Prompt: Harry Potter, Dumbledore/Grindelwald, lucciole
Fandom: Harry Potter
Pairing: Dumbledore/Grindelwald
Rating: NC-17
Conteggio Parole: 1121 (W)
Note: Questa fic è dedicata a
sourcream_onion, perché gliel'avevo promessa e ogni promessa è debito. Ma purtroppo fa schifo.
C'è una lucciola sul naso di Gellert. Una lucina minuscola, grande quanto un chicco di riso, ma splendente come la punta di una bacchetta in un incanto Lumos. O almeno così sembra ad Albus. Gellert sbuffa e la scaccia con un gesto della mano, ma quella continua a ronzargli intorno in cerchi sempre più stretti, forse attirata dall'odore dei suoi capelli. Gellert tira fuori la bacchetta e la brucerebbe con un incantesimo se Albus non lo fermasse afferrandogli il polso. Con la mano libera Albus imprigiona l'insetto nel palmo, esegue una rapida e perfetta torsione e quando lo riapre è vuoto. Gellert corruga la fronte, scuote la testa e ride dei suoi giochetti da Muggle, mentre la lucciola, un po' maltrattata, se ne vola via da dietro il suo orecchio.
Sono seduti sotto il portico in giardino, sul retro di casa di zia Bathilda. La panca scricchiola leggermente quando Gellert libera il polso per riporre la bacchetta sotto il mantello. Albus lascia fluttuare la mano nell'aria per un paio di secondi, prima di prendere cautamente uno dei boccoli biondi di Gellert e stropicciarlo tra le punte delle dita magre.
"Forse dovrei andare" osserva, pensoso, quasi sperando che l'altro lo contraddica. Ariana non è sola in casa (c'è Aberforth con lei), ma a suo fratello non piace Gellert, e non gli piace che Albus passi tanto tempo con lui. Quando torna a casa e il suo fratellino lo attacca con quel cipiglio molto simile a quello della loro defunta madre, Albus si sente soffocare più che mai.
Per tutta risposta, Gellert appoggia la mano sulla sua e la tira tra i propri capelli, lasciando che la cascata di riccioli freschi si intrecci con le sue dita e Albus senta il calore della sua pelle sotto di essi.
Albus sorride, non più così a disagio come le prime volte. Quando Gellert gli appoggia una mano sulla coscia sotto l'orlo del mantello e si tende verso di lui per baciarlo con la solita decisione, asseconda il suo movimento circondandogli le spalle con il braccio libero, e ricambia il bacio senza scontro di denti.
"Forse dovresti" conferma Gellert, la voce un sussurro caldo contro la sua guancia, spingendo la mano più su sotto il mantello di Albus. Gli tortura il labbro tra i denti e il cavallo dei pantaloni sotto le dita finché Albus non è costretto a reprimere bruscamente un sospiro.
"Forse, sì" ripete, in un fiato, ma Gellert gli rivolge uno dei suoi sguardi a metà tra il comando e l'ironia e lo spinge giù contro il sedile della panca. Gli sbottona i pantaloni di stoffa ruvida e gli scosta da parte l'orlo delle mutande, nascosto sotto la protezione del mantello.
Potrebbero evocare un incanto Muffliato tutto intorno alla panca e lasciarsi sovrastare dal ronzare degli insetti e dal frinire dei grilli, ma Albus sa che Gellert non lo farà. Dopo non potrebbe guardarlo mordersi le labbra nel tentativo di non emettere un suono, non potrebbe torturarlo con quel piacere tiranneggiante sempre a rischio di diventare troppo rumoroso. Non sarebbe altrettanto divertente, e a Gellert non piace privarsi del suo divertimento.
Albus lascia andare un sospiro leggero e tiene gli occhi bene aperti quando chiama il nome dell'altro tra le labbra, così da vedere lo sguardo di Gellert accendersi di soddisfazione e il suo corpo strisciare più vicino al suo sopra la panca, e sovrastarlo mentre lo stringe e lo accarezza tra le pieghe della stoffa. Una delle mani di Albus, lunghe e sottili come zampe di ragno, solleva l'orlo del mantello di Gellert dalla sua natica e gli sbottona i pantaloni con tocco così rapido e leggero che Gellert fa quasi per scoccargli un'occhiata diffidente, sospettando un altro "giochetto da Muggle", ma Albus gli sorride quieto e disarmante e gli infila altrettanto rapido la mano sotto la biancheria.
A questo punto Gellert ha già piegato e spinto una gamba di Albus contro lo schienale della panca e le carezze si sono fatte più agevoli e frettolose, e il suo corpo è teso scomodamente sopra quello di Albus, che lancia un'ultima occhiata nel buio silenzioso del giardino e poi gli appoggia una mano sulla nuca e lo tira giù per baciarlo.
Questa volta i denti sbattono per la foga, e il bacio è profondo e possessivo e la parola che sorge alla mente di Albus è esperto, perché così Gellert gli è sempre sembrato - esperto, esperto nelle cose del mondo, esperto in queste cose, con gli occhi che guardano troppo lontano e anche quando guardano lui - a volte - Albus ha l'impressione che non lo vedano com'è adesso ma come sarà tra dieci, vent'anni. Gellert con il suo parlare che lo stordisce e lo affascina e la prepotenza che gli accelera il fluire di solito così calmo del sangue. Albus lo stringe nella mano e chiude gli occhi assaporando il suo ansimare leggero e l'impazienza con cui gli si spinge contro.
"Albus" lo chiama Gellert, la voce più aspra in mezzo all'orgasmo che si avvicina, ancora più aspra di quanto non la renda da solo il suo accento, e troppo spavalda per abbassarsi a sussurrare. Armeggia con la stoffa sovrabbondante, raccogliendola in mille pieghe intorno ai fianchi di entrambi, e scivola più avanti tra le gambe di Albus sfregando l'erezione contro la sua. Lo chiama di nuovo, la voce ancora più roca, mentre Albus si aggrappa con la mano libera alla nuca di Gellert e con le dita occupate alle sue dita. Quando finalmente vengono, a pochi secondi l'uno dall'altro e sporcandosi i vestiti a vicenda, il seme appiccica le loro dita intrecciate.
Albus pensa di prendere la bacchetta e ripulire discretamente, ma un torpore piacevole lo convince a lasciare invece la mano sulla nuca di Gellert e rimandare ogni iniziativa. La schiena schiacciata contro la panca gli ricorda che le assi del sedile sono sconnesse e che non è un piacere giacerci sopra. Ma Gellert lo bacia e Albus si è dimenticato ormai da tempo di tutti i dettagli non importanti: che il giardino è buio ma all'aperto, che Ariana e Aberforth aspettano a casa, che non dovrebbe, mai, in ogni caso, fare niente di tutto questo.
La lucciola torna incauta a posarsi sulla guancia di Gellert, e stavolta Albus è troppo rilassato e felice per curarsene. La guarda avvampare e bruciare per un secondo nell'aria e gli sembra che le ali stiano ancora battendo mentre l'insettino si consuma nella vampa di luce della fiamma e poi precipita.
Albus distoglie lo sguardo, ma Gellert ha ancora un guizzo della fiammella negli occhi. E Albus non può che fissarlo, affascinato, e pensare che Gellert è bello - anche lui, come la luce artificiale della lucciola morente, bello di una bellezza innaturale.