Titolo: Racconto in seppia cremisi
Fandom: Heroes/Il Padrino
Pairing: Nathan/Peter
Rating: R
Conteggio parole: 1358 (W)
Warning(s): Incesto consensuale e violenza gratuita.
Note: Ambientato nel mafiaverse di
Godblessed, ma fuori dal canon. Indicativamente, una decina di anni prima.
Del risveglio ricordi soltanto il dolore alla spalla, quando ti hanno tirato giù dal letto e ci sei caduto sopra, e poi il freddo del pavimento contro il tuo pigiama leggero e il rumore di passi al piano di sotto. Adesso, lungo disteso sul marmo con la schiena che congela, le molle del letto a pochi centimetri dal tuo viso e la mano di Nathan schiacciata sulla bocca, puoi solo ascoltare il rumore infernale del tuo cuore che fa thump-thump-thump, e vorresti zittirlo ma non puoi. Sfiori la mano di Nathan, tremando per il freddo e l'adrenalina.
"Non dire una parola" bisbiglia lui direttamente contro il tuo orecchio, ritirando il palmo dalla tua bocca. I passi si fanno più pesanti e più vicini - stanno salendo le scale. Da qualche parte vicino alla testa senti lo scatto del cane di una pistola.
"Ascoltami" mormora Nathan, rapido. "Non uscire da qua sotto per nessun motivo. Non vogliono te e non ti cercheranno. Se mi prendono, resta dove sei. Qualunque cosa senti, resta dove sei. Hai capito? Non uscire fino a quando non sei sicuro che se ne sono andati. Giuramelo."
Tu deglutisci e scuoti la testa. Non è possibile che il tuo letto a una piazza vi copra entrambi. Nathan deve essere fuori almeno per metà, dal lato della finestra. Cerchi di stringerti di più dal tuo lato, ma Nathan ti ferma. "Giuramelo, Peter, avanti" sibila. "Stanno arrivando."
"Che vuoi fare?" riesci solo a mormorare, poi i passi sono improvvisamente dentro la stanza. Alla mezza luce della luna che filtra dalla finestra, conti tre paia di scarpe. Nathan ti sente prendere un respiro brusco e ti rimette rapido la mano sulla bocca. Le sue labbra sono sulla tua tempia, il suo respiro contro la tua fronte. Appoggi la mano sulla sua e la stringi piantandogli le unghie nella carne, mordendoti l'interno della guancia così forte che senti il sapore del sangue strariparti in bocca.
Ti chiedi se abbiano preso anche tuo padre e tua madre, ma il pensiero non riesce a conficcarti un chiodo in mezzo al petto e fermarti il sangue nelle vene come l'idea che facciano del male a Nathan. Non hai tempo di pensarci. Lo senti muoversi accanto a te e d'istinto gli pianti le unghie più a fondo nella mano per fermarlo. I passi si avvicinano, cauti. Tra un attimo vedranno una gamba di Nathan spuntare fuori da sotto il letto. Senti il freddo della pistola sfiorarti la testa.
Dio Cristo ti prego tutto ma questo no ti prego Nathan no.
Quando arriva la prima raffica della mitragliatrice, non sei più sicuro di niente tranne che del calore di Nathan ancora palpitante e stretto al tuo corpo. Ne arriva una seconda e poi una terza, e alla fine resta solo un silenzio fumoso punteggiato dal rotolare delle cartucce usate sul pavimento.
Riapri gli occhi solo quando senti la voce di Pietro Ventimiglia chiamare Nathan, e Nathan mormorarti che va tutto bene strofinandoti la mano callosa contro la guancia. Ma tu ti volti dall'altra parte e ti ritrovi addosso gli occhi spalancati di un uomo che non hai mai visto, con il sangue che gli esce in un fiume da un foro sotto lo zigomo.
"Sei stato bravo. Sei stato bravo" ti mormora Nathan, anche se non hai fatto niente. "Vieni. Usciamo da qui."
Nella confusione, nessuno si accorge che ti sei pisciato addosso.
Pietro Ventimiglia vi ospita a casa sua per la notte. I vostri genitori stanno bene, dice. Il Padrino è stato trasferito in un nuovo reparto dell'ospedale, piantonato notte e giorno dai vostri. Vostra madre è rimasta con lui.
Ventimiglia vi sistema nella stanza da letto dei suoi figli, che è grande e ha due letti comodi. Ti pare di ricordare che il maggiore sia poco più vecchio di te - giocavate insieme da bambini - ma il caporegime deve aver detto alla sua famiglia di stare da parte, perché quando entrate in casa non vedete nessuno.
Ti dai una lavata veloce e ti infili sotto le coperte, ma non riesci a smettere di tremare. Dall'altra parte della stanza, senti il respiro di Nathan farsi regolare per un po', venire interrotto da un rivoltarsi brusco che fa cigolare le molle del letto, poi tornare di nuovo regolare. Tu riesci solo a pensare al rumore soffocato delle pallottole che perforano la carne e agli occhi spalancati di quell'uomo. E alle labbra di Nathan col fiato bollente contro la tua tempia.
Strisci fuori dal tuo letto, a piedi nudi. "Scusa" gli bisbigli vicino alla guancia, vergognandoti come un ladro.
Nathan si sposta di lato senza dire niente, e tu ti infili nel suo letto senza neanche domandarti se la porta è chiusa a chiave. Ti passa un braccio intorno alle spalle e tu chiudi gli occhi, aspettando che i tuoi denti smettano di battere, intrecciando una gamba con le sue e stringendo la stoffa del suo pigiama tra le dita. Ti aggrappi al suo fianco con la stesse unghie che gli hanno scorticato il dorso della mano.
"Ti saresti fatto ammazzare" dici dopo un po', quando il freddo sembra essersene andato, ma basta dirlo, basta pensarlo, ed ecco che il freddo torna all'istante.
"Non era la mia ora" risponde Nathan, pacato.
"Fanculo, Nate. Fanculo. Ti saresti fatto ammazzare come un cane."
"No, e finiscila. Sono vivo. Va tutto bene. Ora dormi."
"Ti saresti fatto ammazzare per proteggere me, Dio Cristo."
Nathan tace per un attimo. "Che c'è di strano?"
"Io..." Alzi una mano stretta a pugno e la lasci ricadere contro le sue costole, ma senza forza. Hai un groppo in gola così grosso che non riesci a respirare. "Fanculo, Nate" gracchi con voce strozzata.
"Prego, Peter, di niente" mormora Nathan contro la tua tempia. E tu ti chiedi perché una delle poche volte in cui Nathan sorride tu non puoi vederlo.
Lentamente il freddo se ne va e la tua gola si scioglie. Smetti di tremare. Nathan ti appoggia le dita sul fianco e tu rabbrividisci, ma in maniera diversa.
"Anch'io mi farei ammazzare per te" mormori, con gli occhi chiusi. Le labbra di Nathan, per qualche motivo, non si staccano dalla tua tempia.
"Devi solo provarci" borbotta. E intanto senti le dita camminarti sulla pancia e scendere sotto l'orlo dei tuoi pantaloni, e tu scatti verso l'alto con un movimento che porta le tue labbra all'altezza delle sue e insacca la sua mano dentro i tuoi pantaloni. È callosa e larga e tu respiri a fondo mentre ti stringe, sentendoti ondeggiare.
"Mi dispiace" gemi piano, cercandolo alla cieca.
"Di cosa?"
"Io... non lo so."
Nathan ti bacia l'angolo della bocca e muove la mano intorno alla tua erezione, mandandoti una vampata di sangue alle guance. "Va tutto bene" ti sussurra all'orecchio. "Sono qui."
Tu sorridi e gli mordi le labbra e mormori qualcos'altro che non avresti mai il coraggio di dirgli senza la sua mano dentro le mutande. Vorresti che ti scopasse, ma la casa è così silenziosa che hai paura perfino a respirare troppo forte, con i polmoni appesantiti dall'eccitazione e l'aria che sembra non bastare mai. Vorresti lasciargli un segno sul collo, piccolo e inconfondibile, ma domani si vedrebbe e Nathan non sarebbe contento. Vorresti essere come lui, calmo e razionale con una pistola come con un cazzo in mano, ma non lo sei e puoi solo sperare che almeno a Nathan vada bene lo stesso.
Gemi il suo nome tra i denti, e anche se non stai facendo troppo rumore Nathan ti preme la mano libera sulla bocca, scavandoti le guance tra il pollice e le altre dita. Tu lo lasci fare, anche se quella che ti sei morso a sangue brucia ancora da morire.
Ma dopo, mentre vieni, per qualche motivo hai negli occhi solo il rivolo di sangue rosso scuro che esce dal buco nella faccia di quell'uomo e scorre dalla guancia fino al pavimento, e ti sembra di sentirlo colare ancora caldo sulla pelle proprio come il tuo seme giù lungo l'erezione. Rabbrividisci e ti stringi a Nathan, ma Nathan è momentaneamente perso, troppo lontano per accorgersene.
Chiudi gli occhi e ti fai bastare il suo calore.