[Free!] Se ami qualcuno, lascialo libero (cap.5)

Sep 30, 2014 23:32

Titolo: Se ami qualcuno, lascialo libero
Fandom: Free! Iwatobi Swim Club/Eternal Summer
Rating: verde
Personaggi: più o meno tutti
Pairings: Rin/Haruka, Rei/Nagisa
Riassunto: "«Esiste un detto tra gli esseri umani. La cui prima parte recita così: se ami qualcuno, lascialo libero. »"
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation.
Note: Mermaid!AU perchè sì, Haru sirenetto è l'amore.
Beta: mystofthestars
Word count: 2585 (fdp)

Esattamente come da programma, Rin non era riuscito a chiudere occhio nemmeno per cinque minuti, ma una certezza almeno l’aveva raggiunta: se avesse proseguito con i suoi precedenti piani, molto probabilmente non avrebbe dormito nemmeno nelle notti a venire. L’idea di portare Haruka a Samezuka e consegnarlo nelle mani del boss ormai gli era venuta più che in odio, quindi aveva deciso che vi si sarebbe recato da solo, avrebbe spiegato la situazione e si sarebbe assunto le responsabilità del caso.
Per questo fu colto totalmente di sorpresa quando, uscendo per recarsi al porto, trovò nientemeno che Sousuke sul vialetto di casa sua. Il vecchio amico aveva un’aria più cupa che mai e spiegò di essere stato incaricato dal suo capo di visionare personalmente la merce prima di sottoporla allo stress di un trasferimento. Rin tentennò solo qualche attimo, poi si risolse ad accompagnare Sousuke all’interno: in fondo, si disse, se anche lui avesse visto Haruka, se gli avesse parlato, avrebbe di certo capito a quale meraviglia si trovava di fronte e avrebbe desistito da ogni intento di fargli del male.
Nel giardino sul retro, la vista di Gou chinata verso il laghetto che porgeva ad Haruka un pesce con cui fare colazione gli ricordò che per tutto il giorno precedente non si era preoccupato di portare al tritone qualcosa da mangiare. Ovviamente l’altro non gli aveva chiesto niente ma, visti i suoi ripensamenti, Rin avrebbe dovuto come minimo arrivarci da solo. Era ancora intento in queste riflessioni oziose, quando lo vide fare forza sulle braccia ed issarsi sulla riva sabbiosa del laghetto. Era la prima volta che si soffermava ad osservare il corpo di Haruka, la squame che scintillavano al primo sole ma anche i lividi e le escoriazioni che il brusco trattamento del giorno prima aveva lasciato sulla sua pelle chiara, ora spietatamente evidenti alla cruda luce del mattino.
Rin sentì stringersi lo stomaco in una nuova morsa di senso di colpa e si rese conto di essere rimasto a fissare Haruka solo nel momento in cui Sousuke si frappose tra lui e il tritone, interrompendo il contatto visivo.
«Quindi sarebbe questo. » constatò il ragazzo, soppesandolo con lo sguardo come si sarebbe fatto con il pesce del mercato. «Ammetto che mi aspettavo qualcosa di più, ma alla fine è davvero una sirena. A questo punto…»
«No, aspetta! » lo interruppe Rin. «Senti, Sou, io… non credo più che sia una buona idea. Forse ti sembrerà strano, ma ho parlato con lui e sono giunto alla conclusione che sarebbe un errore. Ok, ha la coda, ma è una persona e tu non venderesti mai una persona, giusto? Mi dispiace ma non se ne fa niente. »
Lo sguardo di Sousuke si assottigliò pericolosamente, mentre si spostava dal ciglio del laghetto verso il giovane pescatore.
«Come sarebbe che non se ne fa niente? Rin, questo non è un gioco. »
«Lo so bene. »
Prima di proseguire, si rivolse però alla sorella, che ancora assisteva Haruka intento a mangiare.
«Gou, per favore, rientra. Anzi, vai a dire a Nitori che oggi farò tardi. »
La ragazza tentennò un poco prima di lasciare il tritone e lanciò una lunga occhiata a Rin prima di andarsene, come a volersi accertare che non sarebbe successo niente di brutto in sua assenza.
Haruka, nel frattempo, aveva abbandonato il pesce che stava gustando, per fissare a sua volta lo sguardo sul nuovo arrivato. Lo guardava dal basso, con una profondità negli occhi che sapeva di sfida e che in qualche modo mise Rin in allarme.
«Non posso cedervi Haru. » disse con maggiore convinzione. «Insomma, guardalo, non ho mai visto niente di più bello e non intendo perderlo adesso che ho scoperto che esiste. »
Se Sousuke avesse davvero considerato Haruka niente di speciale, sarebbe stato più facile convincerlo, ma Rin non poteva fare a meno di sottolineare quanto fantastica fosse per lui quella scoperta. Tuttavia quello che ottenne fu solamente un’occhiata incredula e una protesta veemente.
«Rin, che stai dicendo? Vorresti tenerlo? Sai che è impossibile, ormai l’affare è concluso e al capo non piace affatto la gente che ritratta. »
«Non è affatto concluso, lui non ha visto niente, potrebbe essere in pessime condizioni, potrebbe non essere nemmeno una sirena e io un pazzo visionario. »
Esisteva un modo per sfuggire a quella situazione? Avrebbero potuto obbligarlo a cedere Haruka, sapeva che potevano farlo, e allora ogni sua opposizione sarebbe stata inutile. Per mettere in salvo il tritone l’alternativa era una sola, per quanto al momento gli apparisse penosa.
«Lo riporterò in mare. » disse, faticando quasi a pronunciare quelle parole e spostando lo sguardo su Haruka. «Anche oggi, se vuoi. Ti riporterò in mare, te lo prometto. »
Il flebile ringraziamento della creatura venne quasi del tutto coperto dalle proteste di Sousuke.
«Che sciocchezze, non puoi farlo! Ti ha per caso ammaliato? Una cosa del genere avrà delle conseguenze. Brutte conseguenze. »
Rin notò fin troppo chiaramente lo sguardo dell’amico spostarsi verso la casa e verso il punto in cui Gou era rientrata. Quella minaccia neanche troppo velata gli fece correre un brivido gelido lungo la schiena: era perfettamente consapevole che con quella gente non si scherzava ma, allo stesso tempo, la sua coscienza gli imponeva quella condotta per il suo quieto vivere. Non avrebbe permesso che sua madre o Gou finissero per pagare il prezzo dei suoi errori, non poteva nemmeno immaginare la propria reazione se qualcuno avesse tentato di fare loro del male, ma per il resto si sarebbe assunto ogni responsabilità. Ora più che mai era necessario che si mostrasse risoluto.
«Smettila di trattare Haru come se fosse un oggetto! » esclamò. «L’ho già fatto io ed è stato il peggiore errore che potessi fare! Te l’ho detto, ho parlato con lui, mi è bastato questo per capire. E potresti farlo anche tu, se solo mi dessi ascolto e la smettessi di atteggiarti alla persona fredda che non sei! »
Sousuke gli appariva sempre più nervoso e quando mosse un paio di passi avanti, minaccioso, costrinse Rin a spostarsi all’indietro, frapponendosi inconsciamente tra lui e l’oggetto della sua rabbia, Haruka.
«Sei tu che non capisci, Rin! Non è uno scherzo! Come puoi tollerare che ci vada di mezzo la tua famiglia per quel…»
«Lascia fuori la mia famiglia! »
La voce di Rin si era alzata oltre misura davanti a quell’ulteriore minaccia.
«Ho detto che ripagherò il tuo capo in qualunque modo ritenga opportuno, ma lascia fuori Haru e la mia famiglia. E con questo non ho altro da aggiungere, la strada per l’ingresso la conosci. »
Per un attimo sembrò che Sousuke volesse aggiungere qualcosa, ma alla fine strinse i pugni lungo i fianchi, voltò le spalle all’amico e al laghetto e se ne andò. Non appena ebbe attraversato il portico e non fu più in vista, Rin si abbandonò sull’erba con un sospiro: aveva fatto il duro, ma la situazione era davvero pessima. Non poteva essere certo che quelli di Samezuka avrebbero lasciato in pace la sua famiglia e a quel punto gli si prospettavano solo soluzioni drastiche: abbandonare quel luogo, quella casa, andarsene dall’isola, lontano, dove nessuno poteva trovarli; non la speranzosa ricerca di un luogo migliore ma una fuga in piena regola, senza mezzi né destinazione. Si odiava per aver trascinato sua madre e Gou in tutto questo. Prima però era necessario chiarire una cosa.
«Non scherzavo, sai? » mormorò rivolto al tritone, ancora steso sulla sabbia a pochi metri da lui. «Ho davvero intenzione di riportarti al mare. Però… mi piacerebbe vederti ancora, dopo. »
Non sapeva bene nemmeno lui perché stesse avanzando una richiesta del genere, consapevole del fatto che Haruka non avrebbe mai potuto accettare.
Il tritone lo fissò senza capire: quello che l’umano stava dicendo alle sue orecchie non aveva senso. Di norma il popolo del mare non si avvicinava alla terraferma, quindi farsi vedere di nuovo non rientrava proprio nei suoi progetti. Una volta libero se ne sarebbe andato il più lontano possibile.
«Le sirene si tengono alla larga dagli umani. » disse in tono neutro e si stupì dell’espressione improvvisamente delusa assunta da Rin.
Haruka davvero non capiva che significato avesse. L’umano però non aveva finito, si era messo a strappare i fili d’erba attorno ai suoi piedi e sviava lo sguardo, incerto.
«Comunque vorrei fare qualcosa per quei lividi. » continuò. «Me lo permetteresti? Se non vuoi che mi avvicini posso chiedere a Gou. »
Haruka non vedeva davvero la necessità di disturbare la ragazza e per questo scosse la testa, limitandosi a rispondere un vago: «Non ce n’è bisogno, guariranno da soli. »
Cose che, per qualche motivo, sembrò turbare ancora di più Rin, che balzò in piedi e si diresse a grandi passi verso casa.
«Mia madre prepara una pomata ottima per gli ematomi e cicatrizzante grazie ad alcune alghe. » disse. «Non muoverti, torno subito. »
A quel punto Haruka aveva due possibilità: scivolare in acqua e sparire nelle profondità del laghetto così da evitare il fastidio di avere ancora a che fare con Rin, oppure aspettare e vedere cosa sarebbe successo. Poiché il cambiamento dell’umano lo incuriosiva e comunque non sembrava animato da cattive intenzioni, decise di optare per la seconda.
Il giovane pescatore tornò di lì a pochi minuti con un vasetto in mano che, una volta aperto, emanava davvero una fragranza che ricordava quella dell’acqua di mare. Si avvicinò e Haruka continuò a seguirlo con lo sguardo, in silenzio, ma quando sollevò una mano, si ritrasse istintivamente.
«Ho detto che voglio curarti, non hai niente da temere. » tentò di rassicurarlo Rin. «Non ti farò più del male, te lo prometto. O mi odi così tanto che non vuoi nemmeno che mi avvicini? »
Il tritone non rispose, limitandosi a muovere leggermente la coda, nervoso. Non si poteva dire che odiasse Rin, quella parola era sinonimo di un sentimento troppo forte e drastico per essere utilizzata in quel frangente, inoltre l’altro sembrava davvero pentito delle sue azioni sconsiderate. Lo trovava fastidioso, quello sì, inoltre non riusciva ad afferrare la sua logica, ma si trattava di sensazioni troppo confuse per essere tracciate in modo così definitivo.
Il tocco delle mani di Rin lo strappò da quelle elucubrazioni, rendendolo bruscamente consapevole di quanto l’altro si fosse avvicinato. Sembrava che stesse facendo del suo meglio per essere il più delicato possibile mentre spalmava l’unguento ma Haruka rabbrividiva ogni volta che le sue dita, non esattamente delicate, toccavano uno dei lividi o dei graffi sul suo braccio. In ogni caso, comunque, non si sarebbe lamentato: non era quello a disturbarlo, quanto piuttosto la totale incoerenza dell’umano.
«Se pensi che ti odi, perché vorresti rivedermi? » si risolse a chiedere infine.
Non che la cosa, di fatto, avesse importanza visto che, una volta libero, Haruka non sarebbe di certo tornato indietro, ma un po’ lo incuriosiva quell’assurdo desiderio.
Rin s’immobilizzò mentre la sua mano percorreva un’escoriazione sulla spalla, dove il legno della cassa lo aveva graffiato il giorno prima, durante il trasporto dalla barca a casa. Si era spostato alle sue spalle e il fatto di non averlo davanti agli occhi in qualche modo innervosiva Haruka. Nervosismo che, alla fine, sembrava pienamente condiviso.
«Beh, perché…» iniziò l’umano, interrompendosi incerto e tentennando nella risposta. «Penso che mi odi perché chiunque odierebbe qualcuno che l’ha imprigionato e trattato come ti ho trattato io, e poi…»
Nonostante l’evidente disagio che trapelava dalla sua voce, le mani continuavano a muoversi sulla pelle di Haruka, scendendo lungo la schiena e soffermandosi a curare anche i lividi più piccoli, fino a raggiungere la parte del corpo ricoperta di squame. Lì le sue dita si fermarono.
«… Vorrei rivederti perché vorrei rimediare ai miei sbagli e cercare di non farmi odiare. Vorrei sapere di più su di te, conoscerti come si deve, non sono ancora riuscito a capire quasi niente ed è un peccato. Voi sirene non…»
S’interruppe di nuovo, come in cerca del termine esatto da utilizzare.
«… Frequentate qualcun altro per passare del tempo in compagnia? In modo piacevole, diciamo. »
Haruka si voltò appena, ma non riuscì a vedere il suo volto.
La risposta avrebbe potuto essere ovvia, ma così non era. Esistevano sirene che si divertivano a passare il tempo in compagnia, nuotando tra i coralli o facendo lunghe escursioni. Ve ne erano alcune che detestavano rimanere sole, ma per Haruka non era così. Solo o in compagnia delle poche persone che riteneva importanti, quello a cui teneva maggiormente era la propria libertà, la propria aspirazione di sentire l’acqua e viverla. Il concetto di “tempo piacevole” a cui accennava Rin gli era piuttosto oscuro, visto che per stare bene gli era sufficiente sentirsi circondato dal mare.
«E voglio nuotare con te! » aggiunse inaspettatamente il ragazzo, facendo sì che il tritone si voltasse completamente, questa volta sinceramente stupito.
Un umano che aspirava a nuotare con una sirena? Quella gli appariva in tutto e per tutto un’assurdità: il corpo degli esseri umani non era adatto all’acqua, si diceva che non potessero scendere in profondità e che necessitassero di risalire in superficie per respirare. Inoltre quelle gambe sarebbero state del tutto disagevoli, rendendo faticoso ogni movimento. No, gli umani non erano fatti per il mare. Eppure insistevano per solcarlo, in una sciocca, ottusa ostinazione.
«Nuotare con me equivarrebbe a passare del tempo piacevole? » si ritrovò a chiedere, evitando tuttavia di fissare Rin direttamente. Quella vicinanza continuava a disturbarlo ma, al tempo stesso, era curioso di capire come mai una creatura fatta per vivere sulla terraferma desiderasse muoversi in un ambiente a lei ostile.
«Certo! » esclamò il rosso sorprendendolo di nuovo per la velocità della risposta. «Nuotare con te sarebbe straordinario, mi piacerebbe moltissimo vedere come ti muovi in acqua. Sono certo che sarebbe uno spettacolo incredibile! »
Aveva lo sguardo accese d’entusiasmo e Haruka se ne chiese il motivo.
«Anch’io me la cavo abbastanza bene, sai? Mi chiamano lo Squalo di Iwatobi, tra la gente dell’isola sono il migliore! »
Di fronte a quella sparata, Haruka non poté più rimanere in silenzio o fingere indifferenza. La convinzione insita nelle parole del ragazzo, che quasi sfiorava l’arroganza, gli fece soffocare a forza uno sbuffo divertito: come se fosse davvero possibile paragonare i goffi esseri umani ai grandi predatori dei mari. Quel ragazzo non sarebbe mai stato all’altezza di una sirena, ma poteva comunque essere interessante vederlo tentare. Per questo, alla fine, Haruka accettò la sua proposta, e lo fece anche con una sorta di personale ironia.
«Puoi nuotare con me, se vuoi, ma dovrai stare attento a non rimanere indietro. Ci sono un sacco di altri squali, là fuori. »
Si rese anche conto che Rin era sul punto di rispondere qualcosa, ma venne interrotto dalla sorella che comparve sotto il portico per richiamarne l’attenzione. Sembrava che qualcuno lo stesse cercando e, suo malgrado, Rin rientrò. Gou prese il suo posto e si accomodò sull’erba accanto ad Haruka.
La vicinanza della ragazza, per qualche motivo, era meno fastidiosa e Haruka riusciva a tollerarla meglio di quanto non facesse con il fratello. Forse dipendeva dal fatto che era stata gentile con lui fin dall’inizio o forse perché non aveva strane pretese nei suoi confronti. Inoltre Gou, al contrario di Rin, non sembrava il tipo di persona che voleva imporsi sugli altri, piuttosto se ne preoccupava. Probabilmente fu per questo che, per la prima volta, Haruka prese l’iniziativa e palò di ciò che gli era oscuro.
«Tuo fratello ha detto che mi libererà, ma perché insiste per volermi rivedere? Se si libera qualcosa, di solito non torna. »
La ragazza lo fissò per un istante con espressione stupita, poi le sue labbra si piegarono in un pallido sorriso, velato di quella che poteva essere una leggera tristezza.
«Esiste un detto tra gli esseri umani. » disse. «La cui prima parte recita così: se ami qualcuno, lascialo libero. »

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