[Free!] Se ami qualcuno, lascialo libero (cap.3)

Aug 26, 2014 15:39

Titolo: Se ami qualcuno, lascialo libero
Fandom: Free! Iwatobi Swim Club/Eternal Summer
Rating: verde
Personaggi: più o meno tutti
Pairings: Rin/Haruka, Rei/Nagisa
Riassunto: "{C}«Rin. Non ha senso odiare il mare. »
«Tu… cosa ne sai? Cosa pretendi di sapere?! Hai idea di cosa significhi perdere parte della tua famiglia e con essa la tua infanzia e tutto il tuo mondo? Che cosa vuoi saperne, tu?! »"
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono a Kouji Ouji e alla Kyoto Animation.
Note: Mermaid!AU perchè sì, Haru sirenetto è l'amore.
Beta: mystofthestars
Word count: 2697 (fdp)

Convincere Ryugazaki ad andarsene fu una mezza impresa. Aiichiro aveva dovuto faticare parecchio perché, inspiegabilmente, il giovane pescatore aveva tutte le intenzioni di fermarsi il più a lungo possibile, nonostante Rin gli avesse mostrato chiaramente che il tempo della visita era finito.
Quando tornò verso il retro della casa, il piccolo mozzo vide che il suo superiore stava spingendo la cassa contenente il tritone verso il laghetto. Avrebbe voluto chiedergli se avesse bisogno di una mano, ma un’occhiata del rosso fu sufficiente a chiarirgli che non lo voleva attorno in quel momento e, nel rientrare in casa, Aiichiro si augurò che non facesse del male ad Haruka.
Una volta rimasto solo con la sua preda, Rin aprì un piccolo varco nella recinzione del laghetto e sollevò il coperchio della cassa, fissando il tritone con il consueto sorrisetto.
«Siamo arrivati. Che dici, devo rovesciare la cassa o vai con le tue gambe? »
Il ghigno si allargò mentre continuava.
«Ops, che gaffe. Ci penso io. »
Non si fece il minimo scrupolo quindi a scaricarlo in acqua con malagrazia: non aveva importanza per lui se quella creatura si feriva o meno, anzi, più la vedeva soffrire e maggiormente si sarebbe sentito appagato.
«Che ne dici della tua nuova casa? » esclamò poi. «Non è certo il mare, ma credo che dovrai accontentarti visto che dubito lo rivedrai mai più. »
Ogni volta che si rivolgeva a lui lo faceva consapevolmente con più astio e cattiveria possibili, con quel sarcasmo indotto a ferire che da lungo tempo era diventato per lui la miglior arma sia di difesa che di attacco.
Vista la scarsità di acqua potabile sull’isola, il laghetto era stato riempito con acqua di mare, quindi in qualche modo avrebbe potuto addirittura essere confortevole per la creatura. Per questo motivo, poiché non intendeva certo rendergli piacevole il soggiorno, Rin si sentiva abbastanza irritato da quel particolare e l’unico motivo per cui lo tollerava era che avrebbe contribuito ad una migliore preservazione della sua preda.
Per qualche istante restò a fissare i cerchi concentrici che increspavano l’acqua nel punto in cui il tritone si era lasciato andare a fondo: in realtà a Rin non importava granché che quell’essere si facesse vedere o meno, era sufficiente che sopravvivesse fino alla sua vendita, il resto non contava. Alzandosi, tornò a voltarsi verso il portico e chiamò Nitori, intenzionato a farlo stare di guardia al suo posto. Era stato sul punto di allontanarsi quando uno schizzo d’acqua lo raggiunse ad una gamba ed una voce sconosciuta, dal suono profondo e morbido, chiamò il suo nome.
«Rin. »
Il ragazzo si voltò verso il laghetto, spalancando gli occhi quando vide che il tritone era emerso e lo fissava con quegli occhi limpidi quanto lo specchio d’acqua. Era stato lui a parlare? Lo aveva chiamato per nome?
«Rin. Non ha senso odiare il mare. »
Per un attimo, per uno spaventoso attimo, aveva quasi pensato che, siccome quella creatura parlava, allora fosse paragonabile ad un essere umano. Ma era durato solo un istante e quelle poche parole successive erano state sufficienti a distruggere l’idillio.
Infuriato, Rin tornò a chinarsi verso l’acqua, sollevando una mano come se volesse afferrare o colpire in qualche modo il tritone.
«Tu… cosa ne sai? » ringhiò. «Cosa pretendi di sapere?! Hai idea di cosa significhi perdere parte della tua famiglia e con essa la tua infanzia e tutto il tuo mondo? Che cosa vuoi saperne, tu?! »
La mano che aveva sollevato, si chiuse a pugno e colpì il terreno in un estremo gesto di rabbia.
«Nessuno ha il diritto di dirmi che quello che provo non ha senso. Nessuno. Perché ha senso per me ed è più che sufficiente. »
Irritato con sé stesso per aver perso il controllo ed essersi mostrato in quel modo, si alzò e voltò nuovamente le spalle al laghetto e al tritone: l’idea che quelle sue poche parole lo avessero sconvolto a tal punto lo allarmava. Preferiva non vederlo e avere a che fare con lui il meno possibile, a questo punto.
«Esco. Vado in paese a cercare un acquirente o almeno qualche aggancio. » disse a Nitori che lo fissava preoccupato dal portico. «Tu tienilo d’occhio e non permettere a mia madre e a Gou di avvicinarsi quando torneranno. »
Ignorò completamente le domande preoccupate de ragazzino e lasciò il giardino a grandi passi.

Aiichiro sospirò di rassegnazione nel vedere il suo senpai di nuovo così nervoso e, piuttosto in ansia per quello che poteva essere successo, si avvicinò alle sponde del laghetto e ad Haruka.
«Stai bene? Il senpai non ti ha picchiato, vero? » domandò con una punta di timore.
Il gesto di Rin era stato piuttosto eloquente ed era un miracolo che non si fosse sfogato colpendo effettivamente in tritone. Quest’ultimo però lo fissò di rimando mantenendo un’espressione piuttosto neutra.
«No. » rispose in tono piatto.
Nitori sospirò di nuovo, questa volta di sollievo: non gli andava affatto a genio quando Rin assumeva quel comportamento impulsivo e violento, ma era anche vero che era la prima volta che lo vedeva con un’espressione tanto addolorata e non avrebbe saputo prevederne la reazione.
«É strano. » commentò quindi. «Il tuo effetto sul senpai, intendo. Non ha mai mostrato apertamente quanto soffrisse, solo quanto fosse arrabbiato, con te invece sembra che riesca a sfogarsi. »
Sotto lo sguardo cristallino e perplesso di Haruka, si affrettò a correggere quello che avrebbe potuto essere un clamoroso fraintendimento.
«Non intendevo che sia un bene che continui a minacciare di farti del male! Però è anomalo che lo minacci e non lo metta in atto, ecco. E ti ha parlato di cosa ha perso, mentre a me, che lo conosco ormai da tempo, non ha mai detto niente. Inizio a pensare che tu abbia uno strano effetto su di lui…»
Avrebbe voluto fermarsi a riflettere e a fare congetture su quale potesse essere questo effetto, ma una squillante voce femminile risuonò nell’ingresso, facendolo sobbalzare.
«Onii-chan! Sei in casa? »
Un attimo dopo la sorella minore di Rin, Gou, apparve sotto il portico, con un sorriso allegro e diverse buste tra le mani. Nitori, per semplice reazione, balzò in piedi e si frappose tra lei e la sponda del laghetto, come se questo fosse sufficiente a nascondere quello che vi galleggiava.
«Oh, Ai-chan, bentrovato. » lo salutò lei tranquillamente. «Sai dov’è andato mio fratello? Io e la mamma abbiamo venduto tutto il pescato di oggi e volevamo festeggiare i buoni affari. Ho fatto un sacco di spesa di frutta e verdura al mercato del paese e la mamma è andata dal macellaio a farsi dare i pezzi migliori. Vuoi unirti a noi, stasera? »
Nitori incespicò sulla risposta da darle, mortalmente incerto su quale potesse essere la migliore e pregando che la ragazza non si avvicinasse ulteriormente.
«Ah… Il senpai è… anche lui in paese. Doveva vedere delle persone. E… ehm… sì, sarebbe fantastico mangiare carne dopo tanto tempo, se non è un disturbo, ovviamente! »
«Ma quale disturbo? Ormai fai parte della famiglia! » ribadì la ragazza, salvo poi soffermarsi a scrutare qualcosa che si trovava al di là della figura del giovane mozzo.
«Ai-chan, cosa c’è nel laghetto? »
Quella domanda mandò nel panico il povero Nitori che, iniziando ad agitarsi, tentò di assicurarle che non c’era nulla di strano o diverso da solito, finendo per non essere affatto convincente ed incuriosirla ancora di più. Fu proprio per questo che Gou posò le buste della spesa sul pavimento del portico e si avvicinò all’acqua con l’aspettativa che poteva avere un detective davanti alla soluzione di un mistero e fu sempre per lo stesso motivo che un istante dopo nel giardino echeggiarono alte esclamazioni di sorpresa ed entusiasta incredulità.
Ci vollero diversi minuti perché la ragazza si tranquillizzasse e recuperasse il controllo di sé, durante i quali Nitori fece del suo meglio per spiegare come fossero arrivati a quella situazione. Gou era totalmente senza parole.
«Mio fratello pesca un tritone e che fa? Decide di venderlo! É folle, cosa gli passa per la testa?! É come trovarsi di fronte alla realizzazione di una favola o di un sogno, non possiamo permettergli di fare una cosa del genere! »
Con aria combattiva, si voltò verso la suddetta creatura che, apparentemente intimorita da tanto chiasso, si era rifugiata a diversi metri dalla sponda e fissava entrambi con malcelato sconcerto.
«Haruka! Ti chiami Haruka, giusto? Non preoccuparti! » esclamò. «Non permetterò a mio fratello di fare la parte del pazzo sfruttatore, troveremo il modo di liberarti! »
Nitori le restituì uno sguardo allarmato: a parte il fatto che gli sfuggiva il particolare del pazzo sfruttatore, mettersi così palesemente contro Rin avrebbe portato guai a tutti. Per lui sarebbe sicuramente stato meglio se fossero riusciti a parlargli e ad appianare le cose con calma e ragionevolezza, ma ora che anche Gou era coinvolta potevano dire addio alla discrezione. Inoltre dubitava che qualcuno di schivo e silenzioso come Haruka potesse anche solo tollerare la vicinanza di un tipo così chiassoso.
Invece, in barba alle sue supposizioni, il tritone nuotò verso la ragazza e si fermò a fissarla quasi alla stessa altezza dei suoi occhi.
«Mi farai tornare nel mare? » chiese, con un leggero fondo di aspettativa nella voce.
«Certo, puoi contarci! »
Nitori avrebbe potuto scommettere di vedere affiorare l’ombra di un sorriso sulle labbra di Haruka, prima che scomparisse tra le piccole onde del laghetto.
Solo in quel momento Gou si voltò verso di lui e, afferrandogli le mani, esclamò entusiasta: «Allora, qual è il piano? »
Aiichiro sospirò: decisamente erano ancora lontani da una soluzione.

Appena lasciata la casa di Rin, Rei aveva fatto un giro d’ispezione in paese, interrogando chi era di ritorno dal mercato del pesce su eventuali voci o fatti anomali accaduti in mattinata. Nessuno gli raccontò storie degne di nota e la pista più sicura restava ancora quella dello strano comportamento di Matsuoka, nonché dell’agitazione del suo kohai. Non che Nitori fosse mai effettivamente a proprio agio con Rin nelle vicinanze, ma quel giorno aveva decisamente avuto troppa fretta di cacciarlo.
A mezzogiorno, quando ormai disperava di poter ricavare notizie utili, gli capitò di sentire uno stralcio di conversazione mentre si sedeva all’ombra di un albero a mangiare qualcosa. Due vecchi pescatori, che cercavano riparo dalla calura estiva, stavano commentando qualcosa di visto poco prima.
«Quel ragazzo non dovrebbe frequentare compagnie del genere, finirà sulla cattiva strada o in qualche guaio. »
«Del resto, da quando è mancato suo padre, ha sempre avuto qualcosa di strano. »
«Sì, ma quelli non scherzano, è gente pericolosa che viene da Samezuka. Parlavano di sirene, chissà se è una sorta di nome in codice per qualche giro d’affari losco? »
«In ogni caso mi dispiace davvero per Matsuoka-san, con un figlio del genere…»
Rei, che aveva seguito lo scambio di battute con scarso interesse, alle parole “sirena” e “Matsuoka” aveva rizzato le orecchie: dunque le sue supposizioni erano corrette, Rin aveva davvero rapito l’amico di Nagisa e ora trattava qualcosa, probabilmente una vendita, con della gente dell’isola di Samezuka. A questo punto non c’era tempo da perdere, doveva informare subito il tritone e studiare un piano per portare Haruka fuori dalla casa dei Matsuoka.
Attendere la sera fu una pena ma, quando si recò alla piccola insenatura nascosta oltre il porto dove era solito incontrare Nagisa e lo trovò già lì ad aspettarlo, ogni stanchezza della giornata passata in giro a caccia di informazioni, scomparve.
«Rei-chan! » lo chiamò il tritone dorato dall’acqua, agitando la coda e sollevando mille spruzzi per attirare la sua attenzione. «Hai scoperto qualcosa? Sai dove si trova Haru-chan? »
Sembrava davvero agitato e il suo sguardo cremisi non aveva mai tradito tanta ansia.
Rei si sedette sulla sabbia, vicino all’acqua poco profonda e trasse un leggero respiro.
«Sì, credo di aver scoperto dov’è e anche cosa vogliono fare di lui. »
Con poche parole raccontò della conversazione tra i due vecchi del paese e delle sue supposizioni riguardo i “tipacci” di Samezuka. La conclusione fu la stessa su cui stava rimuginando da tutto il pomeriggio: come portare via Haruka.
Nagisa, che ad ogni parola era sembrato sempre più preoccupato, davanti a quell’ipotesi parve perplesso. Se non era potuto nemmeno entrare in casa, obiettò, difficilmente sarebbe riuscito a portare fuori qualcuno di nascosto o senza che venisse opposta resistenza. Anche perché, com’era ovvio che fosse, un tritone non poteva certo camminare sulla terra ferma e questo presupponeva un qualche tipo di trasporto.
«E se invece lo comprassi tu? » fu invece la proposta del biondino. «Potresti presentarti a questo Rin dicendo che sei interessato all’acquisto, che sei un fan degli animali rari o qualcosa del genere. Se è davvero una brutta persona come dicono, di certo non gl’importerà a chi va in mano la sua preda, basta che paghi. »
Rei dovette ammettere che un’ipotesi del genere lo aveva già sfiorato in precedenza, ma veniva a mancare un piccolo dettaglio fondamentale: lui non avrebbe mai avuto sufficiente denaro per rilanciare l’offerta di un malavitoso di Samezuka.
«Se il problema sono le cose di valore da scambiare, te ne posso portare quante ne vuoi! » esclamò Nagisa entusiasta. «I relitti delle navi sono pieni zeppi di tesori! »
Effettivamente quella era un’idea niente male: per loro che erano solo dei comuni esseri umani era impossibile scendere nelle profondità degli abissi per recuperare ciò che celavano le grandi navi affondate in passato, ma per un tritone doveva essere un gioco da ragazzi. Non era del tutto certo che Nagisa conoscesse il valore del denaro, quindi tentò di essere il più semplice possibile mentre spiegava ciò di cui avevano bisogno.
«Facciamo così, recupera solo le cose che luccicano, in questo modo saremo certi che sono di valore.»
Nagisa sorrise entusiasta.
«Ho una piccola collezione di oggetti appartenuti agli umani, recuperati dalle navi. Ovviamente di nascosto, se mi scoprissero mi farebbero una bella lavata di capo. Posso mostrarti quelli così mi dirai cosa portarti. »
Era un buon compromesso e Rei si accomodò meglio sulla sabbia in attesa del ritorno del piccolo tritone. Voleva assolutamente aiutare Nagisa, doveva trovare il modo, un po’ per appagare il proprio senso di giustizia, che lo portava a desiderare la salvezza di una creatura innocente, e un po’ perché, da diverso tempo ormai, trovava estremamente piacevole avere quegli occhi cremisi puntati su di sé con espressione adorante. Più tentava di convincersi di essere solo il nuovo giocattolo di un cucciolo entusiasta, più realizzava che quello sguardo intenso e brillante andava molto al di là del semplice divertimento. Chissà se quello strano nodo che gli stringeva lo stomaco aveva a che fare con i baci che Nagisa gli regalava ogni volta che doveva ringraziarlo o salutarlo?
«Questo può andare, Rei-chan? »
La voce del tritone, appena riemerso dalle onde, lo strappò da quei pensieri confusi e, quando si vide posare davanti un grosso pezzo di vetro colorato, dovette reprimere a forza una risata. Lo sguardo di Nagisa era serio e carico di speranza, non poteva certo ridergli in faccia.
«Ehm… No, quello probabilmente è un pezzo di vetrata. Luccica, è vero, ma non ha valore nel senso che intendevo. »
«Allora questo! »
Per niente scoraggiato, Nagisa gli porse un gancio di ottone tirato a lucido, probabilmente parte di un timone o qualcosa del genere.
«Mmm… no, non ci siamo ancora. »
«E questi? »
In ultima battuta, il piccolo tritone rovesciò sulla sabbia l’intero contenuto del fagotto che portava: vi erano cianfrusaglie di ogni tipo, posate d’argento, frammenti di piatti, boccette colorate e piccoli pezzi d’arredamento, ma quello che colpì maggiormente Rei luccicava sul fondo.
«Questa! » esclamò sollevando tra le dita una moneta d’oro.
Nagisa gli restituì uno sguardo perplesso e per nulla convinto, storcendo il naso come se si fosse trovato davanti alla più grande sciocchezza mai sentita.
«Quella? Ma è così piccola e non luccica nemmeno. Laggiù ce ne sono forzieri pieni, ma sono tutti sporchi e coperti di alghe, quella roba non è buona nemmeno per ricoprire i campi di anemoni. »
Rei non sentì una parola dopo “forzieri pieni” e, con gli occhi che brillavano per l’esaltazione, balzò in piedi allargando le braccia.
«Forzieri pieni?! Forzieri pieni! Di monete d’oro! Abbiamo la soluzione! Tutte le soluzioni di cui avevamo bisogno!»
Impiegò qualche istante per ricomporsi, sempre sotto lo sguardo stranito del tritone, ma quando lo fece spiegò a Nagisa quanto valevano sulla terra ferma quelle cose “buone nemmeno per ricoprire i campi di anemoni”, concludendo con un entusiasta: «Con questo il tuo amico Haruka è praticamente già in salvo! »
Ora tutto stava nel convincere Rin.

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