Titolo: Splash (So che un braccio dopo l'altro porterò a destinazione)
Autore:
perlinhaFandom: RPF Calcio
Pairing: Adam Johnson/David Silva
Rating: PG
Conteggio Parole: 1217 (
FDP)
Prompt: Maschera @ COW-T III (
maridichallenge)
Warning: pre-slash, AU
Disclaimer: no mio no vero no porta soldi
Note: ohibò, questa cosa è stata un parto malriuscito. Mi scuso con tutti ;_; (Sottotitolo preso da Triathlon di Cristina Donà)
Faceva caldo, caldissimo, un caldo soffocante. Faceva più caldo del solito, no? Ok che di solito faceva già veramente tanto caldo lì dentro, ma stavolta era ancora più caldo, vero? Vero Adam?
Macché, Adam nemmeno lo stava a sentire, concentrato com'era a fare stretching a bordo vasca, mostrando i quadricipiti femorali in tutta la loro allungatezza (?) a metà spettatori (e spettatrici, soprattutto spettatrici. Era pieno di spettatrici in quel posto. Tutte appassionate di nuoto, come no).
Gliel'aveva ripetuto mille volte, che la prima gara era la peggiore, che gli sarebbe quasi venuto un infarto, che doveva stare attento e ben concentrato e per carità del signore non doveva farsi assolutamente distrarre da niente e nessuno, tantomeno dalle urla isteriche delle fan (le grandi appassionate di nuoto, sì, sempre loro) durante le presentazioni e le premiazioni (e per fortuna che sott'acqua i loro corpi perfetti e bagnati e sotto sforzo erano solo parzialmente visibili, altrimenti sarebbero come minimo svenute e rotolate giù per i gradoni del Palasplash).
Il fatto è che il piccolo (solo di stazza: in realtà era pure abbastanza anziano vista l'età media dei gareggianti) David non aveva il minimo interesse nelle fan urlanti (anche perché probabilmente nessuna era lì per lui). Quello che lo distraeva davvero era proprio Adam, il suo caro amico, mentore, grillo parlante, compagno di staffetta, impartitore privato di acquatiche ripetizioni di inglese, e un milione di altre cose utili, Adam. L'uomo per cui aveva un'abissale, adolescenziale cotta che sapeva di diari segreti e penne profumate alla fragola, ma anche di innumerevoli sessioni di colpevole onanismo nella doccia degli spogliatoi - quella con la porticina che si chiudeva, non quelle comuni, oddio, per carità, era innamorato, non un maniaco.
Adam, che, ignaro di tutto, continuava ad abbracciarlo saltellando dopo ogni allenamento, tutto bagnato e praticamente nudo e sotto sforzo eccetera eccetera, spiaccicandogli le fortunate goccioline tutte addosso. Adam che negli spogliatoi gli lanciava cuffie usate a mo' di fionda, o peggio, asciugamani impregnati del suo shampoo, o ancora peggio, accappatoi impregnati di un po' tutti gli odori buoni e puliti che aveva addosso, o decisamente peggio di tutti, non gli lanciava addosso niente perché non aveva addosso niente. Adam che prima o poi avrebbe ricevuto un cazzotto o un bacio o un flacone di balsamo dritto sulla croce degli occhi perché santoddio ti prego smettila, c'è gente che soffre qui.
Insomma, Adam. Quello per cui David aveva la suddetta cotta colossale dalla prima volta in cui aveva messo piede allo Splash Club. Il motivo per cui aveva continuato a metterci piede per tutte le settimane successive, due volte la settimana, nonostante fosse tornato a casa letteralmente a pezzi dopo il primo allenamento. Il motivo per cui si trovava lì, in quel momento, alla sua prima competizione, nervoso come un toporagno in una radura piena di gufi, con lui accanto nel blocco numero due, che faceva stretching, pacato, rilassato, come se nulla fosse.
Ma sì, in fondo, cosa voleva che fossero centinaia e centinaia (gli piaceva esagerare) di occhi estranei puntati addosso, pronti a deriderlo senza pietà se per caso gli fosse scivolato un piede alla partenza o gli fosse fuggito il costume o gli si fossero impigliati gli occhialini nella cuffia lasciandolo mezzo cieco e brancolante sott'acqua? Forse avrebbe fatto meglio a portarsi direttamente la maschera e il boccaglio e i braccioli come i bambini di tre anni, visto che c'era.
Dio, quant'era nervoso.
«Rilassati, David, rilassati. Vieni qui, ti aiuto a sciogliere i muscoli.»
Certo, perché ovviamente ci mancava solo Adam che si offriva di fargli un massaggio rilassante subito prima del via, così era costretto a preoccuparsi pure per un'eventuale inappropriatissima erezione. Certo. Evviva.
E poi una voce dagli altoparlanti pronunciò i loro nomi, e David si mise a salutare in giro come se qualcuno fosse effettivamente andato ad assistere alla sua enorme definitiva disfatta acquatica. E poi risuonò altissimo lo stridore di un fischietto che intimava ai concorrenti di tuffarsi in acqua e mettersi in posizione.
E poi fu veramente il momento di partire, e nella testa di David rimase solo il suo amatissimo stile favorito, il dorso.
*
Bracciata dopo bracciata era finalmente arrivato a toccare il traguardo. Il cuore gli scoppiava, i polmoni urlavano, gambe e braccia lo insultavano e tutti gli altri organi boccheggiavano agonizzanti al suo interno, ma ce l'aveva fatta. Era perlomeno riuscito ad arrivare senza farsi ridere dietro da tutto il Palasplash.
Non fece in tempo a girarsi per vedere che tempo aveva fatto, che Adam gli si buttò addosso urlante, rischiando di annegarlo. Non si meritava una fine così poco dignitosa, dai, davvero. Proprio mentre tutti quanti stavano nuotandogli incontro per fargli i complimenti - ma per cosa, poi?
Cosa? Aveva vinto? Ma, ma -
Un rush di adrenalina lo colpì come uno tsunami e lo spinse a schizzare fuori dalla vasca come se avesse preso la scossa. Si mise a saltellare come una ranocchia ubriaca. Non sapeva bene cosa fare, non si era ancora nemmeno reso bene conto, cosa cavolo era successo? Tutti gli altri nuotatori avevano avuto un aneurisma? Non era possibile che avesse vinto lui, così esile, piccolino, gracile... veloce?
Adam corse fuori ad abbracciarlo e lo sollevò in aria come fosse fatto di pelouche, sottolineando ancora una volta la differenza di peso e muscolatura tra i due. Solo che la sua non era davvero stata una buona idea, perché ora l'adrenalina gli stava portando tutto il sangue in zone dove davvero non doveva andare in quel momento. Forse sarebbe stato meglio farsi mettere giù, ma a David veniva troppo da ridere per riuscire a formulare un qualsiasi pensiero sensato, perciò continuò a berciare come un demente tra le sue braccia, lasciandosi trasportare in un giro a metà tra l'umiliante e il trionfale intorno alla piscina che l'aveva innalzato alla gloria del momento.
*
Dopo la doccia iperesaltata e la premiazione con tanto di lacrimuccia, David tornò agli spogliatoi, puntualmente tallonato da Adam, per raccattare le sue cose e tornare a casa, una splendida medaglia d'oro farlocco che gli pesava un pochino al collo.
Adam non la smetteva di zompettargli intorno come se avesse vinto lui la gara: era fierissimo del suo amico tascabile e dello scatto con cui era filato in acqua seminando tutti gli avversari, lui compreso. Si sentiva un po' come una specie di mentore non richiesto, ma non per questo meno orgoglioso.
«Che ne dici di prenderci un caffè?»
Una richiesta peregrina, sorta nel mezzo del nulla, che aveva colto David più o meno come un pugno del Dalai Lama avrebbe colto il Papa.
«Io - io non... ma certo, perché no?»
In realtà voleva dirgli che lui non beveva mai caffè il pomeriggio, ma probabilmente non era questo il punto della sua domanda, quindi a scanso di equivoci, e puramente in linea di principio, David aveva seguito l'immediato istinto di rispondergli che sì, certo, sarebbe uscito con lui a prendere qualsiasi cosa avesse voluto, anche un narghilè, anche spremuta di broccoli, anche peperonata e salsicce.
Alla fine era venuto fuori che il caffè era, come chiunque non fosse un perfetto idiota come David avrebbe capito immediatamente, solo una scusa per vedersi anche al di fuori della piscina, e forse la vera vittoria di quel giorno aveva più il sapore di una bevanda calda che il peso di una medaglia di ottone con doratura farlocca.