[Naruto / Leggende Arturiane] But thou who goes

Jan 12, 2013 14:49

Autore sushiprecotto_chan 
Titolo: But thou who goes (link EFP)
Fandom: Naruto / Leggende Arturiane
Pacchetto Numero, Lettera e Colore: 17 (Naruto/Sai), E (triste; verde/giallo), Verde (prato/bar; buio/ricordi).
Personaggi/pairing Sai, Naruto Uzumaki, accennati Sir Lamorak, Sir Percival, OCs, sir Meleagant; Sai/Naru
Genere Triste, Introspettivo
Rating Giallo
Avvertimenti: AU, presenza di Original Characters, Cross-over
Note: 1. Parte dei nomi britannici dei personaggi secondari (come Cattegrin) sono stati presi da altri personaggi (reali o meno) delle Leggende… Ma non c’entrano nulla con loro. Altri, invece, come sir Meleagant, sono davvero personaggi delle Leggende (sir Meleagant è famoso per essere stato un ex cavaliere che rapì Ginevra), ma qui con loro mi sono presa delle libertà (per esempio, in questa fanfiction Meleagant è il Danzou della situazione :D).
2. Il titolo è stato preso da “Inverno”, una - bellissima - canzone di De Andrè.
3. I prompt che ho scelto sono: giallo, prato, ricordi.
Introduzione Sai e Naruto si conoscono da bambini, alla corte di re Pellinore. Crescono insieme e coltivano il sogno di diventare cavalieri. Si ritrovano a Camelot, ed assistono alla storia di sir Lamorak e tutti gli altri.
N/A: Amo profondamente le Leggende Arturiane e mai avrei pensato di scrivere qualcosa come questa storia!^^ Che è strana, perché ci sono Sai e Naruto nell’universo Arturiano, ma hanno ancora i loro nomi, e vivono in un universo in cui i personaggi propri delle Leggende sono presenti, e non sono dei personaggi del manga “travestiti” da cavalieri delle Leggende… sì, insomma, è una fanfiction strana.
Devo il mio amore per le storie ambientate nelle Leggende a Ilakey_chan più che ai libri. Ho voluto tentare di scriverne una anch’io e spero di non aver fatto troppo casino con l’età, i personaggi e gli avvenimenti. Diciamo che mi sono presa un po’ di libertà! :)
Ah, ed ho amato scrivere di questa specie di Spock!Sai, anche se è stato molto più difficile di quel che credevo.
È stato un vero piacere partecipare al contest e sono contenta del risultato, anche se più che quello sono felice d’aver scritto una fanfiction semi-crossover tra le Leggende e Naruto. :) Per di più Naru/Sai!
Detto questo, vi lascio alla lettura.

Questa storia ha partecipato al contest “Tutti pazzi per Naruto!” indetto da Soly Dea su EFP forum classificandosi quarta.
(Bannerino! <3)

Un po’ dedicata ad Ilakey_chan, per le sue storie sulle Leggende che mi hanno fatto

amare ancora ed ancora di più il ciclo arturiano, ed un po’ dedicata a Wolferetic, ovvero

Giò-san, che per me è un po’ l’amore per Sai ed il Naru/Sai personificato.

Grazie!

Ma tu che vai, ma tu rimani

Vedrai la neve, se ne andrà domani

Rifioriranno le gioie passate

Nel vento caldo di un’altra estate

(Inverno, De Andrè.)

But thou who goes

Sai nacque a fine novembre in un monastero. Orfano di padre e di madre, per qualche tempo visse con i monaci, per poi essere portato, all’età di cinque anni, al castello vicino di re Pellinore, che a quel tempo dominava quelle terre.

Fu lì che conobbe Naruto.

Era un giorno d’inverno ed il monaco Matthias - che fino ad allora si era occupato di Sai - lo teneva per mano, mentre attraversava faticosamente la neve per portarlo verso il castello. Insieme a loro c’era anche fratello Cattegirn, che si portava appresso un asino con un carico da vendere al mercato.

Sai era un bambino estremamente tranquillo, cosa strana per la sua età. I monaci dicevano che sembrava un diavolo o un angelo, con la sua pelle tanto pallida da parere trasparente ed i suoi occhi neri come la pece.

Appena entrati nel castello, fratello Cattegrin si separò da loro per adempiere ai suoi doveri, mentre Sai e fratello Matthias si diressero verso l’interno del castello.

Fratello Matthias era cugino di sir Yver, siniscalco del re, che li accolse a braccia aperte.

“Cugino Matthias! Cosa ti conduce qui? Spero che tutto proceda come deve al monastero.”

“Sono felice di vederti. Yver,” fece una piccola pausa. “A dire il vero non tutto procede al meglio, anche noi siamo stati colpiti dalla scarsità del raccolto. Al momento siamo costretti a fare molti sacrifici per distribuire una giusta razione a tutti i monaci e per continuare a lavorare. Per questo motivo… ti ho portato un dono.”

Si fece da parte, rivelando Sai, che si era nascosto dietro di lui.

“Un bambino! E che dovremmo farci, noi del castello?”

“Qualsiasi cosa, cugino. È un bravo ragazzo, sono sicuro che potrà diventare un ottimo garzone. O persino uno scudiero, un giorno. Te ne prego, non abbiamo più i mezzi per sfamare adeguatamente noi monaci ed ho paura che questo bambino possa diventare un peso, prima o poi.”

Sir Yver guardò entrambi, poi sospirò.

“D’accordo, Matthias. In nome della nostra parentela- ma non provare a portarmene un altro, sei avvertito.”

Poi si chinò su Sai, che lo stava osservando con tanto d’occhi. Non aveva mai visto una maglia di metallo, né in generale un abbigliamento che non fosse una tonaca da frate.

“In realtà sei molto fortunato, piccolo, perché la malattia ha portato via un paio di bambini nel villaggio ed ora c’è bisogno di un nuovo futuro garzone che aiuti un po’ nelle cucine. Ti senti in grado di farlo?”

Sai annuì.

“Come ti chiami?”

“Sai, signore.”

“Sembri un bravo bambino, Sai.”

Infine il siniscalco guardò di nuovo fratello Matthias.

“Puoi restare qualche altra ora, prima di andare? Non ci vediamo da molto ed ho urgenza di parlarti di alcune cose riguardanti il monastero.”

“Ma certo.”

“Sai, la vedi quella casa laggiù? Ci abita una donna, lei si prenderà cura di te. Bravo,”

Sai si voltò un’ultima volta a guardare Matthias, che gli scompigliò i capelli e gli sorrise, poi corse verso la direzione che gli aveva indicato il cavaliere.

“È davvero molto silenzioso per la sua età.” Sentì dire da sir Yver.

La porta era aperta ma dentro non c’era nessuno.

“Cerchi Enide?” fece una voce infantile alle sue spalle. Probabilmente l’altro era appena entrato dalla porta.

Sai si voltò. Il bambino era biondo come i barbari ed il suo tono era forte e deciso.

“Cerco la donna che abita qui- ehm,” si ricordò le buone maniere che i monaci gli avevano ricordato di usare al castello. “La signora di questa casa.”

Le sopracciglia dell’altro si aggrottarono.

“E perché?”

“Mi è stato detto che si prenderà cura di me.”

Il biondo fece un enorme sorriso sincero, mostrando i suoi canini.

“Ma allora siamo fratelli! Anch’io abito in casa di Enide. Ma presto starò al castello, perché dopo aver aiutato come garzone mi educheranno a diventare scudiero.” Fece, con un moto di fierezza.

Si avvicinò ancora di più al bambino-monaco, tendendo la mano ma guardandolo come si osserva un animale strano di cui non si possono prevedere le mosse.

“Io mi chiamo Naruto. Tu?”

“Il nome che mi hanno dato è Sai.”

Si strinsero la mano. “Che nome assurdo!” disse Naruto, scrutandolo.

Da quel momento in poi, Sai e Naruto furono fratelli.

Per cinque anni vissero insieme, abitarono insieme, fecero scorribande al fiume insieme, lavorarono insieme e crebbero sotto le ali protettive della stessa tutrice.

Nessuno dei due aveva origini precise, ma si diceva che Naruto fosse il figlio naturale di un cavaliere della corte di sir Pellinore. Per questo motivo il biondo aveva più possibilità di diventare scudiero rispetto a Sai, e dai nove anni cominciò a prendere lezioni al fine d’essere d’aiuto, un giorno, a qualche neo-cavaliere. Ma la verità era che Naruto non si accontentava del destino di scudiero, e questo non era un mistero. Urlava ai quattro venti di voler diventare il cavaliere più forte della corte con una tale arroganza e sincerità da provocare ammirazione in Sai. Questo sogno si tramutò poi nel voler diventare il cavaliere più forte della corte di re Artù, quando si seppe che re Pellinore aveva deciso di allearsi al neo-re di Camelot. Sai decise di far diventare quel sogno il suo. Sarebbe diventato cavaliere e per tutta la vita sarebbe stato al fianco di Naruto.

Passarono gli inverni e le estati, ed i due stettero sempre presso Enide, che si scoprì essere una signora grassottella ed imperiosa che aveva perso figlio e marito anni prima e che quindi era stata disponibile a prendere i due bambini.

I due di tanto in tanto litigavano, e si picchiavano per terra rigirandosi nelle strade polverose e fangose dei dintorni del castello.

Ogni primo maggio andavano a sbirciare ridacchiando i riti di Beltane da lontano, dove il sacerdote accendeva i falò, la gente saltava dentro i fuochi e uomini e donne si appartavano dietro ai cespugli.

“Un giorno ci andremo anche noi!” gli ricordava ogni anno Naruto.

Poi la loro infanzia passò e Naruto fu pronto a diventare scudiero. Divenne sempre più impegnato, e si fece spazio un periodo durante il quale lui e Sai riuscirono a vedersi sempre meno.

Infine, un giorno, un cavaliere della corte di re Artù arrivo al castello. Il suo nome era sir Meleagant e portava un messaggio: re Artù era impaziente di ricevere la visita di re Pellinore, e magari di poter avere l’onore di avere i suoi figli tra le fila dei suoi cavalieri.

Questo portò Naruto a diventare lo scudiero di uno dei cavalieri a servizio di sir Lamorak, uno dei figli di Pellinore, e portò Sai lontano dalle terre in cui aveva sempre vissuto.

Sir Meleagant arrivò nella modesta casa di Enide due mattine dopo essere arrivato, reclamando il bambino di nome Sai.

“Si può sapere cosa desideriate farne?” aveva chiesto senza mezzi termini la donna.

“Ho bisogno di nuove reclute da allenare. Questo ragazzino sarà un solido alleato di Artù e diventerà cavaliere.”

“È solo un bambino!”

“Questa è la sua unica possibilità di farsi strada nella vita. Se resterà qui la sua massima aspirazione sarà quella di diventare un servitore in cucina o nel castello. Io gli offro un futuro migliore.”

Tutti e tre gli abitanti di quella casa stettero zitti per qualche minuto, non osando fiatare. Persino Naruto non disse alcunché di fronte ad un cavaliere della Tavola Rotonda vero e proprio.

A Sai sembrò strano che sir Meleagant in persona fosse venuto a prendere un bambino, ma non fece storie. Non poteva scegliere se seguire o meno quell’uomo, inoltre il cavaliere aveva ragione: se fosse rimasto lì al castello di Pellinore non sarebbe mai potuto diventare cavaliere, ed un giorno si sarebbe dovuto separare da Naruto per sempre.

Partì il giorno seguente. Naruto lo salutò insieme ad Enide dalle porte del castello, con occhi infuocati. Piangeva di rabbia.

Mentre se ne andava, Sai testò con i piedi il prato di quel luogo che conosceva così bene, guardando da lontano il punto in cui lui e Naruto di solito andavano a spiare i fuochi di Beltane, domandandosi se la promessa di andarci un giorno insieme a Naruto si sarebbe mai avverata.

A Sai sembrava che la sua vita fino a quel momento si fosse svolta in intervalli di cinque anni. Questa volta ne passarono sei, ma alla fine lui tornò.

Tornò e rivide il castello di Pellinore, i prati della sua infanzia - quella vera, quella vicina a Naruto - e tutto ciò che aveva conosciuto in passato e che ora non era più suo.

A Sai non appartenevano più i suoi ricordi, il suo legame con Naruto, l’affetto per Enide, i momenti di rabbia, frustrazione, gioia o imbarazzo perché ormai nulla gli apparteneva più. Sai era proprietà di lord Meleagant.

Durante il suo apprendistato aveva dovuto abbandonare tutto. Aveva ucciso Naruto nella sua mente. Solo il loro sogno di diventare cavalieri era rimasto intatto, così come il miraggio dei fuochi di Beltane.

Sai tornò e scoprì che re Pellinore aveva ucciso re Lot nell’ultima guerra e per questo era deceduto, ferito a morte in duello dai figli del re delle Orcadi, il famoso sir Gawain e suo fratello Gaheris. Che Naruto aveva effettivamente seguito Lamorak, Percival, Aglovale e dama Dindrane a Camelot, e che ora stava per diventare cavaliere. Che un paio di carestie avevano colpito il suo vecchio villaggio ed Enide era morta durante una di quelle.

Fece brevemente visita alla tomba della sua madre adottiva prima di riprendere il suo cavallo e rimettersi in marcia.

Camelot lo aspettava.

Rivide Naruto nella sala da pranzo del castello di re Artù.

Era arrivato durante la cena, e tutti i cavalieri della tavola rotonda, insieme alle dame e pure a qualcuno dei loro paggi, stavano bevendo e ridendo chiassosamente.

Quando entrò, la gran parte della gente si azzittì. Dopo che fu presentato il re gli sorrise bonario, facendogli segno di avvicinarsi.

“Voi dovete essere Sai! Ho sentito parlare di voi. Siate il benvenuto.”

Le parole del biondo sovrano erano gentili, ma il ragazzo riuscì ad avvertire della tensione provenire dalle altre persone presenti nella sala. Dopotutto era pur un uomo cresciuto ed allenato da sir Meleagant. E sir Meleagant aveva rapito la regina Ginevra prima di morire per mano di Lancillotto.

“Unitevi a noi,” disse Artù.

Sai abbassò la testa in segno di rispetto e poi scosse il capo.

“Sarebbe un onore, mio sire, ma sinceramente sono un po’ stanco e preferirei ritirarmi.”

“Ma certo, il viaggio sarà stato lungo!” Il re batté le mani, chiamando un servitore. “Matteus, mostragli le sue stanze.”

Fatto un altro inchino, Sai si girò e lasciò la sala, non prima di aver dato una fugace occhiata a Naruto, seduto affianco ai figli di Pellinore con un calice in mano.

Aveva sentito il suo sguardo su di sé per tutta la durata del suo breve colloquio con il re. E, se lo conosceva bene, quello era stato uno sguardo pieno d’ansia, gioia ed aspettativa.

Si chiusero le porte e Sai sperò di lasciarsi alle spalle anche quello che una volta aveva chiamato ‘fratello’.

“Sai!” Un ruggito di gioia. “Non riesco a crederci!”

Naruto era piombato negli appartamenti di Sai senza neanche aspettare il mattino dopo o quantomeno bussare.

Lo prese per una spalla e lo guardò negli occhi, con un sorriso raggiante.

“Ciao, Naruto.”

“Questo è fantastico! Devi raccontarmi… di tutti questi anni!”

Ma l’uomo di sir Meleagant lo allontanò da sé, impassibile.

“Non ora, sono stanco.”

L’altro vacillò e Sai si trovò costretto a guardarlo negli occhi.

“Vattene, Naruto.”

Il ragazzo indietreggiò e poi si fermò. D’un tratto i suoi occhi furono pieni di una nuova rabbia e frustrazione.

“Oi, Sai. Cosa ti è successo? Ti hanno fatto qualcosa mentre eri via, non è così?”

“Non dire sciocchezze.”

“Guardami negli occhi!”

Ma gli occhi di Sai erano freddi ed immobili, senza espressività. Tutto di lui sembrava essersi trasformato in un’ameba senza sentimenti ed espressioni. Sai stava ritto davanti a Naruto, le spalle dritte, il busto in asse, ma non sembrava esserci niente in lui. Naruto faceva fatica a ricordarsi cosa ci fosse nell’altro ragazzo del bambino con cui aveva litigato e riso durante la sua infanzia.

Lo prese per il bavero della casacca, studiandolo bene. Ma la situazione rimaneva sempre la stessa.

Naruto lo tenne sveglio ancora per ore, sbuffando, urlando, parlandogli dolcemente o strattonandolo. Se ne andò solo a notte fonda, troppo stanco per provarci ancora.

Ormai aveva capito che Sai era cambiato e che qualcosa si era definitivamente rotto.

Nelle settimane successive Naruto ci riprovò più volte, ma sempre senza alcun successo e via via sembrò farlo con minor convinzione.

Un giorno Artù decise di allestire un nuovo torneo. Subito al castello cominciò ad esserci un gran movimento. Sir Lancillotto iniziò a pavoneggiarsi più del solito e sir Kay, il siniscalco del re, prese l’abitudine di vagare avanti e indietro dalle cucine in modo ancora più isterico. Tutti i giovani aitanti che desideravano diventare cavalieri si riunivano ogni giorno per allenarsi insieme e parlavano del torneo con tono riverente e pieno di speranza.

“Buona fortuna per la gara,” disse Naruto a Sai, guardandolo mentre riprendeva fiato dal suo allenamento.

L’altro si voltò. Ansimava ma tutto quello che diede al suo vecchio amico d’infanzia fu un’occhiata senza alcun sentimento. Naruto girò i tacchi e si allontanò.

Era interessante vedere come i cavalieri sbuffassero ed ansimassero dentro le loro caldissime armature quel giorno di febbraio.

“Se non sbaglio questo è il vostro primo torneo, Sai!”

La pelle violacea del volto di Sai brillò al sole, quando questi si tolse l’elmo.

“È esatto.” Fece, esibendo un sorriso falso che ingannò il giovane che si trovava di fronte a lui.

“Vi auguro buona fortuna! Ce ne vorrà alla nostra squadra, per sconfiggere Lancillotto ed i suoi!”

“Sarà. Ma abbiamo i fratelli delle Orcadi dalla nostra parte.”

“Forse è meglio che non siano nostri avversari, perché sir Perceval e suo fratello Lamorak probabilmente si sarebbero buttati nella mischia solo per andare incontro a loro e vendicarsi.”

Un cavallo si avvicinò ai due, rivelandosi nientemeno che quello di sir Lamorak.

“Questo non è vero. Dopotutto è stato nostro padre a cominciare il cerchio di vendetta, e Gawain e Agravaine hanno fatto il loro dovere di figli nell’ucciderlo.”

Il giovane a quelle parole chinò la testa, imbarazzato.

“Tu devi essere Sai! Sir Naruto mi ha parlato di te. A quanto pare diversi cavalieri hanno notato una certa destrezza in te, ai campi d’allenamento. Spero non vorrai deludere tutte queste aspettative.”

“No di certo, sir Lamorak.”

Detto questo il cavaliere se ne partì verso la mischia, abbattendo con la sua asta tre cavalieri in un sol colpo. Sai lo vide andare incontro a Lancillotto del Lago ed essere miseramente sconfitto, prima d’indossare nuovamente il suo elmo.

Era strano per lui sentir parlare di Naruto con il prefisso di “sir”. Ma non era qualcosa che gli doveva importare, quindi evitò di pensarci e si lanciò nella mischia. Aveva un dovere da portare a termine.

Il cavaliere era giovane, sui venticinque anni. Era caduto da cavallo per mano di Sai, e probabilmente nel farlo si era rotto anche un femore ed il braccio sinistro. Si muoveva a scatti e rantolava.

Fino a quel momento Sai aveva fatto cadere diversi cavalieri, anche tra i più anziani, ma non era ancora sufficiente a dimostrare veramente qualcosa.

Scese dal suo cavallo, prese la sua spada e diede al giovane il colpo di grazia.

Naruto si accorse della scena e lo guardò con orrore: nel volto di Sai non c’era né rabbia né follia né eccitazione, solo un grande vuoto. Aveva ucciso un uomo per nulla.

Naruto entrò come un fulmine nelle sue stanze, sbattendo la porta. Era pieno di bende ma sembrava ancora avere forze da vendere.

“Sai!” ringhiò.

C’era risentimento e frustrazione nella sua voce.

“Sir Naruto.”

Era la prima volta che lo chiamava così, ed il neocavaliere si fermò un attimo per la sorpresa. Poi riprese.

“Perché l’hai fatto? Non ce n’era bisogno. Sir Gahalantine sarebbe guarito.”

“La sua schiena era rotta. Gli ho fatto un favore.”

“Si era solo rotto il femore e qualche costola!”

Sai l’osservò. Era sdraiato a letto - anche lui aveva preso le sue batoste -, immobile, mentre cercava di far riposare i suoi muscoli.

“Che cosa vuoi, Naruto?”

“Voglio che torni com’eri. Sai,”

Si sedette sul letto ed avvicinò la mano ai suoi capelli, accarezzandoli appena.

L’altro si ritrasse.

“Combatti.” Sibilò Sai al suo vecchio amico. “Fra tre giorni, quando tutte le ferite si saranno rimarginate. Combatti con me al campo d’allenamento, all’alba.”

Naruto si alzò dal letto.

“Ci sarò.” I suoi occhi erano tornati pieni di furore.

Non sapeva cosa gli era preso, e questo lo spaventava immensamente.

Sai curava il suo falco tanto perso in questi suoi pensieri che il suo sguardo era assente.

Non sembrava importargli neanche più di controllare la situazione o della possibilità che qualcuno potesse entrare in quel momento e lo vedesse vulnerabile.

Sir Meleagant gli aveva insegnato ad abbandonare ogni emozione. Gli aveva detto che una volta arrivato a Camelot avrebbe dovuto trovare il modo di farsi notare al fine di diventare cavaliere e così Sai aveva fatto, battendo quanti uomini possibili al torneo ed uccidendo quel cavaliere. Aveva pensato d’essere un uomo degno delle aspettative di sir Meleagant. Un uomo degno del suo sogno d’essere un giorno uno dei cavalieri della Tavola Rotonda ma così non era stato.

Da quando aveva rivisto Naruto tutto era andato a rotoli. Le sue maschere si erano sgretolate tanto d’aver mostrato rabbiaal suo vecchio amico, la sera prima.

Aveva lasciato che i suoi ricordi, o comunque ciò che serbava intimamente nel petto, avessero la meglio su di lui.

Nonostante tutto ciò che aveva abbandonato e gli obiettivi che si era prefissato ancora sognava il suo veroanelito tutte le notti, da quando Naruto era rientrato nella sua vita.

Non gli era sinceramente più importato di lui, non gli aveva dato attenzione e non si era preoccupato di ritrovare in lui qualcosa del suo vecchio compagno. Tutto ciò che era contato era stato come riuscire a diventare cavaliere.

Ma le sue notti ed i suoi sogni la pensavano diversamente, a proposito di Sai e di cosa realmente desiderasse.

Ogni notte sognava i fuochi di Beltane, la musica e l’erba secca sotto di sé, mentre trascinava un ridente Naruto dietro ai cespugli, con lui.

Da bambino, ciò che aveva voluto per il suo futuro era stato andare a Camelot, l’essere fatto cavaliere insieme a Naruto, far parte dei cavalieri di re Artù ed andare ogni primo maggio a Beltane in sua compagnia, giacendo dietro ai cespugli con delle ragazze o magari con lui.

Dopo l’allenamento con sir Meleagant dalle sue ambizioni aveva eliminato completamente la presenza di Naruto, ed era rimasto il desiderio di farsi cavaliere.

Pensava che la situazione sarebbe rimasta questa, e che non si sarebbe dovuto preoccupare della presenza di Naruto a Camelot. Era sicuro che la presenza dell’altro non sarebbe riuscita a scalfirlo. Ora invece si sentiva perso.

Si erano dati addosso quasi subito, appena dopo essersi accertati d’avere entrambi le spade pronte.

Era l’alba e l’umidità entrava loro nelle ossa e bagnava le loro armi.

Continuarono per ore. Facevano brevi pause ad intervalli regolari per poi ricominciare subito dopo, incrociando le loro spade al ritmo dello stesso battito del cuore, che condivideva un’uguale e diversa rabbia.

Smisero nel primo pomeriggio, quando nessuno dei due riusciva più a ferrare o a parare un colpo. Se ne stettero a terra per un po’, udendo solo il proprio cuore che batteva rumoroso per lo sforzo ed l’ansimare sfiancato proprio e dell’altro.

Naruto fu il primo che si girò verso l’altro, ma non riuscì a dire nulla.

Poco dopo giunsero alcuni ragazzi che avevano assistito da lontano allo scontro. Li aiutarono ad alzarsi ed ognuno dei due sfidanti se ne andò per la sua strada.

“Aaaaaaaaah!” Si lamentava rumorosamente Naruto, nelle sue stanze. Sentiva i muscoli doloranti e le braccia intorpidite. Sfidava persino l’ipotesi di potersi reggere in piedi decentemente. Non che non se lo aspettasse dopo uno scontro durato ore, ma aveva sperato di poter essere in qualche modo superiore a Sai, alla fine, e finire il combattimento in fretta.

Si sforzò di rimettersi in piedi e si diresse verso la porta.

Tutti a quell’ora dovevano essere a godersi il banchetto, quindi era piuttosto sicuro di poter andare a trovare Sai indisturbato.

Lo trovò steso sul letto, a guardarlo con quello che sembrava astio.

“Cosa vuoi,Naruto?”

Decise di andare dritto al punto.

“Cosa ti è successo, durante gli anni che hai passato con Meleagant?”

“Non sono affari tuoi.”

“Mi riguarda, invece.” E si avvicinò al suo letto come aveva fatto tre giorni prima, prendendogli una mano.

Sai si alzò a sedere.

Ci furono un paio di minuti di silenzio.

“Sir Meleagant aveva bisogno di giovani da educare ed allenare. Non credo che avesse già in mente il rapimento della regina Ginevra- ma necessitava di reclute che l’avrebbero seguito in ogni situazione al fine di proteggere Camelot e che fossero disposti ad agire nell’ombra ed a diventare inattaccabili, delle armi perfette. Per questo mirò agli orfani, che non avevano più nessuno a cui tenere. Avere delle persone care avrebbe ostacolato il loro distacco dal resto del mondo. La missione più grande era essere fedeli solo a sir Meleagant ed a Camelot, e lasciare andare tutto il resto. Sir Meleagant proponeva un allenamento in cui le emozioni non erano ammesse. Bisognava uccidere le proprie emozioni ed i propri ricordi. Ed io l’ho fatto.”

Guardò quegli occhi azzurri che conosceva così bene.

“Ti ho ucciso milioni di volte nella mia mente. Ti ho escluso dal mio cuore. Ma sembra che in qualche modo qualcosa non abbia funzionato.”

Naruto avvicinò la mano di Sai al proprio petto, con un gesto che sembrava quasi abituale.

“Ringrazio Dio per questo.” Disse, sollevato.

Sai continuò a guardare Naruto. C’era qualcosa che davvero non era per niente cambiato in lui, da quando erano bambini. La prepotenza con cui penetrava nel cuore e nelle simpatie altrui era sempre lì, come anche una certa profonda sincerità nei suoi occhi e nei suoi modi assurdi ed impacciati. Ciò che era cambiato era che ormai Naruto era un cavaliere, che stranamente tentava d’essere un po’ più posato e che sembrava aver assunto una certa maturità. Era così strano.

“Non so se questo sia giusto.” Disse Sai. “Ma vieni a Beltane con me, il prossimo primo maggio.”

Naruto lo guardò imbarazzato ed annuì.

“Ti faranno cavaliere, domani.” Gli disse Naruto, un sorriso luminoso stampato in volto. “Finalmente il nostro sogno si avvererà.”

“Non saprei.” Gli rispose Sai, spazzolando il suo cavallo. “Ora che sono arrivato a questo punto tutto mi sembra irreale. Preferirei quasi che al posto mio altri diventassero cavalieri. Non so più chi sono né come comportarmi.”

“Io so che sei diventato molto più loquace da quando mi hai sfidato a duello.” Sebbene fosse sir Naruto, il suo tono era quello di sempre, sbruffone e con una voce squillante.

“Stavo pensando di andare in biblioteca a cercare qualche libro che possa dirmi come ci si comporta.”

“Ma non sono cose che si trovano sui libri!”

Sai alzò gli occhi dal suo cavallo e guardò l’altro, come a trasmettergli che stava parlando sul serio.

“Ho deciso di riacquisire i miei sentimenti, Naruto.”

“Oh.”

Naruto si avvicinò appena, tornando per un attimo davvero il bambino amico di Sai, impacciato e goffo, che urlava tanto per un nonnulla.

Prese il volto di Sai e lo baciò lentamente.

“Ho pensato- che potessi cominciare da questo.” Il suo volto era arrossato come se avesse passato tutta la mattina sotto il sole cocente.

Sai annuì.

“L’inverno se n’è definitivamente andato, eh.”

Stavano inseguendo la Bestia Latrante insieme a sir Lamorak, che imprecava per la mancanza di orme.

Re Pellinore e la sua famiglia inseguivano quel mostro da anni, e sarebbe una situazione persino comica, se non avesse condotto per anni gli eredi di Pellinore ed i loro accompagnatori in sentieri pieni di fango e vallate tortuose.

“Presto sarà marzo. E poi verrà aprile.” Gli rispose Sai. “Spero che tu sia ancora dell’idea di vedere i fuochi di Beltane.”

“Sono contento che tu sia rimasto, Sai. Che tu abbia deciso di darmi una possibilità.”

“Non ho mai avuto intenzione di andarmene da Camelot,” disse Sai, non capendo.

“No- intendo- Con il pensiero. Con il pensiero tu sei tornato e sei rimasto.”

“Sì, l’ho fatto.”

La sua vita non sarebbe stata altro che una vita sprecata a rincorrere un ideale di qualcuno che era morto, comunque, senza emozioni e senza uno scopo, se avesse continuato per la via che Meleagant aveva tracciato per lui. Aggrapparsi a Naruto era l’unica cosa che rimaneva a Sai ma era anche qualcosa che desiderava dal più profondo del suo cuore. Qualcosa che il Sai bambino che il neocavaliere aveva ancora dentro di sé voleva ardentemente.

Il prato venne schiacciato senza pietà sotto al peso di Naruto.

Fino a quel momento il biondo aveva riso e blaterato senza sosta, ancora succube dell’acquavite che aveva bevuto, ma si zittì subito quando Sai lo baciò.

In lontananza si sentivano i canti ed i balli della notte di Beltane; si vedevano le luci dei fuochi che zampillavano.

Il terreno era duro e l’erba era lievemente bagnata, ma offrì una morbidezza in più e si attaccò dolcemente sui vestiti e tra i capelli dei due.

Sir Sai e sir Naruto non furono mai cavalieri di gran fama e non si distinsero mai dagli altri cavalieri della Tavola Rotonda per le loro abilità o per il loro coraggio. Non ci riuscì neppure Naruto. Ma vissero entrambi in profondità e compirono molte ricerche e missioni insieme.

La loro vita scorse piena e felice per anni, almeno fino a che giunse la voce che sir Lamorak avesse ucciso la sua amante Morgause nel loro letto, ed i fratelli delle Orcadi figli di Morgause non misero in atto la loro vendetta facendo giustizia su Lamorak.

Quello fu l’inizio della fine per Camelot, che portò all’inutile e sanguinosa ricerca del Graal e poi alla cruenta guerra che vide protagonisti il re e suo figlio Mordred e fu la fine anche dei cavalieri sconosciuti Sai e Naruto.

I due si rincontrarono in seguito, ancora una volta, sotto cieli immensi e prati sconfinati, tanto verdi quanto quelli dell’intera Britannia.

leggende arturiane, naruto, fanfiction, autore: sushi_precotto

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