Credevate che la vostra filologa preferita fosse stata divorata da un nugolo di ragni carnivori? Che si fosse lanciata con un bazooka caricato a zucchero filato verso il blu dipinto di blu? Che fosse sprofondata nelle viscere della terra con un nastrino rosso e un campanellino legati alla caviglia?
Be', vi sbagliavate.
Andiamo di volata alla dotta analisi di oggi. Trattasi di novità succulenta che ci giunge dritta dritta dalle sempreverdi fauci della rivista di letteratura più famosa del web:
poisonous_bites (
qui per la fonte del nostro discorrere).
Hermione non riusciava a credere alle sue orecchie!
Le nostre impigrite ma non per questo meno attive membra si sono tutte drizzate alla captatio di questo esaltante neologismo, che ci rifulgeva in tutta la sua beltade orgasmica (semiologicamente parlando).
Sia pur scevre da ogni campanilismo, non possiamo noi non inalberare ancora una volta la bandiera della sicilianità, di fronte a cotanta indiscutibile prova del fatto che anche voi, nebbiosi meneghini, anche voi nello scrivere siete un po' siciliani.
Riusciare si compone morfologicamente di due parti: ri- ed -usciare, laddove usciare, in lingua sicula, significa "gonfiare". Tutti i nativi della ridente isola ricorderanno felici apostrofi come "c'usciai a facci 'i tumpuluni" (gli ho gonfiato la faccia di schiaffi), "m'usciasti u cazzu" (mi hai rotto le scatole), "àiu na papola sott'u pedi ca m'usciau quant'un canottu" (ho una bolla sotto il piede che mi si è gonfiata quanto un canotto).
Riusciare, quindi, significherebbe "gonfiare di nuovo" (qui anche riflessivo: "gonfiarsi").
La strada giusta per interpretare questo passo è lunga e perigliosa, dunque seguitemi con attenzione.
Etimologicamente parlando, in latino il verbo "credere" significa "dare il cuore" (CRE (< COR) + DO). Possiamo quindi supporre che qui l'esimia autrice abbia usato il verbo nella sua accezione più pura e antica (quanta saggezza, o Natura, tu doni ai figli tuoi!).
"Credere alle sue orecchie" significherebbe "dare il cuore alle sue orecchie".
Ora, temo che nessuno di noi abbia mai provato, ma risulta che i canali semicircolari delle orecchie non possano in effetti contenere tutta la massa del cuore di Hermione Granger, che sappiamo essere grande così. Possiamo quindi supporre che tali canali, nei quali andrebbero spinte a forza le viscere fibrose del suddetto organo dorato, risulterebbero quantomeno ingolfati dall'aliena presenza - un po' come... sì, avete capito - e l'effetto sarebbe, a nostro faceto giudizio, paragonabile a quello di una calza rossa riempita di doni dalla Befana.
Risulterebbero, insomma, un po' gonfiati, e con essi tutta la persona che ne è portatrice.
Ma qui, ci dice l'egregia, Hermione non riusciava. I suoi canali semicircolari non si ingolfavano di fronte all'ingrata penetrazione, restando stretti e sottili e aggraziati come tutti li conosciamo.
Resta quindi un alone di mistero: perché le orecchie di Hermione non si rimpinzano come un tacchino ripieno? perché restano quiete e immobili subendo senza protestare l'orrida pratica etimologica? perché?
Forse l'autrice vuole dirci che Hermione aveva già due orecchie grandi come antenne paraboliche, magari richiudibili come ombrelli alla fin dell'acquazzone? Forse tali deformi ammennicoli non soffrivano affatto dell'introduzione di materiale di dubbia consistenza, anzi...
Noi ci fermiamo qui, con la consapevolezza di aver spianato la strada a chi ci seguirà in questi esaltanti studi e la soddisfazione del ricercatore fiero del proprio operato ma conscio che c'è ancora tanto da fare.
Vi invitiamo perciò a non mancare alla prossima, imminente puntata del nostro programma, ricchissima di novità! Da L'ora di Filologia è tutto, a voi studio.