Destiny - compiuti i vent'anni

Mar 23, 2011 17:22

 Ciao a tutti, quasi due mesi fa ho avuto questa idea e si sta man mano sviluppando dentro la mia testa, ancora non so quanti capitoli saranno. Avevo pubblicato questo prologo un mese e mezzo fa, solo che poi ho deciso di cambiare tante cose, e ho cambiato anche i personaggi...spero di non deludervi, mi farebbe piacere sapere il vostro parere, che sia un complimento o una critica, accetto tutto:)
DISCLAIMER: I personaggi(Jared, Jensen e Genevieve) di questa storia non mi appartengono, a parte alcuni che ho inventato io, non intendo offendere nessuno e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Destiny



Prologo - compiuti i vent'anni

“Al ventesimo anno della propria vita un Vien scopre di essere tale. Non c'è via di scampo. E' condannato per l'eternità.”

Aklas, Regno degli Inferi - 01/03/1986

C'era un sole accecante, ma agli occhi dei Vien c'era il buio totale, era il giorno maledetto, il primo marzo, lo chiamavano appunto “il giorno della morte”.
Dara sentì le urla di sua madre, era il momento, stava per partorire suo fratello, solo che nessuno era in casa tranne lei, suo padre era al lavoro, e non poteva chiamare un dottore, nessuno le sarebbe venuto in soccorso proprio quel giorno, e di certo non poteva dire a nessuno che sua madre stava per partorire.
“mamma, lo sai vero che oggi è il giorno...della morte?!”, disse con una voce tremolante.
“chiama tu-o pa-dre”, ordinò piangendo, non riusciva a parlare dal dolore. Suo padre era un ginecologo, sicuramente le sarebbe servito se fosse stato in casa! Prese il cellulare e lo chiamò: “Sono il Dr. Alex Herriman, lasciate un messaggio dopo il bip”, sentì la segreteria telefonica partire, sbuffò e riagganciò.
Alex invece cercava di tornare a casa perché temeva che sua moglie partorisse proprio quel giorno, correva per la strada e ogni tanto si nascondeva dietro a qualche macchina, in modo da non farsi vedere dagli angeli caduti. Gli angeli caduti erano dei demoni, li guidava un tiranno e il suo scopo era quello di annientare tutti i Vien nati “sotto lo stesso Sole della fondazione del tempio di Giunone nell'antica Roma”, così recitava la profezia. Dunque sarebbe nato il primo marzo, lo stesso giorno in cui fu fondato il tempio, colui che avrebbe dominato su tutto il Regno degli Inferi per l'eternità.
Il primo marzo di ogni anno, infatti, l'esercito del tiranno passava per le case delle città ad uccidere tutti i neonati e tutte le donne incinte. Squillò il cellulare di Alex: “pronto”, bisbigliò, “papà, la ma-mma, sta per par-torire”, disse piangendo, “oddio! Sto arrivando, intanto nascondetevi in cantina”. Prese un profondo respiro e corse come un fulmine fino a casa...Era troppo tardi! Vide trascinare sua figlia e sua madre, corse da loro, ma un soldato gli sparò al cuore, era così che si uccideva un Vien, con una pallottola d'argento al cuore.
La madre e la figlia erano ormai morte. Il neonato invece venne nascosto da un soldato donna, poiché quando lo vide s'intenerì e decise di nasconderlo, per proteggerlo lo spedì nel regno degli umani, sulla Terra, in questo modo non avrebbe vissuto in un mondo di ingiustizia, come quello degli Inferi, pensò lei....come se sulla terra ci fosse giustizia!

Vent'anni dopo, a Denver, in Colorado, il 28/02/2006

Scese le scale, facendo un rumore assurdo, come sempre, coi suoi stivaletti da cowboy col tacco.
“buon giorno, Alicia!”, a volte si divertiva a chiamare sua madre per nome. Le diede un bacio sulle guance.
“buon giorno Jared!”, rispose lei sorridendo,
“papà, mi presti la tua macchina domani?”, chiese al padre con gli occhi dolci.
“perché? Dove devi andare doma..”, venne interrotto dalla gomitata che gli diede sua moglie..
“ah giusto, domani compi vent'anni! Ma certo, prendila pure”, sorrise, si era dimenticato del compleanno del figlio.
“grazie...non so come sarei se non avessi genitori come voi”, rise e uscì di casa.
“e la colazione?”, chiese Alicia.
“la farò al bar con Gen!”, disse ad alta voce da lontano, camminando all'indietro mentre si era girato per rispondere alla madre.
“chi è Gen?”, chiese Frank, il padre, prendendo una fetta di torta da un piatto.
“Frank, non ti ricordi mai niente tu, è la ragazza di Jared!”, rispose, scuotendo la testa.
“ah, giusto..”,
“carina quella ragazza”, aggiunse.
Jared era il tipico ragazzo solitario, non parlava quasi con nessuno, e aveva sempre le cuffie nelle orecchie. Aveva i capelli castani, occhi grigi e piccoli, labbra sottili. Venne sorpreso da dietro da una ragazza, bassa, mora, occhi castani e carina.
“Gen!”, si girò spaventato verso di lei. “Jay!”, “mi hai spaventato!”, “oh Jared, sono cinque anni che ti saluto così e sono cinque anni che ti spaventi”, fece un ghigno.
“ho le cuffie, non sento che stai arrivando....a ogni modo, ciao!”, le sorrise e le diede un bacio sulle labbra.
“Ah, amore, domani è il mio compleanno, niente feste a sorpresa, saremmo solo io e te, intesi?”, chiarì puntandole l'indice in faccia.
“ok-ok”, rispose scuotendo la testa, come una che ha già sentito ripetere quella frase almeno un milione di volte.
Camminavano vicini, lei con in mano alcuni libri di biologia, e lui con la borsa con dentro alcuni libri di diritto, da lontano quasi non sembravano una coppia, niente baci smancerosi, né mano nella mano, ma si amavano alla follia.
Finite le ore di scuola Genevieve andava in moto con Jared e si recavano in un parchetto a stare insieme sull'erba fresca.
Soffiava il vento sui riccioli dei capelli castani di lei, aveva i tratti teneri, le labbra rosee, carnose e morbide, gli occhi castani molto profondi, che facevano impazzire Jared, il naso sottile.
Le si poteva leggeva la tenerezza negli occhi, mentre per quanto riguardava il ragazzo, neanche se lo si guardava per ore e ore si poteva capire cosa gli passasse per la mente, era un tipo molto imprevedibile, lei invece era semplice. Jared era molto complicato, neanche i suoi genitori lo conoscevano così bene, era sempre silenzioso, gentile, tenero, e raramente si arrabbiava, sua madre diceva che era un angelo! Spesso non guardava negli occhi delle persone, e odiava chi non faceva altrettanto; aveva un solo amico, Jensen, che viveva però lontano, e si vedevano solo nelle festività. Conobbe Genevieve al corso di biologia quando erano al liceo, era stato il suo unico amore, da allora non si separarono mai.
Erano sdraiati sul prato, lei a pancia in giù e lui a pancia in su, le accarezzava i capelli e non pronunciava una parola, come al solito. “Jay, sei così sexy”, sentì a bassa voce, ma lei non muoveva le labbra. “cosa?”, le chiese confuso, con la fronte corrugata.
“Io non ho aperto bocca”, rispose sconcentrata.
“Mi sembrava di aver sentito...lascia perdere”, “o-k!”, scandì le sillabe, era stufa di stare lì senza parlare, così si alzò. Jared la fermò con un braccio: “aspetta, dove vai?”, a quel punto il suo cellulare squillò, “scusa!”, lei sbuffò.
“pronto, CIAO Jens! Bene bene, domani? Che bella sorpresa! Sono felicissimo, non vedo l'ora..ok, ti saluto!”, sorrise mentre chiudeva la chiamata.
Lei lo fulminò con gli occhi, “che c'è?” le chiese. “Torno a casa”, sembrava offesa, o triste.
“cosa? Perché?”, chiese seduto per terra tenendole la mano. “Non mi piace qua!”, “ma che dici? Veniamo qua tutti i giorni!”, “sì, ma sono stufa di farlo, non parli mai e sembra quasi che ti metta in suggestione! Ho provato a far di tutto, ma niente! E poi quel..Jensen!”, disse sottolineando l'ultima parola con tanto fastidio.
“che c'entra Jensen...?”, “non so, ma in giro dicono..”, “ohhh tu credi a quello che dicono in giro?”, le chiese ironico, ad alta voce, alzandosi, infastidito.
“scusa..!”, disse lei a bassa voce, chiudendo gli occhi e guardando il prato, lui scosse la testa.
“E che, a volte..proprio non ti capisco! Mi guardi e non parli..eh..”, sospirò...
“Gen, vieni qui!”, le disse prendendola a sé. “guardami negli occhi, io...amo stare con te, a guardarti, ascoltarti. O semplicemente starti vicino, senza sentire il bisogno di dire qualcosa. Solo con la tua mano che stringe la mia. Semplicemente seduti, sdraiati, o anche in piedi. Solo con te vicino. Te, e nient'altro.”, lei lo guardò negli occhi, solo allora riuscì a leggere la parola amore in quegli occhi color verde tendente al grigio, lo abbracciò, lui la baciò intensamente. Assaggiava la sua lingua, le sue labbra carnose, sentiva il profumo della sua pelle e dei suoi leggeri capelli.
Era buio ormai, loro due sul prato che si baciavano, ad un tratto Jay sentì un sussurrio, che non proveniva da lontano, né da vicino, era proprio dentro la sua testa, sentì bisbigliare: “E' tempo!”, all'improvviso si staccò da lei, “che c'è, amore?”, prese un profondo respiro, era spaventato, “no, niente!”. “Ancora quelle voci? E quegli incubi?”, chiese lei, lui annuì con la testa.
Erano settimane che faceva incubi di persone morte, di donne incinte che urlavano, di ali di angelo che si spezzavano, e sentiva dire “è giunta l'ora”.
“Hai parlato con i tuoi?”, “no, non ancora”, rispose socchiudendo gli occhi. “Non voglio che si preoccupino di me!”, aggiunse serio, “aahhhh”, Jared s'inchinò dal dolore alla testa, urlava, “oh mio Dio, che ti prende, tesoro”, gli chiese spaventata Gen. “Ho sentito un fischio, ho sentito la testa quasi scoppiarmi”, le rispose massaggiandosi la fronte.
“Dai, torniamo a casa!”, i due si alzarono, Jared accompagnò Gen fino alla porta di casa sua: “buona notte, amore! Ci vediamo domani!”, le disse lei, “notte!”, le diede un bacio a stampo, e poi avviò la moto e si diresse verso casa sua, a due passi da quella di lei.
I suoi non erano in casa, erano fuori per cena, Jay era sfinito, così decise di andare in camera sua a dormire.
Un altro incubo.
Era buio, c'era una nebbia grigia, e i volti delle persone erano sfuocati, era un donna con un neonato ricoperto tra le braccia, si avvicinò alla porta di una villa, era uguale a casa sua, quella di Jared. La donna era vestita di nero, con un cappuccio a punta, aveva gli occhi completamente neri, l'iride e la cornea dello stesso colore. Lasciò il neonato davanti alla porta e bisbigliò: “addio, principe!”, aveva lo stesso tono di voce di quei sussurri che sentiva in continuazione. Si svegliò di scatto, sudato fradicio, prendeva dei profondi respiri, aveva il respiro affannato, e gli occhi rossi. Aveva paura!

Nota dell'autrice: eccovi il prologo, ancora non si capisce bene di cosa parla, ma aspettate i prossimi capitoli. spero vi piaccia.

fantasy, amore, slash, destiny

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