Titolo: Flirting Battle
Autrice:
nemofrommars Fandom: V (2009)
Personaggi/Pairing(s): Kyle Hobbes/Erica Evans (Hobrica <3); hints Dale Maddox/Erica Evans
Rating: giallo
Genere: Introspettivo, Commedia
Avvertimenti: oneshot, linguaggio (un paio di parolacce)
Challange/Prompt: scritta per il
meme!massacro, su richiesta di
mapi_littleowl , con il prompt V - Hobbes/Erica, flirt
Note iniziali: Gwha, è la prima fanfic su V del fandom italiano! Lasciatemi gongolare un po' *w*
Flirting Battle
A quanto pare non sono bastati il fidanzatino donnaiolo al college, il matrimonio fallito e la cottarella per il partner all'FBI (che si è poi rivelato essere un V omicida, ma su questo Erica preferisce sorvolare): alla lista delle relazioni patetiche doveva aggiungersi anche il flirt con il mercenario pluriricercato.
Hobbes interrompe per un attimo il proprio lavoro al computer, e alza lo sguardo, rivolgendo a Erica un sorrisetto abbozzato e disgustosamente amabile - uno dei tanti silenziosi segnali di interesse che le rivolge spudoratamente da settimane.
Non ci siamo fatti mancare proprio nulla, agente Evans.
Erica trattiene un sospiro - esasperato o forse semplicemente rassegnato - distogliendo lo sguardo per l'ennesima volta.
Dio, se continua così le loro ricerche sulle cellule residue della Quinta Colonna necessiteranno di un altro paio di nottate in bianco.
Già, perchè Erica si sta distraendo in occhiatine furtive nella direzione di Hobbes da troppo tempo, ora calcolando il numero esatto di sigarette che consuma, ora osservando come la luce del monitor gli si rifletta sugli occhi azzurri, sempre concentrati sul lavoro ma consapevoli.
Sei ridicola, Erica, si ripete di nuovo nel giro di dieci minuti, sistemando un fascicolo con un gesto seccato.
Quel fruscio nervoso sembra essere una specie di segnale per Hobbes, che si alza e si sgranchisce le spalle, avvicinandosi.
Si china su di lei con la scusa di guardare lo schermo del suo pc e le appoggia casualmente una mano sulla spalla.
“Trovato niente?” chiede con la solita voce roca e quel suo marcato accento inglese, il viso un po' troppo vicino a quello di Erica.
A parte una voglia sfrenata di prenderti il braccio e torcertelo dietro la schiena no, non ho trovato niente.
“No” replica piattamente, continuando a fissare lo schermo come se potesse suggerirle una qualche brillante idea per uscire da quella situazione imbarazzante.
Maledice l'assenza degli altri compagni o di una qualche emergenza che richieda il loro intervento immediato.
Così avrebbe la certezza che il confine costituito da battutine sarcastiche, occhiate d'intesa e tocchi discreti tra lei e Hobbes non prenda sfumature più esplicite.
Con uno sforzo, la donna riprende a cliccare sul mouse e battere dati sulla tastiera - sbagliando a digitarli un paio di volte - , ignorando con insistenza l'eccessiva vicinanza di Hobbes.
Lui però non si fa scalfire dalla sua indifferenza e non retrocede di un millimetro - testardo, maledettamente sfacciato come quando è in missione.
E a quel punto Erica decide.
Se non lo fa lui, lo farò io.
E' il momento di battere in ritirata.
E' decisamente troppo adulta, troppo divorziata, troppo mamma di un adolescente in crisi, troppo dentro fino al collo in una sottospecie di guerra intergalattica per qualcosa del genere.
Ma poi, a priori è una vera e propria cazzata, considerando quanto poco sa di Kyle Hobbes.
Non è nemmeno eticamente ragionevole - il solo fatto che lei sia un'agente dell'FBI e lui un criminale dovrebbe esimerla anche solo dal formulare la remota possibilità di certe cose, cristo santo.
E no, non è opportuno per altri cento motivi che non le va assolutamente di elaborare - è già abbastanza incasinata così, grazie tante.
Ora mi alzo e me ne vado. Perdio, se lo faccio.
Ma le parole di Hobbes la inchiodano lì seduta dove sta.
“Magari non sei abbastanza concentrata” le dice, quasi sussurrando, con un tono inequivocabilmente colorato di malizia.
Oh sì, si sta proprio riferendo a quello.
A quanto lei lo abbia consumando con gli occhi di sottecchi, di come gli abbia dato silenziosamente corda in quella sfida a colpi di flirt, dell'alchimia che s'è creata tra loro fin dall'inizio...
Ma Erica non si arrende, combatte fino all'ultimo - cos'altro può fare? - voltando lentamente il viso, fingendosi offesa.
E fallendo.
“Kyle, di che diavolo stai parlando?” tenta in tono neutro, ben sapendo che lui non ci cascherà.
“Pensi che non stia prendendo seriamente il mio lavoro?” aggiunge, e adesso la sua voce è un po' alterata dalla rabbia, sì, perchè ancora non ha fatto quel che si era prefissa - andarsene - e anche perchè, diamine, che razza di federale serio si farebbe sconvolgere gli ormoni e il cervello così da un ricercato?
E poi ora che ci pensa, potrebbe scommettere che Hobbes abbia usato quegli stessi trucchetti con decine di altre donne, per scopi molto poco nobili. Anzi, già se lo immagina.
Patetico lui. Patetica me. Patetiche tutte quelle che ci sono cascate.
“Capita a tutti di distrarsi. Non è mica un delitto” obietta Hobbes, scoprendo i denti in un ghigno da lupo, gli occhi scintillanti di esaltazione come quando tiene tra le mani una pistola.
E adesso ad Erica sembra così schifosamente facile mandare al diavolo ogni prudenza e paranoia, lasciare semplicemente che quella parentesi tra loro accada, che quasi le gira la testa.
Ma Hobbes si ritrae all'improvviso, lo stronzo, con naturalezza e proprio sul più bello, facendo sfumare di proposito il momento.
“Dovresti riposare, Erica” le consiglia allegramente con un'alzata di spalle, prima di voltarsi e tornare al proprio posto.
Hobbes è uno stratega e - per quanto dannatamente irritante - un gentiluomo a modo suo: aveva in pugno la partita, ma l'ha lasciata vincere.
Per ora.
Erica scuote la testa, incredula, mentre un sorriso le sfugge controvoglia.
Stupido figlio di puttana.