[SUPERNATURAL] - I can't tell your name because now your name hurts

Feb 11, 2011 11:44

TITOLO: I can’t tell your name because now your name hurts
FANDOM: Supernatural
PEROSNAGGI: Sam Winchester, Dean Winchester
RATING: PG
BETA: nessuno, quindi potrebbero esservi vari errori
PROMPT: rabbia @ bingo_italia 
PAROLE: 1288 W
DISCLAIMER: Supernatural non è mio, figuriamoci se lo sono Sam e Dean. Sì, la vita è profondamente ingiusta  è__é Ovviamente, non ci guadagno niente.
AVVERTIMENTI: Ehm, angst direi *si guarda intorno perplessa*
NOTE: è ambientato dopo la 6.07, quindi è spoiler per la sesta stagione. Era una vita che non scrivevo su questi due e questa non è certo la storia più fluff e dolce dell’universo (sì, sono la prima ad esserne sorpresa) né, tanto meno, niente di particolare, ma è quello che mi è venuto fuori al momento pensando a questi due. E anche per il fatto che il prompt rabbia gridava Dean da tutte le parti, per come la vedo io.



Hanno viaggiato in silenzio per tutto il giorno. Dean non ha detto una parola da quando sono saliti in macchina fino a quel momento. E’ tutto talmente assurdo che, se non fosse il dannato casino che è, si metterebbe quasi a ridere.
Stanno lavorando per un Demone. Stanno lavorando per un Demone e Dean non può semplicemente crederci, non può credere che siano diventati, davvero, gli scagnozzi di uno di quegli esseri a cui hanno dato la caccia per tutta la vita. Forse il mondo si è capovolto senza che lui se ne accorgesse. E se pensa al motivo per cui si trovano in quella situazione, l’intera faccenda non fa che diventare ancora di più uno schifo. Dean non riesce proprio a vedere come ne verranno fuori, sta volta. Non riesce a concepire, nemmeno, bene la cosa. Sam non ha un’anima. Suo fratello è ritornato dall’Inferno senz’anima. Che non è esattamente un pezzo facilmente sostituibile o di cui si possa fare a meno. Vuol dire che quello lì con lui, in realtà, non ha più niente di tutto ciò che lo rendeva Sammy. Forse, ripensandoci, si metterebbe a urlare.
Ora che sono nella camera del motel in cui si sono fermati per quella notte, Dean lo osserva mentre è intento a pulire le pistole che ha tirato fuori dal borsone pochi minuti prima e resta a fissarlo, incapace anche solo di muoversi. Lo studia in ogni minimo particolare senza sapere il perché, mentre si riempie il bicchiere con l’ennesima, generosa dose di wisky, che lo rende sempre un po’ più ubriaco e un po’ meno sobrio ad ogni sorso (peccato che neanche essere ubriaco riesca più a fargli spegnere il cervello e dimenticare tutto quello). Non c’è nulla che non conosca di lui, nessun dettaglio che possa non essergli familiare.
Il suo viso è sempre lo stesso, come sono sempre le stesse le sue mani che si muovono precise e sicure ed è lo stesso il modo in cui tira fuori il caricatore, lo riempie di munizioni e lo rimette al proprio posto. Ma per quanto tutto questo sia sempre uguale Dean non riesce più a vedere nessuna emozione sul viso di Sam, nessun sentimento, nessun cambiamento. E’ solo una maschera fredda e immobile, come se fosse una statua o, sul serio, un robot.
Ed è tutto così ridicolo, tutto così privo di senso e sbagliato, che Dean sente una rabbia furiosa  montargli dentro. Di nuovo.
E’ una sensazione a cui si è abituato parecchio, ultimamente, la rabbia. Quella che ha provato quando ha scoperto che Sam era  tornato in vita da un anno, un intero, fottutissimo anno, e si era fatto vivo solo dopo tutto quel tempo; la rabbia che ha sentito diventare ancora più forte quando ha scoperto che anche Bobby sapeva ogni cosa e non gli aveva detto nulla e che gli ha fatto vedere, letteralmente, tutto rosso. La rabbia che ha sentito nascere dentro di lui perché la propria vita gli è sfuggita per l’ennesima volta di mano, perché ha dovuto di nuovo dire addio a qualcuno e a qualcosa; la rabbia che l’ha mandato definitivamente fuori di testa dopo, quando scoprire il motivo del comportamento senza senso di Sam non è stato per niente d’aiuto, ed è esplosa dirompente come un fiume in piena che rompe gli argini e non può più essere fermato da niente al mondo.
Dean stringe i pugni e continua a fissare suo fratello. Potrebbe fare un respiro profondo, stendersi sul letto e tentare di dormire. O per lo meno, fare finta. Potrebbe forzarsi  a chiudere gli occhi e ripetersi  che ogni cosa andrà a posto, che risolveranno anche quella, che riusciranno a recuperare l’anima di Sam e quando l’avranno fatto potranno mettersi quella storia alle spalle. Ma la verità è che quello che Dean vorrebbe veramente è prendere Sam per le spalle e scuoterlo così forte da fargli male. Scuoterlo fino ad ottenere una reazione, una reazione qualsiasi, che gli cancelli dalla faccia quella maschera di completa indifferenza perché è quasi sicuro di non poter sopportare oltre di avere accanto una specie di automa da cui non riesce a tirare fuori nulla. Razionalmente è consapevole del fatto che suo fratello non ha colpa per quello, che non è stato a lui a creare quell’immenso casino, ma non può comunque fare a meno di avercela con lui per essere stato zitto e non avergli detto ciò che stava accadendo. E la parte peggiore è che dirglielo non servirebbe a niente. Lo ha già fatto, quindi lo sa. Sa che strillargli contro, accusarlo o picchiarlo non darebbe alcun risultato; sa che Sam scrollerebbe semplicemente le spalle e rispondere qualcosa che non avrebbe il benché minimo valore. Perciò, alla fine, alla rabbia si aggiunge la frustrazione di uno che continua a sbattere la testa contro un muro (la famosa beffa che si aggiunge al danno) e lui si sente sempre più come un vulcano sul punto di esplodere, col cuore che pompa, pompa , pompa forsennatamente.
Così, quando poggia il bicchiere sul tavolo lo fa solo perché non è sicuro di riuscire a controllarsi e non stringere così forte da ridurlo in un mucchietto di frammenti di vetro sparsi ovunque.
“Esco a controllare l’Impala.” dice duramente, la linea della mandibola tesa, e socchiude la bocca quel tanto che basta per far uscire le parole fuori.
“Ok.” si limita ad annuire Sam, facendo un gesto vago con la testa e continuando a concentrasi sulla sua attività.
Dean serra la mano intorno al pomello della porta, che cigola con uno scricchiolio che pare quasi un rimbombo nel silenzio che grava su di loro, e si volta cercando di non pensare a come un tempo Sam sarebbe stato capace di capire che c’era qualcosa che non andava semplicemente guardandolo in viso, semplicemente intuendolo nel tono della sua voce o nel suo sguardo nel momento in cui avesse pronunciato una frase del genere. Si impegna con ogni atomo della propria energia per tenere lontano quella considerazione perché la fitta di dolore che ne deriverebbe, probabilmente, lo farebbe crollare a terra definitivamente e lo lascerebbe incapace di rialzarsi e senza fiato.
Quando si ritrova fuori, fa qualche passo e sente l’aria fredda della notte pungergli la pelle e alza la testa per ritrovarsi a fissare un cielo che, fatta eccezioni per qualche piccolo puntino luminoso, è nero come la pece. Non sa come succeda esattamente, dopo. Sa soltanto che è più o meno come sentirsi travolgere da un vortice e non capirci assolutamente più nulla: il suo braccio scatta in avanti quasi come fosse dotato di vita propria e le nocche della mano cominciano a colpire più volte il muro lì vicino.
Uno, due, tre, quattro colpi. Una scarica disperata e inarrestabile, proprio come è lui in quel momento. Il dolore si diffonde nel suo braccio in fitte calde e lancinanti, mentre il sangue inizia ad uscire e a bruciare. Spera che quel dolore fisico possa riuscire a sovrastare quello interiore che non lo lascia più vivere da settimane (un dolore mischiato a molti altri dolori che hanno scheggiato e graffiato la sua vita), ma neanche quello basta.
Si lascia scivolare a terra, premendo le dita della mano ancora buona sugli occhi e con la testa che pende verso il basso, apparentemente incapace di sostenerne il peso.
E lì, tra le lacrime e il sangue, intanto che la luce pallida e fioca della poche stelle si disperde intorno a lui, Dean promette a sé stesso che farà qualcosa; che costi quel che costi troverà una soluzione;  che, nonostante la disperazione che sente, restituirà l’anima a suo fratello e lo farà tornare come era prima. Perché deve riuscire ad estinguere quel fuoco che lo sta divorando dall’interno.

autore: nessie_sun, supernatural, fanfiction

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