Titolo: I'll be home for Christmas
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Rating: verde
Personaggi: Lance McClain, Keith Kogane, Takashi "Shiro" Shirogane, Pidge Guderson/Katie Holt, Matt Holt, Hunk Garrett, Allura, Coran
Pairings: Keith/Lance, Shiro/Pidge, Hunk/Shay, hint Lotor/Allura e Matt/Allura
Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Parte della Friends!AU.
Canzoni citate:
"I'll be home for Christmas" di Michael Bublè,
"Sweetheart" di Thomas Rhett.
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Voltron Legendary Defender - IT e
Fanwriter.itBeta: Myst
Word count: 6568
« Jingle bells, jingle bells, jingle bells rock! Jingle bells swing and jingle bells ring! »
« Lance, abbi pietà! »
Keith si coprì le orecchie con due cuscini del divano e tentò disperatamente di concentrarsi sulla dispensa che stava leggendo, mentre il suo ragazzo volteggiava per la cucina tirando cavi di lucine da una parte all'altra.
« Hunk, ti prego, digli qualcosa! »
Il coinquilino, seduto accanto a lui, con il manuale di meccanica sulle ginocchia, scosse la testa.
« É una partita persa, amico. Lance è praticamente l'incarnazione dello spirito del Natale, non lo zittirai con così poco. L'hai voluto? Ora sopporti. »
Tutto era iniziato pochi giorni dopo il Ringraziamento: non avevano ancora finito di smaltire il tacchino regalato da Allura e cucinato magistralmente da Hunk, che Lance aveva iniziato a presentarsi a casa con enormi buste della spesa ricolme di addobbi natalizi.
L'anno precedente tutti avevano fatto ritorno alle loro famiglie, Shiro non abitava ancora lì e Keith... beh, a Keith non importava molto festeggiare in solitudine, quindi non avevano nessun tipo di decorazione per casa.
« Col cavolo che me ne vado e ti lascio qua da solo! » aveva replicato Lance alle sue obiezioni. « Natale è una festa da passare in famiglia e noi, tutti noi, siamo una famiglia. Quindi festeggeremo tutti insieme! »
A quelle parole nessuno aveva avuto il coraggio di replicare e i preparativi erano iniziati.
La casa era stata addobbata a festa, in un angolo campeggiava l'albero di Natale adornato nei classici rosso e oro, fili di lucine erano stati tesi a decorare i mobili della cucina e del salotto, rametti di vischio erano stati appesi agli stipiti delle porte e nei punti strategici della casa. Hunk si sarebbe occupato del cenone con l'aiuto di Shay, Coran e Allura. Tutti erano stati invitati e già si pregustava una serata perfetta all'insegna delle risate, del buon cibo e, perché no, dell’alcol.
Ben presto anche Keith si arrese all’atmosfera festosa, gioendo nel vedere il suo ragazzo così allegro. Hunk ci aveva fatto l’abitudine e l’idea di passare le feste insieme lo divertiva. Matt e Pidge non si sarebbero fatti sfuggire la possibilità di un cenone che non fosse inquinato dalle mille domande dei parenti, Allura era entusiasta all’idea che i suoi inquilini la considerassero parte della famiglia e persino Shiro si era dimostrato più che felice di quell’invito.
Lance era al settimo cielo.
O almeno lo rimase fino alla sera del 23 dicembre, quando una chiamata fece precipitare il suo umore e tutti i suoi buoni propositi.
« Lo che ti avevo promesso la serata libera, Lance, e non sai quanto mi dispiaccia. Ma domani siamo pieni di prenotazioni e Jenny e Suzanne hanno l'influenza. Devo chiederti un doppio turno. »
Quelle parole gli fecero precipitare il cuore sul fondo dello stomaco.
« Se riuscissi a trovare qualcuno disposto a darci una mano, ti sarei immensamente grato. »
Lance riuscì a malapena a rispondere a monosillabi e chiuse la comunicazione lanciando il telefono sul divano.
Non era mai stato una persona a cui dava fastidio lavorare: ci si manteneva all’accademia, con quel posto, e il proprietario del pub Interstellar, il signor Gyrgan, era una bravissima persona. Non aveva mai avuto motivo di lamentarsi, anzi, spesso si divertiva, ma… Ma non a Natale! Non quando aveva organizzato una festa perfetta. Non quando aveva promesso a Keith di non lasciarlo da solo quella volta.
Hunk, Keith e Allura, ospite da loro per un caffè, fissarono con espressioni preoccupate quella reazione inconsulta.
« Va tutto bene? » si azzardò a chiedere la ragazza.
Lance si lasciò cadere sul divano con aria tempestosa prima di rispondere.
« No, non va bene. » ringhiò prendendosi la testa tra le mani. « Non va affatto bene. Argh! Dannazione! »
Keith si alzò dal tavolo e si sedette accanto a lui, costringendolo ad abbassare le mani.
« Ehi. » mormorò in tono basso. « Che succede? »
Guardandolo, Lance si sentì invadere dal senso di colpa: era per Keith che aveva organizzato tutto quello, per non fargli passare un altro Natale in solitudine, e ora... Beh, non sarebbe stato solo, ci sarebbero stati gli altri, ma Lance, egoisticamente, avrebbe voluto essere la presenza più importante.
Prese un respiro, tentando di imporsi la calma: il destino era contro di lui e c'era ben poco che potesse fare, abbaiare irrazionalmente contro i suoi amici non sarebbe stato d'aiuto.
« Non potrò essere l'ospite d'onore della festa di domani sera. » disse forzando un sorriso. « Mi dispiace, Keith, ci tenevo un sacco. »
Sotto gli sguardi preoccupati degli altri, raccontò quello che il suo capo gli aveva detto al telefono, spiegando come non fosse nella posizione di rifiutare. Lasciare Gyrgan e gli altri dello staff a corto di personale sarebbe stata una cattiveria bella e buona e, nonostante la rabbia e il dispiacere, la sua coscienza gli impediva di fare una cosa del genere.
Contrariamente alle aspettative, però, Keith gli sorrise.
« Beh, se hanno bisogno di te non puoi farci niente. » commentò. « Non è colpa tua. Domani ho lezione e le simulazioni fino a metà pomeriggio, ma poi posso venire ad aiutarti. Se siete a corto di personale, lo faccio volentieri. »
Lance non credeva alle proprie orecchie.
« Sei sicuro? Non hai mai fatto il cameriere e sarà un delirio... »
« Certo che sono sicuro. Qualcosa m'inventerò, almeno potremo stare insieme! »
Lance gli strinse le mani tra le proprie, commosso, e stava per rispondere quando anche Allura si alzò in piedi.
« Verrò a dare una mano anch'io e chiederò anche a Pidge! Mi aveva detto di non avere lezione domani. »
« E io vi farò trovare il miglior cenone del mondo! » esclamò Hunk. « Chiederò a Shay di aiutarmi e recluterò anche Shiro e Matt. Sarà un banchetto degno di un re! »
A quelle parole, Lance annuì, mentre il sorriso tornava a distendere le sue labbra: aveva gli amici migliori del mondo e improvvisamente lavorare la vigilia non aveva più importanza.
« Grazie, ragazzi. Sono... davvero senza parole. Io... grazie davvero! »
Quando Pidge venne a sapere di essere stata incastrata in un lavoro “volontario” in un giorno festivo, non fece esattamente i salti di gioia, ma pensò che, tutto sommato, sarebbe stata solo una tacca in più nella lista infinita dei favori che Lance le doveva. Quando però vide in cosa consisteva la divisa natalizia del locale, stabilì non avrebbe mai potuto ripagarla, neanche se ci avesse messo tutta la vita.
« Se pensi che io indossi questa roba, te lo scordi! » esclamò, indicando disgustata la gonnellina a volant rossa e il cerchietto con le corna da renna.
Lance tentennò sotto il suo sguardo infuocato.
Gyrgan era stato entusiasta del fatto che gli avesse portato due ragazze, questo gli permetteva di riciclare le divise di Jenny e Suzanne, quindi se Pidge se ne fosse andata sarebbe stato un guaio.
« Dai, Pidgey, fallo per me! » tentò di mediare.
« Non se ne parla! Falla mettere a Keith! E poi mi starebbe enorme! »
Nella mente di Lance si formò l’immagine del fidanzato con quella roba froufrou addosso, un’espressione schifata pari a quella di Pidge e una risata nacque spontanea.
« Keith m’impiccherebbe al soffitto con i nastri del grembiule! »
« Cosa ti fa pensare che io non possa farlo? »
« Il fatto che saresti deliziosa. »
A commentare era stata Allura, uscendo dal bagno vestita di tutto punto.
La gonna e la casacca, di un rosso squillante, fasciavano perfettamente la sua figura elegante, senza la minima arricciatura. I lunghi capelli chiari, acconciati in due trecce ai lati del volto, erano tenuti fermi dal cerchietto. Su di lei persino le corna da renna sembravano meno ridicole.
Stava talmente bene che non solo Lance, ma persino Pidge arrossì suo malgrado.
Allura sorrise, apparentemente inconsapevole dell'effetto che aveva fatto sugli amici.
« Sono certa che con qualche ritocchino veloce, anche la misura sarà perfetta. Posso pensarci io. » si offrì.
Davanti alla sua espressione speranzosa, diventava impossibile mantenere una linea dura, quindi Pidge incrociò le braccia e gonfiò le guance.
« Questa è discriminazione di genere. » brontolò.
« Lo so, hai ragione. » ammise Lance. « Per questo quando torneremo a casa potrai metterti una tuta da meccanico e infilare a Shiro un tutù, ma adesso non mettermi nei guai, ti prego! »
Lo sbuffo della ragazza questa volta assomigliò a una risatina e Lance capì che, forse, per questa volta, l'aveva scampata.
Chi invece non l'aveva scampata per niente era Shiro, che si era visto mettere ai fornelli da un Hunk tutto preso dal suo ruolo di chef.
« Visto che gli altri sono impegnati e di certo torneranno a casa stanchi, è nostro preciso dovere far trovare loro il miglior cenone di Natale che si possa desiderare. » dichiarò con convinzione. « Per questo motivo confido in voi e nella vostra dedizione alla causa. Squadra, siete con me? »
Shiro e Matt si scambiarono un'occhiata tutt'altro che persuasa, ma non poterono fare a meno di annuire. Entrambi sapevano quanto Lance tenesse a quella festa, quanto fosse importante per lui celebrare in loro compagnia, ma, soprattutto, sapevano che in confronto a ciò in cui si era trovata incastrata Pidge, quello era un gioco da ragazzi. Inoltre era bene, per il quieto vivere comune, che la ragazza trovasse qualcosa che la blandisse quando fosse tornata a casa stanca e, di certo, con l'irritazione alle stelle.
« Molto bene, uomini! » proseguì Hunk, fomentato. « La missione del giorno prevede la preparazione della glassa con cui guarniremo il cosciotto di maiale che sta cuocendo. Sarà pronto tra una mezz'oretta quindi dobbiamo darci da fare! Come contorno pensavo di fare delle patate al forno molto semplici. Per il dolce faremo dei brownies decorati di glassa colorata e zuccherini. E non dimentichiamo gli stuzzichini! Pasta sfoglia, paté, olive, prosciutto, formaggio, salmone. Ovviamente, se avete suggerimenti su qualsiasi aggiunta, non avete che da dirlo. Per il resto, siete pronti? Siete carichi?! Diamoci dentro! »
Tra Shiro e Matt passò uno sguardo eloquente, ma nessuno dei due commentò, preferendo procedere piuttosto che perdere tempo a contestare: entrambi conoscevano solamente le basi della cucina necessarie alla sopravvivenza, ma avevano un obiettivo comune e lo avrebbero perseguito stoicamente per Pidge, per Lance e per tutti quelli che si stavano impegnando in quel giorno di festa.
Come primo incarico, a Matt fu assegnato quello di sbucciare e tagliare le patate, mentre a Shiro quello di preparare la fantomatica glassa per il cosciotto. Quest’ultimo scrutò l’amico con invidia, chiedendosi in base a cosa fosse stata fatta quella scelta discriminante, ma giunse alla conclusione che sarebbe stato un disonore, per un uomo, tirarsi indietro davanti a una sfida.
Hunk, nel frattempo, marciava avanti e indietro per la cucina con passo risoluto.
« Per la glassa ci vuole miele, cannella e paprika. » istruì. « Amalgama bene le spezie. Matt, per l’amor del cielo, se tagli via un altro po’ di polpa, non resterà niente da mangiare. Usa il pelapatate se non sei abituato. »
Matt si produsse in una smorfia e alzò gli occhi, mentre Shiro tratteneva una risata.
« Lo trovate divertente? » esclamò Hunk con piglio militaresco. « Non c’è niente di divertente, soldati! Una patata mal sbucciata è una patata in meno che mangerete! »
« Sei uguale a Iverson! » capitolò Matt, crollando in preda alle risate sul piano di lavoro.
« Ho imparato dai migliori! In guerra e in cucina tutto è permesso! »
« Non era esattamente così. » obiettò Shiro, ghignando a sua volta.
« Meno pignolerie e più olio di gomito, Shiro! È pronta quella glassa? Dammi una mano a scolare il cosciotto. Ora va inciso sulla superficie formando un reticolato e in ogni incrocio si infila un chiodo di garofano per insaporire. »
Posò la carne fumante sul tavolo della cucina e successivamente iniziò a spennellarla con la glassa.
« Adesso va in forno per almeno mezz’ora. Shiro, ogni dieci minuti ricordati di dare un nuovo strato di glassa. Matt, quando la carne è cotta, inforna le patate. Ricordati il sale e le erbe aromatiche, mi raccomando. »
I due annuirono, salvo poi stupirsi nel vedere Hunk slacciarsi il grembiule.
« Ma come? Il capitano abbandona la nave? »
L’altro sorrise, tornando per un attimo l’Hunk solare di sempre.
« Vado a prendere Shay, prima che sia tardi. »
Lanciò un’occhiata fuori dalla finestra e il suo sguardo s’illuminò.
« Sta nevicando! Sarà un bianco Natale, Lance sarà entusiasta! »
« Ci mancava lo schifo di neve! »
Keith avanzò nella hall dell'edificio, battendo i piedi a terra un paio di volte per togliere il velo di umidità dagli stivali. Si passò una mano tra i capelli per liberarli dei primi cristalli ghiacciati e affrettò il passo verso il piano superiore, dove si trovava il simulatore.
« Cadetto Kogane, in ritardo di cinque minuti! » lo accolse la voce di Iverson mentre varcava la soglia.
Sì, sapeva di essere in ritardo, ma l'ultima lezione di era protratta qualche minuto in più e aveva dovuto attraversare di corsa il cortile fradicio, facendo attenzione a non scivolare tra pozzanghere e primi accenni di ghiaccio.
« Mi dispiace, signore. » rispose, irrigidendosi istintivamente.
Il superiore gli lanciò un’occhiata fredda e indicò seccamente l’ingresso del simulatore.
« Non perdere altro tempo! »
I componenti della squadra che trovò all’interno erano persone che non aveva mai visto ed era certo che Iverson sapesse quanto odiasse pilotare con gente sconosciuta. Avrebbe potuto scommettere che l’aveva fatto apposta.
I due si presentarono come Margaret, il meccanico, e Tony, l’addetto radio. Non era colpa loro e Keith si sforzò di fare buon viso a cattivo gioco: se fosse riuscito a far atterrare la navicella al primo colpo, avrebbe potuto uscire presto e andare all’Interstellar ad aiutare Lance.
Quella, ovviamente, si rivelò una previsione troppo rosea.
« Stiamo perdendo quota! »
« Dobbiamo stabilizzare la discesa! Margaret, allarga gli alettoni! Tony, comunica alla base che stiamo per atterrare! »
« Non posso farlo! Se apro gli alettoni anteriori adesso, li perderemo! L'attrito è troppo forte! »
« Qui è il modulo lunare 1-5-ZETA-7-GAMMA, richiediamo autorizzazione all'atterraggio. »
« Stiamo andando troppo veloci! »
« Ce la facciamo, apri quegli alettoni. »
« Keith, non posso farlo! Li perderemo! Verranno strappati via dai venti dell'atmosfera! »
Keith balzò in piedi, esasperato, voltando le spalle al posto di comando.
« Allora atterreremo in caduta libera! Ammesso che resti qualcosa dopo che l'attrito avrà bruciato l'intera navicella! »
« Cadetto Kogane! »
La voce irritata di Iverson interruppe la simulazione. Era chiaro che fosse nei guai, ma Keith non avrebbe ceduto così facilmente: era certo di avere ragione e non si sarebbe fatto mettere i piedi in testa da un meccanico alle prime armi.
« Ce la potevamo fare! » esclamò. « Sono il pilota, devono stare alle mie direttive! »
« E loro sono il tuo equipaggio, li devi ascoltare, non litigare con loro! »
« Ce la potevamo fare, signore! » insisté Keith, testardo. « Guardi i parametri! Guardi i dati! Gli alettoni non avrebbero subito danni! »
« Kogane! Questa non è una questione di probabilità! Hai abbandonato il posto di comando per litigare con una collega! »
« Signore, io sono certo... »
« Smettila di contestare un tuo superiore! Un'ora di detenzione poi a rapporto nel mio ufficio! »
Keith sentì un macigno precipitargli sullo stomaco: erano le quattro del pomeriggio, se dopo l'ora di detenzione avesse dovuto svolgere qualche compito per Iverson, sarebbe arrivato troppo tardi al locale.
« Signore... » tentò. « É la vigilia di Natale, il mio ragazzo... »
Iverson gli lanciò un'occhiata glaciale.
« Dovevi pensarci prima di carbonizzare il tuo equipaggio. »
Keith non si vedeva ancora e Lance iniziava a preoccuparsi. Fuori era già buio e aveva iniziato a nevicare: lui amava la neve e l’idea del “bianco Natale”, ma pensare all’altro ragazzo in giro con quel tempaccio, non lo faceva sentire per nulla tranquillo. Inoltre, con il pienone che c’era, non sarebbe mai riuscito a scappare nel retro nemmeno per una telefonata di due minuti.
« Lance! La comanda del tavolo 7! » lo richiamò Gyrgan.
« Arrivo! »
Distogliendo lo sguardo dalla vetrina e dalla strada che andava imbiancandosi, si affrettò verso la cucina, ma nel farlo s'imbatté in una scena sconcertante.
Un giovanotto, al tavolo con un gruppo di ragazzi piuttosto rumorosi, aveva bloccato il braccio con cui Pidge stava posando i boccali di birra ordinati. Lei gli lanciò un'occhiata che avrebbe potuto rivolgere a uno scarafaggio che le zampettava addosso, ma quello non demorse. Spostò la presa dal braccio della ragazza al fianco, appena sopra le balze della gonna.
« Perché non ti siedi a riposare un po' con noi? » fece con aria lasciva.
Ok, aveva passato il segno e Lance si mosse per raggiungere il tavolo in soccorso all'amica in difficoltà. Tuttavia non vi arrivò mai, almeno non prima che Pidge pizzicasse con la mano libera il dorso di quella del cliente, applicando una torsione che gli strappò una smorfia di dolore.
« Fallo di nuovo e la tua mano andrà a fare compagnia alla fetta di lime che galleggia nella tua birra.» disse con un sorriso zuccherino, prima di girare sui tacchi e allontanarsi.
Lance la raggiunse in un paio di passi.
« Ehi! »
« Che c'è? » ripose Pidge come se niente fosse.
« Tutto a posto? »
Le labbra della ragazza si distesero in un sorriso sadico.
« Più che a posto. Quell'idiota frequenta la Garrison, ha lasciato il tesserino sul tavolo. Joshua Miller, aerospaziale divisione piloti. Dovrebbe essere in classe con Keith ma non ne sarò sicura finché non avrò hackerato il suo profilo. I superiori non saranno felici di sapere che era in un locale a molestare ragazze invece che ai corsi come il nostro amico. »
Lance ghignò a sua volta.
« Sei un diavolo. »
« Lo so. Ah, Lance! Non dire niente a Shiro, per favore. »
Il ragazzo la fissò per un attimo, stupito, poi annuì.
« Sei gentile a non volere che si preoccupi. »
« Nah, non è solo quello. É che lui sarebbe troppo tenero e mi rovinerebbe tutto il divertimento. »
Lance soffocò a stento una risata, mentre la seguiva in cucina e quasi provò pena per il disgraziato che l'aveva infastidita. Quasi. Anzi, a pensarci bene non ne provava neanche un po'.
Ne uscirono con vassoi carichi di bevande e stuzzichini, immergendosi di nuovo nella folla di clienti.
Correndo in continuazione tra tavoli, sedie e mille ordinazioni che si sovrapponevano, potevano capitare delle sviste e alcuni piccoli incidenti, anzi era strano che quella sera non fosse ancora successo niente, quindi Lance non si stupì più di tanto quando sentì un rumore di cocci e Allura esclamare: « Oh, cielo! »
Si affrettò a terminare di servire il tavolo che gli era stato assegnato e si voltò verso l'amica per vedere se era tutto a posto.
La scena che si trovò davanti lo indusse a raggiungerla, memore di quanto accaduto poco prima a Pidge: un giovanotto apparentemente distinto le teneva una mano tra le sue e Allura sembrava turbata.
Lance la raggiunse a passo di carica.
« Ehi! Stai per caso importunando la mia amica? » indagò, in tono minaccioso.
Il giovane alzò su di lui due occhi azzurro ghiaccio, per nulla impressionati, ma fu Allura stessa a rispondere, sfilando la mano dalle sue.
« No, Lance, no! É stata colpa mia! Ho rovesciato il suo spritz e ho anche rotto il bicchiere. »
« E ti sei tagliata. » aggiunse lo sconosciuto. « Faresti bene a metterci un cerotto. »
Lance lo scrutò con sospetto: Allura era a disagio, una reazione del genere non era da lei. Quel bellimbusto doveva aver fatto qualcosa di strano.
« Sicura che sia tutto a posto? »
« Certo, lui... »
« Stai tranquillo, non farei mai niente di male alla mia fidanzata. » rispose il giovane, tendendogli la mano. « Lotor Galra, piacere. Tu sei...? »
Lance ebbe l'impressione che la sua mascella toccasse terra.
Fidanzata? In quale film di fantascienza?
« Ex-fidanzata. Eravamo poco più che bambini. » specificò Allura, posandogli un dito sotto il mento. « Non lo vedevo da anni. »
Quello non spiegava molto, ma era meglio di niente e Lance ricambiò la stretta di mano che gli veniva offerta.
« Lance McClain e se ti pesco a darle fastidio, la tua mano andrà a fare compagnia a... allo spritz sul pavimento.»
Lotor scoppiò a ridere, mostrando i palmi in segno di resa.
« Davanti a una simile minaccia, non posso che arrendermi. »
Lance s'imbronciò: chissà perché detto da Pidge suonava molto più intimidatorio.
Keith ancora non si vedeva e fuori continuava a nevicare.
Matt lasciò ricadere la tenda che copriva la finestra della cucina e sospirò.
« Va male? » domandò Shiro, dal divano dov'era sprofondato.
« Malissimo. Di questo passo le strade saranno ricoperte. Potrebbe essere un problema. »
Il vero problema, si disse Shiro aggrottando le sopracciglia, era che il cosciotto era pronto, aveva anche sviluppato una crosticina di glassa piuttosto invitante e Hunk ancora non si vedeva. Avevano già infornato le patate, che stavano diffondendo per la cucina un delizioso aroma di rosmarino, e sistemato in qualche modo gli stuzzichini in un piatto. Non erano bellissimi da vedere, ben lontani dalle splendide composizione artistiche che creava Hunk, ma Shiro era discretamente certo che fossero commestibili. Restava solo il dolce, ma quello andava ben oltre le capacità di entrambi e senza il loro comandante sarebbero stati persi.
« Non ci resta altro da fare che tentare l'ultima spiaggia. » disse Matt con espressione grave.
Shiro annuì e recuperò il proprio telefono, armeggiando con la rubrica fino a ritrovare il numero desiderato.
Hunk rispose dopo un numero preoccupante di squilli.
« Shir... zzzzz... scus... rrrr... tardi... zzzz... troppa neve... »
Lo sguardo di Shiro s'incupì ancora di più, mentre si alzava a incontrate quello dell'amico.
« Hunk, ti sento malissimo, ci sono delle interferenze. Dove sei? Si sta facendo tardi e abbiamo bisogno di te per completare il cenone. »
Il suo tono iniziava ad assumere sfumature disperate, ma la risposta non fu confortante.
« In macchina con Sha... zzzz... occati nel traffico... rrrrr... spiace... zzzz... ovete occuparvi voi del dolc... rrrr... coraggio, miei prodi... »
La linea cadde miseramente, azzerando le speranze di entrambi, e Shiro si rivolse all'amico con stoica risoluzione.
« Gli aiuti non arriveranno, la missione è in mano nostra. »
L'espressione di Matt era quella di chi sarebbe crollato con la testa sul tavolo da un momento all'altro.
« Non so tu, ma io non ho la più pallida idea di come si preparino i brownies. Passi per le patate o spennellare un cosciotto, ma preparare un dolce da zero non è uno scherzo. »
Questo Shiro lo sapeva molto bene, ma era consapevole anche del fatto che non potevano deludere gli amici, che sarebbero rientrati stanchi e infreddoliti. Si erano presi quell'impegno e per nulla al mondo si sarebbe arreso ad un fallimento.
« Oh, andiamo, Matt! Non sarà poi così diverso dal creare un composto chimico, ne saresti perfettamente in grado. Fallo per Pidge! Per Lance! Per Hunk che crede in noi! »
Matt lo scrutava con tutto lo sconcerto del mondo, ma Shiro non intendeva darsi per vinto.
Si alzò dal divano e recuperò un enorme tomo dallo scaffale accanto alle spezie.
« Questo è il libro delle ombre di Hunk, qui troveremo di certo quello che ci serve. »
Matt inarcò un sopracciglio.
« Siamo passati dall'AU militare a quella fantasy? » commentò, non lesinando il sarcasmo.
« Hai poco da fare lo spiritoso, hai forse un'idea migliore? »
« Ovvio, amico! » fu la risposta, seguita da un sorrisetto ammiccante. « Cercare la ricetta online! »
In capo a pochi minuti avevano recuperato quello che cercavano e disposto sul tavolo gli ingredienti necessari. Stando alle spiegazioni di quel sito di cucina, non doveva trattarsi di un dolce particolarmente difficile. Tuttavia le sinapsi di entrambi si bloccarono quando la ricetta li invitò a montare le uova e lo zucchero con una planetaria.
Matt e Shiro si scambiarono uno sguardo smarrito: l’unica immagine che si era formata nella loro mente era l’improbabile versione femminile di un gigantesco proiettore di stelle, cosa che di solito era ben lontana dallo sbattere le uova.
A giungere come inaspettato soccorso, fu il campanello, che squillò allegro nel campo di battaglia che sembrava ora la cucina.
« Buonasera, ragazzi! Allura mi aveva detto che vi sareste occupati della cena e mi chiedevo se non aveste bisogno di una mano. »
Coran, lo zio con cui la ragazza divideva l’appartamento al piano inferiore, sorrise loro dalla soglia, lisciandosi i baffi rossi.
Shiro ricambiò, cordiale, quasi sul punto di dire che non doveva disturbarsi, ma non riuscì ad aprire bocca perché Matt lo spinse letteralmente di lato con una forza venuta da chissà dove, probabilmente dalla disperazione.
« Coran! È il cielo che ti manda! Che diavolo è una planetaria?! »
L’uomo si arricciò un baffo attorno a un dito e avanzò nell’appartamento.
« Qualcosa mi dice che sono arrivato al momento giusto! »
Quando Lance varcò la soglia di casa, quella sera, a stento si reggeva in piedi.
Era stata una giornata al limite dell'allucinante, al locale, e se non fosse stato per Allura e Pidge dubitava che sarebbe giunto alla fine vivo. Era incredibile come la gente, sotto le feste, diventasse tremendamente pretenziosa, arrogante e maleducata. Aveva perso il conto delle volte che aveva dovuto trattenersi dal rovesciare una birra in testa al cliente di turno, che si lamentava ad alta voce di aspettare da ore, mentre la sala era strapiena e loro non facevano altro che correre avanti e indietro come trottole. Poi c'era stato il tizio dello spritz a coronare il tutto con la sua faccia da schiaffi: più volte, nelle ore successive, aveva provato a chiedere spiegazioni ad Allura, ma lei era stata vaga ed elusiva, lasciandogli intendere che non era il momento adatto per parlarne. Quello, in aggiunta ai clienti insopportabili, aveva contribuito a dare il colpo di grazia al suo umore. Keith non avrebbe resistito, ne era era certo.
E, a proposito di Keith, alla fine non si era visto.
Oltre che stanco, Lance era anche piuttosto in ansia: in serata si era messo a nevicare forte e non aveva ricevuto nemmeno una telefonata che lo rassicurasse su cosa avesse trattenuto il suo ragazzo o che fine avesse fatto. Ora voleva solo sprofondare nel divano e farsi coccolare da lui per ricaricare le batterie, prima di abbuffarsi al cenone.
« No, Keith non è ancora tornato. »
Quelle parole di Shiro gli causarono una stretta alla bocca dello stomaco: non vide nemmeno la cura con cui i suoi amici avevano apparecchiato la tavola, non sentì neppure Pidge lamentarsi della stanchezza o Allura affermare che li avrebbe raggiunti dopo una doccia. Poco importavano le bottiglie di spumante che Gyrgan gli aveva regalato o i dolci che aveva offerto alle ragazze. Afferrò il telefono e chiamò Keith, tentando di tenere a freno il presentimento che fosse successo qualcosa.
« Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. »
Il nodo allo stomaco si strinse, rendendogli difficoltoso respirare.
« Gli è successo qualcosa... » mormorò tra sé.
A malapena si accorse della mano di Hunk posata sulla sua spalla.
« Ma no, vedrai che non è successo niente. Le strade sono un disastro, le hai viste, e i cellulari non prendono a causa del brutto tempo. Sarà da qualche parte nel traffico. Anche io e Shay ci abbiamo messo più di un'ora ad arrivare qui da casa sua. »
La ragazza, alle spalle dell'amico, annuì con espressione gentile.
« É vero. Anche mio fratello ha avuto un sacco di problemi oggi. Vedrai che Keith arriverà presto. »
Lance avrebbe voluto crederle, essere grato ai suoi amici per essere lì, per aver preparato la cena, per averlo aiutato in quella giornata infernale, ma l'assenza di Keith lo preoccupava più di qualunque altra cosa.
Per questo, quando suonò il campanello, schizzò nell'ingresso e spalancò la porta come un fulmine. Non si fermò a guardare né a fare domande, semplicemente gettò le braccia al collo di Keith e lo strinse in un abbraccio stritolante.
« Stai bene… per fortuna stai bene… ero così preoccupato… » prese a ripetergli all’orecchio, affondando il volto nei suoi capelli.
Solo quando sentì Keith irrigidirsi tra le sue braccia, si azzardò a scostarsi quel tanto che bastava per poterlo guardare. Era fradicio da capo a piedi e alcuni fiocchi di neve si erano ghiacciati tra i suoi capelli. Lance non poté fare a meno di sorridere, intenerito: sembrava in tutto e per tutto un gattino bagnato.
« Cosa ti è successo? Sei zuppo. » gli chiese, riluttante ad allontanarsi da lui.
Keith però non lo guardava, teneva gli occhi bassi con espressione colpevole.
« Mi dispiace. » mormorò dopo qualche istante. « I mezzi pubblici non passavano per via della neve e anche i taxi erano bloccati nel traffico, quindi sono tornato dall’accademia a piedi. »
Lance strabuzzò gli occhi.
« Dall’accademia? A quest’ora? »
Per tutta risposta, Keith lo scansò e si diresse in camera propria, chiudendosi la porta alle spalle.
L’atmosfera del soggiorno si fece subito più pesante, mentre Lance spostava ripetutamente lo sguardo dall’uscio chiuso agli amici.
Hunk allargò le braccia, impotente, e Shiro, con un breve cenno del capo, gli suggerì di raggiungere l’altro in camera. Lance tentennò solo un attimo, chiedendosi se la sua presenza avrebbe infastidito Keith, ma subito dopo seguì il consiglio.
« Ehi… » iniziò in tono basso e rassicurante, socchiudendo la porta dopo aver bussato un paio di volte.
Keith era seduto sulla sedia accanto alla scrivania, creando una piccola pozzanghera ai suoi piedi.
« Ti senti bene? Cos’è successo? »
Un sospiro anticipò la risposta.
« Mi dispiace davvero. Ti avevo promesso che sarei venuto ad aiutarti e invece ti ho bidonato. »
« Non mi hai bidonato, è chiaramente successo qualcosa! »
Lance s’inginocchiò sul pavimento di fronte a lui, posandogli entrambe le mani su un ginocchio.
« Saresti venuto anche con la tormenta, ne sono sicuro perché me l’avevi promesso, ma qualcuno ti ha trattenuto in accademia, è così? »
Keith annuì, sempre tenendo lo sguardo basso.
« Volevo sbrigarmi e ho finito per fare un casino. Però giuro che non è stata una disattenzione, non era un colpo di testa. Ero certo che quella manovra avrebbe funzionato e il fatto che il meccanico di bordo non mi desse retta, mi ha fatto perdere le staffe. Iverson non l’ha presa bene e mi ha sbattuto in detenzione, poi mi ha spedito in archivio fino a un’ora fa. Lance, mi dispiace tanto. Io… sono un idiota. Un idiota mortificato. Avevi bisogno di me e… »
Un dito posato sulle labbra lo zittì, subito sostituito dalla bocca dell’altro ragazzo. Uno schiocco morbido definì con dolcezza quel bacio.
« Non importa. Mi dispiace che sia stata una brutta giornata, ma sono felice che tu stia bene. Mi basta e avanza questo. »
Keith non era solito indugiare in gesti melensi, ma questa volta Lance lo sentì sporgersi un poco verso di lui, andando incontro alla mano che lo accarezzava. Proprio come un gattino in cerca di coccole.
« Dai, vai a farti una doccia, o ti prederai un malanno. » disse, posandogli un altro bacio sulla punta del naso. « Ti farei compagnia, ma ho il vago sospetto che finiremmo per metterci troppo e gli altri si mangerebbero tutta la cena senza di noi. »
Finalmente ebbe il piacere di vedere Keith sorridere.
« Allora vai a mettere in salvo quelle prelibatezze, il mio stomaco te ne sarà grato! »
La cena, ovviamente, venne servita solo quando tutti furono presenti attorno al tavolo e non vennero lesinati racconti su come fosse stata preparata.
« Mi considero al pari di un eroe di guerra! » esclamò Matt, mentre passava ad Allura una fetta del cosciotto cotto a puntino. « Ho preparato le patate migliori del mondo e sono fiero di dire che senza di me quei brownies non avrebbero visto la luce! »
« Oh, sì, certo, come no? Soprattutto grazie alla tua planetaria, vero? » ironizzò Shiro, ricevendo una linguaccia dall'amico e facendo scoppiare a ridere Coran.
« I ragazzi sono stati davvero bravissimi. » confermò l'uomo, servendosi a sua volta. « Io ho solo dato un piccolo aiuto tecnico. »
« É perché hanno imparato dal migliore! » esclamò Shay, facendo arrossire Hunk al suo fianco.
« Questa glassa è davvero spettacolare, complimenti, neutrino mio. » aggiunse Pidge, sporgendosi verso Shiro e piazzandogli un bacio appiccicoso sulla guancia.
Lance sorrise radioso, prima di addentare l'ennesima patata. Era davvero fortunato ad avere come amici delle persone così speciali: nonostante la sua giornata tremenda, lo avevano aiutato e gli avevano fatto trovare il miglior cenone di sempre. E poi c'era Keith, che era un disastro umano e si sentiva in colpa per non aver potuto mantenere una promessa, nonostante fossero state le circostanze esterne a impedirlo. Lance lo amava con tutto il cuore, non c'era altro da aggiungere, e ringraziava ogni giorno il cielo e la sua buona stella di averlo accanto.
Terminata la cena, si spostarono tutti nel piccolo salotto, chi sul divano, chi sul tappeto, chi recuperando una sedia dal tavolo. Si stava facendo tardi e l'entusiasmo era andato via via mitigandosi, passando dagli scherzi ai sorrisi stanchi, dalle risate a un tono di voce più basso e dolce. In un sottofondo discreto, lo stereo suonava le classiche musiche natalizie.
Quando partì un lento particolarmente d’atmosfera, Matt si alzò e allungò la mano verso Allura.
« Ti va di ballare? » chiese con un sorriso imbarazzato, guadagnandosi un ghigno da parte della sorella e un’espressione allibita da Shiro.
Nessuno si sarebbe aspettato una mossa del genere da parte sua ma, contro ogni aspettativa, la ragazza accettò l’invito e la mano che le veniva porta.
Vedere i due muoversi a tempo di una canzone nostalgica come “I’ll be home for Christmas”, risvegliò la voglia di tenerezza anche nelle altre coppie e ben presto Hunk e Shay si unirono a loro. Shiro lanciò un’occhiata a Pidge, che rispose con uno sguardo incredulo.
« Shiro, lo sai che un tronco di pino è più abile di me nella danza. È inutile che fai quella faccia, non… Oh, e va bene! » capitolò suo malgrado.
Anche Lance tentò di lanciare un segnale a Keith, ma il ragazzo era troppo occupato a osservare gli altri, gli occhi scuri che riflettevano le mille luci dell’albero di Natale e delle decorazioni. Sembrava molto più sereno ora e questo incoraggiò Lance a non demordere. Gli prese una mano tra le sue e posò un piccolo bacio sulle nocche.
« Mi concede questo ballo, monsieur? »
« Da quando parli francese? » rispose Keith, divertito.
« Da quando devo sedurre un gattino per convincerlo a ballare con me. »
Ammiccò e Keith rise.
« Non ti serve il francese per questo. Poi non lamentarti se ti pesto i piedi. »
« Come se fosse una novità. »
Stavano ancora battibeccando mentre già le braccia di Lance stringevano Keith in vita e lui posava le mani sulle sue spalle, il capo morbidamente appoggiato al suo.
« I'll be home for Christmas
You can count on me
Please have snow and mistletoe
And presents by the tree
Christmas eve will find you
Where the love light gleams
I'll be home for Christmas
If only in my dreams »
Ondeggiare lentamente in quel modo aveva qualcosa di ipnotico e permetteva alla mente di staccare la spina. Keith si sorprese ad assaporare l’atmosfera ovattata che lo avvolgeva, il profumo dei dolci e delle candele, il calore delle braccia di Lance che lo stringevano.
Il suo modo di trascorrere le feste era sempre stato piuttosto distaccato, non avendo mai avuto nessuno con cui passare quei giorni, a cui tenesse e che tenesse a lui. A costo di sembrare cinico a tutti i costi, aveva sempre relegato il Natale tra le feste per “quelli che avevano una famiglia” e che quindi non lo riguardavano. Eppure ci era voluto così poco per fargli cambiare idea: erano stati sufficienti i sorrisi delle persone attorno a lui, era bastata una carezza di Lance e improvvisamente si era sentito anche lui parte di “qualcosa”. Non sarà stata una famiglia comune, ma tenevano a lui e lui teneva a loro, non avrebbe potuto chiedere niente di meglio.
Un leggero tossicchiare di Coran lo distrasse dai suoi pensieri e, voltandosi verso l’uomo, vide che sorrideva e indicava verso l’alto.
Sia lui che Lance seguirono con lo sguardo la direzione del suo dito e scoprirono uno dei tanti rametti di vischio che il ragazzo aveva appeso negli angoli più disparati di casa.
Keith arrossì un poco e spostò lo sguardo su di lui. Avrebbe voluto dire che era un’usanza sciocca e senza senso, ma Lance lo fissava con un sorriso appena accennato, gli occhi azzurri luminosi di aspettativa, e ogni suo proposito evaporò.
Le mani si mossero lentamente, una si posò sul retro del collo, accarezzando i corti ciuffi castani, l'altra sulla sua guancia, guidandolo verso le proprie labbra.
Lance sapeva di cioccolato dei brownies e dello spumante bevuto poco prima: un mix inebriante e dolcissimo che dava alla testa. Non ne avrebbe avuto mai abbastanza.
Era passata da parecchio la mezzanotte quando Coran, Allura e Matt rientrarono ai rispettivi appartamenti, dopo aver ringraziato per la bella serata.
Hunk si avvicinò al divano dove Lance era ancora seduto. La casa era silenziosa, ormai, e l'unico suono era il sommesso canticchiare del ragazzo.
« Sweetheart
God could've never made two
Nobody quite like you
Woah, sweetheart
One kiss and I come unglued
You are the reason, I fall to pieces
'Cause you're all that I adore
You're the one my heart beats for
And I can't believe you gave your sweet heart to me »
Keith si era addormentato sdraiato di traverso, con la testa sulle sue gambe. I ciuffi corvini gli ricadevano scompostamente sulla fronte e si arricciavano alla base del collo. Aveva un'espressione distesa, come se il continuo giocherellare di Lance con i suoi capelli e la voce che accompagnava quei gesti, lo rilassassero. Lance stesso adorava attorcigliarsi quelle ciocche morbide attorno alle dita.
« Non so quanto sarà felice di quello che stai facendo, quando si sveglierà. » commentò Hunk, indicando la sottile treccina che le mani dell'amico stavano creando.
« Tu non glielo dirai, io non glielo dirò, così forse resterò tutto intero. » rispose Lance, ridacchiando della sua stessa citazione. « E vediamo quanto tempo passerà prima che se ne accorga. »
« Potrebbe finire per andarci addirittura in accademia. »
« Sarebbe divertente. Il lancio di una nuova moda. »
Una risatina leggera aleggiò nella stanza.
« Vedi? Anche Shay la pensa come me. » disse Lance indicando la ragazza a fianco dell'amico.
Hunk scosse la testa, indulgente.
« Stavo andando a chiedere a Matt se ci ospita. Shiro e Pidge si sono addormentati sul mio letto. »
Lance terminò di intrecciare i capelli di Keith e fermò le ciocche con il nastrino rosso di una decorazione.
« Lascia stare, tu e Shay potete dormire nel mio letto. Io tra poco porto a nanna il gattino. »
Come sentendosi chiamato in causa, Keith si girò e affondò il naso nella lana del suo maglione, con un mormorio basso.
Lance gli accarezzò i capelli, mentre gli amici lo ringraziavano sottovoce e sparivano oltre la porta della sua stanza. Si chinò in avanti e lo baciò delicatamente sulla fronte.
« Merry Christmas, sweetheart. »