Titolo: Corso basilare di ergonomia per umanoidi
Fandom: Originale
Pairing: Viridian/Cadwallader
Rating: NC-17
Conteggio parole: 1892 (W)
Prompt: Original, M+M, Tentacoli e squame @
P0rn Fest #3 (
fanfic_italia)
Warning: Uhm... tentacoli? E squame?
Note: Rientra nel 'verse inaugurato da
Cozze. Jules Juai e il tenente Viridian sono felicemente MIEI.
A volte il capitano Jules Juai si domandava perché le astronavi della Flotta continuassero a essere disegnate per un equipaggio umano se l'ultimo umano viveva in una boccia per pesci in un pensionato per cervelli nel quartiere Comete (dopo la Fascia degli Asteroidi, sempre dritto e poi a destra). Gli umani, cervello nella boccia a parte, si erano estinti da un bel pezzo. La Flotta, alle stime del censimento del 2583, era composta per il cinque virgola tre percento di mutaforme extra-latteani, per il nove virgola sei percento di polipodi del Quadrante Gamma, per il dodici virgola uno percento di androidi (guai a chiamarli macchine), e infine per il settantré percento tondo tondo di umanoidi. Umanoidi. Non umani. Non scimmie. Non si spulciavano le ascelle a vicenda e non si masturbavano pubblicamente in grandi riti di fertilità tra le fresche frasche della savana. No. Niente a che vedere. Nein.
Gli umanoidi avevano esigenze completamente diverse dagli umani, pace all'anima loro, e Juai non capiva come facessero i vecchi barbogi del Consiglio a non rendersene conto. Forse tutto quello sguazzare nelle vasche idroalimentari aveva annacquato i loro cervelli ipertrofici. (Juai ne era uscito nauseato, l'unica volta che ne aveva provata una. Le vongole gli erano rimaste sullo stomaco.) Non facevano altro che riproporre i vecchi schemi di costruzione umani, limitandosi ad aggiungere qualche nuovo piatto al menù liofilizzato e tendine del colore-moda del momento in saletta ufficiali. Adesso erano rosa pesca, qualunque cosa fosse una pesca.
Con un sospiro ordinò al computer di disporre le lamentele dell'equipaggio in ordine alfabetico per tema, cosicché il primo in lista risultò essere un garbato rapporto del tenente Viridian, recentemente promosso, a proposito degli airbag molluschi delle postazioni del ponte A.
"Benché indubbiamente efficaci in caso di collisione improvvisa o di altra destabilizzazione nell'assetto orizzontale del ponte" diceva il rapporto, "tali airbag (per la cui denominazione mi sento in dovere di proporre un emendamento, in quanto è ben noto che l'aria non svolge alcuna funzione nel processo) presentano una consistenza gelatinosa e vischiosa che mal si adegua all'anatomia tritoniana. Mi riferisco in particolare alle nostre branchie giugulari, che rischiano di essere, e più d'una volta sono state, ostruite dal materiale dei dispositivi di cui in oggetto. Tale ostruzione comporta..."
Juai saltò a piè pari la descrizione di ciò che l'ostruzione comportava, perché da bravo solariano interno aveva poco interesse a esplorare i reconditi segreti delle anatomie a sangue freddo. (Anche i mercuriali condividevano il riserbo dei venusiani in materia di circolazione sanguigna, ma bisognava pur dire che i mercuriali erano pazzi.)
Il solo rapporto di Viridian lo impegnò per un'ora, perché la mente di Juai continuava a divagare. In mezzo agli altri c'era anche il suo rapporto sulle scottature causate dal sapone della nave, che alterava il ph acido della pelle rossa e causava irritazioni a non finire. E le irritazioni, poi, erano di un violaceo macabro che lo faceva sembrare un appestato o, in alternativa, sua madre con una brutta scelta di fard.
Erano le diciotto zero zero quando Juai si rese conto che metà della pila era ancora al suo posto e non aveva alcuna speranza di finire di leggere tutto prima dell'inizio del turno. Giacché il rapporto di Viridian gli aveva rubato un sacco di tempo, Juai pensò che fosse dovere del tenente contribuire allo smaltimento della robaccia. Contò i rapporti restanti (una decina) e gli mandò un messaggio che diceva, in estrema sintesi: "Tenente, l'ho proposta per un avanzamento di grado perché so di potermi affidare a lei nel momento del bisogno". Senza voltarsi indietro, gli inviò i file e spense il monitor; poi andò in caffetteria a prendersi un tè e biscotti. Era una nuova ricetta, introdotta la settimana prima su proposta del Consigliere Schultz.
Quasi si aspettava di trovare tutto fatto al suo ritorno, un'ora dopo, ma la casella di posta taceva, e aggiornarla compulsivamente non fruttò alcun miglioramento. Nessuna ricevuta di ritorno. Controllò due volte, tanto per essere sicuro, ma non c'era da sbagliarsi: il tenente il suo messaggio non l'aveva proprio aperto. Eppure Juai era sicuro che fosse nella sua cabina, e non di turno, e sapeva che Viridian controllava la posta con rigore maniacale.
Un'ora non era molto, ma in due ce l'avrebbero ancora potuta fare, ammesso che cominciassero a lavorarci subito. Con questo pensiero in mente, Juai passò il suo rapporto iniziato per il Comando di Flotta nel lettore da polso e lasciò la cabina diretto al ponte Q. Di fronte alla cabina N° PQ5302 ("Lieutenant Viridian Invgril Foster XIV") esitò un attimo, poi si disse che ciascuno di loro, e un ufficiale a maggior ragione, aveva votato anima corpo e pace mentale alla Flotta e quindi, per gerarchia, al proprio diretto superiore, e accantonò ogni remora di cortesia.
Alla stanza vera e propria si accedeva tramite un’anticamera e un arco, che non divideva gli ambienti se non in teoria. A parte le luci blu placido del mantenimento vitale, che non illuminavano granché, era tutto immerso nel buio. Juai pensò che il tenente avesse lasciato la stanza, magari diretto alla caffetteria o per cominciare in anticipo il turno di notte (a volte Viridian le faceva queste cose), ma sulla soglia dell’arco fu arrestato da un suono perforante e da una visione che per un minuto buono non seppe come comporre.
Il suono era una specie di fischio acuto, che si ripeté più volte a varie frequenze, un paio delle quali parvero a Juai e alle sue orecchie venusiane sconfinare decisamente negli ultrasuoni. Quanto alla visione, sul momento gli parve un grosso salmone bipede intrappolato tra le grinfie di un’alga assassina betelgiana.
Ma sporgendo appena la testa si rese conto che altri dettagli entravano nel quadro: le due uniformi gettate sul pavimento, coi gradi che luccicavano debolmente sulle spalline; gli stivali taglia cinquantasei che potevano appartenere a una sola persona; l’inconfondibile risucchio e rilascio sbatacchiante della respirazione di un uomo-tritone. La punta umida di un tentacolo levata a mezz’aria.
Okay, Jules, si disse Juai, scollando con fatica la lingua dal palato. Indietro, adesso. Lentamente. E se ti concentri abbastanza, tutto questo non sarà mai successo.
Ma in realtà tutto quello che fece fu spalmarsi contro il muro nell’oscurità, un occhio al di là dello spigolo per controllare la scena, e neanche un passo in direzione dell’uscita. Improvvisamente la strada che aveva percorso gli sembrò cosparsa di ostacoli in cui poteva inciampare, rivelando la sua presenza. Jules Juai aveva affrontato pericoli d’ogni genere e assistito a più assemblee universali di ogni altro capitano della Flotta, ma in quel momento si rese conto di essere paralizzato dal terrore.
“Viiiii” fischiò l’alga assassina sul letto, contorcendosi in una maniera che diede il voltastomaco a Juai. Guardando meglio, si rese conto che tentacoli a parte l’alga era dotata di una testa e di un corpo sinuoso, e che una massa di capelli color melanzana si apriva a ventaglio sul cuscino. Non si distingueva molto altro, ma a Juai bastò per riconoscerla: era il tenente Maxie Cadwallader, ingegnere, una leggenda nel suo dipartimento. Sottufficiali e cadetti della sala macchine avevano scritto poesie sul modo in cui Maxie Cadwallader maneggiava una chiave da dodici.
Ma Maxie Cadwallader era più lesbica del generale Francine Jarjayes e del suo pene bionico in latex-titanio.
“Oh, Viiii” gemette la Cadwallader, avvinghiando più strette due fasce di tentacoli intorno ai fianchi di Viridian e tirandolo a sé. “Cosììììì, mio stallone sauriano!”
Juai si portò le dita alle orecchie per arginare le vibrazioni sovracute che cominciavano a fargli dolere le orecchie, e si impegnò con tutto se stesso a dimenticare di aver mai udito chiamare il tenente Viridian “stallone sauriano”. Aveva già deciso di averne abbastanza, e un piede stava finalmente rispondendo ai suoi comandi e imboccando la via della fuga, quando un ultimo dettaglio colpì la sua attenzione.
Gli ottapodi hanno otto tentacoli. Quattro erano stretti intorno alla vita di Viridian; due erano distesi, scossi da brividi occasionali, ai lati del cuscino; un settimo si agitava nell’aria dalle parti delle gambe di Viridian, frustandogli con schiocchi leggeri una coscia. L’ottavo…
L’ottavo era affondato tra le natiche contratte del tenente (sì, anche gli uomini-tritone hanno le natiche, anche Juai lo scopriva quella sera per la prima volta e ne avrebbe volentieri fatto a meno), intento nello stesso moto altalenante dei fianchi di Viridian lì in mezzo, e con apparente soddisfazione di entrambi.
Juai sentì che se fosse rimasto a guardare avrebbe scoperto un’altra cosa che non voleva sapere, e poi un’altra e un’altra ancora, e di questo passo si sarebbe ritrovato con un’enciclopedia di cose che non voleva sapere incise per sempre sempre sempre nel suo cervello. Scappò il più silenziosamente possibile, cioè non molto, ma i due avvinghiati sul letto non parvero farci caso.
Incontrò Viridian a colazione; il tenente aveva la solita aria stanca di chi fa il turno di notte, ma a parte questo non gli sembrò per nulla diverso dal solito.
“Buongiorno, capitano” lo salutò. “Posso?”
Come di consueto, Juai gli fece cenno di sedere al suo tavolo.
“Ho letto il suo messaggio poco prima dell’inizio del turno” disse Viridian, spaccando un sinte-uovo di quaglia contro il bordo del bicchiere e lasciando cadere tuorlo e albume all’interno. “Purtroppo non ho avuto il tempo di consultare i rapporti. Se le serve ancora aiuto, comincerò a guardarli non appena torno nella mia cabina.”
“Ah, no, no” scattò Juai, alla parola ‘cabina’, poi si rese conto che certamente Maxie Cadwallader non era ancora lì, e rettificò al volo: “Voglio dire, non c’è tutta questa fretta, tenente. Si riposi, prima. Ne ha bisogno. Cioè, dopo il turno. Ne abbiamo bisogno tutti” aggiunse, con una risatina patetica.
“Come vuole” assentì Viridian, girando il contenuto del bicchiere con un cucchiaino. Aveva un bel colorito blu oltremare.
Viridian stava ancora bevendo, e Juai torturando le sue patatine andoriane con la forchetta, quando una lunghissima coda di capelli color melanzana entrò nel loro campo visivo.
“Buongiorno, capitano. Buongiorno, pesciolino” cinguettò la voce del tenente Cadwallader, e poi la coda color melanzana piombò di schianto sopra il tavolo quando il tenente si chinò a stampare un bacio sulle labbra di Viridian.
“Passo da te appena finisco il controllo del reparto disinfettanti,” mormorò il tenente, che teneva stretto al petto un fascio di schede magnetiche di grosso formato, “… stallone” completò nell’orecchio di Viridian, ma Juai lo sentì ugualmente e la cosa gli tolse all’improvviso l’appetito.
Mentre il tenente si allontanava strisciando rapida sui tentacoli posteriori, Juai si sentì in dovere di dire qualcosa, fingere sorpresa, fare uno dei suoi soliti commenti, mostrare insomma una reazione del tutto naturale e genuina di fronte a una cosa della quale non avrebbe potuto avere alcun sentore e che certamente non aveva scoperto la notte prima introducendosi non richiesto nell’intimità delle cabine altrui.
“Wow” iniziò, spavaldo. “Tenente, chi l’avrebbe mai detto che… disinfettanti?” si interruppe da solo. “Il tenente Cadwallader non è assegnata alla sala macchine? Che ha a che fare con i dis…”
Viridian tossì forte nel pugno, come se una lisca gli fosse rimasta in gola. “Il tenente Maxie Cadwallader, signore. Il tenente Doran Cadwallader, d’altra parte, data la sua laurea in medicina, è assegnato all’infermeria.”
Juai si alzò in piedi e se ne andò stordito e in tutta fretta, senza salutare. Aveva letto da qualche parte che le nuove sperimentazioni sui farmaci amnesiologici stavano facendo miracoli.