Titolo: Rumori
Autrice:
orchidea_lover Fandom: Queer As Folk (US)
Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Pairing: Brian/Justin
Rating: NC-17
Genere: Romantico, angst
Parte: 2/2
Note: Spoiler episodio 5x13, Justin POV
Warning: Slash, linguaggio esplicito
Dedica: Alla mia amata Mukuro, che ha pianto con me guardando questo episodio. E a
scar67 , le cui fanfic Bri/Jus sono delle perle e che è sempre troppo buona con me. <3
Disclaimer: Né Brian né Justin sono miei, ma appartengono a CowLip anche se non lo meritano. Non detengo alcun diritto e quest'opera non ha scopo di lucro.
Riassunto: Ciascuno col proprio dolore, dopo la loro ultima notte insieme, Brian e Justin devono affrontare il momento più difficile.
Avanti, Brian! Apri gli occhi, alza quella tua cavolo di testa dura e guardami! Che senso ha restare lì come se non stesse succedendo nulla? Pensi che in tutto questo tempo non abbia imparato a conoscere il tuo respiro, a saper riprodurre nella mia mente ogni fiato profondo che emetti quando sei addormentato?! Non lo sai che non ho smesso un attimo di guardarti, ascoltarti e studiarti, da quando sei venuto verso di me all’angolo di una strada, a “cambiare il mio programma”, finendo per cambiare la mia vita?... E’ come se ti vedessi ancora, la notte sembrava ruotare intorno a te e al tuo passo disinvolto e sicuro. Era il tuo mondo, e non ancora il mio, e anche se pregavo che non te ne accorgessi, ero spaventato... lo sono stato ancora di più, quando poco dopo ho capito che avevo finalmente davanti lui, il ragazzo con cui avrei fatto sesso per la prima volta. Se tutte queste sensazioni non avessero occupato completamente la mia testa, probabilmente la prima cosa a cui avrei pensato, guardandoti, sarebbe stata che dovevo assolutamente ritrarti. Eppure, credo di non esserci mai riuscito completamente... c’è qualcosa di inafferrabile in te, nel modo perfetto in cui il tuo corpo occupa il proprio spazio in una stanza come su una pista da ballo, creando quasi un’aura che rende contorno qualsiasi cosa stia intorno a te. Non credo affatto che tu sia inconsapevole di questo tuo potere, a dirla tutta... lo conosci e ti piace, e l’hai difeso strenuamente, per impedire che un’improvvisa presenza al tuo fianco rovinasse l’effetto del tuo quadro solitario. Mi fa male pensare che forse avevi ragione... il Brian Kinney che volevi difendere dev’essere il solo protagonista del suo dipinto, o l’incanto si spezza. Credevo che fossimo arrivati a ciò che siamo oggi seguendo la strada giusta, ma non è così. Avrei voluto te, la nostra casa, la nostra vita, le tue parole d’amore e le tue coccole, avrei voluto tutto, per noi. Per noi, Brian, non per me. Posso, anch’io, volere la felicità dell’uomo che amo, non è vero? E l’uomo che amo mi ha insegnato che noi stessi siamo la cosa più importante che possediamo, e che non c’è nessuno che riusciremo davvero ad amare e rendere felice, se la perdiamo. Ho paura che la strada giusta sia più lunga, e che l’abbiamo tagliata solo perché le circostanze ci hanno spinti con troppa forza. Eppure, in mezzo al mare di ignoto in cui sto per buttarmi, la sola cosa di cui sono certo è che continuerò a desiderare una vita con te. Non mi serve che qualcuno mi dichiari tuo “marito”, per saperlo. Sono sempre stato un testardo e un positivo, tu lo sai anche troppo bene, perciò continuo a credere che il percorso giusto riusciremo a trovarlo, anche se ora sarà più difficile. Ecco perché avrei così tanto bisogno di poterti guardare, e trovare il sorriso distaccato che usi quando vuoi dirmi che non c’è da preoccuparsi.
Il silenzio che continui a protrarre in quella tua posizione ostinata, mentre me ne sto qui in piedi accanto al letto, implorandoti con uno sguardo che non puoi vedere, rimbomba quanto il più insopportabile fragore. Non riesco più a sostenerlo, e tu potresti spezzarlo in qualunque momento, e non lo farai. Allora... allora lo farò io! Mi basta allungarmi di meno di un metro, per posare il ginocchio sul letto e spingermi verso di te. Mi ipnotizza la bellezza del tuo corpo nudo, della tua schiena ampia e liscia che si stringe in quella vita atletica e sottile che mi fa impazzire. E il tuo sedere... Dio, è come se non chiedesse che di essere toccato, leccato e scopato da me. Ma voglio arrivare a te più lentamente, ora, accostarmi alla tua nuca e baciarla. E tu resti immobile, perché non vuoi incoraggiarmi, ma dovresti sapere che non mi arrendo facilmente. Ti bacio ancora, percorro il tuo collo snello eppure forte, mi spoglio della maglietta che avevo già indossato e mi chino su di te, il mio petto che ti accarezza la schiena. Mi muovo ondeggiando sinuoso sopra il tuo corpo, so che ti piace, e sento sottili brividi che non puoi controllare e che ti attraversano le membra. Avanti, voltati... piega la testa quel poco che ti sarebbe sufficiente per guardarmi, e io ti sorriderò, e continuerò a baciarti sul collo e sulle spalle, per ammorbidire l’aria di rimprovero che mi rivolgerai per non aver rispettato il tuo volere. Ecco, ti muovi... il tuo bacino si solleva e il tuo corpo aderisce di più al mio che non intende spostarsi. Evidentemente, lì sotto hai qualcosa a cui occorre più spazio, adesso. Sorrido, non posso trattenere un po’ di compiacimento. Anche quando non siamo noi due a parlare, i nostri corpi sanno sempre cosa dirsi, sembrano fatti apposta per stare uno sull’altro, è sempre stato così. Mormori un mugolio roco e finalmente ruoti il capo, gli occhi socchiusi e la bocca che forse sta per protestare, ma non glielo permetto. Le mie labbra stroncano sul nascere qualsiasi parola, e il tuo lieve movimento di ribellione non è abbastanza convinto perché tu possa sfuggirmi. Ho sempre trovato incredibilmente eccitante, succhiare la carnosità della tua bocca. L’assaporo, mentre le mie mani percorrono i tuoi fianchi, e una di loro scende nell’angolo in penombra sotto di te, a cercare e trovare la durezza del tuo uccello. Lo circondo con le dita, aderisce al palmo della mia mano con una perfezione che sembra studiata ad arte. Non c’è parte di te che non sia fatta per me, Brian. Sussulti e gemi nella mia bocca, ed io non chiedo altro che assecondare il desiderio del tuo corpo. La mia lingua insegue la tua e la impegna in un gioco d’intrecci che ci lascia respirare appena, sento la tua schiena indurirmi i capezzoli con lo strofinio caldo delle nostre pelli una sull’altra, e l’erezione vigorosa che stringo tra le dita si fa ogni attimo più bollente e gonfia, ed io la sto massaggiando e pompando sempre più intensamente. Voglio sentire il tuo cazzo esplodermi in mano, voglio sentirti ansimare e gemere più forte, voglio che il tuo respiro mi bruci la gola nell’istante in cui verrai, ed io ti sentirò vivo e caldo e più splendido che mai, e in quell’attimo esatto ti dirò che ti amo, ti amo, Brian, ti amo...
E poi... poi ti direi “Ci sentiamo appena arrivo” oppure “Ci vediamo questo fine settimana”, e tu mi risponderesti “Okay. Fa’ buon viaggio”, e allora ti darei un altro bacio, più morbido e dolce, e il silenzio, questo silenzio che ancora tuona attorno al mio corpo immobile che fissa il tuo, sarebbe di colpo diventato leggero. Non sarebbe molto più facile così, Brian? Non farebbe molto meno male salutarci come chi sta per essere separato da meno di 400 miglia, e non come se stessi per partire verso l’altro capo del mondo? Non hai voluto in alcun modo che ti promettessi che le cose tra noi non sarebbero cambiate, e lo capisco... non possiamo saperlo... ma potrebbe essere tutto più semplice, se tu non volessi per forza trattarlo come un addio. Io continuerò ad amarti, continuerò ad essere tuo. E, sai, non è giusto che tu non voglia permettermi di dirtelo.
Non sei riuscito ad allontanarmi quando ancora non mi amavi, e ci riesci adesso... ti confermi, fino alla fine, un paradosso incarnato. L’egoista più generoso, l’insensibile più emotivo, l’ingannevole più onesto. E colui che non sceglie mai la maniera meno dolorosa di fare le cose. Eppure, sto facendo a modo tuo. Magari, prima o poi ti racconterò come sarebbe stato questo saluto se l’avessi diretto io, e spero davvero che quel giorno ti sentirai un perfetto imbecille.
Non c’è altro che possa fare, adesso, vero? Devo solo trovare la forza di muovere il primo passo, e gli altri lo seguiranno. Ho soltanto delle scarpe da ginnastica sotto i jeans, eppure sembrano fatte di piombo, dal modo in cui il suono dei miei passi echeggia nell’aria sospesa di questa casa. Credo che la considererò sempre un po’ casa mia, che tu approvi oppure no. Ne conosco ogni angolo, e in ogni angolo ci siamo stati noi due, a scambiarci un bacio o a fare l’amore, ovunque. Non ho bisogno di guardarla un’ultima volta, è già completamente impressa a fuoco dentro di me. Poso lo sguardo solo per un attimo sul tavolino, e sulla piccola scatola rossa che contiene i nostri anelli, quelli che tu hai voluto tenere. Sono soltanto simboli, eppure non mentirò dicendo che non mi fa piacere sapere che resteranno qui con te. E’ il tuo modo di dirmi che avrai cura di noi due, l’unico modo in cui me lo dirai.
Aprire la porta non è ancora la parte più difficile. L’aria è lacerata dal suo suono stridente, e resta in attesa della seconda e più secca vibrazione, che chiuderà il nostro mondo al di là di quella lamiera, almeno per un po’. Mi sembra di temerla come se dovesse spezzarmi in due. Ma è solo un’illusione che vuole spaventarmi con il suo fracasso minaccioso, vero, Brian? Mi dimostrerai che non era altro che questo, lo so. E’ solo che tu non dai mai le risposte nel momento in cui le chiedo, ormai ci sono abituato.
Ci credo, in noi due. Un giorno, non ricorderò nemmeno l’eco di questo fragore.