Titolo: La prima volta
Autore:
dia89Fandom: XF e Amici
Personaggi: Marco Mengoni e Valerio Scanu
Pairing: Marco/Valerio
Rating: NC-17
Genere: Slash
Note: Tengo a precisare, se qualcuno dovesse leggere, che è tutto frutto della mia mente malata e perversa. Con questa fic non intendo offendere nessuno.
*** Un giorno quasi per giocare dissi:
‘Ciao, piacere salve voglio star con te.'
Capelli. Occhi. Sorriso.
Potevano queste tre cose, indurlo a comportarsi come un adolescente alla prima cotta?
Erano settimane che passava il tempo a chiederselo. Eppure non era più un adolescente da diversi anni, ma questo non gli impediva di comportarsi costantemente come tale. E adesso, anche in quel momento, non riusciva a darsi una risposta valida. Non c’era spiegazione del perché quel mix di infantilità, di strafottenza e di dolcezza lo mandasse costantemente fuori di testa.
Sì, era sesso: attrazione sessuale. Ma non solo quello.
C’era qualcosa in quel ragazzo che lo legava a lui, e non era solo una cosa prettamente fisica. Sentiva una sorta di connessione. Connessione che Valerio cercava in tutti i modi di allontanare. Non riuscivano mai ad affrontare discorsi che potessero andare al di là delle banali frasi di circostanza. Solo una volta avevano cominciato ad esplorare un terreno più delicato e intimo, e Valerio, accorgendosene, aveva troncato il discorso con una qualsiasi scusa, come se si fosse reso conto che quello che stavano facendo fosse la cosa più sbagliata del mondo.
Ovviamente era anche una questione fisica, Marco non era una di quelle persone ipocrite che ribadiva: ‘l’aspetto non conta’, per lui contava eccome. E quel ragazzetto, fisicamente, gli piaceva.
Valerio sapeva di essere bello. Ma, al contempo, non si rendeva conto di quanto potesse essere attraente e seducente anche solo il suo modo di parlare, la sua voce, il suo gesticolare.
Lo vedeva lì muovere le mani per dar forza al significato delle sue parole. Quelle mani grandi e lunghe, ma anche morbide - o almeno credeva lo fossero, nonostante non avesse mai avuto modo di sfiorarle - , e cicciottelle. Lo vedeva sorridere e fare dei piccoli cenni di assenso, per assecondare il suo interlocutore. Non riusciva a capire se fosse realmente interessato a quello che gli stavano dicendo, o se la sua mente stava vagando chissà dove alla ricerca di un appiglio, di qualcosa che potesse incuriosirlo maggiormente.
La lingua. La osservava muoversi, sbattere sui denti. Intravedeva il piercing che si trovava lì in mezzo, e l’unica cosa che gli interessava era di toccarla, di intrecciarla alla sua, o di lasciarla posarsi su tutto il suo corpo.
Gli occhi erano distratti ma fissi su quelli della persona che aveva di fronte, anche se un po’ stanchi e assonnati. Gli piaceva addirittura la forma dei suoi occhi, un po’ inarcati verso il basso, ma grandi ed espressivi.
Sorrideva. Di tanto in tanto, sia lui, sia il gruppetto di persone che si ritrovava intorno, ridevano divertiti. Il suo viso si illuminava, e tutti sembravano catturati dalla forza di quel sorriso.
I capelli erano legati in uno chignon più stretto del solito per via del nuovo taglio. Indossava una camicia grigia e una giacca con diversi bottoni, di una tonalità più scura della camicia.
Aveva voglia di correre da lui, di sciogliergli i capelli e di passare una mano tra quei ricci morbidi - anche quelli poteva solo immaginare che lo fossero -, accarezzarli, baciarli. Li immaginava sulla sua schiena nuda, o solleticargli il corpo, il viso.
Era catturato da lui. Non riusciva a smettere di guardarlo, di fissarlo.
E ancora una volta si sentì patetico, e totalmente preso da quel ragazzetto che neanche conosceva, con cui aveva scambiato solo qualche parola nelle occasioni più importanti in cui si erano ritrovati insieme.
Infilò le mani nelle tasche dei jeans, preso da un brivido di freddo, e si strinse nelle spalle cercando di fronteggiare la bassa temperatura che quella sera sembrava essere calata maggiormente, come a volerlo aiutare a calmare i suoi bollenti spiriti. Pure il tempo si prendeva gioco di lui?
Lo vide avvicinarsi. O meglio, erroneamente, per un attimo pensò si stesse avvicinando a lui, e il cuore cominciò a battergli forte nel petto. Poi lo vide dirigersi verso il tavolo alla sua sinistra, che lui non aveva neanche notato: il buffet.
Lo vide sfregarsi le mani per il freddo, prima di prendere un piattino e metterci su qualche tartina.
“Freddo, eh?” cercò di rompere il ghiaccio. Rise, pensando al modo di dire che in quel preciso momento gli sembrava quanto più appropriato.
“Mh…” mugugnò distrattamente.
Valerio non aveva alcuna intenzione di parlare con lui. Lo sapeva. Marco si era reso conto più di una volta di quanto Valerio fosse freddo nei suoi confronti da quella volta in cui aveva rischiato di aprirsi a lui. Non osava mai proferire parola in sua presenza. Non era interessato a lui, né a tutto quello che lo riguardava. Semplicemente lo ignorava. E ci riusciva pure bene, pensò Marco.
Aveva vagliato tante ipotesi, qualcuna plausibile e qualcuna meno. Quella che lo convinceva maggiormente era quella dell’antipatia. Doveva per forza stargli antipatico, perché l’alternativa, altrimenti, era quella di piacergli, e la trovava poco realistica. O forse preferiva non vagliarla del tutto, per non rimanerci deluso qualora fosse stata totalmente campata in aria.
Gli si avvicinò accalcandosi alla folla che, proprio in quel momento, sembrava essersi improvvisamente interessata a quel simpatico banchetto, ricco di tartine e frutta variopinta.
In realtà non aveva neanche fame, era solo una scusa per potergli stare più vicino. Molto vicino.
Il suo corpo cominciò a sfiorare quello del ragazzo davanti a sé. Inarcò lievemente il bacino, per fare pressione sulla schiena dell’altro. Gli piaceva stuzzicarlo, tentarlo. Aveva bisogno di capire quale fosse il problema tra loro due.
Valerio, avendo palesemente avvertito qualcosa, si voltò e lo guardò furioso. Lo aveva chiaramente incenerito con lo sguardo.
“Non è colpa mia se ce sta tutta sta gente.” Si giustificò, alzando le mani come a voler mostrare la sua innocenza.
“E non c’è neanche bisogno di spingere, non siamo in Africa. C’è cibo a sufficienza per tutti. Se aspetti un attimo, mi levo e puoi prendere quello che ti interessa.” Gli rispose acido, per poi affrettarsi a riempire il piatto. Si voltò per andarsene e se lo ritrovò davanti, ancora più vicino di prima. Gli versò, inavvertitamente, qualche goccia del suo ponch alla pesca, sulla camicia.
Gli lanciò un’altra occhiata delle sue, prima di allontanarsi del tutto.
Marco, poggiando il piatto vuoto sul tavolo, lo seguì dentro il locale, cercando di tenergli il passo.
“Ce l’hai co’ me?” gli chiese sfiorandogli il braccio. "Perché io non l'ho mica capito. Se t'ho fatto qualcosa de male, te chiedo scusa."
“Sì, ce l’ho con te.” Gli rispose in fretta. Sembrava esasperato. Come se avesse accumulato, accumulato e accumulato, e fosse arrivato al limite proprio in quel momento. “Ce l’ho con te perché stai sempre in mezzo. Ce l’ho con te perché mi provochi. E ce l’ho con te perché…” si interruppe, lasciando la frase sospesa in aria.
“…perché?”
“Lascia stare.” Poggiò il piattino sul ripiano accanto a sé.
“Perché ti infastidisce se sto sempre in mezzo?” chiese sicuro di sé. Non lo era mai stato tanto quanto quella volta. Sapeva già di sembrare ridicolo, per cui tanto valeva mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
“Credi che sia stupido?” domandò d’un tratto.
“No, ovvio che no. Ma che c’entra mò?” il suo viso sembrava un enorme punto interrogativo, più del solito, del resto.
“Credi che non mi sia accorto di nulla?”
Intendeva che si era accorto di quanto gli piacesse? Lo aveva sottovalutato, o forse non si era reso conto di quanto in realtà fosse palese il suo comportamento agli occhi degli altri.
“E perché ti dà tanto fastidio?” chiese Marco bloccandogli il passaggio, e premendo il corpo contro quello dell’altro.
Dal comportamento di Valerio, aveva capito di essere ricambiato. Aveva avuto la sua risposta.
Valerio cercò, spingendo col bacino e con una mano contro il suo petto, di allontanare Marco da sé.
“Marco, allontanati.”
“Perché? Non m’hai ancora spiegato perché ti dà così fastidio.”
“Ti ho detto di spostarti.” Ripeté con ancora più convinzione di prima.
“E’ lo stesso anche per te.” Si spostò, smettendo di premere la sua erezione contro quella di Valerio, e lo lasciò libero di andare.
Il ragazzo recuperò il piattino, e si allontanò con la stessa velocità con cui era finito lì dentro.
Il giorno successivo a questo dissi sai,
ti amo e non ci lasceremo mai.
Era ancora a letto quando sentì qualcuno sbattere forte la mano contro la sua porta. Lentamente scivolò fuori dal letto, cercando di mettere un piede davanti all’altro senza cadere.
I capelli erano ancora arruffati per via della piega sul cuscino. Indossava un paio di boxer e una maglietta nera stretta a maniche lunghe. Ai piedi le calze, senza però le pantofole.
La mano continuava ancora a battere insistentemente contro la porta.
“Arrivo.” Disse con la voce ancora impastata dal sonno.
Aprì la porta e si stropicciò gli occhi. Sia per la sveglia fuori orario, sia per lo stupore di trovare proprio lui lì davanti la soglia di casa sua.
“Okay, e anche se fosse?” proruppe immediatamente, senza un minimo di rispetto delle principali regole che sapeva stare alla base della comunicazione interpersonale. E senza neanche una briciola di contestualizzazione.
“Calma, che vuoi dì?” lo guardò confuso, sgranando gli occhi perplesso.
Valerio, sempre non curandosi del rispetto delle sopracitate regole, entrò in casa chiudendosi la porta alle spalle.
“Ma io veramente non t’avevo invitato a entrà.” Esclamò incrociando le braccia al petto.
“E se fosse vero che anche tu mi piaci?” continuò ignorandolo. Non era un’ammissione, un volergli dar ragione. Con quella domanda voleva semplicemente chiedergli che futuro avrebbero potuto avere se fosse stato vero - ed entrambi sapevano che era così - che a Valerio lui piaceva.
“Allora se la potemo spassà.” Marco, stranamente, capì l’intento della domanda e sorrise scherzando.
“Marco, sono serio.”
“Anch’io.”
“Non voglio solo spassarmela.” Si avvicinò pericolosamente al suo corpo, come la sera precedente Marco aveva fatto con lui.
“E’ lo stesso per te.” Ripeté con consapevolezza la frase che gli aveva detto la sera prima. “E siamo sulla stessa lunghezza d’onda, vedo.” Gli passò una mano tra i ricci, che finalmente poté constatare quanto fossero morbidi. Stavolta erano sciolti e gli coprivano interamente la nuca.
Marco glieli sollevò lievemente per potergliela baciare dolcemente. Per poter finalmente toccare con le sue labbra quella pelle candida e calda su cui tanto aveva fantasticato.
il tempo ci obbligò tra le lenzuola e poi,
un bacio e un altro ancora e dopo…
Valerio si avventò sul collo dell’altro, e poi sulle sue labbra mordicchiandogliele lievemente. Sul viso di Marco comparve per qualche secondo una smorfia di dolore, che sparì immediatamente dopo che la lingua dell’altro aveva cominciato ad esplorargli la bocca.
Marco gli sfilò il maglione, e lo stesso fece Valerio con la maglia nera dell’altro. Gli baciò il collo e cominciò a scendere più basso, soffermandosi sui capezzoli, fino all’ombelico, fermandosi poi sull’elastico dei boxer.
Con dei gesti rapidi, glieli sfilò via e cominciò a muovere la mano sul sesso di Marco. Dapprima lentamente, poi aumentando la velocità quando si rese conto che il membro dell’altro era già diventato duro.
Quando sostituì la mano con la lingua, Marco inarcò la schiena per il piacere e affondò le mani nei capelli di Valerio, come a volersi aggrappare a lui. Trattenne a stento un gemito quando Valerio, dopo averglielo leccato ed essersi soffermato sulla punta per qualche secondo, lo prese interamente in bocca.
Il respiro di Marco si faceva sempre più affannoso e i gemiti sempre più forti, Valerio si rese conto che rischiava di farlo venire in quel momento, e si staccò. Risalì percorrendo la stessa via di qualche minuto prima, e gli mordicchiò un capezzolo prima di ritornare sulla sua bocca, prendendogli il viso con entrambe le mani.
Marco faticava a respirare per il piacere e l’eccitazione, e dovette staccarsi dal bacio dell’altro per riprendere ossigeno.
Decise che era il momento di occuparsi di Valerio e ricambiare il favore.
Si chinò a sua volta, sbottonandogli i jeans e abbassandoglieli velocemente insieme ai boxer. Valerio si curvò per dargli un bacio sui capelli, e lo tirò su invitandolo ad andare in camera da letto.
Marco si sdraiò a cavalcioni su di lui e cominciò a baciargli il naso partendo dall’alto. Quel naso dritto che era il giusto completamento del suo viso.
Passò dall’orecchio al collo, percorrendo tutta la lunghezza della mandibola fino ad arrivare alle labbra.
Quelle labbra morbide e perfette, che, quando non poteva averle, gli erano tanto sembrate un frutto proibito. In quel momento erano rosse ed eccitanti come la mela per Adamo ed Eva, e non poté resistere all’impulso di mordergliele.
Come descrivere due corpi che si intrecciano
Come parlare di due mondi che si uniscono…
Gli prese una mano e cominciò a baciare anche quella. Poi, Valerio, gli prese la sua e gli succhiò due dita che, una volta uscite dalla sua bocca, erano pronte per andare da un’altra parte.
Marco gli sorrise malizioso, e, spostandosi più indietro e allargandogli le gambe, gliele infilò pian piano nella sua cavità. Mentre, con l’altra mano, aveva cominciato la lenta tortura che l’altro gli aveva fatto subire poco prima.
Carezzò le cosce aperte di Valerio e si chinò per leccare, anche lui, il suo membro eretto e lo prese in bocca dopo poco. Poi, dopo averlo eccitato abbastanza, tolse le dita e le sostituì col suo sesso.
Lo penetrò senza difficoltà, in quel momento tutto sembrava loro la cosa più naturale e semplice del mondo.
Marco cominciò a spingere dentro di lui, mentre l’altro gemeva e inarcava la schiena ad ogni spinta, che ogni volta diventava sempre più forte. Mentre una mano continuava a toccare e muoversi a ritmo costante sul membro eccitato di Valerio.
Quando, finalmente, vennero entrambi, Marco uscì lentamente da lui e si abbandonò sul suo corpo nudo.
Valerio avvolse le sue braccia attorno a lui e gli baciò la testa.
“Meno male che non te la volevi spassà.” Disse Marco ridacchiando.
“Intendevo dire che non voglio solo spassarmela.”
Marco tirò su il lenzuolo per coprire entrambi. Sdraiato sopra di lui, poteva sentire ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore. Gli sembrava di essere in paradiso. Fuori pioveva, e lui era stretto tra le braccia calde di Valerio che gli circondavano la vita e gli carezzavano la schiena di tanto in tanto.
Un passo verso te
Mi stacca dalla terra così statica per me
Sei l’unica maniera che ho di vivere…
“Valè?” gli chiese dopo un po’.
“Sì?” domandò lui guardandolo.
“Quindi… ce provamo?” domandò titubante. Aveva solo bisogno di un’ennesima conferma.
“Sì. Se lo vuoi.”
“Certo che lo voglio.”
Si strinse a lui e intrecciò una mano con la sua, consapevole che quella era stata solo la prima di tante volte che si sarebbero susseguite di lì a poi.
come descrivere due corpi che si intrecciano
come parlare di due mondi che si uniscono
non lo so fare eppur son qui per raccontare
della prima di una serie di un milione di un miliardo di volte
in cui son stato con te.
Un giorno quasi per giocare dissi ‘ciao’
da sempre sono insieme a te.