[Originale] Erase and Rewind

Aug 12, 2013 00:29

Titolo: Erase and Rewind
Fandom: originale - romantico
Personaggi:
Parte: 3/?
Rating: arancione
Conteggio Parole: 2941
Riassunto: Matthew Harris è un ingegnere che lavora per l'FBI. Un giorno si risveglia in un letto d'ospedale e scopre di aver perso la memoria in seguito ad un misterioso incidente. Non ricorda più nulla degli ultimi quattro anni, e le persone intorno a lui sembrano volergli nascondere qualcosa. Scopre di aver partecipato ad un progetto scientifico che non è andato a buon fine e che ha avuto degli effetti negativi sulla sua personalità. Matt vuole rimettere assieme le tessere del puzzle, ma i suoi amici e famigliari si sono allontanati da lui; perfino la moglie, Celia, è stranamente fredda nei suoi confronti e Lilia, la figlia di due anni di cui non ricorda nulla, sembra essere spaventata da lui. Con l'aiuto di uno psicoterapeuta tenterà di ricostruire cosa sia successo in quei quattro anni e di recuperare la fiducia e l'amore della sua famiglia...

Capitolo uno
Capitolo due
Capitolo tre



Il mattino seguente, quando Matt scese per fare colazione trovò la moglie e la figlia già intente a mangiare. Celia gli diede il buongiorno con la solita freddezza e lo informò che sarebbero dovuti uscire di casa entro tre quarti d'ora, per fermarsi a lasciare Lilia dalla nonna e poi andare dallo psicoterapeuta. Non accennò a ciò che era successo la notte precedente.
Lo studio del dottor Westergaard era a venti minuti di strada dalla loro abitazione e furono percorsi rigorosamente in silenzio: vennero accolti da un'assistente e subito fatti entrare. Il dottor Westergaard si presentò, li fece accomodare su un divanetto a due posti e spiegò loro come intendeva procedere con la terapia.
“Ogni settimana avrete a disposizione con me un'ora e mezzo di tempo: la prima mezzora la trascorreremo tutti e tre insieme, per una terapia di coppia, mentre per le altre due resterete a turno soli con me.”
“Lei è stato messo al corrente della nostra situazione?” chiese Matt.
“Certo, sono già stato informato di tutto dal suo ufficio. Ho collaborato spesso per l'FBI, e sebbene non mi sia mai capitato prima d'ora un caso come il suo, ho già avuto in terapia coppie come voi che hanno subito terribili shock. Ora, la psicoterapia solitamente richiede tempi medi lunghi per ottenere, ma essendo il vostro un caso particolare, direi di non porci alcun limite. Posso chiamarvi per nome?”
“Certo, nessun problema” asserì Matt, e anche la moglie annuì.
“Bene. Il primo obiettivo è sicuramente quello di aiutarla a recuperare la memoria, Matthew, e di aiutare lei, Celia, a superare questo trauma.”
“È proprio necessario?” chiese Celia, serrando le braccia al petto. “Voglio dire, è già abbastanza dura così, rivivere il passato non ci farà altro che male. Io... preferirei dimenticare tutto e andare avanti.”
“Se per andare avanti intendi continuare a trattarmi come un estraneo fino alla fine dei tuoi giorni, allora no grazie, preferisco rivivere ciò è successo, per quanto doloroso possa essere” sbottò Matt.
“Per quanto lei si possa sforzare, Celia” s'intromise il dottore, “quei ricordi non svaniranno mai dalla sua mente. Semmai, verranno seppelliti, ma per quanto in fondo li spingerà, essi troveranno sempre il modo di ritornare in superficie. Credo che affrontarli insieme vi farà bene. Ma faremo le cose molta calma, ci muoveremo a piccoli passi. Perché non iniziate col raccontarmi come e quando vi siete conosciuti? Matthew, riesce a ricordarlo?”
“Certo, come se fosse ieri. Ero al terzo anno di università...”

Il locale era gremito di gente e le casse diffondevano a tutto volume una canzone rock.
“Ecco, quella bionda, là in fondo.”
“Quella? Ma stai scherzando? Quella se lo mangia a colazione, uno come te!”
“Non desidero altro...”
“Non era quello che intendevo...”
“Forza, vieni con me.”
“Perché? Devo tenerti per mano mentre ci provi con quella ragazza?”
“No, idiota. Non vedi che è con un'amica? Devi tenerla occupata mentre mi lavoro la bionda.”
“È fuori discussione. Non ti faccio da spalla.”
“Ma dai! È perché non ti piace? Certo, è grassa, ma non devi mica portartela a letto, solo scambiarci qualche parola.”
“Non è grassa! È formosa... ma non è questo il punto. Io non so parlare con le ragazze, mi agito.”
“Ma che ti vuoi agitare con una così? È la classica ragazza “formosa” e sfigata che non aspetta altro che qualcuno di sesso maschile le rivolga la parola. Le puoi dire qualsiasi cosa, ed è ai tuoi piedi. Avanti, puoi fare pratica per sconfiggere la timidezza, così quando ne troverai una che ti piace, saprai comportarti da vero uomo. Dai, andiamo.”
Matt finì di bere la sua birra e seguì controvoglia l'amico. Non si sentiva a suo agio in situazioni come quella. Odiava fare da spalla a Jordan, non ne era capace e ogni volta la scena si ripeteva allo stesso modo: loro si avvicinavano a due ragazze, di cui una era la vittima designata da Jordan, e mentre lui flirtava come un disperato, Matt se ne restava in piedi accanto a lui, impalato con il bicchiere in mano e un sorriso ebete sulla faccia, senza sapere che cosa dire per distrarre l'amica, che dopo un po' si stufava di essere ignorata, e allora entrambe se ne andavano lasciandoli lì come pesci lessi.
Quando Jordan raggiunse le due ragazze, esordì con il suo solito cavallo - o per meglio dire, pony - di battaglia:
“Ehi, belle signore, posso offrirvi da bere?”
Da che Matt lo conosceva, Jordan aveva speso chissà quanti soldi in bevande offerte alle ragazze, ma erano stati rari i casi in cui era stato ricompensato della sua generosità. Però doveva ammetterlo, la ragazza che aveva puntato quella sera era veramente bella: capelli biondi e lisci, viso sottile e dai lineamenti delicati, gambe lunghe e atletiche. La sua amica, invece, aveva un aspetto più comune, ma anche se era effettivamente più in carne e più bassa, aveva un bel viso, con occhi color nocciola, labbra carnose e lunghi capelli corvini leggermente ondulati. Latino americana, a giudicare dalla carnagione e dai lineamenti.
La ragazza bionda accettò sorridendo entusiasta, mentre l'amica li squadrò entrambi con un'espressione impassibile.
“Io sono Jordan, e questo è il mio amico Matt.”
“Io mi chiamo Annika, lei invece è Celia.”
“Annika, ma che splendido nome!” si complimentò Jordan con un entusiasmo forse esagerato. “E da dove vieni?”
“Sono svedese.”
“La Svezia! Ho sempre sognato visitarla! Mi devi raccontare tutto del tuo paese.”
Mentre i due parlavano, Matt se ne stava alle spalle dell'amico, abbozzando un sorriso impacciato di tanto in tanto in direzione dell'altra ragazza, ma ritrovandosi completamente senza parole. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma lei continuava a fissarlo in quel modo strano, con uno sguardo divertito e di sfida, rendendogli così impossibile aprire bocca. Lo terrorizzava.
“Allora?” lo sollecitò lei. “Che razza di spalla sei, se non mi dici niente?”
“Scusa” bofonchiò Matt. “Mi sento un po' in imbarazzo.”
La ragazza sollevò un sopracciglio, perplessa, poi gli fece cenno di sedersi sullo sgabello accanto al suo, e si girò in modo da dare le spalle ad Annika e a Jordan.
Matt eseguì l'ordine, si sedette appoggiando entrambi i gomiti al bancone del bar e bevette un sorso di birra per prendere tempo.
“Quanto ci mette di solito il tuo amico per essere scaricato?” gli chiese Celia.
“Dai due ai sei minuti” rispose lui, continuando a fissare il suo bicchiere. C'era qualcosa in lei che lo intimidiva più delle altre donne. Non era corretto: le altre donne lo intimidivano, lei, quella piccoletta dal viso paffuto e dolce, lo spaventava. Non osava alzare gli occhi, ma sentiva che lei lo stava trapassando con lo sguardo, come in attesa di un suo passo falso.
“Gliel'hai mai detto che ha una tecnica di abbordaggio che fa pena?”
“Ci ho provato, non ascolta.”
“Peggio per te” ribatté aspremente Celia. “Con il suo comportamento mette in ridicolo pure te. Non è carino provarci con una ragazza e sbolognare all'amico impacciato la tipa racchia.”
“Io non penso che tu sia racchia!” esclamò Matt raddrizzandosi sullo sgabello e voltandosi finalmente verso di lei.
“Ah no? E allora perché non ti stai impegnando come il tuo amico? Potresti almeno fare finta di essere interessato a parlare con me” borbottò la ragazza guardandolo con rimprovero. “Ma voi uomini non siete così sottili: se una vi interessa, fate i salti mortali pur di scambiare due parole con lei, con le altre invece dimenticate perfino le regole della buona educazione.”
“Scusa” disse Matt, abbandonando tuttavia il tono da cane bastonato di prima. “Ma non hai pensato che io potrei essere semplicemente un po' timido? Mi sei subito saltata addosso e senza darmi nemmeno una chance di difendermi, mi hai etichettato come uno stronzo cafone. A me piacerebbe chiacchierare con te, ma che diavolo, ragazza, datti una calmata!”
Lei sussultò, colpita da quelle parole così dirette. Lo fissò con un'aria sbigottita, poi sospirò abbassando le spalle.
“Ti chiedo scusa. È che di solito i ragazzi che incontro mi trattano come una pezza da piedi.”
“Lo avevo immaginato” la rassicurò Matt. “È successo anche a me di essere trattato male da delle ragazze, ma non per questo penso che siate tutte uguali. Non devi lasciarti buttare giù per colpa di qualche cretino. Ci sono anche quelli come me, che non pensano costantemente a portarsi a letto ogni ragazza con cui hanno a che fare.”
“Ma davvero? Quindi saresti disposto a restare qui con me a parlare per tutta la sera, pur sapendo che non verrò mai a letto con te?” lo sfidò lei.
“Certo. Sembri una persona interessante” rispose lui annuendo. Diceva la verità, ma c'era in ballo anche una questione di orgoglio: non era assolutamente intenzionato a dargliela vinta.
“Sei sicuro sicuro?” insistette lei per provocarlo.
“Celia, io sono un po' stanca, vorrei andarmene” si intromise Annika. Si era alzata dallo sgabello e aveva già addosso la giacca: sembrava pronta a fuggire.
“No, perché?” protestò alle sue spalle Jordan. “Restate ancora un po'.”
“Tu cosa fai?” chiese Celia a Matt, sempre con quello sguardo di sfida. “Resti o te ne vai?”
“Resto” rispose lui, fissandola negli occhi.
“Mi dispiace Annika, io credo che resterò qui un altro po' con lui” disse Celia alla sua amica prima di accomiatarsi da lei. La biondina scappò via bofonchiando esibendosi in grandi sbadigli, mentre Jordan le scodinzolò dietro cercando invano di convincerla a restare, o a invitarlo a casa sua, così gli altri due rimasero soli.
“Ad un'interessante serata di conversazioni che non porteranno al sesso” annunciò Celia sollevando il bicchiere per fare un brindisi con Matt, il quale era incerto se sentirsi orgoglioso o umiliato. Voleva dimostrarle che lui non era come gli altri uomini, che lei si sbagliava. Non aveva molto da perdere: che fosse rimasto lì o che fosse tornato a casa, o anche se fosse andato in un altro locale, quella notte non avrebbe fatto sesso in ogni caso, quindi tanto valeva rimanere a chiacchierare con quella ragazza acida e diffidente.
Difatti non andarono a letto insieme, come promesso, ma in seguito alle insistenti richieste, quasi simili a suppliche, da parte di Matt, Celia accettò a fine serata di lasciargli il suo numero di telefono e di vederlo ancora per bere un caffè.
Celia sembrava avere un caratterino difficile, ma a lui piaceva, e per una volta nella sua vita era riuscito ad intavolare una conversazione brillante con una ragazza, perché senza l'ansia di cosa sarebbe potuto o dovuto succedere dopo, si era sentito molto più rilassato e a proprio agio.

“E la vostra relazione è iniziata dopo quel primo incontro?” chiese il dottor Westergaard quando Matt fece una pausa.
“No” rispose Celia, che fino ad allora non era mai intervenuta nel racconto del marito, ma era rimasta a fissare la finestra con uno sguardo vuoto.
“No” le fece eco Matt, lasciandosi sfuggire una smorfia divertita. Si voltò verso la moglie per cercare uno sguardo di complicità, sapendo che lei sapeva a cosa si stesse riferendo, ma Celia continuò a guardare nella direzione opposta, rimanendo seria. Si schiarì la voce e continuò a raccontare: “Non è iniziata subito, perché quando finalmente Celia decise che ero degno di lei, io venni ammesso al M.I.T, e siccome lei stava ancora studiando a Washington, all'inizio decidemmo di non vederci più.”

Stretti sul letto, che era ad una piazza soltanto, guardavano un film di fantascienza, la grande passione di Matt.
“Quello lì è un idiota, spero che muoia” commentò acidamente Celia, che sembrava non apprezzare il tipo di pellicola.
“Ma è il protagonista!” protestò Matt.
“Fa troppo lo spaccone, l'eroe della situazione, quando non è altro che una specie di tecnico informatico, o che so io.”
“Non è credibile perché è un nerd?”
“Non è credibile né come eroe, né come nerd. È troppo fico e palestrato per essere un nerd, e anche se lo fosse davvero, non puoi essere un nerd fico e un eroe allo stesso tempo.”
“Ma lui rappresenta il sogno segreto di ogni nerd: è così che noi ci immaginiamo, quando siamo chiusi al buio nella nostra stanzetta, mentre giochiamo a The last of us.”
“Ma non hai detto che The last of us ha per protagonista una ragazzina? Ragazzina minorenne per la quale sbavi, tra l'altro?”
“Era solo per fare un esempio... comunque, certo che sei proprio brava a smontare l'entusiasmo della gente.”
“Sarai contento, ora che ci lasciamo.”
Matt fece una smorfia di disappunto.
“Ecco, come volevasi dimostrare.” Si alzò dal letto e si sedette sul bordo del materasso, dandole le spalle.
“Che c'è? Che ho detto?” chiese lei.
“Devi per forza ricordarmi che da domani non ci vedremo più?”
“Beh, siccome è inevitabile, non vedo perché dovrei evitare di parlarne.”
“È il modo in cui ne parli, che mi infastidisce” sospirò Matt. Si sentì sfiorare la schiena nuda dalla mano di Celia, delicatamente e dolcemente.
“È il mio modo per dire che mi dispiace.”
“Ma se sei stata tu a dire che è meglio lasciarci?”
“Perché è vero, non credo che possiamo sopravvivere ad un rapporto a distanza, ma ciò non significa che io non sia triste perché te ne vai. Ti ho detto così perché non voglio vederti soffrire...”

“Ma poi, dopo due anni al M.I.T., venni chiamato a lavorare all'FBI a Quantico. Io e Celia non avevamo mai smesso di tenerci in contatto, e la prima volta che andai a trovarla a Washington, decidemmo subito di rimetterci insieme. Venne a vivere con me a Quantico, e dopo altri due anni ci sposammo.”
“Qual è il ricordo più bello che avete della vostra vita matrimoniale?”
Matt ci pensò e trovò rapidamente una risposta: del resto, aveva solo un anno di ricordi tra i quali frugare.
“Il viaggio di nozze al Parco nazionale delle Great Smoky Mountains.”
Fu allora che Celia parve ridestarsi dal suo torpore, si girò di scatto verso di lui ed esclamò irritata:
“Cosa? Ma se è stato un completo disastro?! Non facevi altro che lamentarti, dicendo che il campeggio non era roba per te e che ti mancava il tuo pc, nonostante fossi stato tu a voler andare là!”
“Perché volevo sperimentare l'avventura, e in fondo mi sono divertito un sacco!”
“Abbiamo litigato tutto il tempo...” gli ricordò lei, stizzita.
“Non tutto il tempo...”
“Perfino mentre facevamo sesso ti lamentavi di quanto il terreno fosse duro e scomodo, anche se ero io a stare sotto!”
“Infatti poi l'abbiamo fatto in acqua ed è stato molto meglio...”
“Ok, ok, può bastare” s'intromise il dottore a far da giudice. “E per lei invece, Celia, qual è stato il momento più bello del vostro matrimonio?”
Lei ritornò calma e seria, e abbassando lo sguardo rispose tentennante:
“Non saprei... la nascita di nostra figlia, credo...”
“Non è vero” ribatté immediatamente Matt, ripensando a ciò che aveva scoperto la notte precedente. “Io non ero nemmeno presente, ti arrabbiasti perché ero sparito per tutto il giorno senza mai farmi vivo, e... io... ti risposi malamente.”
Lei lo guardò ad occhi sgranati.
“Allora ti ricordi qualcosa...” mormorò sconvolta.
“È solo un flashback che ho avuto questa notte, mentre guardavo delle fotografie sul mio cellulare.”
“Trovo positivo che Matthew sia già riuscito a ricordare qualcosa grazie all'ausilio di alcune immagini” commentò il dottor Westergaard, annuendo soddisfatto. “Le suggerisco di continuare ad aiutarsi con strumenti quali foto, video, oppure visitando alcuni luoghi che frequentava spesso prima dell'incidente... Ma ora, prima che finisca questa prima mezzora, mi dica qual è l'ultimo ricordo che ha prima che si ritrovasse in ospedale. So che l'ha già detto al medico che l'ha presa in cura, ma vorrei che sentisse anche sua moglie, in modo che anche lei possa avere il suo stesso punto di partenza e sapere da quale preciso istante lei ha iniziato a non essere più se stesso.”
“Il mio ultimo ricordo è una mattina di maggio del 2013, un lunedì. Stavo facendo colazione con Celia, eravamo ancora nel nostro vecchio appartamento, e lei mi ha rimproverato perché non avevo sostituito il rotolo di carta igienica finito.”
“Lo ricorda anche lei, Celia?”
“Sì... almeno credo. Lui non cambia mai la carta igienica, devo averlo rimproverato almeno un milione di volte per questo.”
“È stato il giorno in cui ho accettato di partecipare al Progetto Iron Man. Ora me lo ricordo” aggiunse Matt.
“Quindi è da allora che hai un vuoto totale?” chiese Celia, esterrefatta.
“Proprio così.”
“Santo cielo” mormorò la donna. “Non ricordi proprio niente...”
“Pensavi che ti stessi mentendo?”
“No, ma credevo ricordassi almeno qualcosa di quando hai iniziato a cambiare. E invece, tu non hai proprio alcuna idea di cosa sia successo negli ultimi quattro anni.”
“Scusate se vi interrompo, ma credo che dovremmo interromperci qui. Matthew, le dispiace attendere fuori mentre io e sua moglie proseguiamo con la seconda parte della terapia? Può anche andare a bersi un caffè, nel frattempo, l'importante è che sia di nuovo qui fra una mezz'oretta.”
“Va bene, nessun problema. A più tardi” si congedò Matt alzandosi dal divanetto e lanciando un'ultima occhiata fugace verso Celia, prima di uscire.

originale, autore: lefteye89

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