Titolo: Things not to say
Fandom: Final Fantasy XII
Pairing: Basch/Ashe
Parte: 1/1
Rating: R
Conteggio Parole: 676 (Openoffice)
Note: accenni lemon, oneshot.
Arrampicandosi fuori dalle lenzuola sporche, Ashe e Basch si litigano in silenzio il lembo consumato della stessa coperta, evitando l'una gli occhi dell'altro, le teste speculari contro la testiera del letto come le facce di marmo di un dio degli incroci. Inghiottono con meticolosa cautela il saporaccio di troppe domande inutili, affondando nel materasso informe come si affonda in una colpa, o col coltello nel burro.
Mentre lo stoppino della candela si accartoccia nella cera smoccolata, Ashe chiude gli occhi, facendo strisciare le ginocchia contro il petto, il tepore del suo stesso corpo che le si aggrappa addosso come un naufrago e il ricordo di quello di Basch che le scava una ruga fra le sopracciglia. La schiena di lui fa di tutto per non toccarla nemmeno per un centimetro, ma la pelle arsa dal sole emana il calore bruciante di un ceffone - lei ne sente ancora la presa su tutto il corpo, nel richiamare la spinta secca e scoordinata dei fianchi di lui nei suoi, il tocco ruvido e convulso delle sue mani, il fremito del suo respiro in un orecchio mentre la stringeva fino a farle saltare due battiti, come l'assetato pronto a lanciarsi oltre il bordo di un pozzo.
E lei l'aveva serrato fra le cosce con le labbra che mordevano le sue, inseguendo il suo respiro con le mani aggrovigliate fra i suoi capelli.
Al piano di sotto, un'orda di piratacci e puttane suona un tango sgangherato battendo il tempo sul legno della scala, e le sembra quasi il singhiozzo sordo del suo cuore, che si ricorda com'è stata l'ultima - la prima - volta, con due mani bianche che sbottonavano un vestito d'oro. Un fiotto di dolore le congela tutto il corpo, freddo e acre come spuma del mare nella gola di un annegato. Sta per sgusciare sotto le lenzuola, quando una mano scivola sotto i suoi capelli, a raccoglierle tutta la guancia in una carezza sola, il pollice scabro che indugia con desolata delicatezza sulla curva di un labbro.
Ashe si sorprende a sostenere il suo sguardo come mai ha fatto da quand'era bambina, fissa la bellezza abbronzata e un po' incolta di quel viso, e riconosce su di esso la stessa stanchezza ancestrale di allora, quello che l'ha sempre reso un cavaliere e un capitano migliore. Sente il rossore salire a pizzicarle il viso nel pensare che è la stessa stanchezza dell'uomo che l'ha baciata e amata con la disperazione insonne di un condannato. Nemmeno si rende pienamente conto di sollevare l'altra mano e di spostare una ciocca arruffata dietro l'orecchio martoriato dalla cicatrice, quasi col timore di toccarlo. Si chiede come faccia, lui, con due mani da fabbro, a cogliere e maneggiare la delicatezza di ogni cosa - dal cadavere di un principe alla curva della sua guancia, da una porzione della sua pelle alle braci del falò nelle notti di guardia, dal suo dolore al suo desiderio, quello di chi l'amore l'ha fatto per seppellirne il frutto sterile sotto una lastra dimenticata, e che si muove sotto un amante con la smania acerba di inseguirne un breve riflesso.
Del riflesso che cerca, però, nulla combacia, ed è con un certo orrore che Ashe si dice che, forse, è addirittura meglio così.
Abbassa rapidamente gli occhi, senza preavviso alcuno, mentre Basch si affretta a scostare il suo tocco da lei, e si appiattisce di nuovo contro la testiera di legno grezzo, troppo stanca e disorientata per rivestirsi.
«Quale principessa dalmasca si è mai avventurata tanto lontano fino a vedere il mare, e a quante, nelle generazioni future, toccherà la stessa sorte?» si domanda, un po' roca e un po' sarcastica.
Basch ride appena, in un respiro appena più profondo degli altri.
«Dormite, Maestà» bisbiglia sottovoce, appoggiandosi piano anche lui «Veglio io, stanotte.»
Quando fa per alzarsi, si irrigidisce in silenzio, come privo di respiro, quando una mano si appoggia leggera sulla sua, e permette a sé stesso di ammorbidirsi solo quando la stretta acquista consistenza.
Mentre l'ultimo barlume di candela sfuma sullo stoppino, Basch decide di restare.
~
A/N 6 ottobre 2010, ore 2:26. Sia messo agli atti che io amo Valychan <333333333333. Titolo rubato agli U2.
Juuhachi Go.
Titolo: It takes a crowd to cry
Fandom: Originale
Parte: 1/1
Rating: PG13
Conteggio Parole: 273 (OpenOffice)
Note: temo di averci messo una nota di slash così lieve che se non ve l'avessi segnalata non l'avreste mai trovata. Scemenza su istigazione prompatoria di
harriet_yuuko ♥♥. Flashfic.
It takes a crowd to cry
You don't know how you got here
You just know you want out
Believing in yourself
Almost as much as you doubt
L'intera faccenda non dovrebbe essere poi troppo difficile, si dice, scostando le spesse pieghe del mantello d'ermellino che gli hanno gettato addosso come un fardello.
Franzisko de La Espada è sempre stato un ragazzo di “encomiabile ambizione”, come suo padre amava ricordare, ridacchiando sotto la barba. A detta sua, la sua dinastia ha posto fondamenta su un'isoletta pietrosa dimenticata dagli dèi tutti, ma ha compensato i suoi discendenti con un sangue di guerrieri valorosi e indomiti, ben degni di una principessa imperiale, le cui terre si estendono oltre il mare. Più interessato ai fatti che a vaghi resoconti di grandezze, Franzisko sentenzia fra sé e sé che Isabel von Kussen è anche la legittima proprietaria della bianca isoletta che gli ha dato i natali. Non le piace che qualcuno si dichiari indipendente nel bel mezzo di un suo possedimento, non le piacciono i cani di grossa taglia, i bambini e i fiori alle finestre. Qualcuno sospetta addirittura sia una ragazzina incontentabile.
L'ombra del suo diadema cade ingigantita su di lui come una nube, e le sue gonne sembrano ostruire la stretta uscita in pietra che troppa creanza e attaccamento alla dinastia gli stanno precludendo per sempre. Le ha regalato un seguito di paggi biondi e lisci che le sollevino gli strascichi trapunti del velo, e un paio d'occhi, sul fondo di quelle fila di ragazzini in livrea, schierati come fucilieri, lo fissano brucianti con un accenno di mesto sorriso.
Irrigidito dalla formalità dell'occasione, Franzisko riesce solo a ricambiarlo con un cenno, e trattiene un sospiro fra le labbra, schiudendolo in un sorriso fin troppo smagliante quando vede Isabel affrettare i propri passi.
~
A/N 9 ottobre 2010, 23:42. Incolpate Harriet che mi ha promptato il verso di “Hold me, thrill me, kiss me, kill me” e cinque parole che adesso non ho voglia di ripescare... grazie, mia cara ♥.
Juuhachi Go.
Titolo: Beggars
Fandom: Wuthering Heights (Cime Tempestose)
Pairing: Catherine Earnshaw/Heathcliff
Parte: 1/1
Rating: G
Conteggio Parole: 384 (OpenOffice)
Note: Notte Bianca @
maridichallenge, flashfic, e what if come da prompt di
janetmourfaail .
Beggars
[
Notte Bianca] Wuthering Heights what if, “Sposami”
Sotto l'assalto sferzante della pioggia, la cancellata di legno, già consunta dall'usura, ululava un lamento che si perdeva fra il vento che strappava l'erica dalla brughiera.
Heathcliff lasciò che il legno continuasse a frustare i fianchi del proprio cavallo sellato alla buona. Rimase a guardarsi indietro con gli occhi sgranati e le labbra arricciate in un misto di incredulità e disgusto. Fra i capelli che gli gocciolavano addosso, impeciati di fango e acqua piovana, solo uno spiraglio delle mani di Cathy, aggrappate alla coda del cavallo come se intendesse scarnificarlo con le unghie.
Batteva i denti, incoronata di lunghe ciocche di boccoli disfatti, lo scialle attaccato al corpo come una seconda pelle, la lana pesante che evidenziava ogni palpito del suo respiro. Eppure, Heathcliff sapeva che non era il freddo a farla tremare: i suoi occhi bruciavano come un fuoco.
«Tu non oserai lasciarmi!» urlò, sovrastando il vento in un'ondata di rabbia.
«Ma tu oserai sposare Linton!» ruggì Heathcliff di rimando, sputando a terra con disprezzo «La tua anima per un po' di agio e qualche moina, e un vestito da bambola in più!»
«Vorresti fare di me una pezzente che mendica sul ciglio di una strada, e non proveresti un briciolo di rimorso!»
«Il rimorso lo lascio al latte che ha nel sangue, e al fuoco che tu hai nel tuo, Cathy!» esclamò lui, con una tale violenza da farle credere che potesse sporgersi per schiaffeggiarla «Non è per qualche metro di merletto che si mente alla propria natura - sarò lontano abbastanza da farti torcere dal dolore, quando te ne accorgerai! Io non provo mai rimorso. Tu lo sai, e non t'importa. Preferiresti morire schiacciata dalla fame in un mio abbraccio, piuttosto che di languore in uno dei suoi!»
Catherine aprì la bocca, ma la richiuse solo per digrignare i denti, uno strano senso di umiliazione ed esasperata eccitazione che si scavavano una via sotto la pelle, come due ruote di un carro nel fango.
«Sposami.»
L'aveva aizzato con aria di sfida, e solo un istante dopo si era accorta che era stato Heathcliff a gridare la parola come uno schiaffo in piena faccia.
Una pausa per prendere il respiro, e Catherine aveva lasciato che Heathcliff la trascinasse a cavallo con uno strattone.
Chiuse le dita nella lana frusta dei suoi vestiti.
~
A/N 23 ottobre 2010, ore 1:37. Non mi piace granché, ma il prompt era bellerrimo ♥.
Juuhachi Go.