[Originale] Infinite possibilità

Oct 22, 2009 22:18

Titolo: Infinite possibilità
Fandom: Originale
Rating: Per tutti
Conteggio Parole: 2112 (secondo Word)
Riassunto: Perché di tante cosa proprio un imbuto?
Note: scritta per la Criticombola di Criticoni. Appositamente per liberarmi del prompt 5 della mia schedina XD



Infinite possibilità

Tommaso entra in casa e sbatte la porta piuttosto violentemente; mentre si trascina sbuffando verso la cucina, sente sua nonna chiamarlo con tono interrogativo. Un attimo dopo lei è sulla porta e lo guarda mentre si pulisce le mani sul grembiule - quello che usa sempre anche per cucinare un semplice uovo al tegamino.

“C’è qualcosa che non va, Tommy?” L’aria interdetta sul suo viso non rende i lineamenti meno dolci, ma in quel momento Tommaso non se ne cura - sua nonna ha sempre avuto quella faccia, del resto.

“Sì!” Replica, buttando a terra il suo zaino e sedendosi pesantemente a tavola - ovviamente già apparecchiata per tre. “La scuola fa schifo!” Brontola mentre accigliato poggia i gomiti sul tavolo e mette il mento sui pugni chiusi.

La nonna gli fa un sorriso comprensivo, poi torna ai fornelli: la sua teoria è sempre stata che i bambini fanno i capricci quando hanno fame e dunque scola la pasta e la condisce con la salsa al basilico che ha preparato. “Ecco, mangia.” Gli dice, mettendogli il piatto pieno e fumante sotto il naso; quando il nipote solleva lo sguardo perplesso, lei gli sorride ancora. “Tua madre arriva subito.”

La porta d’ingresso sbatte di nuovo e Tommaso pensa che sua nonna sia una specie di strega - quando aveva cinque anni lo pensava davvero. Sua madre sbuca dal corridoio trafelata come sempre, con le mani piedi di carte e la cartella misteriosamente pesante; la nonna la saluta, sistemandole il piatto al suo posto, e lei dà un bacio sulla fronte di Tommaso - che si scosta bruscamente, perché a undici anni quasi dodici uno le coccole non le vuole più.

Quando sono tutti seduti, la nonna lancia un’occhiata alla nuora e poi dice: “Tommy ha un problema a scuola.”

“Davvero?” Domanda la donna più giovane, inforchettando i rigatoni. “Cos’è successo?”

Il ragazzino muove pigramente la forchetta nel piatto, prendendo tempo; poi sbuffa e brontola la sua risposta. “La professoressa d’italiano vuole che scriviamo un racconto su degli oggetti d’uso quotidiano.”

“Oh, mi sembra un bell’esercizio!” Esclama la mamma, bevendo un sorso d’acqua.

“E a te piace tanto scrivere.” Sorride la nonna, posando la forchetta al suo posto.

“Come funziona? Puoi scegliere l’oggetto o te l’ha assegnato lei?”

“Funziona a sorte.” Brontola Tommaso, masticando un rigatone. “Ed è bello se ti escono oggetti belli, come ‘fotografia’, ‘carillon’ e ‘cristallo’… Ma se ti viene fuori ‘imbuto’ è una rogna e basta!”

La mamma si pulisce la bocca con un tovagliolo di carta e la nonna apre il forno per tirare fuori il polpettone; la più giovane capisce che tocca a lei dire qualcosa d’incoraggiante. “Imbuto, eh? Beh, si possono scrivere un sacco di cose sulla parola imbuto…”

Tommaso la guarda nervoso e piuttosto scettico, ma l’odore del polpettone lo distrae per un momento.

“Potresti scrivere di quando travasiamo il vino.” Gli suggerisce la nonna, mettendogli nel piatto un’abbondante porzione di pasticcio.

“No, è noioso.” Sbuffa il ragazzino.

“Allora puoi scrivere… Uhm…” Tommaso sa che sua madre non ha mai avuto grande creatività, a meno che non si tratti di arredamento d’interni; quindi non si aspetta suggerimenti da lei. “Beh, sono sicura che qualcosa ti verrà in mente. Tu sei un creativo!”

Glielo ripete da quando aveva quattro anni e pasticciava con i pennarelli - talvolta disegnando anche sul muro; ma il ragazzo è stranamente convinto che stavolta la sua fantomatica creatività non riuscirà a salvarlo. Di tanti oggetti, perché proprio un imbuto?

*

Tommaso guarda la pagina bianca che gli sta davanti e sembra fissarlo con astio; ha finito gli esercizi di matematica, ha studiato il paragrafo di storia e adesso non gli resta che svolgere quel dannato compito d’italiano. È vero che a lui piace scrivere, ma quello che scrive sono racconti di fantasia, delle specie di favole con elfi e draghi e cavalieri - qualcuno l’ha preso in giro più volte per la sua vena altamente infantile, ma lui li ignora tutti e continua a scrivere quel che gli piace; come si fa a parlare di un imbuto ed essere originali?

Tommaso ci sta pensando da almeno un’ora - con una pausa per la merenda, perché come si può dire di no alla torta alle mele della nonna? - ma ancora non è venuto a capo del problema. Intanto, intorno a lui, sui post-it ha scritto mille volte la parola imbuto, in tutti i modi ed in tutte le forme possibili, ma nemmeno in quel modo la parola lo ispira. Ha pensato alla forma dell’imbuto, al colore degli imbuti che hanno in casa e alle loro differenti grandezze, ma niente, proprio niente!

La sua testa è vuota e lui continua semplicemente a vedere sé stesso chino sulla scrivania che fissa un foglio bianco per scrivere di un imbuto. Un dannatissimo imbuto!

Si alza sbuffando, butta a terra la penna - la sua preferita - ed esce dalla stanza; sua nonna sta pulendo il bagno e non appena lo vede passare nel corridoio lo richiama. “Ho appena passato lo straccio! Attento a non scivolare!”

Tommaso sospira e rallenta l’andatura; passando davanti agli specchi, che sua madre ha disposto parallelamente, in modo che stiano uno di fronte all’altro, si guarda distrattamente e vede la sua immagine riflessa all’infinito. Gli è sempre piaciuto quello strano gioco - e deve piacere molto anche a sua madre visto che è lei che li ha disposti in quel modo; è divertente e a tratti inquietante e… All’improvviso ha un’idea. Ed è l’idea, quella che potrebbe risolvere il suo dannato imbuto-problema!

Corre indietro, tornando verso la sua camera, ignorando le parole di sua nonna, e, raccolta la penna, si piega sul foglio per iniziare a scrivere.

L’imbuto

Thomas Spalding era uno scrittore affermato, ricco di inventiva e creatività; mai sazio della sua fama, era alla continua ricerca di sfide letterarie, concorsi da vincere, premi da mettere sulla mensola del camino, beandosi del suo enorme ingegno.

Per quel motivo si era imposto di scrivere qualcosa di davvero originale su oggetti d’uso comune; era già brillantemente riuscito a scrivere racconti su una lampada - riuscendo a non inserire alcun rimando alla celeberrima storia di Aladino da “Le mille e una notte” -, su un televisore e su un microonde - inserendo così fra i suoi generi scrittori anche la fantascienza. Ora, però, cercava una sfida ancora maggiore: l’oggetto che aveva scelto era un imbuto.

Il suo editore, nonché caro amico, Matthew Hudson non appena avuta la notizia aveva perso il suo entusiasmo. “Ma Tom, un imbuto?” Aveva chiesto perplesso. “Va bene un televisore, una lampada, un microonde… Ma un imbuto? Che storia può uscirne?”

Thomas aveva riso divertito. “Oh, sono sicuro che qualcosa uscirà fuori dalla mia testa.” Aveva detto picchiettandosi la fronte con l’indice.

Matt aveva strabuzzato gli occhi. “Vuoi dire che ancora non hai un’idea?” Al cenno negativo dello scrittore, quello si era passato una mano sul viso. “Gesù, questa è la volta buona che butti la tua carriera nel gabinetto!”

“Non essere melodrammatico, Matt.” Lo aveva rassicurato Tom, con un sorriso sicuro. “Io ho sempre un’idea. Per di più: un’idea originale e di successo.” Aveva detto ridendo allora, giusto una settimana prima, quando ancora si aspettava che la sua ispirazione non lo lasciasse a piedi.

In quel momento, però, si trovava in una situazione davvero imbarazzante: a due giorni dalla scadenza della consegna del racconto non aveva ancora avuto nessuna idea geniale e la sua creatività sembrava aver raggiunto il minimo storico. Forse il racconto di fantascienza - che, c’era da dirlo, era singolarmente fantasioso - lo aveva privato di quell’ultimo briciolo d’inventiva che gli era rimasto. Eppure era talmente certo, talmente sicuro che ce l’avrebbe fatta, che sarebbe riuscito a scrivere quel dannato racconto, su quel dannato imbuto che aveva messo sulla sua scrivania, come fonte d’ispirazione.

Sospirò sconsolato, prendendosi la testa fra le mani. Cosa poteva fare? Aveva da scrivere un minimo di duemilacinquecento battute e non gli veniva in mente nemmeno una parola da accompagnare a quella che si era imposto.

L’imbuto rosso proprio di fronte a lui sembrava quasi ghignare soddisfatto, sicuro che lo scrittore non avrebbe mai vinto quella sfida contro sé stesso.

Alle due di notte, ormai vinto, Thomas si coricò, sperando di ritrovare la sua vena creativa la mattina dopo.

Quella notte, però, lo scrittore fece uno strano sogno: si trovava nella sua casa al mare ed era evidentemente estate - almeno a giudicare dal fatto che tutte le finestre erano spalancate. Lui camminava lungo il corridoio, verso la finestra della sua camera, quella che dava sul mare; il pavimento era stranamente coperto di sabbia, come se in realtà si trovasse in spiaggia, ma fortunatamente nella sua stanza c’era ancora il bel parquet pregiato. Giunto davanti l’apertura, guardò fuori, aspettandosi di trovare il consueto panorama marittimo, ma, con suo enorme sconcerto, ciò che vide fu sé stesso, di spalle, che guardava fuori da quella stessa finestra! E per assurdo guardava quella stessa immagine - lui si spalle alla finestra - e la scena si ripeteva decine di volte, centinaia di volte, all’infinito!

La mattina seguente, una volta sveglio, Tom si buttò sul primo foglio di carta che riuscì a recuperare, iniziando a scrivere con foga.

Infinite possibilità

Il titolo del concorso era chiaro: “Infinite possibilità”. Brian Kimball non si era mai fatto illusioni riguardo il grado di difficoltà della sfida - soprattutto considerando che lui non era uno scrittore professionista e, se proprio vogliamo dirla tutta, non era nemmeno uno scrittore amatoriale. Ma aveva davvero bisogno di quei cinquemila dollari messi in palio per il primo premio. Così si era scritto, in barba al fatto che fosse uno studente della facoltà di Matematica e che le letture più interessanti che aveva fatto fino a quel momento riguardassero sempre e comunque saggi sulla matematica non epicurea.

“Infinite possibilità” però era un concorso letterario e prevedeva che i partecipanti scrivessero un racconto di almeno tremila battute su un oggetto di uso quotidiano estratto a sorte per ciascuno dei concorrenti; sfortuna aveva voluto che a Brian toccasse la parola imbuto fra altre mille parole molto più interessanti, come finestra, carillon o sciarpa.

Erano ormai settimane che il ragazzo sbatteva la testa sulla scrivania, determinato a trovare una soluzione a quel problema che, per una volta, non aveva nulla a che fare con la sua adorata matematica. Non voleva nemmeno rinunciare senza aver provato; Brian era un tipo ostinato - glielo dicevano da quando aveva cinque anni e alla fine lui ci aveva creduto - e mai e poi mai avrebbe mollato senza fare almeno un tentativo. Come il suo tutor gli insegnava: a tutto si può trovare una soluzione.

E lui era determinato a trovarne una anche per quel dannato imbuto!

Così, in preda alla disperazione, decise di mettersi a risolvere una difficile formula che il professore aveva spiegato proprio quella mattina a lezione, tanto per rilassarsi.

Niente, nulla era come la matematica!

Nulla riusciva a dargli quella piacevole sensazione di quiete, niente gli sembrava più ordinato di tutti quei numeri, incognite e parentesi messe insieme. E poi gli piaceva davvero tanto riuscire ad arrivare alla soluzione spremendo le meningi e mettendo alla prova non solo le sue conoscenze, ma anche le sue capacità logiche. Era la cosa che da sempre gli era riuscita meglio, in fondo; era esattamente il suo ambiente, un pesce nell’oceano.

Così, per una mezzora buona fra tentativi di soluzione ed errori, Brian riuscì a non pensare troppo all’imbuto - non tanto al concorso, ma proprio all’oggetto che la sorte gli aveva affibbiato. Concluso l’esercizio, però, il ragazzo alzò il viso e si ritrovò di fronte la foto di un imbuto bianco - stampata all’inizio della sua avventura, ormai cinque settimane prima. Sospirò sconsolato, di nuovo angosciato dal termine di consegna che si avvicinava sempre di più; vedeva pian piano sfumare ogni possibilità di vittoria - e di riuscire a comprarsi una macchina.

Forse era finalmente incappato in un problema che non sapeva risolvere; forse era arrivato il momento di lasciar perdere l’ostinazione e l’orgoglio: in quel campo non servivano logica e conoscenza di astruse formule matematiche; aveva bisogno di inventiva, creatività, ma soprattutto di un’ispirazione, cosa che in quel momento gli sfuggiva davvero.

Affranto, abbassò la testa, prendendosela fra le mani; lo sguardo gli cadde sul problema risolto da poco, ma tutti quei numeri e quelle parentesi non gli servivano davvero a nulla.

Poi, all’improvviso, fissò meglio le parentesi e le relative espressioni in esse contenute; no, non c’erano errori, l’esercizio era perfetto, ma… Parentesi nelle parentesi… Ma certo! Perché non ci aveva pensato prima?

Preso da improvvisa ispirazione, afferrò il suo portatile ed iniziò a scrivere il racconto di una studentessa di liceo, il cui professore di letteratura aveva affidato il compito di scrivere una storia su un oggetto di uso quotidiano: un imbuto.

Fine

Note finali: è bellissimo poter dire "I personaggi sono miei miei miei e ci faccio quello che mi pare!" XD ma comunque... Pensare che non volevo nemmeno scriverla, questa storia. Poi però ci ho ripensato perché dovevo liberarmi di quel dannato imbuto XD
Ringrazio la Prof.ssa di Cultura Latina che - ormai due anni fa - mi parlò per la prima volta dei racconti cornice, un espediente piuttosto usato nella letteratura latina. In cosa consiste? Beh, detto in sintesi: consiste nell'inserire all'interno di un racconto un 'altra storia, tramite per esempio la descrizione di una tela (esempio concreto: quando ci vengono descritte le storie narrate sulla tela di Penelope).
Ringrazio anche zephan82 per la consulenza matematica - in particolare per la franse "A tutto si può trovare una soluzione". Senza di lei avrei scritto un sacco di scemenze XD
Tommaso è mio cugino. Cioè, non che il Tommy qui descritto sia uguale uguale a lui, ma mentre scrivevo pensavo a lui XD
Brian invece è un effetto della visione di Queer as Folk (USA) anche se di quel Brian, fortunatamente, non ha nulla XD
Ovviamente alcuni degli oggetti su menzionati vengono direttamente dalla Criticombola.
Ah, riguardo gli specchi paralleli ( perché è una trovata geniale e me lo dico da sola v_v), per chi avesse dubbi di cosa sto parlando: specchi paralleli.

autore: zia_chu, originale

Previous post Next post
Up