Titolo: Il sabba
Fandom: Originale
Rating: G
Conteggio parole: 1280 (W)
Scritta per:
Dolcetto o Scherzetto Fest @
fanfic_italia (round 2: comico)
Un sabba di streghe è, in linea di massima, una cosa seria.
Tanto per cominciare c'è il fuoco: altissimo, immenso e maestoso, pieno di riverberi multicolori, ci si vede dentro qualsiasi cosa - solitamente immagini in alta definizione del Padre Satana inframmezzate da sporadiche interruzioni pubblicitarie.
Poi c'è il coro degli spiriti dei morti, che si esercita tutto l'anno per l'occasione, e se l'annata è buona (i morti freschi, anche se dotati, tendono a essere dei grandi indisciplinati), fanno rizzare i capelli in testa anche alla Grande Madre. La quale, lo diciamo per inciso, non ne avrebbe bisogno.
E poi ci sono le streghe. Le streghe che partecipano ai sabba non sono le novelline di città, né le fattucchiere sbracate che operano alle fiere o nei carrozzoni dei circhi. (A proposito, se qualcheduna dice di essere una strega e si offre di leggervi la mano, non accettate. Le streghe non leggono la mano, ma se lo fanno vi diranno sempre che la vostra linea della vita è la più corta che abbiano mai visto o che quella della potenza sessuale avrà un brusco crollo tra le dieci e le undici di stasera, o altre cattiverie simili. Le streghe sono fatte così.)
Le streghe dei sabba sono genuine, potenti megere di campagna che abitano catapecchie in zone insalubri e hanno almeno un porro sul naso e più peli sopra il labbro di quanti ne riusciate a contare. Arrivano da sole sulla loro scopa che più vecchia è, meglio è, suscitando un lungo ululato nella schiera di alberi della foresta tutta intorno, i quali di solito riconoscono nella scopa un cugino o un lontano parente. Il coro dei morti le saluta modulando in una nota stridula il loro nome. Il fuoco si ingrossa, strepita e scoppietta, mandando in mondovisione la loro immagine bitorzoluta e incrocchiata. Padre Satana le accoglie una per una con un messaggio videoregistrato, sempre uguale, in cui varia solo il nome: "Fuoco e dannazione a te, mia detestata figlia", un saltino nel nastro, una voce inespressiva e metallica, "BE-SON-ZIA."
"Fuoco e dannazione a te, mia detestata figlia", saltino, "NOC-TI-CU-LA."
"Fuoco e dannazione a te, mia detestata figlia", saltino, "RO-SMUN-DA."
Silenzio. Rosmunda plana con una traiettoria sgangherata vicino alla prima fila del coro, rischiando di far cadere il monocolo al Barone Senza Testa. Le streghe raggelate la guardano saltare giù dal manico con uno scavalco arzillo della gambetta scheletrica.
"Salve a tutte!" saluta briosa, togliendosi gli occhialoni da aviatore e spolverando un po' di brina dal mantello color ala di corvo.
Sotto indossa un abitino verde pisello con stampe di margherite e girasoli, ha i capelli in piega in una cascata di sontuosi boccoli rossicci e uno spesso strato di fondotinta e cipria fa sembrare anche il suo porro nasale un po' meno disgustoso. La scopa, orrore degli orrori, ha ancora qualche ricciolo di polvere tra le setole.
Ma il peggio è che Rosmunda non è venuta sola. Non c'è una legge che obblighi le streghe a presentarsi da sole, e in effetti più d'una ha l'abitudine di portare con sé il proprio famiglio (trovare un petsitter al giorno d'oggi è un inferno), ma nessuna si è mai sognata di portarsi dietro una persona. Un umano. Un mortale. Un uomo.
Anche la nuova immagine di Padre Satana (XVI secolo, con Lucrezia Borgia detta Lulù amorosamente appesa al collo) sembra carica di rimprovero.
"Rosmunda" freme Sidonia, arricciando le grosse narici taurine. "Chi è lui?"
Lui scende dalla scopa con qualche difficoltà. Si avverte il cric di un'articolazione, ma lui non fa una piega. "Salve, bellezze!" esclama, splendido. Ha un bastone col manico ricurvo e calzini scozzesi cascati alle caviglie. Anche a raddrizzargli la schiena non supererebbe Rosmunda che di pochi centimetri, e Rosmunda è poco più alta di un calderone.
"Lui è Charles" annuncia Rosmunda, agguantandogli il gomito con calore. "Gli ho parlato così tanto di voi che alla fine ha insistito per venire e conoscervi tutte. Allora, lei è Fredegonda, quella invece è Brigida, lei è Canidia, Erittonte, Arghenzia, Sagana, Panfilia..."
Le streghe mormorano selvaggiamente mentre Rosmunda le indica e presenta una per una. "Lui", si distingue dal mormorio, e "uomo", e "bellezze".
"Ma Rosmunda," la interrompe Peregrina, sbigottita, "è un uomo."
"Sì" annuisce Rosmunda. "Proprio così. Si chiama Charles" ripete. Charles agita il bastone a mo' di saluto.
"Non è neanche uno stregone. È un uomo."
"Gli stregoni puzzano di topo" replica Rosmunda, disgustata.
"Solo i migliori!" ribatte Ecatella, alzando un indice artritico dall'unghia color fumo di Londra.
Padre Satana troneggia severo dalla sua istantanea fin de siècle con Jack lo Squartatore.
"Be', io preferisco un uomo che non puzza di topo, se non vi dispiace" replica Rosmunda.
"E poi come ti sei vestita?" parte alla carica Filistina, una strega lunga lunga e magra come un fuso con una coltura di peluria spessa sulle guance. "Tutto questo... colore."
"Non è un amore?" si illumina Rosmunda. "Me l'ha regalato Charles per il mio novantesimo compleanno."
"Sessantesimo, vorrai dire, bocconcino" cinguetta Charles, prendendole la mano nelle sue e apponendovi un bacio che schiocca umido come una ventosa che liberi uno scarico.
Le streghe si guardano l'una l'altra, imbarazzate di fronte alla facilità con la quale questo uomo ha ammaliato la consorella.
"È disgustoso, disgustoso" cicaleggiano, cercando conforto nell'immagine di Padre Satana (impegnato a stringere la mano a un uomo segaligno con ciuffo leccato di brillantina e baffetto nero).
"Però, Rosy," continua l'omuncolo, l'indegno, lo scarto, "non mi avevi detto che le tue amiche erano ragazze così affascinanti."
Scocca un sorriso a quattro denti d'oro e qualche labbro corrucciato trema. Uno o due cuori di gelida malvagità minacciano di dare un colpetto supplementare. Ragazze, riecheggia soave nei timpani.
"Avevi paura che mettessi gli occhi su qualcuna di loro, non è vero?" continua Charles, accarezzando la manina di Rosmunda, e intanto perforando uno per uno i petti di ogni strega presente. "Non mi stupisco. Di fronte a donne così belle c'è da perdere la testa."
Belle, alita il vento. Padre Satana, estate '74, li guarda tutti da Rio de Janeiro con due travestiti brasiliani e un mojito nella mano destra.
"Ma non temere, amore mio" termina Charles. "Io ho occhi solo per te." E poi aggiunge, giusto in tempo per evitare che il seme del dubbio, per quanto adulatore, possa generare sospetti malevoli: "Anche perché non ho dubbi che, se solo ci provassi, le tue amiche potrebbero ridurmi in cenere con uno sguardo."
È un'incredibile esagerazione - neanche la Grande Madre, se volesse, riuscirebbe a infiammare con lo sguardo più di un uovo sodo - ma la via più breve al cuore di una strega passa per i suoi poteri. Un porro sul naso non rende una strega meno vanitosa, dopotutto.
"Di', Rosmunda," attacca Iperborea, esitando, "dove vi siete conosciuti tu e..."
"Charles" suggerisce Rosmunda, soave.
"... tu e Charles."
"Oh, è una bellissima storia" sospira Rosmunda, gli occhi che minacciano di illucidirsi.
"Se racconti alle tue amiche come ho rubato il tuo cuore non mi trasformeranno in un rospo, amore?" zufola Charles.
Crack, fa la crosticina di ghiaccio e fumo di calderone nei petti grossi e piccoli delle streghe, e - potere della rima - emozioni ormai dimenticate invadono tutto il corpo e imporporano le guance.
La Grande Madre Tertulliana, rimasta in silenzio fino a quel momento, accenna un'improvvisa risatina maliziosa che risuona come uno scricchiolio di travi marce e chiodi arrugginiti.
"Che simpatico giovanotto ci hai portato, Rosmunda!" crocchia agitandosi tutta sul suo trono. "Racconta, racconta. Charles, perché non ti siedi qui vicino a me?"
Dal fuoco, Padre Satana fa lo sgambetto a San Pietro, Thor e Vishnu in un colpo solo e sorride col pollice alzato.