Personaggio: Remus Lupin
Rating: PG13
Conteggio Parole: 676 parole (secondo Word)
Riassunto: Com’è bello andar di notte, quando il lupo non c’è…
Avvertimenti: one-shot
Note: scritta per
Dolcetto o Scherzetto Fest @
fanfic_italia, III fase "Paura" e per il
Meme di Halloween.
Non aveva mai capito per quale motivo la Foresta Proibita gli incutesse tanto timore; certo, abitata da Centauri e chissà quali altre creature potenzialmente pericolose, quello non era certo il luogo adatto per una passeggiata. E poi era buia per la maggior parte del tempo - anche in pieno giorno i rami fitti degli alberi permettevano a malapena a qualche raggio di filtrare.
Eppure lui ne era terrorizzato, di un terrore che sale dallo stomaco e fa venire la pelle d’oca.
Remus però non ci si era mai trovato così dentro - le sue escursioni con i Malandrini non l’avevano mai portato troppo lontano e quand’era trasformato in lupo il concetto di ‘paura’ gli era del tutto estraneo.
In quel momento vagava - piedi nudi ed una maglietta troppo leggera - lungo un sentiero fatto di foglie morte, radici e fango, tenendosi stretto nelle spalle e cercando di riscaldarsi le braccia, frizionando con le mani. Dalla sua bocca uscivano sbuffi bianchi e, nonostante stesse facendo di tutto per non battere troppo i denti, di tanto in tanto i suoi muscoli si muovevano da soli.
La Foresta era silenziosa e oscura, eppure Remus aveva l’impressione d’essere fissato e scrutato, come se qualcuno o qualcosa non stesse facendo altro che prendere il suo tempo per studiarlo, prima di saltar fuori alle sue spalle. Un brivido gli corse lungo la schiena, più gelido del freddo umido che lo circondava.
Non c’erano fruscii, non c’era vento, non c’erano strani scricchiolii - se non quelli causati dai suoi stessi piedi - eppure la sensazione si acuiva ad ogni passo, tanto che il ragazzo iniziò a guardarsi intorno e poi a girare su se stesso, scrutando le tenebre della foresta, sapendo che lì nel buio c’era qualcosa di spaventoso - e non era un centauro, né una qualche altra creatura misteriosa.
Era come quando da bambino - con altri ragazzini della sua età - giocava a “Com’è bello andar di notte”, quando il sole era ormai tramontano, e l’oscurità della sera sembrava nascondere davvero un enorme lupo nero pronto a terrorizzarli tutti. Allora non si aspettava certo che il lupo cattivo non si sarebbe mai limitato a spaventarli.
La sensazione che provava in quel momento però era inquietantemente simile a quando giocava a quel gioco, pur sapendo quanta paura gli facesse quando uno dei bambini iniziava con a ripetere la filastrocca ed il cuore gli batteva nel petto forte e veloce. Mentre vagava per la Foresta aveva esattamente quella sensazione: come se qualcuno, da un momento all’altro, dovesse iniziare a recitare “Com’è bello andar di notte” per poi iniziare ad inseguirlo.
Terrorizzato, forse dal ricordo d’infanzia - un gioco premonitore di qualcosa che lo avrebbe maledetto per tutta la vita - forse dalla gelida sensazione che quello stesso gioco si stesse ripetendo in quel momento, in quel luogo, ma con un prezzo molto più alto che della semplice scarica di adrenalina, Remus si accucciò accanto ad un albero e fu allora, ad altezza di ginocchia che li vide: due occhi gialli e famelici lo fissavano dal buio fra i tronchi.
Non riusciva più a muoversi; riusciva solo a respirare ed era terribilmente consapevole di ogni sbuffo d’aria troppo bianco, troppo rumoroso che lo potesse mettere ancor di più al centro dell’attenzione di quello sguardo. Le mani, strette intorno alle braccia - iniziarono a tremare, mentre il gelo della foresta sembrava essergli entrato nelle viscere.
E poi una voce roca e minacciosa iniziò la cantilena: com’è bello andar di notte, quando il lupo non c’è…
Remus si svegliò all’improvviso, ritrovandosi in un bagno di sudore, con le lenzuola appallottolate alla base del letto; si guardò intorno spaesato per un attimo e poi realizzò d’essere in infermeria e che il gelo che sentiva era dovuto proprio alle coperte buttate via.
Velocemente se le rimise addosso, accoccolandosi al centro del letto e chiudendo di nuovo gli occhi.
Solo un incubo, si disse, era solo un incubo.
Un incubo mischiato di ricordi, di quel vecchio gioco lontano nella memoria, e di quella notte maledetta, in cui la luna lo fissava, piena e gialla, come gli occhi del lupo.
Fine
Note: "Com'è bello andar di notte" è un gioco che esiste davvero ed è davvero davvero terrorizzante. Solo che io la filastrocca l'ho rimossa - per ovvie ragione, che non c'entrano niente con l'età XD