[Iliade] I'm not the answer

Feb 11, 2010 13:57

Titolo: I'm not the answer
Fandom. Iliade
Pairings: Patroclo, Briseide
Parte: One-shot
Rating: verde
Disclaimer: I personaggi non sono di mia proprietà ma di Omero, pace all'anima sua.
Riassunto: Dialogo fra Patroclo&Briseide, pochi giorni dopo che Agamennone ha preteso lei divenisse sua.
Note: Non so quanto ci azzecchi con ciò che Omero scrisse nell'Iliade (nulla, suppongo) per cui dirò che è tutta una mia creazione mentale da pazza psicotica. L'ho scritta perchè vorrei spostare il punto focale da Achille/Patroclo alla non-relazione che hanno Briseide e Patroclo, per forza di cose.


“E così, tu sei Patroclo.”

Non era una domanda, era un’affermazione e nella voce non c’era la traccia del dubbio.

Se ci fossero stati i Mirmidoni, lì, le avrebbero riso in faccia, perché tutti sapevano chi era Patroclo e nessuno mai si sarebbe sognato di domandarlo. Anche lei lo sapeva; in fondo l’avevo consegnata io a coloro che l’avrebbero portata da Agamennone, eppure si comportava come se quel giorno non mi avesse scorto in faccia ed ora quasi non mi riconoscesse.

Smisi di lucidare la mia spada e girai il capo verso di lei. Era una donna, ed Achille era un ragazzino.

Era una donna, e non potevo certo darle la colpa di essersi rifugiata nella tenda di quel ragazzino che l’aveva accolta. Casa sua era lontana e non aveva nessuno che la amasse, qui, tranne lui. Achille era un semidio, era impetuoso e facile all’ira, ma sapeva anche essere buono ed era per questo che lo avevo sempre amato. Era bella, non avrei potuto colpevolizzarla neanche per questo, no. Però quando le risposi nella mia voce c’era astio.

“Sì, sono io. E tu sei Briseide.”

Rimase in silenzio, come se l’avessi ferita con quelle parole così ovvie. Come se le avessi dato della sgualdrina.

“Io non sono qui per mia volontà, Patroclo. Sono il bottino che gli Achei si sono presi, ed Achille mi ha portata nella sua tenda. Dovrei forse cercare l’affetto di qualcuno che sarebbe meno buono, con me? Non basta mi abbiano portato via da mia madre e dalla mi città? Io non ti ho fatto nulla.”

Furono quelle parole che mi gelarono il sangue nelle vene e mi mozzarono il respiro. La verità, seppure fosse parziale, faceva più male di quanto mi sarei aspettato.

Distolsi lo sguardo e lo gettai sul mare calmo e sulle nuvole che si avvicinavano. I Mirmidoni erano fermi, a sollazzarsi nelle loro tende o accanto ai fuochi, perché il loro comandante aveva deciso che non avrebbe combattuto finchè Agamennone non gli avesse chiesto perdono - o forse neanche allora.

Sentii che si avvicinava e si sedeva accanto a me, su quel tronco ormai essiccato portato lì dall’acqua.

“Vuoi forse darmi la colpa di essermi lasciata amare da Achille? Guardami, Patroclo. Sono finita nel letto di Agamennone per una ripicca fra uomini, come se fossi un oggetto qualsiasi, l’ennesimo scrigno rubato in un tempio. Credi davvero sia stata io a farti un torto?”

Chinai il capo e ricominciai a lucidare la mia spada, osservando il volto che si rifletteva nel ferro. No, sapevo bene che non era stata lei a farmi un torto, eppure non avrei mai ammesso che Achille aveva sbagliato. Lo avrei odiato, avrei evitato la sua compagnia, ma nel mio cuore avrei continuato ad amarlo, attendendo. Sarebbe tornato da me ed io l’avrei accolto e nulla avrebbe potuto cambiare il nostro destino.

L’aveva portata nel suo letto perché lei era sua, se l’era guadagnata su quel campo di battaglia, aveva il diritto di amarla quante volte voleva, di portarla per il campo, di offrirle gioielli e di raccontarle le storie che avevano narrato a noi quand’eravamo bambini. Ne aveva il diritto e lei ne aveva goduto finchè aveva potuto. Chissà se ora Agamennone la trattava con gentilezza.

La mia mano si fermò, ed io sollevai il capo. Vidi che il suo sguardo era perso oltre l’orizzonte, come se stesse sognando qualcosa di troppo lontano per essere messo a fuoco.

“Spero che tutto questo finisca, un giorno o l’altro. E che tu possa tornare dai tuoi genitori, nella tua città a raccontare di essere stata l’amante di un semidio. Spero che Agamennone non sia troppo rude.”

Vidi il principio di un sorriso incresparle gli angoli della bocca e le sue labbra che si schiudevano, come se volesse rispondermi. Ma poi una voce mi chiamò, ed io mi voltai e lei rimase immobile, muta.

“Patroclo!”

Quand’eravamo partiti aveva solo quindici anni, ed ora, nove anni dopo, il suo viso era mutato così tanto da risultare quasi irriconoscibile. Sorrisi, perché nel guardarlo avanzare verso di me non sapevo fare altro, ero come un bambino che guarda estasiato il nascere di un nuovo giorno. Mi alzai e attesi che venisse vicino. Si fermò d’improvviso a pochi metri dal tronco e fissò la figura che era seduta, dandogli le spalle. La sua espressione raggiante si tramutò in pochi attimi, divenne seria e nostalgica.

Briseide allora si alzò e si volse, passandogli accanto per tornare a quella che era divenuta la propria tenda. La vidi arrestarsi per un istante e vidi come posava una mano sulla sua spalla, e come le sue labbra mormoravano qualcosa. Poi mi guardò e annuì, prima di incamminarsi.
Feci un passo indietro e guardai il viso di Achille, leggendovi le sensazioni che andava provando di volta in volta. Vidi che vi balenava la rassegnazione per ultima, lasciandogli un sapore amaro fra le labbra. Attesi che si riprendesse e che venisse da me. Attesi che il suo viso si premesse contro l’incavo fra il collo e la mia spalla e che inalasse il mio odore. Attesi che le sue labbra sfiorassero la mia pelle e gli accarezzai i capelli, mentre fissavo la figura che svaniva dentro una delle tende degli Achei.

iliade, autore: iachi, fanfiction

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