[Originale] Break the Sky

Apr 30, 2009 21:01

Titolo: Break the Sky
Fandom: Originale
Rating: VM14
Conteggio parole: 1898
Riassunto: Una frazione di secondo dopo, Etiam è capovolto, finalmente non sottosopra, e orgoglioso di se stesso.

Accenni a relazioni male/male, male/female, female/female, male/male/female. Tutto molto casto. Si parla di ombrelli, dopo tutto. (N. è un amore, come al solito.)

Storia scritta per la V Disfida di Criticoni, sottobando Aperto.



Break the Sky

1 - Gli obblighi a cui deve adempiere un ombrello: cosa fanno gli ombrelli

Florentyna trema tutta, vibrando gelata sotto la pioggia scrosciante. I suoi lembi sono stropicciati dai goccioloni enormi che la colpiscono ripetutamente, e le sue ossa di ferro sbatacchiano l'una contro l'altra rischiando di staccarsi dal tessuto che fornisce loro supporto.

Florentyna starnutisce, incapace di difendersi dall'acqua che le piove addosso e sperando con angoscia di poter tornare sotto un tetto che la ripari; la bambina che la sta tenendo per il manico - e meno malamente di molti adulti che hanno il vizio di stringerla troppo forte, dandole decisamente fastidio - è impegnata a tirarsi meglio sulle spalle la cartella rosa e rossa, rischiando di lasciar cadere a terra Florentyna.

Florentyna trema tutta, odiando l'idea di affondare nel fango che copre tutto l'asfalto della strada in fronte alla scuola della bambina, e odiando, per un piccolo istante, il fatto che, per gli umani, lei non sia altro che un oggetto da comprare, da usare, e da gettar via una volta inutilizzabile. Poi si riprende, e si rimprovera per aver desiderato l'impossibile.

"Non possiamo certamente andar a raccontare agli umani che ci siamo anche noi, in giro," sente dire con un borbottio da sopra di sé, e per un attimo si stupisce e strabuzza la propria punta, il principio di ciò che tiene insieme lembi e ossa di ferro e meccanismi di apertura e chiusura; accennando lo sguardo verso l'alto, fingendo di starsi piegando a causa di una improvvisa raffica di vento, si guarda bene intorno e sopra di sé, e scopre quindi l'arrivo di Istuda.

Florentyna spalanca gli occhi e trattiene il respiro.

Istuda la osserva divertita dall'alto della sua posizione; gli schizzi d'acqua - che stanno aumentando inaspettatamente di volume e di numero - non sembrano toccarla, ma le scivolano addosso con delicatezza e precisione, trattenendosi dal rovinarla. Istuda sorride.

"D'altra parte," continua Istuda, scegliendo di ignorare l'ipotetica bocca aperta in confusione di Florentyna, "gli umani sanno che esistiamo anche noi. Solo, non sanno che viviamo."

Florentyna richiude la sua ipotetica bocca spalancata poco dignitosamente. Un rossore profondo le colora i lembi che sono faccia a faccia con Istuda. La passione che prova da sempre per l'elegante Istuda è oggetto di scherno e presa in giro di molte delle sue amiche, con cui condivide casa; il portaombrelli in cui vengono sistemate è una nuova aggiunta al pianerottolo della famiglia presso cui vivono. È verde muschio e circolare e di forma talmente tozza che Florentyna a volte si chiede chi di preciso abbia scelto di piazzarlo con orgoglio di fronte alla porta di casa della propria famiglia, ma più spesso che no, i suoi pensieri tornano con insistenza a Istuda.

Istuda che, mentre Florentyna cercava freneticamente parole sagaci con cui risponderle, si era già voltata a salutare con calore l'ombrellina del terzo piano nel palazzo in cui vivevano, tutta smancerie e occhiatine seducenti e colori sgargianti.

Florentyna sospira affranta, sentendosi ritornare di un colorito normale; la bambina che la sta tenendo la scuote un po' a destra e un po' a sinistra, scrollandole di dosso la pioggia.

Florentyna non può che esserne grata; con determinazione, stringe i suoi ipotetici denti e si fa trasportare in giro con la massima dignità che può sperare di ottenere in una giornata uggiosamente piovosa.

2 - Una finestra su una faccenda di grande conto: come gli ombrelli maturano

Etiam si concentra, tenendosi in equilibrio - ottenuto con il massimo impegno - in mezzo a un'area libera da impedimenti di alcun genere. Inspira profondamente, espira: chiude gli occhi - questo lo aiuta a superare le difficoltà prodotte da un certo senso di stordimento provocato dalla crescita e dal conseguimento della maturità, a cui viene indubbiamente associato il senso di malessere dello stare a testa in giù - e sente gli altri tendersi, alcuni per venire in suo aiuto qualora il suo tentativo fallisca, e altri per il semplice gusto di osservare Etiam e forse sperare di fare da testimoni a una qualche scena imbarazzante.

Etiam tende i lembi di dietro, preparandosi a darsi una spinta efficace abbastanza da rendergli possibile la resa di un semiarco in aria, atterrando così con i piedi-manico a terra e la testa-punta per aria; nonostante abbia gli occhi chiusi, riesce a immaginare il cerchio di ombrelli che lo circondano, con la loro corolla di tessuto impermeabile appena un po' schiusa, usata come sostegno e appoggio al posto del manico, molto più difficile da gestire.

Etiam si dà una spinta - quella corretta, quella con la forza e l'inclinazione e la gradazione giusta - e spera per il meglio. Sente il respiro trattenuto degli ombrelli più vicini, e non pensa di starlo immaginando: ha già assistito lui stesso - anche se mai dalla prima fila - a molte scene simili, alcune terminate con gioia, ma altre in umiliazione. Etiam spera ferventemente di non finire nella seconda categoria, e non tanto per lo scherno degli astanti - scherno che non è mai, in ogni caso, portato all'estremo - ma per il dispiacere che leggerebbe in volto ad Autem.

Una frazione di secondo dopo, Etiam è capovolto, finalmente non sottosopra, e orgoglioso di se stesso. Gonfiando la propria corolla impermeabile dalla contentezza, si dà un po' più di equilibrio, cercando con trepidazione Autem nelle due dozzine o giù di lì di ombrelli che facevano da spettatori alla faccenda: la trova, un po' nascosta dietro due grossi ombrelloni grandi quanto quelli da spiaggia, e, mordendosi un labbro immaginario, le fa nervosamente cenno.

Autem arrossisce e saluta di rimando, sorridendo un sorriso timido e inclinandosi un pochino di lato, mostrando qualche lembo in più di tessuto rosso-porpora.

Questo, pensa soddisfattissimo Etiam, cercando con difficoltà di fare attenzione a qualcos'altro che Autem, è decisamente un particolarissimo ottimo giorno.

3 - L’incertezza sul da farsi: cosa gli ombrelli non sanno fare

Egeo e Patior non sanno cosa fare.

Egeo e Patior si sono sempre fatti un vanto di sapere - contro ogni logica, umana o ombrella che sia - cosa fare. E ciò non è un vanto senza alcun fondamento: è quasi faccenda certa e nota, in certe comunità che bazzicano e che hanno infestato per un qualche breve periodo di tempo. Egeo e Patior sanno sempre cosa fare, così come un giorno senza pioggia è un giorno di riposo, e così come una settimana di acquazzoni è seguita da una settimana di dolori ovunque.

Egeo e Patior non sanno cosa fare, e possono ammetterlo, e ciò li spaventa oltremodo: quest'ansia che li pervade - l'impossibilità di dire ce l'ho sulla punta della lingua, aspetta due secondi che avrò le parole giuste da dirti!, l'incertezza di potersi muovere e anche solo respirare, per non disequilibrare ancora di più la tensione del loro porta-ombrelli - non è cosa buona. Aggiungendo che l'ombrello di cui si dovrebbero occupare è Praeclare, l'ansia si quintuplica e verge sul terrore.

Egeo e Patior condividono da sempre un porta-ombrelli rosso e giallo di forma squadrata e spessa. Egeo e Patior condividono una relazione pienamente compresa da pochi: non è un problema, essere capiti non è loro affare. Ciò che riesce loro bene è sapere cosa fare in momenti di agitazione; sapere quali battute usare, di cosa ridere, che scherzi suggerire; sapere affrontare situazioni difficili. Sapere quali parole usare.

Solo che ora Egeo e Patior non sanno quali parole usare con Praeclare. Il loro stesso rapporto preferenziale con la giovane ombrella impedisce loro di analizzare con cura il da farsi.

Praeclare è venuta a sapere di Praetereo. Praetereo è venuto a mancare. Praeclare è sempre stata vicina a Praetereo. Praeclare è - era - sorella di Praetereo.

In ogni altro caso - in qualsiasi altro caso - e per ogni altro ombrello - per qualsiasi altro ombrello - Egeo e Patior saprebbero al volo come sistemare la faccenda delicata. Per dire la verità, Egeo e Patior sono abituati ad avere a che fare con situazioni del genere: gli ombrelli non hanno vita facile, nonostante i loro colori spesso vivaci e allegri, e gli umani non provano un minimo di riconoscenza nei loro confronti, e più spesso di quanto non si creda li rompono e li distruggono e li spezzano e li buttano senza alcun rimorso. Egeo e Patior hanno sempre saputo come confortare coloro che avevano perso un proprio caro.

La differenza - enorme, talmente vasta che rassomiglia con intensità prettamente immaginaria il buco nero attorno il quale si sviluppano le scale del nuovo palazzo del fidanzato di Praetereo - è che Praeclare è loro, in modi e maniere talmente profonde che non si sentono in grado di azzardare e dire cose che direbbero a qualunque altro ombrello. Praeclare li ama come loro amano Praeclare; come loro amano un'ombrella vispa e genuina e incurante del linguaggio segreto che condividono Egeo e Patior da sempre.

Egeo e Patior non sanno cosa fare. Egeo appoggia la propria punta-testa sulla spalla di Patior, standogli vicino e osservando con disperazione la figura rannicchiata e accartocciata di Praeclare, resa ancora più triste dalla non-presenza di lacrime e sussulti.

A volte - e Egeo e Patior lo stanno realizzando solo ora - non c'è niente che possano fare o dire.

4 - Essere mesti in una casa senza finestre: come gli ombrelli reagiscono

Quello che lo tormenta non è tanto la mancanza di spazio, e non è neppure l'aria spesso stantia del pianerottolo del palazzo in cui vive; la mancanza di spazio in cui muoversi è cosa ragionevole, essendo la maggior parte dei porta-ombrelli privi di alcuna comodità, e il mancato ricambio d'aria è comprensibile, data la mancanza di finestre che danno sulle rampe di scale.

Quello che lo infastidisce, e che non sopporta, e che è cosa particolarmente singolare, è la non-presenza - per non dire mancanza - di altri ombrelli maschi in questo dannatissimo Condominio Margherita. Illico non pretende tanto la compagnia cameratesca di un altro ombrello del suo stesso orientamento sessuale - Illico sa, e non si illude, e capisce di essere una rarità - ma normalmente non vi è una disparità così evidente fra ombrelle e ombrelli.

Illico nota ciò, e non è compiaciuto.

Slembeggiando di davanti e di lato - dannazione a tutte queste ridacchianti ombrelline, tutte fru-fru e impaccianti - Illico riesce a spostarsi, dall'angolo più vicino al portone di casa a quello più lontano, e osserva mestamente il buio che copre lo spazio attorno a cui si sviluppano le scale di pietra.

Illico nota cose, e non ne è compiaciuto; Illico è solo, e non ne è compiaciuto. L'amarezza rischia di travolgerlo, e una lacrimuccia o due minacciano di luccicargli particolarmente la punta da cui si sviluppa la sua sembianza di tessuto e di ferro.

Illico nota cose, e non ne è compiaciuto; prima, però, prima del Condominio Margherita, Illico notava cose, e ne era compiaciuto: perché le cose che notava erano sciocche, ed erano condivise con Praetereo, e semplicemente quello bastava per rendere tutto migliore.

Ora Illico nota cose, e non ne è compiaciuto. Non sa se sia perché Praetereo non è più lì accanto a lui, o perché le cose che nota non valgono più le forze per renderle più belle. Illico non sa, e si tormenta, e il buio delle scale - anche la rampa appena sotto a quella in cui abita lui - sembra annegare la forma decisa e levigata degli scalini in pietra.

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originale, autore: tina_nocturne

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