Titolo: Regali artigianali
Rating: Rosso
Genere: Erotico, Generale
Personaggi: Taglialegna!Dante, Falegname!Nero
Wordcount: 2787 (
fiumidiparole)
Note: Age difference, Fantasy Life!AU, Lemon, Linguaggio, Yaoi
Dante si piegò verso il più giovane col chiaro intento di baciarlo ma quest'ultimo lo allontanò quando ormai le loro labbra stavano per toccarsi.
«La legna» ricordò.
Dante si allontanò da lui emettendo un vera stizzito.
«Tu sì che sai come rovinare l'atmosfera...!» sbuffò irritato, tornando nei pressi del suo carretto.
Nel Deserto di Sabbiasecca a mezzogiorno l'afa era terribile.
I mostri che popolavano la zona si erano adattati al clima torrido in cui vivevano, ma per coloro che dovevano recarvisi in cerca di materiali era una sfida continua.
Zack!
Con un colpo ben piazzato d'accetta l'albero zuccherino cadde sollevando una nube di sabbia sotto lo sguardo compiaciuto di Dante.
L'albino di deterse la fronte dal velo di sudore cui si erano appiccicati i capelli mentre si appoggiava in spalla l'accetta con aria soddisfatta.
«Finalmente» commentò, chinandosi a raccogliere il frutto delle sue fatiche. Nel movimento la camicia rossa a quadri neri si tese sulle sue membra sottolineando le grosse macchie di sudore che si erano create al centro della sua schiena e sotto le sue ascelle. La stria di tessuto più stretta che gli fermava le maniche della camicia appena sopra il gomito si tese nell'attimo in cui contrasse i muscoli per sollevare il tronco che aveva appena abbattuto. Sembrava che il tessuto a malapena riuscisse a contenere il suo fisico robusto e allenato da taglialegna.
Dalla chioma dell'albero raccolse un paio di noci zuccherine e le infilò in un sacchetto che portava appeso alla cintura; dopodiché andò ad aggiungere il tronco agli altri che aveva accumulato sul carretto di legno fermo non molto distante da dove fino a poco prima l'albero si trovava.
Una volta aggiunto il tronco agli altri sospirò guardandosi attorno: il deserto era grande e lui non vedeva altri alberi.
La scocciatura di dover andare a procurarsi i ceppi zuccherini era che gli alberi non crescevano tutti insieme in un punto preciso bensì sparsi qua e là tra le dune. Spettava a lui l'ingrato compito di andarli a "cacciare".
«Direi che questi possono bastare...» esclamò riflettendo a voce alta.
A quel punto posò l'accetta vicino ai tronchi e prese per il manico il carretto, tirandoselo dietro mentre si dirigeva verso Al Maajik.
Dovette sistemare un paio di fuorilegge e qualche cacto spinoso prima di poter arrivare alla periferia della città. Da lì in poi il viaggio - oltre a farsi più semplice - fu anche più veloce, dato che non doveva più fare leva per opporsi alla sabbia che bloccava il movimento delle ruote. Pur essendo una città nel deserto, la sabbia di Al Maajik era più liscia e non formava né conche né dune. In sostanza era un terreno ottimo per trasportare oggetti pesanti come un carretto pieno di tronchi.
Gli abitanti della città si voltavano al vedere passare Dante, stupiti dalla disinvoltura con cui riusciva a trainare il suo carico.
L'albino ormai si era abituato agli sguardi che gli venivano rivolti; pertanto non ci faceva più molto caso. In quella circostanza in particolare, ci badava ancora di meno, troppo ansioso di arrivare alla bottega di Al Maajik per preoccuparsi di come la gente lo stava guardando.
Attraversò la periferia; dopodiché si diresse verso la zona del mercato, dove i mercanti vociavano per attirare l'attenzione di potenziali clienti. Superata quella si trovò davanti al portone dal quale si accedeva alla bottega dove i fabbri, i falegnami e i sarti di Al Maajik potevano lavorare.
Trascinò il suo carretto oltre il varco e andò a fermarsi ai piedi delle scale che portavano alla zona di lavoro dei falegnami.
Da dove si trovava lui si sentiva distintamente il rumore della sega e della piallatrice all'opera.
Un sorrisetto compiaciuto comparve sulle sue labbra mentre gridava: «Ohi, Nero!».
I rumori cessarono e dopo poco dalla cima delle scale fece capolino la testa albina di un giovanotto dall'aria scocciata. I capelli erano albini come quelli del taglialegna ed erano cinti sopra la fronte da una fascia sulla quale era fissata una targhetta di metallo raffigurante lo stemma del mestiere.
«Che è quel broncio?! Ti ho portato la legna che mi hai chiesto!» annunciò Dante allegro, accennando con una mano al suo carico.
Quando gli occhi del ragazzo si spostarono per andare a posarsi sui ceppi i suoi occhi azzurri s'illuminarono d'interesse.
«Era l'ora! Credevo che fossi stato rapito dalla Tuonaquila!» lo sfotté il più giovane mentre scendeva le scale.
Indossava un lungo grembiule bianco sporco di segatura e altre sostanze ignote pieno di grosse tasche nelle quali teneva alcuni piccoli attrezzi. Al di sotto indossava una casacca arancio a maniche corte - molto adatta al clima torrido del luogo - ed un paio di lunghi calzoni viola a palloncino fino alle ginocchia e stretti dalle ginocchia alle caviglie.
A mani e piedi portava rispettivamente guanti e scarpe di pelle lavorata.
Dante gli si avvicinò e gli sfiorò con la punta dei polpastrelli la giugulare al di sotto del mento, sorridendo al tempo stesso con aria seducente.
«Ti sarei mancato e saresti venuto a cercarmi» gli disse con assoluta certezza.
Nero arrossì impercettibilmente all'affermazione. Era vero ciò che aveva detto dato che erano una coppia ormai da tempo, però non avrebbe avuto le capacità necessarie a duellare con una bestia come la leggendaria Tuonaquila.
«Dovrei prima diventare cacciatore per farlo» disse.
«Sono certo che in un caso del genere ci riusciresti in fretta».
Dante si piegò verso il più giovane col chiaro intento di baciarlo ma quest'ultimo lo allontanò quando ormai le loro labbra stavano per toccarsi.
«La legna» ricordò.
Dante si allontanò da lui emettendo un vera stizzito.
«Tu sì che sai come rovinare l'atmosfera...!» sbuffò irritato, tornando nei pressi del suo carretto.
A Nero dispiaceva che se la fosse presa tanto, però lui aveva del lavoro da fare.
«Dante, io...».
«Perché la prossima volta non ci vai tu a tagliarti la legna nel deserto?» esclamò il più vecchio mentre scaricava i primi ceppi, ignorando completamente le sue parole.
Se non voleva un po' di intimità dopo tanto tempo che non si vedevano a lui andava benissimo. Del resto, anche lui aveva del lavoro da fare in fucina.
«Quanti te ne servono?» s'informò.
«Dammene la metà, così la prossima volta che dovrai andarci sarà solo perché serviranno a te per fabbricare armi e attrezzi» rispose Nero con aria esasperata: odiava quando Dante faceva il ragazzetto capriccioso. Diventava intrattabile.
Oltre ad essere taglialegna Dante era anche fabbro; così come lui oltre ad essere falegname era pure minatore.
Nel muoversi per raccogliere un grosso gruppo di ceppi si volse a dare la schiena al suo partner. Così facendo il suo lato infantile si fece prepotentemente sentire e lui non riuscì a resistere: si chinò in maniera tale da mettere deliberatamente in mostra il culo, aiutato dai jeans stretti che indossava, la cui cucitura posteriore - tendendosi - andò ad incunearsi tra le sue natiche, sottolineandole particolarmente bene.
Dinanzi ad un simile spettacolo Nero non poté che avvampare ed eccitarsi fisicamente almeno in piccola parte.
Irritato da quella sua spudorata provocazione, il ragazzo decise di tornare al suo banco da lavoro e aspettare lì la sua legna.
Fece dietrofront e risalì le scale senza curarsi dello sguardo pieno di desiderio che Dante, dal basso, gli stava rivolgendo: quanto se lo sarebbe sbattuto volentieri su quelle scale! Non gli importava un bel niente del fatto che la bottega fosse all'aperto.
Reprimendo i suoi primordiali istinti, l'albino si issò i ceppi in spalla e seguì il più giovane su per le scale.
«Dove devo posarli?» volle sapere una volta arrivato in cima.
«Appoggiali pure qui, tanto li uso subito...» rispose Nero indicandogli un punto vicino al banco.
L'altro eseguì; dopodiché si spostò nel vedere una sedia sistemata in un angolo e vi si sedette sopra.
Il sollievo dell'essere finalmente seduto fu immenso, tanto che l'albino praticamente si abbandonò contro lo schienale.
Nero cominciò a lavorare subito e Dante rimase ad osservarlo mentre nella sua mente lo spogliava uno strato alla volta per poi immaginarsi come sarebbe stato poter scopare come non facevano ormai da tempo.
La sola idea di sbatterselo approfittando del fatto che era così occupato da non considerarlo minimamente lo faceva eccitare tantissimo.
Cominciò a percepire il sangue che andava ad accumularsi a livello inguinale e il tessuto premere contro l'ingombro sempre maggiore del suo pene in progressiva erezione.
«Sei veramente bravo con le seghe, ragazzo...» commentò ad un certo punto, incapace di tacere ancora «Perché non vieni qui a darmi una dimostrazione...?».
«Anche tu non te la dovresti cavare male viste le dimensioni delle tue braccia...» esclamò Nero in tono di voluta provocazione, le guance arrossate un po' per l'imbarazzo e un po' per l'impegno prodigato nel lavoro.
Dante gonfiò il petto e si pavoneggiò della sua muscolatura senza essere minimamente preso in considerazione, dato che Nero non si voltò a guardarlo - non subito almeno.
«Tieni» disse il ragazzo poco dopo, girandosi finalmente nella sua direzione per passargli un'accetta dall'aria piuttosto robusta anche se semplice.
Dante si protese in avanti per prenderla e se la rigirò in mano per osservarla, trovando che il filo fosse più affilato delle altre sue accette.
«È un'accetta zuccherina di qualità eccelsa» gli spiegò Nero notando il suo sguardo pensieroso, assumendo un tono pieno di compiacimento nell'ultima parte della frase. Gli piaceva dimostrare quanto fosse bravo nel suo mestiere.
Il suo compagno sollevò lo sguardo dall'attrezzo e chiese: «L'hai fatto per me?».
Nero alzò gli occhi per andare a fissare un punto lontano della parete.
«Io non sono taglialegna, quindi non saprei che farmene...» disse «Ma se credi che l'abbia fatto per farti un regalo ti sbagli! Avrei dovuto comunque costruirla per salire di rango nel mestiere!» si affrettò ad aggiungere tornando a dargli le spalle.
Un sorrisetto increspò le labbra del più grande, che si alzò posando sulla sedia il suo "non regalo".
Pian piano arrivò alle spalle del ragazzo e lo afferrò per il bacino.
«Ah!» esclamò sorpreso il più giovane, lasciando cadere un scalpellino che stava riponendo «Che stai...?».
«Ti ringrazio...» gli sussurrò all'orecchio il più vecchio, passando la punta della lingua lungo il suo lobo. Un gemito lieve tracimò dalle labbra di Nero a quell'umido contatto.
Le mani del taglialegna si insinuarono sotto il grembiule per andare a posarsi appena sotto il suo ombelico.
«No!» si negò il ragazzo, bloccandogli le mani prima che scendessero ulteriormente «Ti ho detto che non è un regalo!».
«Ma io voglio ringraziarti ugualmente...» insistette Dante con voce melliflua, annullando la resistenza opposta dal suo partner senza la minima fatica e scendendo un po' più giù, arrivando a sfiorare la fibbia della cintura.
Nero represse un sospiro.
«Avanti, lo so che lo vuoi anche tu...» lo tentò il suo partner, protendendo una falange ad accarezzare il profilo del suo pene.
Nero si morse il labbro inferiore, vinto dall'indecisione. Quelle carezze leggere al cavallo dei pantaloni erano quanto di più provocante Dante potesse fargli e la voglia di fare l'amore crebbe in lui a dismisura, fino a valicare il fatidico confine della volontà.
Nero si abbandonò contro il solido torace dell'altro e gettò un sospiro, senza aggiungere altro. Dante lo considerò un modo per accettare le sue avance e subito si attivò al fine di rimuovere il grembiule e slacciargli la cintura dei pantaloni.
Nero lo aiutò col grembiule; dopodiché si voltò mentre l'altro gli calava le braghe.
Si protese a congiungere la bocca con quella del suo compagno nel mentre che quest'ultimo insinuava la mano destra dentro le sue mutande, andando a stringere la lunghezza del suo pene.
Una bizzarra sensazione di sollievo con cui il ragazzo aveva già avuto a che fare si diffuse nel suo corpo, facendolo tremare lievemente.
La sua presa esperta e calda gli era mancata.
Dante si mise a masturbarlo con movimenti lenti e calcolati, acuendo il suo desiderio di contatto intimo.
Il ragazzo inserì la lingua nella bocca dell'altro, muovendola a folle velocità. Intanto le sue mani stavano scendendo ad occuparsi dei jeans del taglialegna, che vennero aperti e abbassati ed i lembi inferiori della camicia sollevati mentre le dita andavano con audacia a ghermire le sue natiche.
Dante ebbe un momentaneo cedimento nel sentirsi prendere le chiappe, dato che era uno dei gesti che preferiva.
Nero giocherellò con il suo sedere senza mai osare addentrarsi, conscio del fatto che doveva essere lui il passivo e non il più grande.
Quest'ultimo accelerò il ritmo di masturbazione, eccitando Nero tantissimo. Il suo pene adesso era turgido e duro nella sua presa.
A quel punto il maggiore spostò la sua attenzione al fondoschiena del suo partner: si umidificò indice e medio della mano sinistra e andò ad inserirli uno per volta all'interno dello sfintere del più giovane, il quale si irrigidì leggermente.
«Spero che tu sia ancora allenato...» gli sussurrò Dante mentre muoveva le dita per allargare l'orifizio.
Nonostante fosse già da un po' che non scopavano a causa dei rispettivi impegni di mestiere, Nero non percepì il dolore bruciante della prima volta che avevano fatto sesso. Dopo la prima debole fitta un tipo di piacere diverso da quello fornitogli dalla mano che si muoveva nelle sue mutande sul versante anteriore. Era una percezione forte e viscerale che lo faceva godere moltissimo.
La sua presa sul culo di Dante si fece più forte - con sommo piacere del ricevente - poiché esso era l'unico mezzo al quale potersi aggrappare al momento: le gambe gli erano diventate momentaneamente molli e per qualche secondo temette di cadere a terra.
Tornarono a limonare con foga mentre gli anelli muscolari intimi del più giovane si allentavano pian piano e la porzione prossimale del suo condotto anale si lubrificava sempre di più.
All'improvviso, come di tacito accordo, i due spezzarono il contatto tra le loro labbra e cambiarono posizione: il falegname si piegò appoggiandosi coi gomiti sul suo piano di lavoro; il taglialegna si abbassò i boxer, estraendo la propria erezione da essi.
«Forza, muoviti» lo esortò Nero, le guance paonazze ed il fiato corto. Voleva godere ancora fino a raggiungere le vette dell'estasi e l'orgasmo oltre di esse.
Dante sogghignò e si portò una mano all'erezione, guidandola tra le natiche del suo compagno in cerca della sua apertura.
Il contatto tra la linea di separazione delle sue natiche e la punta umida del suo pene produsse un leggero gemito in Nero che il ragazzo non seppe reprimere.
«Sbrigati!» lo esortò con maggior impazienza.
«Lo sai meglio di me che il sesso migliore è quello fatto con calma, ragazzino» rispose Dante mentre premeva il suo glande contro l'imboccatura del suo culo «Quindi porta pazienza ancora per poco».
Così dicendo spinse il proprio organo riproduttore all'interno del suo didietro con una iniziale delicatezza che sfociò in un gesto veemente quando la punta dell'erezione fu entrata.
Nero sobbalzò per il contraccolpo ma non si lamentò affatto. Gli piaceva l'irruenza del suo amante.
Quest'ultimo iniziò a spingersi a fondo nel suo culo con spinte poderose del bacino, mugugnando leggermente. A quell'ora gli altri avventori della bottega erano tutti a pranzo al Portaspezie; pertanto non c'era nessuno che potesse disturbarli.
Nero ansimò pesantemente ed iniziò a mandare deboli versi di piacere ad ogni spinta dell'altro. Lasciò strisciare una mano oltre il bordo del tavolo fino ad afferrarsi l'erezione. Riprese a masturbarsi cercando di sincronizzarsi con il ritmo di Dante ma senza riuscirci fino in fondo.
«Su, ragazzo...! Non ti sento abbastanza!» lo prese in giro Dante, aumentando il vigore degli affondi.
«Fottiti...!» sibilò il più giovane, digrignando i denti per la rabbia.
Avrebbe voluto tirargli un calcio nelle caviglie ma temeva di perdere l'equilibrio.
Stava cercando un modo per vendicarsi della sua sarcastica spavalderia quando il tipico tremolio dell'orgasmo ormai imminente lo distrasse da tali pensieri.
«O-oh!» gemette a corto di fiato, sgranando gli occhi e fissando un punto indefinito nello spazio innanzi a lui «Ah! Più... veloce!».
«Come?» domandò Dante, non avendo capito niente a causa dei suoi stessi gemiti.
«Più veloce!» quasi gridò con voce stridula Nero, accelerando i movimenti della mano «Sto-oh!... venendo...!».
Non fece in tempo a finire la frase che eiaculò, schizzando il pavimento col suo sperma.
Sollevò il busto e si irrigidì per i pochi istanti necessari affinché si svuotasse completamente; dopodiché si abbandonò sul tavolo.
Dante era ancora ben lungi dall'orgasmo e ci stava dando dentro con foga quasi animalesca.
Nero non sembrava intenzionato a reagire più come fino a poco prima. Aveva addirittura smesso di produrre qualsiasi suono.
«Ehi, l'orgasmo non ti ha mai spompato così tanto... si vede che sei un po' arrugginito» lo prese in giro Dante.
«È scomoda questa posizione... e io ormai ho fatto. Perché darti ancora la soddisfazione di sentirmi...?» esclamò Nero boccheggiando «Piuttosto... non sarai tu ad esserti arrugginito? Non sei ancora venuto» soggiunse sogghignando perfido.
Stavolta Dante non seppe proprio come rispondergli; per cui si dedicò al raggiungimento dell'orgasmo in silenzio.
Il corpo caldo e giovane di Nero gli piaceva dannatamente; tuttavia da solo non era sufficiente a farlo eccitare al punto da farlo venire.
Dovette appellarsi alla sua brillante fantasia erotica per riuscire nel giro di poco ad arrivare fino in fondo.
Nero cominciava ad averne abbastanza di quella postura scomoda quando percepì qualcosa di viscoso e caldo riempirgli il fondoschiena.
Un leggero gridolino di sorpresa gli trapelò dalle labbra mentre si raddrizzava di colpo, come se fosse stato folgorato improvvisamente.
«Ah, adesso mi sembri più pimpante...» lo sfotté ansimando Dante mentre terminava di eiaculare.
«Bastardo... ti odio quando fai così...» sibilò Nero incassando la testa tra le spalle mentre tentava di reprimere un accesso di rabbia.
«Non lamentarti, sappiamo entrambi che ti piace anche questo...» rimbeccò Dante con aria divertita e soddisfatta «Spero che tu mi costruisca altri attrezzi, cosicché io possa ringraziarti a dovere di nuovo».
«Va' all'inferno!» sbuffò Nero in preda alla rabbia, pentito della sua scelta di costruirgli un'accetta nuova.