E subito subito la Masterlist così poi si può pensare a p0rnare invece che a postare \O/
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Tanto per cambiare, stasera il Barcellona ha giocato da schifo sul campo del Khimki. Juanca era a casa per infortunio. Saras è un tipo un po' fumantino.
Quando gli arriva l’sms di Joe che dice please call, Juan Carlos si stropiccia tra due dita una ciocca di capelli, e non è per niente sorpreso. Al contrario, mentre scorre col pollice la rubrica del telefono finché non raggiunge la S, riesce a farsi un’idea piuttosto precisa di cosa lo aspetta; mentre ascolta la linea libera bussargli contro l’orecchio, si rende conto di non avere niente da dire, ma non vuole mettere giù.
«Sono sotto la doccia,» sbotta Saras, ma ha risposto quasi subito e Juan Carlos si ritrova a sorridere tra sé.
«Ciao,» gli dice, sprofondando nel divano e azzittendo il televisore. «Ti sei rotto qualcosa?»
«No. Non che non ci abbia provato,» chiarisce subito. «Due calci al muro. Purtroppo sto bene.»
Juan Carlos ridacchia.
«E il muro come sta?»
«Bene pure lui.»
«Hai spaventato Joe,» dice Juan Carlos, ma non è un rimprovero; la sua voce suona tersa e lieve e Juan Carlos riesce a vedere la fronte corrucciata di Saras, come se ce lo avesse davanti.
«Che hai da stare così allegro?»
«Non mi piace incazzarmi al telefono.»
Saras sbuffa qualcosa che un po’ assomigliava ad una risata. «Capisco.»
«Saras,» mormora Juan Carlos, dopo una pausa che il suo respiro tranquillo e gli ultimi scampoli della rabbia di Saras non hanno riempito neanche a metà. «Sei da solo?»
«Uh. Sì.»
Juan Carlos si strofina il mento con la mano libera, prende fiato.
«Forse è meglio se riapri l’acqua.»
*
A Saras sfugge un gemito più vocale e rumoroso e Juan Carlos, dall’altro lato della telefonata, trattiene tra le labbra uno sbuffo divertito.
«Hai smesso di parlare,» osserva, quieto; Saras ansima, sorpreso, perfettamente udibile anche con in sottofondo il rumore della doccia che inonda le piastrelle.
«Cristo,» sbuffa, ma non c’è traccia di astio nella sua voce, semmai solo una punta di rammarico per la distanza che c’è tra Barcellona e Khimki - e tra le dita di Juan Carlos, che lo accarezzano distrattamente da sopra la stoffa spessa dei jeans, e quelle di Saras che, nonostante lui cerchi di controllarsi, si muovono intorno alla sua erezione arrossata in un ritmo quasi convulso. «Non c’è molto da dire, vaikas, non è che - mmmph - non è che sta succedendo granché.»
«Hm. Vuoi che ti racconti la mia giornata?»
Saras abbaia una risata sorpresa, che quasi gli fa scivolare via il cellulare da dove l’aveva incastrato tra il collo e la spalla; si fermano anche gli scatti impazziti delle sue dita.
«Dimmi cos’hai addosso, invece.»
Juan Carlos si gratta un angolo del naso.
«Jeans,» risponde, tranquillo. «E la tua felpa.»
Saras non ha neanche bisogno di chiudere gli occhi per figurarselo: Juan Carlos seduto sul divano, immerso nel suo felpone blu scuro, con le gambe un po’ divaricate e le guance rosse; Juan Carlos che magari durante la partita, nervoso, si mordicchiava le labbra - però pensare alla partita non è affatto una buona idea e Saras sibila un ringhio smorzato, s’inarca contro la propria mano e immagina che Juan Carlos sia tra le sue ginocchia, a succhiargli un segno rosso sul collo, e allora il nodo di furore bianco che lo soffocava si compatta in una valanga di piacere che gli rotola addosso al contrario, dal basso in alto, dalla sua erezione calda e umida per andare a sciogliersi dove il respiro di Juan Carlos gli riempie le orecchie.
Saras soffia tra i denti, intontito dalla stanchezza, e sente le ginocchia molli.
«Quanto rumore ho fatto?» chiede, quando la testa smette di girargli, e si rilassa contro la parete fredda.
«Non troppo,» mormora Juan Carlos, ma non sembra del tutto concentrato. Saras sorride, furbo; si rimette in piedi, raccatta l’asciugamano che portava intorno alla vita, zittisce la doccia.
«Sto andando di là,» annuncia, spostando il cellulare da un orecchio all’altro. «Mi tieni compagnia, Juanca?»
Juan Carlos sbuffa.
«Ci vediamo a casa.»
Saras è ancora livido per la partita, però adesso, perlomeno, può concentrarsi sul bisogno che ha di tornare a Barcellona.
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