[Heroes/Il Padrino] Redemption (Peter/Claire, Nathan/Peter, NC-17) - {Terza Parte}

Sep 14, 2008 16:09

Titolo: Redemption
Fandom: Heroes/Il Padrino
Illustrazioni: Meravigliose illustrazioni a cura di eryslash (spoiler per la fic; i lavori sono linkati singolarmente in mezzo al testo ma si possono trovare tutti insieme QUI.)
Pairing: Peter/Claire, Nathan/Peter (vaghi accenni a Peter/OCs)
Rating: NC-17
Conteggio parole: 10600 (W)
Warning: Incesto, underage, violenza.
Spoiler: Nessuno per Heroes (a parte alcune citazioni che comunque richiedono la conoscenza della serie per essere colte - e i riferimenti basilari sui personaggi nominati); diversi per Il Padrino I.
Grazie a: snopes_faith, eryslash, juliettesaito e vari pre-lettori per tutti i pompon sventolati e l'amore sparso, e alla dedicataria d'onore, kimmy_dreamer, che mesi fa mi ha costretto a uscire dal mio sicuro angolino Petrellicest e a buttarmi in questa... cosa chiamata het. Dio, che ho fatto.
Note: Sequel più o meno ufficiale di Godblessed. Le due fic possono essere lette indipendentemente, ma credo che "Redemption" abbia molto più senso come sequel che come one-shot.
Riassunto: Maggio 1947. Dopo due anni, Peter Petrelli è tornato a casa dalla Sicilia, ma qualcosa è cambiato. Ora c'è Claire, la figlia di Nathan perduta da anni che Angela ha deciso di riunire alla famiglia. Claire non è felice di stare coi Petrelli; Peter è felice che lei ci sia. Nathan deve tenerli a bada entrambi.

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La cena non è come l’avevi immaginata. Avevi pensato a un pasto di famiglia, una cosa semplice e intima come quelle a cui sei abituato; invece è un party in grande stile, con la tavola grande apparecchiata nel salone, troppi posti, troppe portate, troppi invitati e troppe giacche eleganti. È una festa all’americana, anche se gli invitati sono quasi tutti italiani. Tuo padre era di gusti molto più spartani, ma Nathan ha i suoi punti deboli.

Sei seriamente intenzionato a odiarlo per non averti detto di cosa si trattava. Hai fatto la tua comparsa in mezzo al luccichio del lampadario di cristallo e della gioielleria, trasandato come sempre, solo per ritrovarti addosso gli occhi affamati degli ospiti che non avevano ancora avuto il privilegio di ficcare il naso negli affari del grande scomparso, del giovane Petrelli, il veterano, il fuggitivo, il sospetto omicida scagionato da tutte le accuse. Prontamente Nathan ti ha preso per un braccio e trascinato, sempre sorridendo, al piano di sopra, dove ti ha messo uno smoking tra le mani.

“Sei un bastardo” hai borbottato mentre ti svestivi. “Cos’è, la mia punizione? Ora mi sputtanerai di fronte a tutti raccontando le storie della mia infanzia difficile?”

“È la tua punizione” ha ammesso Nathan, placido. “Ma mi accontenterò di guardarti soffrire. Le signorine muoiono dalla voglia di sentire le tue storie di guerra.”

“Potrei raccontarne un paio di interessanti…” borbotti, infilandoti i pantaloni.

“Peter” ti ammonisce, corrugando la fronte.

Alzi gli occhi al cielo. “Il vero scopo qual è? A parte rovinarmi la serata.”

“Mamma voleva che Claire cominciasse a farsi vedere in società.”

Questo ti procura uno strano, improvviso strattone allo stomaco. “E tu vuoti il sacco così, di fronte a tutti? Con una festa? Heidi starà morendo di…”

“Non fare l’idiota. Nessuno sa che è mia figlia.”

“Una nipote in visita?”

“Qualcosa del genere.”

Ti pettini i capelli indietro con le dita. Pensi che Claire non abbia alcun bisogno di “farsi vedere in società”; non è gente con cui andrebbe d’accordo, in ogni caso. A malapena li sopporti tu, e tu li sopporti da tutta la vita.

Lotti con la cravatta, ma è una battaglia che non sei mai riuscito a vincere. Divertito dal tuo incespicare, Nathan ti sposta le mani dal nodo sghembo, lo scioglie e te lo rifà alla perfezione in un attimo.

“Che altro c’è?”

“Prego?” Alza gli occhi. La sua perplessità è così genuina che potrebbe perfino sembrare vera.

“Neppure Mamma potrebbe convincerti a dare un ricevimento per una cosa del genere. Che altro c’è?”

Nathan stringe le labbra come a considerare la domanda, poi ti prende la faccia tra le mani e ti appoggia un bacio su un lato della fronte, in un certo punto vicino alla tempia destra. “Ti aspetto di sotto. Datti una pettinata.” E poi è andato.

Lei la scorgi in fondo alla sala, vicino al tavolo dei cocktail, i capelli raccolti in un fuso in cima alla testa e il collo reclinato con una languida grazia che ti appare del tutto nuova. Senza uniforme scolastica o vestiti di casa, Claire ti sembra improvvisamente troppo adulta, e che la tua occasione sia passata e perduta: è diventata donna mentre non guardavi. Ma poi la vedi sollevare una mano dalle unghie smaltate verso la bocca, e fermare bruscamente il gesto a metà, e sorridi avanzando e le appoggi una mano sulla schiena.

Il tuo pollice sfiora la pelle nuda sopra l’orlo della stoffa. Ha addosso un abito bianco che la fa sembrare un confetto.

“Ciao” le dici, baciandole la tempia con più familiarità di quanta ce ne sia mai stata. Il cameriere ti porge un bicchiere di aperitivo, che fai tintinnare piano contro quello di lei. “Com’è andato il primo round?”

Lei scrolla la testa pensosa, lasciando ondeggiare un lungo ricciolo biondo. “Bene, credo. Tua madre mi ha informato che ora sono tua cugina di terzo grado. O era quarto? E tua zia Teresa continua a chiamarmi Claretta.”

“Non vuoi sapere come chiama me e Nathan.” Le passi il braccio intorno alle spalle, facendo due passi in mezzo al salone. Nathan e Heidi stanno intrattenendo un tipo dall’aria vagamente familiare con un sigaro in bocca. Nathan ha un braccio intorno alla vita di Heidi. Dall’espressione di lui non diresti mai che la tradisca regolarmente; dall’espressione di lei non diresti mai che l’odore del sigaro le dia la nausea. Ogni volta che li guardi insieme pensi che lei sia troppo (troppo intelligente, troppo buona) per lui.

“Ah, Peter” ti chiama Nathan, dischiudendo le labbra in un sorriso stranamente largo. “Vieni. Conosci Mr. Dennison? Mr. Dennison, mio fratello Peter. Il nostro veterano.” Sottolinea l’ultima parola come se davvero ne fosse orgoglioso - come se fosse stata tutta una sua idea.

Tendi la mano all’uomo con un sorriso privo di simpatia.

“L’America avrebbe bisogno di più uomini come lei, Mr. Petrelli” dice Dennison, e c’è una lieve acredine divertita nelle sue parole, sarcastica e bonaria al tempo stesso. Sei un assassino, e lui lo sa. Tutti lo sanno. Mentre pensi che quest’uomo è uno dei pochi che si siano mai permessi d'essere sfacciati in casa vostra, ti ricordi chi è. Un giornalista importante, scrive per il New York Journal. Tuo padre lo disprezzava cordialmente, il che significa che lo considerava un uomo intelligente.

Tutto questo comincia a diventare un po’ troppo per l’ingresso in società di Claire.

“Tornati a casa interi, vuole dire? Sì, non siamo molti.”

Dennison sorride intorno al suo sigaro. Getta uno sguardo a Claire, ancora compressa nella curva del tuo braccio, e Nathan gliela presenta con tranquillità impeccabile come “Claire Petrelli”, snocciolando una trafila di parentele sufficientemente contorte da confondere anche te.

“Voi italiani avete parentele complicate” commenta Dennison, senza smettere di guardarla.

“Io sono americana” ribatte Claire.

Il sorriso di Nathan si restringe di almeno un centimetro. “Siamo tutti americani” puntualizza.

Apri la bocca per chiedergli quando ha scoperto di possedere uno spirito patriottico, ma Heidi ti precede, la copia coraggiosa e conforme di un sorriso sulla bocca. “Credo che possiamo metterci a tavola. Tesoro?”

Ti hanno dato il posto che nelle serate importanti è sempre stato di Nathan, alla destra del Padre - in questo caso, il Fratello. Per qualche motivo, Nathan tende a somigliare di più a vostro padre quando ha quel sorriso particolare sulla bocca, e vederlo seduto a capotavola aumenta solo l’effetto. Credi che a fine serata gli faranno male i muscoli della faccia, e probabilmente anche quelli delle spalle, se continua a tenerle così dritte come a voler incombere sugli invitati più grande, più forte, più solido di quello che è. Non è così sicuro di sé come vorrebbe sembrare. Qualcosa nel modo in cui affetta meticolosamente il suo roastbeef per poi lasciarne metà ti parla di uno stomaco serrato.

Claire, alla tua destra, è silenziosa e guardinga come una lepre invitata a cena in una tana di lupi. Il suo collo bianco così sfacciatamente nudo ha un effetto strano su di te. Continui a pensare a quanto sarebbe facile allungarti dalla sua parte e baciarlo - scoprire dalle pulsazioni nella sua gola quanto è davvero nervosa e quanto è solo il frutto della tua immaginazione. Tirare via una ad una le forcine che le tengono su i capelli, lasciare che le crollino sulle spalle e il loro profumo si spanda tutto intorno. Vuoi baciarla di nuovo, toccarla senza impedimenti di stoffa e parenti sospettosi; vuoi dirle che la sposeresti davvero, se potessi, e stavolta non farti ridere in faccia.

Invece continui a masticare la tua cena, occhieggiandoli a turno, lei e Nathan, per capire a cosa stanno pensando. È un gioco che facevi spesso con tuo fratello. C’è una minuscola increspatura tra le sopracciglia di Nathan; potrebbero essere le patate insipide, oppure no.

“Allora, cosa c’è sotto?”

Nathan ti guarda senza rispondere, poi abbassa lo sguardo sul bicchiere che ondeggia lentamente tra le sue dita.

“Il tuo supporto è molto importante per me, Peter.”

Corrughi la fronte. “Come faccio a supportarti se non so cosa stai facendo?”

Nathan ti lancia uno sguardo obliquo. “Lo sai che ti amo, vero?” ti dice a voce assurdamente alta, in un tono che sottintende che non hai alternative se non accettare il suo amore, e tutte le conseguenze.

Alzi gli occhi al cielo, e questo sembra divertirlo immensamente. Non sei l’unico in famiglia a cui piace infastidire suo fratello.

Tua madre, seduta dall’altra parte del tavolo, ha l’aria rilassata e perfettamente a suo agio, ma a tratti senti il suo sguardo addosso. Ha forse qualcosa a che fare con i momenti in cui ti pieghi dalla parte di Claire per parlarle all’orecchio, o forse è il solito, generico controllo che esercita sempre su di te. Non ha mai nascosto di considerarti il suo preferito e al tempo stesso il meno affidabile, e spesso hai avuto l’impressione che ti guardasse con più di un vago senso d’esasperazione. Ma ti ha sempre appoggiato più di quanto abbia mai fatto tuo padre (o Nathan, se è per questo), e tu sai che tutto ciò che fa, lo fa per il bene della famiglia.

Ti chiedi quanto sappia. Ci sono cose che hai detto solo a Nathan, e altre che non hai detto a nessuno. Ci sono cose che, se si sapessero, distruggerebbero la vostra famiglia. E le informazioni in mano a tua madre sono come granate con la sicura staccata, sul punto di esplodere e mandare tutto in pezzi.

E poi è tua madre. Non riusciresti a sopportare che ti odiasse.

Alla tua sinistra, Nathan si schiarisce la voce e si alza in piedi. Nello stesso istante, Claire ti appoggia una mano gelata sul ginocchio, sotto l’ampia falda della tovaglia color crema. Tu ti volti verso Nathan ma la stringi, accarezzandole le dita con il pollice.

“Scusatemi. Posso avere un minuto della vostra attenzione? Grazie.”

Ha tra le dita il bicchiere pieno di champagne per metà. Lo berrà alla fine del discorso, con aria lenta e ponderata.

“La mia famiglia ed io vogliamo darvi il benvenuto e ringraziarvi di cuore per l’affetto che ci dimostrate con la vostra presenza qui stasera. Il mio unico rammarico è che mio padre non possa essere qui con noi; questa serata avrebbe significato molto per lui. Sapete, di solito la gente ride quando dico che mio padre era il mio eroe.” Ridacchia dolcemente, e dalla tavola si solleva un mormorio d’imitazione. “Papà diceva sempre che avevamo il dovere di usare quello che Dio ci ha dato per aiutare la gente. Per fare la differenza. Papà ha sempre fatto scelte difficili per un bene più grande.” Abbassa lo sguardo per un attimo. “Negli ultimi tempi, tutti abbiamo dovuto prendere decisioni difficili. Alcuni di noi hanno perso fratelli, mariti, amici. Mio padre è stato assassinato un anno e mezzo fa. Questa famiglia…” Il suo sguardo scorre su Heidi, sui bambini, su tua madre, su Claire, e infine su di te. Ti appoggia una mano sulla spalla. “… è stata sul punto di andare in pezzi, ma non l’ha fatto. Non l’abbiamo fatto.” Ti stringe un po’ più forte, guardando dalla tua parte, ma senza incontrare i tuoi occhi. “Appena tornato dal campo di battaglia, vivo per miracolo, mio fratello Peter è stato accusato di omicidio. Che cosa… mi sono chiesto, che cosa c’è che non va in questo Paese se un uomo che ha offerto la propria vita per il suo Paese viene ripagato in questo modo? Peter era giù in Sicilia quando l’ha saputo. Quello che fino ad oggi è sempre stato tenuto nascosto, quello che ha tenuto Peter lontano così a lungo - quello che io stesso ho scoperto solo pochi mesi fa - è che in Sicilia Peter è sopravvissuto a stento a un tentativo di suicidio.”

Hai tutti gli occhi addosso. Un tempo ti sarebbe forse piaciuto; ora ti senti le orecchie calde e ovattate. Apri la bocca, ma la richiudi senza emettere suono.

“Tutto questo mi ha fatto capire che quello che è successo a noi non deve mai più ripetersi. Che dobbiamo lottare, tutti insieme, affinché i nostri figli abbiano un futuro migliore; mettere da parte le differenze, perseguire i nostri scopi comuni. Per questo…” Prende un lento respiro, come se la decisione fosse stata lunga e sofferta.

“Peter…” mormora Claire, inseguendo la tua mano.

“… ho deciso di candidarmi a deputato alle prossime elezioni del Congresso.”

Nell’applauso che segue (stupito all’inizio, poi man mano più convinto), lo stridio della tua sedia contro il pavimento non si sente quasi per nulla. Lanci il tovagliolo appallottolato sul tavolo e te ne vai.

+

Fuori piove a dirotto. Attraversi il cortile togliendoti i capelli bagnati dalla faccia, apri la macchina e ti siedi sbattendo la portiera. Appoggi i gomiti sul volante, passandoti le dita tra i capelli. Figlio di puttana. Bastardo figlio di puttana. Lo sai che ti amo, vero? Sapevi che non poteva averti perdonato lo scherzetto dell’aereo. Lasciarti andare con uno schiaffetto sulle mani? Sarebbe stato troppo facile. Le punizioni di Nathan devono lasciare il segno.

Una macchia rossa attraversa il parabrezza sfocato dalla pioggia scrosciante, da sinistra a destra, e tu mandi giù con forza il groppo di rabbia e odio che ti stringe la gola. Ti allunghi per aprire la portiera alla tua destra, e da sotto l’ombrello rosso Claire ti guarda con esitazione e imbarazzo, l’orlo del vestito tutto schizzato di pioggia.

“Stai sanguinando.”

Ti guardi la mano. Ti sei ammaccato e scorticato le nocche quando hai tirato quel pugno contro il muro.

“Vuoi fare un giro?”

Lei annuisce; chiude l’ombrello e si infila nell’abitacolo al tuo fianco. Anche se fuori fa freddo, le sue labbra sono calde quando prende la tua mano tra le sue e ti bacia piano il pugno sbucciato. Nell’ombra ha un’espressione così dolce, così assorta. La sua attenzione è tutta per te. Lei è tutta per te.

“Non ho cercato di ammazzarmi.”

“Lo so.”

“Non avevo nessun motivo per ammazzarmi.”

“Lo so. Io ti credo.”

“Le accuse erano vere. È tutto vero.”

Lei si ferma, ma non lascia andare la tua mano, e la sua stretta non si allenta. “Hai…”

“Sì.”

“L’hai ucciso davvero?”

“Erano due.” La guardi senza abbassare gli occhi, senza provare vergogna - senza provare niente. Deve capire chi sei; è importante. “Avevano ammazzato mio padre.”

Lo scrosciare della pioggia vi avvolge per qualche istante, ovattando il silenzio. Claire continua a guardarti senza parlare. Alla fine liberi la mano dalle sue e la appoggi sulla sua nuca, sporgendoti per baciarle la guancia e poi, più lentamente, l’angolo della bocca. Claire ti passa un braccio intorno al collo.

“Vuoi farlo ancora quel giro?”

“Non mi importa. Davvero. Tu… io so che avevi le tue ragioni.”

È così rinfrancante, detto da lei. Lei è pulita. Se ti perdona non è perché si aspetta che tu faccia lo stesso con lei. Non è perché non riesce a concepire una vita diversa. Lei è pulita, completamente pulita, e tu la vuoi disperatamente.

Mentre le baci il viso, tiri via i fermagli che le tengono su i capelli, lasciandoti riempire le dita dal peso delle ciocche strappate all’acconciatura. Lei si stringe istintivamente a te, cercando di colmare la scomoda distanza che vi separa, quella che ti impedisce di avere le sue cosce intorno alle tue e toglierle quel vestito impossibile, troppo bianco, che le dona troppo, con l’orlo bagnato e trasparente incollato alle ginocchia.

Ti separi gentilmente da lei, rimuovendo una forcina molesta che le pende da un ciuffo sopra l’orecchio. Nei suoi occhi vedi quello che un tempo Nathan deve aver visto nei tuoi, quando ti piaceva implorare il suo amore e che te lo infliggesse come una punizione.

La lasci e lentamente, senza smettere di guardarla, riporti le mani sul volante. I vetri sono completamente appannati. Apri il finestrino, lasciando entrare l’aria fresca e gli schizzi di pioggia, e Claire si sistema i capelli con le mani mentre metti in moto.

“Io non sono una brava persona.”

Lei sorride indulgente.

“Pazienza.”

Tu non la tradiresti. Tu non la tradiresti mai.

Deve essere stato in una sera simile a questa - ti sembra di ricordare che piovesse, anche - che Nathan ti ha accompagnato al tuo appartamento dopo una cena - un party? - di famiglia. L’appartamento era nuovo, il pavimento pieno di scatoloni e il frigo vuoto; il lampadario funzionava per miracolo, a scatti giallognoli, da bettola. Un piede dentro la soglia e uno fuori, Nathan ti ha chiesto se poteva entrare. Un’ammirevole cortesia da parte sua, visto che ti aveva pagato i primi sei mesi d’affitto - solo che tu ancora non lo sapevi.

“Fai come se fossi a casa tua. Qualcosa del genere. Be’, casa tua è più decente.”

“È anche casa tua.”

La guardi senza sapere se risponderle che non è vero, o farle notare che ti riferivi alla sua casa in Texas, quella della sua famiglia. Quella vera. Quando Claire si accorge di quello che ha detto, abbassa lo sguardo e si liscia le pieghe della gonna, a disagio. Ti sembra che le immagini si mischino nella tua mente, passato e presente e qualcosa di confuso che potrebbe essere il futuro. Forse è solo il taglio di luce del lampadario, e il modo in cui Claire esita sulla soglia. Anche Nathan ha esitato, quella volta, ma credi per motivi diversi.

“Vuoi…” Indichi vagamente il divano.

“Grazie.” È rigida come un palo, con le spalle contratte e l’aria di chi non sa esattamente cosa sta facendo. Siede in punta al divano come se avesse dimenticato la calma con cui quello stesso pomeriggio, su quello stesso divano, ha lasciato che le scostassi i capelli dagli occhi e le sistemassi il colletto della camicia.

Ti accovacci sui talloni di fronte a lei invece di sederle accanto. Con la sua mano nelle tue, potresti essere sul punto di chiederle di sposarti.

“È tutto a posto, Claire.” Le sorridi lentamente. Sollevi una mano, appoggiandola sulla sua guancia, e lei piega leggermente il capo verso il tuo palmo. “Vuoi bere qualcosa?”

“No. No, è… Scusa.” Copre la tua mano con la sua, stringendola appena. “Io sto bene con te. Mi sento a posto. Al sicuro.”

“Ma?” la incalzi gentilmente.

Ma sono troppo giovane, non è il momento adatto, hai frainteso, ti voglio bene come a un parente, sei mio zio Cristo santo.

“No, nessun ma.” Ti passa le braccia intorno alle spalle, affondando il viso nell’incavo del tuo collo, e la senti rilasciare un sospiro lieve. Quando le abbracci la vita, tirandola più vicina in equilibrio precario sui tuoi talloni, il viso di Claire riemerge depositandoti una serie di baci lungo il profilo ossuto della mascella. Non ti sei fatto la barba, e quando le sue labbra arrivano a destinazione sono rosse e morbide come un frutto maturo.

La tiri su con te, il suo corpo schiacciato contro il tuo. Per qualche secondo restate perfettamente immobili l’uno contro l’altra. Poi il ticchettare delle sue scarpe sul pavimento segna il precipitare del tempo mentre ondeggiate per la stanza come un informe mostro ubriaco, sempre più rapidamente, lei aggrappata a te, tu diviso tra il piacere del momento e la premura di sistemare un paio di questioni pratiche nel minor tempo possibile. La tua schiena sbatte rumorosamente contro il muro e Claire ti appoggia le mani sul torace, stropicciando la camicia, violentando il colletto serrato. Allunghi una mano alla cieca sul muro, trovando l’interruttore sotto le dita, e la casa piomba nel buio totale.

Lei ti passa le dita alla cieca tra i capelli, disegnando percorsi intricati coi polpastrelli sulle tue tempie. Ti bacia di nuovo, e stavolta le tue mani scendono dalla sua vita sulle anche, che tendono morbide la stoffa del vestito. Stacchi la schiena dal muro e cerchi di guidarla a piccoli passi verso la camera da letto, ma qualcosa - dal rumore si direbbe una bottiglia - la fa incespicare e le strappa un lamento, spingendola ancora più stretta tra le tue braccia.

“Claire?”

“Ho messo male il piede.”

Allunghi una mano nel buio, trovando il suo braccio e le sue dita strette intorno alla caviglia, ma non sembra che le faccia male.

“Aspetta.”

Passi un braccio dietro le ginocchia di Claire, uno intorno alla sua vita e la sollevi, nascondendo un sorriso nel buio al suo gridolino di sorpresa. Non ti eri accorto che fosse così piccola. Tenendola tra le braccia hai l’impressione di poterla ripiegare e riporre in una scatola come una bambola. Quando la deponi sul letto, le sue braccia restano protese intorno al tuo collo come quelle di un bambino che chieda il bacio della buonanotte, e tu glielo dai.

La cravatta scorre sibilando via dal tuo colletto; scalzi i primi due bottoni della camicia e ti sfili la giacca, ritornando tra le sue braccia. Claire è così leggera che sembra sospesa sul materasso, senza affondarvi, senza curvarlo. Il tuo peso invece scava una trincea vicino alla sponda. Mentre la baci le appoggi le dita sul ginocchio, scostando piano la stoffa, il pollice che risale a cercare l’orlo ricamato delle calze e poi subito si ritira, come per un ripensamento.

Ti inginocchi sul pavimento, sfilandole delicatamente una scarpa. Le calze sono una barriera sottilissima ma nondimeno solida tra le tue labbra e la sua pelle quando le posi un bacio sul collo del piede. Con una mano le accarezzi il retro della gamba, saggiando la consistenza morbida del muscolo rilassato, mentre le labbra risalgono piano, non baciando davvero, accarezzando piuttosto, fino al promontorio del ginocchio, dove muovono verso l’interno e si infrangono contro la piccola pinza del reggicalze bianco.

Una luce bianco-azzurrina filtra dalla finestra, illuminando le pieghe della gonna strette nel tuo pugno, la vita compressa nell’abitino color confetto, la trafila di piccoli bottoni che si interrompe bruscamente un passo prima della scollatura. Sganci la clip del reggicalze con due dita e posi le labbra sulla pelle nuda. Lei si appoggia indietro sui gomiti e trattiene il respiro mentre liberi tutti i gancetti e tiri giù la calza, sfilandola dal piede.

“Peter…” ti chiama a bassa voce mentre le spogli l’altra gamba. Le trema leggermente la voce, e al tremore si aggiunge un brivido quando riporti le labbra all’interno della sua coscia, un po’ più in alto. L’orlo della sua gonna ti solletica l’orecchio, minacciando di fagocitarti all’interno della sua ombra calda e accogliente, ma Claire allunga una mano e la tira su, forse per evitarti il fastidio, restando ancora più scoperta ai tuoi occhi.

Il gesto, per qualche motivo, ti eccita incredibilmente. Sollevi lo sguardo incontrando il suo, il labbro inferiore stretto con forza tra gli incisivi e la gola tesa mentre spia i tuoi movimenti. Lentamente le sbottoni il bustino dell’abito, dal basso verso l’alto. Claire si tira a sedere per permetterti di tirarle giù le spalline e sfilarle finalmente il vestito.

Sotto, il candore della sua biancheria è accecante. Le appoggi le mani sui fianchi, preoccupato di sentirla tremare (tu tremavi, la prima volta), ma Claire non sta tremando affatto; le sue mani sulla tua nuca sono ferme, il suo respiro irregolare ma deciso. Ti bacia aprendo la bocca per te, lasciandosela invadere dalla tua lingua. Quando ti tira giù sul materasso, sopra il suo corpo, le sue ginocchia salgono a stringerti i fianchi.

Le sue dita si infilano sotto le tue bretelle e le tirano giù, cercando a tentoni i bottoni della camicia. La aiuti a sfilare il bordo intrappolato dentro i pantaloni e contorci le braccia indietro per farti liberare della camicia, impietosamente rivoltata al contrario e incastrata intorno ai tuoi polsi. Troppo tardi ricordi di non aver aperto i polsini, ma il leggero crack dei bottoni che saltano viene accettato senza rimorsi.

In qualche modo, in un momento non precisato, nel buio, un seno di Claire è sfuggito alla coppa ricamata del reggipetto. Lo raccogli nel palmo e lo baci piano, quasi con reverenza, strofinando la lingua contro la punta del capezzolo. Claire emette un sospiro rumoroso, e poi un gemito leggero quando lo stringi tra le labbra. Le tiri giù le spalline senza sganciare il reggipetto, contemplando il modo volgare ed eccitante in cui la fascia di merletto le resta appesa sotto i seni nudi. La stoffa dei tuoi pantaloni fruscia ripetutamente contro le sue gambe nude.

Con una lunga carezza muovi le dita giù lungo il suo fianco, sulla sponda di merletto del reggicalze, poi lentamente verso l’interno. La stoffa è umida, e quando la accarezzi leggermente con un polpastrello la macchia si allarga; muovendosi sotto di te, Claire mugola qualcosa di indistinto e incoraggiante.

(Lui potrebbe entrare in qualsiasi momento. Ha la chiave. Presi come siete, non lo sentireste neppure aprire la porta, figurarsi se avreste il tempo di rivestirvi e far finta che non sia successo nulla. Potrebbe entrare e trovarti con una tetta di sua figlia in bocca, una mano tra le sue gambe.)

Infili un pollice sotto il reggicalze, agganciando l’orlo delle mutandine e tirandolo giù, un millimetro alla volta, un fianco e poi l’altro, spostandoti di lato per lasciar scivolare lo straccetto fino alle ginocchia di Claire e poi via dalle caviglie. Le prostitute in Francia erano sempre deliziate (o fingevano di esserlo) dalla meticolosità con cui le spogliavi. Ti piacevano piccole e bionde, coi fianchi morbidi e il mento affilato.

Fai per tornare giù sopra di lei, ma Claire si tira a sedere e ti appoggia le mani sulle spalle, premendo i seni contro il tuo petto. Mentre vi scambiate un altro bacio le sue mani sono sulla cintura dei tuoi pantaloni, la tirano, la allentano, lottano con il cuoio finché non cede, poi attaccano i pantaloni. In pochi secondi sono raccolti intorno alle tue ginocchia e tu spingi Claire sulla schiena per avere lo spazio per toglierteli, rapidamente e col minimo imbarazzo possibile, facendo sparire anche i calzini. Lei è così bella, col reggicalze senza mutandine e il reggiseno sganciato, e così tranquilla e sicura di sé che per un attimo temi che l’abbia già fatto, magari con qualche ragazzetto texano col cappello da cowboy e la scusa di portarla in giro a vedere il ranch di papà. Ma il pensiero non ti preoccupa più di un secondo; tu non sei come Nathan, non ti importa se l’ha già fatto. Lei ha scelto te, adesso. Tu hai scelto lui. Tu hai scelto lei.

Lei chiude gli occhi quando la penetri; cautamente, aspettando di catturare il suo sguardo, ti fai strada dentro di lei. È stretta e umida, calda come l’inferno ma accogliente come se fosse sempre stata tua, e la sua resistenza cede quasi subito accompagnata da un gemito istantaneo di sorpresa, o dolore, o sollievo. Le baci la guancia, mormorando qualcosa con una voce che non sembra la tua, ma quella di altri uomini che ti hanno bisbigliato all’orecchio di rilassarti, che sarebbe durato solo un attimo, che eri bravo - un bravo ragazzo. Claire si aggrappa a te e ti attira più a fondo tra le sue gambe, nell’oscurità convulsa e bagnata del suo corpo.

Lui potrebbe entrare ora, mentre ti scopi sua figlia, tra il cigolio delle molle e i gemiti e il sudore; potrebbe entrare ora, mentre le ripeti qualcosa che lei domani riporterà alla memoria come un dono prezioso; ora, mentre riguadagni il controllo di te stesso abbastanza per non venire dentro di lei.

Ma non succede nulla.

Il sudore si asciuga lentamente sulla vostra pelle nuda, raccogliendosi caldo e appiccicoso nei punti in cui i vostri corpi ancora si toccano. Facendo scricchiolare il letto, Claire si raggomitola verso la sponda e affonda la guancia nel cuscino, e tu non puoi fare a meno di guardarla, nella breve beatitudine dopo l’orgasmo, e chiederti che cos’è che non va, ora. Le passi un braccio intorno alla vita e la attiri indietro, sul tuo petto.

“Tutto bene?” mormori, baciandole la spalla.

Lei chiude gli occhi e annuisce, piegando una mano indietro, tra i tuoi capelli. Ha una macchia di sangue che le scintilla sulla coscia; quando allunghi una mano per asciugarla, senti un brivido attraversarle il corpo da capo a piedi come una leggera ma dolorosa scarica elettrica.

“Lo sai che ti amo, vero?” mormori.

Lei sospira, voltandosi per guardarti negli occhi. È spaventata ma decisa, e tu riconosci qualcosa dell’aria di famiglia nel modo in cui ti dice: “Ti amo”, senza aggiungere altro, come se questo da solo bastasse a spiegare tutto e invece non ha mai spiegato niente.

Le baci la fronte e pensi che presto lo capirà da sola.



fic, pairing: nathan/peter, series: godblessed, kim, ery, fic: heroes, language: italian, pairing: peter/claire, het what?, crossover: heroes/godfather

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