Titolo: Incontro al pericolo (per una giusta causa)
Rating: Verde
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale
Personaggi: Elathriel Sunstriker, Peone
Wordcount: 3335 (
fiumidiparole)
Prompt: Merry Little Christmas / 005 - Regalo @
casti_puriTimeline: ambientata durante l'espansione "Warlords of Draenor".
Note: H/C, Het
Si era allontanato da Wor'var al mattino presto e si era spinto ben oltre i limiti imposti dal buonsenso e dall'istinto di sopravvivenza. Nel portare a compimento la sua epica missione aveva rischiato la pelle in una miriade di occasioni diverse: era stato inseguito da Talbuk ben poco pacifici, Grifalchi del Vento rabbiosi e persino alcuni Saberon che lo avevano visto avvicinarsi pericolosamente al loro territorio.
Ciononostante, il Peone era riuscito a mettere insieme fiori a sufficienza per creare un mazzolino per Elathriel.
Il sole splendeva alto nel cielo di Nagrand, illuminando i prati verdeggianti che si estendevano fino al confine estremo dell'orizzonte in ogni direzione, interrotti qua e là solo da alberi, corsi d'acqua o solitari speroni di roccia.
Nessuno avrebbe saputo dire con certezza quanto tempo fosse passato da quando la spedizione era partita da Azeroth per tornare indietro nel tempo e fermare l'Orda di Ferro al comando di Garrosh Hellscream; eppure il gruppo che aveva costruito l'avamposto di Lancia da Guerra sull'isola di Ashran, era riuscito a creare dei portali per tornare ad Azeroth. Gli inviati riferivano che sul loro mondo si stava avvicinando la Vigilia di Grande Inverno.
Pur essendo in guerra con l'Orda di Ferro, nessuno dei componenti della spedizione aveva intenzione di boicottare la festività; difatti, accanto al contributo dato da ognuno di loro quotidianamente, si stava anche organizzando una festa per celebrare la ricorrenza. Di certo sarebbe servito a risollevare gli animi dei valorosi combattenti dell'Orda impegnati in quella difficile impresa.
A Wor'var i lavori procedevano come al solito sotto le solide linee guida del Comandante, coadiuvato dall'ormai ex Capoguerra dell'Orda Thrall e da Draka.
I Peoni che non erano "impegnati" ad oziare in giro per l'accampamento - il cui numero diminuiva drasticamente quando il Comandante si trovava nel perimetro dell'insediamento - erano tutti impegnati all'interno dello stesso per garantire che tutto funzionasse al meglio... tranne uno.
Un Peone quel giorno aveva deciso di allontanarsi dalla base nonostante Nagrand fosse una terra selvaggia e piena di pericoli per qualsiasi persona non avvezza all'uso delle armi - e lui decisamente non lo era.
Aveva deciso di partire per andare in cerca di fiori da regalare alla sua fidanzata, l'Elfa del Sangue Elathriel Sunstriker, la proprietaria della piccola locanda di Wor'var. Grande Inverno si avvicinava e lui voleva farle un bel bouquet in onore alla sua bellezza. Per i limiti di un qualsiasi Peone, un'impresa del genere si poteva reputare all'altezza di una quest leggendaria per la difficoltà del compito; tuttavia, il Peone era determinato a tornare vittorioso dalla sua ricerca nella regione.
Si era allontanato da Wor'var al mattino presto e si era spinto ben oltre i limiti imposti dal buonsenso e dall'istinto di sopravvivenza. Nel portare a compimento la sua epica missione aveva rischiato la pelle in una miriade di occasioni diverse: era stato inseguito da Talbuk ben poco pacifici, Grifalchi del Vento rabbiosi e persino alcuni Saberon che lo avevano visto avvicinarsi pericolosamente al loro territorio.
Ciononostante, il Peone era riuscito a mettere insieme fiori a sufficienza per creare un mazzolino per Elathriel. Era quasi il tramonto quando il Peone si mise sul sentiero per Wor'var. Era sfinito e malridotto: i vestiti erano lacerati in più punti e ferite sanguinanti si erano aperte un po' ovunque, soprattutto nelle robuste gambe lasciate scoperte per la maggior parte dalle braghe corte della sua divisa da lavoro. Sulla testa pelata aveva un bernoccolo in via di formazione che gli pulsava terribilmente. Era un ricordo della caduta da un albero che aveva fatto mentre cercava sgraziatamente di scendere dopo essere sfuggito per un pelo alla carica di un gruppo di Talbuk inferociti.
Un occhio era mezzo chiuso a seguito di una spiacevole colluttazione con un gruppo di guerrieri Warsong di pattuglia.
Nella mano il coraggioso Peone stringeva il risultato di quel lungo viaggio con l'aria di qualcuno che avrebbe volentieri usato il suo stesso corpo per proteggere quel trofeo guadagnato con il suo sudore e il suo sangue.
Wor'var si avvicinava lentamente e l'Orco non vedeva l'ora di potersi nuovamente dire al sicuro. Sentiva il bisogno di stramazzare al suolo e dormire per un paio di giorni ininterrottamente.
Si trascinava dolorosamente per inerzia, mettendo un passo avanti all'altro nella vana speranza di giungere a destinazione più velocemente di quanto fosse plausibile senza un qualche aiuto magico.
Improvvisamente la terra cominciò a tremare sotto i piedi doloranti del povero Orco, che sobbalzò e si guardò intorno col viso distorto da una smorfia di puro panico.
Che gli Orchi del clan Warsong lo avessero seguito fin laggiù?!
Le vibrazioni si fecero rapidamente più forti e il Peone riuscì ad individuarne la causa: un branco di Mammuceronti stava marciando attraverso la pianura ed era diretto verso la sua posizione.
Nonostante la stanchezza e il bisogno disperato di riposo, il Peone infuse le sue ultime forze nelle sue gambe e scattò. Corse come poche altre volte nella sua vita ma come ormai aveva fatto fin troppe volte da quella mattina fino ad allora.
Teneva i fiori vicino al petto per poterli proteggere meglio.
Gli dolevano i polmoni e i muscoli delle gambe erano in fiamme ma Wor'var era sempre più vicina, mentre i Mammuceronti passavano alle sue spalle facendo rombare gli zoccoli sul terreno senza notarlo né inseguirlo, per sua fortuna.
Arrivato in prossimità della palizzata che proteggeva l'insediamento rallentò fino a fermarsi del tutto e si chinò per appoggiarsi sulle ginocchia e riprender fiato.
Ce l'aveva fatta. Era riuscito a portare a termine la sua personale "quest leggendaria", l'impresa che nessun Peone prima di lui aveva mai tentato!
Inalava rumorosamente aria dal naso e dalla bocca, gonfiando il petto e poi esalandola sibilando leggermente.
Senza alcun preavviso qualcuno gli assestò un calcione nel sedere, mandandolo steso bocconi a terra senza alcuna fatica. Per fortuna ebbe la prontezza di riflessi per spostare i fiori in tempo ed evitare di schiacciarli col suo peso.
L'Orco grugnì e rimase a terra, tremando leggermente.
«Torna al lavoro!» esclamò la voce autoritaria del Comandante.
Il Peone annuì col capo e piagnucolò: «Vado, vado! Basta calci!».
Percepì il rumore di passi che si allontanavano e gemette di sollievo mentre si metteva faticosamente carponi e si rialzava in piedi. Avrebbe dovuto aspettarselo: il Comandante sembrava dannatamente divertito dalla sua missione di rimettere in riga tutti quanti i Peoni di Wor'var. La sua facile inclinazione all'assestare calci ben piazzati ai Peoni era risultata ben evidente a tutti loro, spingendoli a rimettersi in fretta al lavoro non appena udivano voci riguardo l'arrivo del Comandante.
Si sarebbe rimesso anche lui al lavoro al più presto, non appena avesse messo al sicuro i fiori in vista della festa di Grande Inverno.
Nel frattempo Elathriel era al lavoro nella sua locanda per preparare il cibo e le bevande per la sera. All'ora di cena la locanda si riempiva sempre di guerrieri affamati e desideroso di dimenticare per qualche tempo il loro dovere e lei doveva essere pronta ad accoglierli al meglio. Era il suo lavoro dopotutto.
Aveva appena terminato di infornare una teglia di pagnotte preparate di fresco. Era sporca di farina sul viso ed era accaldata per il lavoro in cucina.
Il pane ci avrebbe messo un po' prima di esser pronto, per cui aveva del tempo per prendersi una pausa ed uscire a prendere un po' d'acqua fresca dal laghetto sul quale si affacciava l'accampamento.
Si lavò le mani e le asciugò nel grembiule che indossava, quindi prese un secchio ed uscì dalla locanda.
Fece solo pochi passi all'esterno prima di vedere il suo Peone rientrare barcollante nell'insediamento. Solo lei era in grado di distinguere un Peone dall'altro, cosa che le era stata fatta notare dagli altri abitanti di Wor'var in più di un'occasione; eppure per lei non era un'impresa così difficile.
Sgranò gli occhi perplessa e allarmata insieme: l'Orco era in condizioni che definire pietose era eufemistico.
La Sin'dorei lasciò cadere il secchio senza nemmeno accorgersene e corse verso di lui, ansiosa di sapere cosa gli era accaduto di così terribile.
Il Peone udì il rumore del legno che cozzava contro il terreno e fece in tempo a vedere Elathriel che correva verso di lui prima che le ginocchia gli cedessero e si ritrovasse chino sul terreno, incapace di rialzarsi. Non ce la faceva più.
«Peone mio! Che ti è successo?! Cosa hai fatto per ridurti così? Oh, tutte queste ferite...» esclamò lei, cingendogli un braccio e cercando di farlo rialzare. Sembrava disperata.
Numerosi altri Peoni che si trovavano nei paraggi, chi per lavorare e chi per concedersi un pisolino all'insaputa del Sovrintendente Thazz'ril, si girarono ad osservare la scena, attirati dal volume elevato della voce dell'Elfa del Sangue.
Il Peone la guardò con occhi innocenti e colmi di sofferenza. Non pensava che quell'ultima corsa disperata per togliersi dalla strada dei Mammuceronti l'avesse ridotto così male. Sollevò la mano nella quale stringeva i fiori e li porse alla locandiera, le labbra che tremavano appena nel tentativo di incurvarsi in un sorriso.
«Per... te» gemette con voce spenta, prima di essere reclamato dalla stanchezza. Le palpebre calarono implacabili e l'Orco cadde prono sul terreno come un peso morto.
Elathriel, spaventata, cercò di afferrarlo meglio per il braccio e tirarlo su - o quantomeno girarlo supino - ma non ci riuscì. In quelle condizioni era troppo pesante e lei aveva per di più una mano impegnata.
Posò i suoi occhi ribollenti di energia vile sul dono che aveva appena ricevuto e le sue sopracciglia sottili si arcuarono in un'espressione commossa. Erano un poco malconci ma rimanevano comunque splendidi.
«Oh, Peone mio...» sussurrò, stringendosi al petto quel semplice regalo. Con la mano libera gli accarezzò gentilmente la testa pelata e ammaccata.
Quando il Peone si risvegliò, non si trovava sul terreno brullo e polveroso di Wor'var, dove era caduto, bensì in un letto morbido con una coperta tirata fino al mento. Una pila di cuscini era stata sistemata sotto la sua testa e dietro la sua schiena, in maniera che riposasse comodamente e al tempo stesso fosse posizionato parzialmente seduto. Apprezzava il pensiero: il suo corpo era tutto un dolore e non aveva la forza di muovere niente, nemmeno un dito.
Al di sotto delle coperte era completamente nudo, ma della sua divisa da lavoro non c'era alcuna traccia nei paraggi.
Le sue ferite erano state medicate con attenzione, come testimoniavano le tonnellate di bende che sentiva avvolte attorno a svariate parti del suo corpo. L'unica cosa che non era stata ancora toccata era il suo occhio, che adesso era gonfio sia all'intorno sia sulla palpebra, che riusciva a tenere aperta a fatica.
Con l'occhio buono l'Orco guardò fuori della finestra e notò che era passato il tramonto: il cielo era scuro e trapunto di stelle scintillanti. Dopo essere svenuto, aveva dormito per tutta la restante parte del pomeriggio. Scosse leggermente il capo, avvilito: aveva perso i sensi di fronte alla sua Elfa del Sangue. Elathriel l'aveva visto cadere in maniera così poco virile sotto i colpi della stanchezza. Si sentiva in imbarazzo per la barbina figura che aveva fatto.
All'improvviso si ricordò dei fiori. Cercò di raddrizzarsi ma non ci riuscì. Grugnì per il dolore derivante dal fallito tentativo e ruotò la testa attorno in cerca dei fiori che aveva sofferto tanto per raccogliere.
«Non ti preoccupare, li ho sistemati in un vaso nella mia stanza».
Elathriel entrò in quel momento nella stanza, spingendo la porta con la spalla. Aveva le mani impegnate a sorreggere un largo vassoio e sembrava allegra.
«Cominciavo a chiedermi quando ti saresti svegliato...» disse mentre si avvicinava al suo capezzale.
Quando i suoi occhi verde acido si posarono su di lui, la sua espressione si fece più dolce e affettuosa. Poggiò il vassoio sul comò di fianco al letto e si sedette sul bordo del materasso con delicatezza, facendo attenzione a non urtare il corpo del Peone.
«Va meglio?» domandò l'Elfa del Sangue, posando una mano esile sul robusto braccio dell'Orco.
«Meglio... sì» ammise lui a mezza voce «Ma non riesco ancora a muovere niente» aggiunse con una punta di disagio.
Elathriel si chinò a posargli un bacetto sulla zanna scheggiata e lievemente ingiallita che si trovava dal suo lato della bocca. Si raddrizzò risistemandosi una ciocca di capelli dietro un lungo orecchio affilato.
«Non ce n'è bisogno, ti aiuterò io» gli assicurò «Immagino che tu abbia fame».
Così dicendo si protese a prendere il vassoio, piazzandoglielo sulle gambe e sollevando il telo con cui ne aveva coperto il contenuto. L'odore di cibo colpì le narici del Peone con l'intensità di uno schiaffo, facendogli realizzare che quel giorno aveva quasi digiunato: al mattino aveva consumato una colazione rapida e frugale prima di partire e per pranzo si era accontentato di un paio di frutti raccolti dagli alberi di Nagrand, il minimo indispensabile a placare i fastidiosi brontolii che rischiavano costantemente di attirare l'attenzione della fauna locale. Adesso che aveva del vero cibo a portata di mano, il suo stomaco tornò ad insorgere con rinnovato vigore, emettendo un acuto e prolungato gorgoglio che tinse di un verde più scuro le guance del povero Peone.
Le labbra di Elathriel si incurvarono in un sorrisetto mentre sollevava la scodella piena fino quasi all'orlo di un liquido giallo-bruno, impugnando il cucchiaio con la mano destra.
«Ti ho preparato del brodo di Grifalco» disse, affondando il cucchiaio nella scodella per trarne fuori un po'.
L'espressione grata del Peone si trasformò in una smorfia mentre la sua metà gli accostava alla bocca il brodo. Cercò di ritrarre la testa, brontolando sommessamente: «Io non lo voglio il brodo...».
«So che non è lo stesso di una bistecca di Mammuceronte, ma nelle tue condizioni dubito che ce la faresti a mangiare una cosa del genere» lo ammonì bonariamente Elathriel «Quindi non fare lo schizzinoso, Peone mio».
L'Orco tenne saldamente chiusa la mandibola in chiaro rifiuto del pasto che gli veniva offerto. Il cipiglio della Sin'dorei si fece più cupo.
«Non farmi arrabbiare...! Su, apri la bocca!» ribadì con voce più dura «Non avrai nient'altro da mangiare a parte questo brodino» soggiunse.
Lo stomaco del Peone emise un brontolio più cupo come per manifestare il suo dissenso. Consapevole che non sarebbe riuscito a resistere a stomaco vuoto a lungo e che aveva bisogno di mangiare per rimettersi in sesto, finalmente l'Orco si decise a collaborare. Con labbra impercettibilmente tremolanti, aprì la bocca e si lasciò imboccare.
Il brodo era saporito, più di quanto avesse immaginato, ma non era certamente allo stesso livello di un bel pezzo di carne al sangue. Lo inghiottì apprezzando solamente il fatto che Elathriel non avesse tentato di propinargli della minestra di verdura al suo posto.
L'Elfa del Sangue sorrise soddisfatta mentre gli faceva ingurgitare pian piano altre cucchiaiate di brodo. Di contro, l'espressione del Peone era un misto di rassegnazione e mite disgusto mentre mangiava silenziosamente e senza ribellarsi.
«Dovrai finirlo tutto, lo sai vero? Non me ne andrò finché non l'avrai fatto» dichiarò decisa la locandiera.
Il suo Peone deglutì rumorosamente l'ennesima cucchiaiata e assentì debolmente col capo: anche se non glielo avesse esplicitamente detto, l'aveva già immaginato da solo.
L'Elfa si attenne alla sua affermazione, costringendolo a trangugiare fino all'ultima goccia il brodo che gli aveva preparato. Quando finalmente ebbe finito, il Peone si sentiva pieno come se avesse appena mangiato per due persone e riscaldato.
Abbandonò la testa sul cumulo di cuscini socchiudendo l'unica palpebra buona. Non pensava che si sarebbe sentito tanto assonnato nonostante il lungo sonnellino che si era concesso durante la giornata.
La Sin'dorei mise via la scodella vuota e gli fece bere un bicchiere d'acqua fresca. L'Orco si ritrovò a domandarsi come avrebbe fatto quando fosse arrivato il momento di eliminare tutti quei liquidi. Non era in grado di muovere nemmeno le braccia, figurarsi se riusciva a mettersi in piedi per andare a orinare.
«Adesso che sei sveglio posso occuparmi di quell'occhio pesto» gli comunicò Elathriel, alzandosi in piedi per andare a prendere qualcosa fuori della stanza.
Quando rientrò, reggeva tra le mani un rotolo di bende, delle forbici e un flaconcino trasparente contenente qualcosa di scuro.
«Pensavo ti fossi già occupata di tutto» ammise l'Orco con perplessità, guardandola tornare da lui. Nel contenitore si trovava un unguento verde-marrone dall'aria tutt'altro che promettente.
«Ti ho medicato le altre ferite ma per l'occhio ho voluto aspettare che tu fossi sveglio. Non volevo disturbarti...» spiegò l'Elfa del Sangue, stringendosi timidamente nelle spalle «Però adesso ha davvero un brutto aspetto...».
L'Orco le sorrise impacciato.
«Immagino... a stento riesco a tenerlo aperto» borbottò con voce stanca.
Elathriel tagliò un pezzo di benda e vi ci rovesciò sopra un po' del misterioso unguento.
«Potrebbe fare un po' male» avvisò mentre avvicinava il tessuto all'occhio tumefatto «Anzi, sicuramente» puntualizzò mentre lo appoggiava sulla palpebra.
Il Peone grugnì di dolore al contatto, ma non tanto per l'azione dell'unguento in sé sulla pelle livida, quanto piuttosto perché Elathriel dovette applicare un poco di forza per sfregare la palpebra.
«Mi spiace, ma devo far assorbire l'unguento» si scusò la locandiera.
«N-no... devi farlo» replicò il Peone sommessamente, affondando i denti dell'arcata inferiore nel labbro superiore nel tentativo di sopportare meglio.
Cadde uno strano silenzio tra di loro mentre Elathriel si occupava dell'occhio dell'Orco, che per contro si sforzava di mascherare il più possibile la sua suscettibilità al dolore.
«È... stato un pensiero gentile quello dei fiori» se ne uscì improvvisamente la Sin'dorei con voce affettuosa «Ma non era necessario, non se per andare a raccoglierli devi ridurti in questo modo» soggiunse.
Il Peone gonfiò il petto al meglio delle sue attuali possibilità e rispose: «Sono un Peone, sono robusto e-ahi!».
S'interruppe mentre Elathriel gli tamponava il punto dello zigomo più gonfio e scuro, sobbalzando leggermente. L'Elfa del Sangue smise di medicarlo, rimanendo con la benda premuta gentilmente sul suo occhio malconcio.
Era talmente vicina che il Peone riusciva a sentire il suo profumo. L'occhio buono si perse nel vortice di luce verde che le saturava le pupille e sentì che stava divenendo paonazzo in viso.
«Grazie» gli sussurrò la locandiera a fior di labbra, per poi colmare quella ridicola distanza e baciarlo. Il suo viso era talmente piccolo e affusolato che le sue grosse zanne non riuscirono nemmeno a sfiorarle la pelle.
L'Orco mosse il capo verso di lei, rispondendo timidamente a quel contatto piuttosto intimo. Non era usuale che si baciassero, almeno non in quella maniera. Spesso e volentieri Elathriel si limitava ad accarezzarlo o a baciarlo sulle zanne, certamente più semplici da raggiungere ma anche decisamente più insensibili a certi stimoli. In verità il Peone non aveva nessuna vera esperienza in fatto di baci diretti tra innamorati e quando succedeva tra di loro non sapeva mai come comportarsi.
Elathriel era un'Elfa del Sangue ed era minuta rispetto a lui. La sua bocca era sicuramente fatta per congiungersi con una morbida e sensuale come la sua, non certo con le labbra ruvide e sporgenti di un Orco.
Il bacio finì prima ancora che il Peone avesse l'opportunità di tentare un migliore approccio del premere semplicemente la testa contro la sua. Si vergognava di non essere in grado di baciarla con l'abilità ed il trasporto che trasparivano senza alcuno sforzo da ogni bacio che lei gli concedeva, ovunque fosse localizzato; tuttavia, a giudicare dallo sguardo che gli rivolse, sembrava comunque inspiegabilmente felice.
«Domani parlerò con Thazz'ril, così potrai rimanere qui fino a che non ti sarai completamente ristabilito... e io mi occuperò di te personalmente» annunciò la locandiera mentre gli cospargeva l'occhio con una generosa dose di unguento. Sigillò il tutto con un'altra benda, posizionata obliquamente in maniera tale che almeno un occhio fosse utilizzabile.
Nonostante il dolore per la prima applicazione dell'unguento, sembrava già che stesse cominciando a fare effetto: lo sfregare della nuova fasciatura sulla pelle livida gli arrecava meno sofferenza.
Una volta terminato il lavoro, si chinò a dargli un altro bacio, stavolta sulla fronte.
«Adesso dormi» esclamò dolcemente.
Non si alzò subito, come il Peone si era aspettato. Rimase piegata sopra di lui ancora un momento per sussurrargli: «Non vedo l'ora che la festa di Grande Inverno arrivi... così potrò darti il mio regalo speciale!».
A quella rivelazione l'Orco sgranò l'occhio sano e la sua faccia arroventò rapidamente.
«Hai un regalo per...?!» iniziò a dire, ma Elathriel si era già dileguata ed aveva anche chiuso dietro le sue spalle la porta.
Il Peone si ritrovò a sorridere mentre lentamente scivolava di nuovo in un sonno profondo: nonostante tutto quel che aveva dovuto passare per farcela, adesso era assolutamente certo di aver fatto la scelta giusta.