminuì per niente).
È inquietante sapere che esiste qualcuno capace di tanto, ed è inquietante quando i ricordi tornano. Perché sono tutti piacevoli, anche se non riesce a visualizzare perfettamente il suo viso e i luoghi dove l’ha portata, ha fisso in mente le risate e il divertimento, i baci dolci e quel sentimento caldo che l’avvolgeva completamente, proteggendola da qualunque cosa.
Allan pensa che sia ancora troppo scossa per odiare il suo rapitore, ed è troppo concentrato a detestarlo anche per lei per rendersi conto che Leonor, effettivamente, non prova nessun tipo di rabbia. Il pensiero che possa ripetersi una cosa del genere non le dispiace affatto. E questo le fa paura.