Titolo: Un'avventura d'inverno
Fandom: Crossover Frozen/Rise of the Guardians
Rating: verde
Personaggi: Elsa, Anna, Hans, Pitch Black
Pairings: Jack/Elsa
Riassunto: "«Per anni sei stata rinchiusa per colpa di chi ti ha fatto credere di essere sbagliata. Anna non ti ha mai creduta. Hans ti ha portato via Jack, l’unica persona che ti avesse accettata. Il popolo non ha esitato a chiamarti mostro alla prima occasione. Vuoi davvero che tutti loro la passino liscia? Vuoi davvero che questi soprusi continuino? Oppure vuoi mostrare loro quanto sei forte? Li zittirai tutti.»
«Sì, li zittirò tutti…»"
Disclaimer: Frozen e tutti i suoi personaggi appartengono alla Disney. Rise of the Guardians e tutti i suoi personaggi appartengono alla Dreamworks.
Note: Ambientata dopo la fine di Frozen ma molto prima di Rise of the Guardians.
Dedicata ad
pinkabbestia per ringraziarla dei preziosi consigli. ♥
Beta:
mystofthestarsWord count: 2085 (fdp)
Da quando al castello era giunta la triste notizia della sorte dei tagliatori di ghiaccio, Anna non era più uscita dalla sua stanza ed Elsa la sentiva piangere in continuazione da dietro la porta chiusa. La Regina era a sua volta sconvolta e senza parole: fino all’ultimo aveva voluto credere che non sarebbe successo niente di male, che Jack sarebbe riuscito a salvare tutti, ma adesso che nemmeno lui tornava, l’angoscia aveva riempito il suo cuore. Solo ora che si trovava nella medesima situazione si rendeva conto di quanto la presenza di Anna le fosse stata d’appoggio e non sapeva come comportarsi per esserle d’aiuto. Esitava addirittura ad avvicinarla nel timore di dire la cosa sbagliata e dimostrarsi una persona non all’altezza del suo affetto. Elsa non si sentiva affatto in grado di consolare qualcuno, ancora troppo abituata al proprio isolamento e alla propria riservatezza per arrischiarsi a mostrare qualche tipo di sentimento troppo intimo. Inoltre l’ansia che provava per Jack non era d’aiuto, la faceva sentire persa e questo rendeva il suo potere instabile. Le aveva promesso che sarebbe andato tutto bene, che sarebbe tornato e le sarebbe stato vicino, quindi non sapeva darsi pace.
La sera del secondo giorno da quando era giunta la missiva foriera di cattive notizie, finalmente si decise a recarsi dalla sorella, sperando di poter almeno parlare un po’. Quale non fu la sua sorpresa nel trovare la porta socchiusa e due voci che provenivano dall’interno.
«Lo apprezzo molto, davvero…» stava dicendo Anna. «Elsa non mi ha ancora detto nulla da allora e mi sentivo molto sola. Sono arrivata addirittura a pensare che non gliene importasse nulla…»
A quelle parole, la Regina abbassò gli occhi addolorata: aveva di nuovo abbandonato sua sorella facendola soffrire e lasciandola sola in un momento difficile. Se ne sarebbe andata subito se la voce che rispose ad Anna non l’avesse fatta sobbalzare di sorpresa e indignazione.
«Sono certo che la Regina Elsa è angosciata quanto te da ciò che è accaduto. » disse la voce flautata di Hans. «Tiene a te più di ogni altra cosa e a quest’ora si starà di certo tormentando nel vederti soffrire. »
Elsa, dietro la porta, strinse i pugni e s’impose di non irrompere nella stanza e congelarlo a morte con un solo gesto. Come osava, quell’orrendo doppiogiochista, quell’infame macchinatore, parlare in quel modo a sua sorella quando era stato lui la causa di tutto? Se poi pensava che per colpa sua aveva perso Jack…
Il pavimento attorno ai suoi piedi iniziò a ricoprirsi di un sottile strato di ghiaccio, che serpeggiò sulle pareti del corridoio concretizzando la sua rabbia e il suo dolore in stalattiti appuntite.
«Se posso fare qualcosa per aiutarti, qualunque cosa, non esitare a chiedere. » continuò Hans. «Sono venuto qui per fare ammenda dei miei crimini e se potrò alleviare anche solo un poco il tuo dolore, lo farò. »
Di fronte al carico di ipocrisia di quelle parole, la rabbia della Regina esplose e la porta venne spalancata di colpo da una folata di vento gelido. Il ghiaccio invase le pareti creando cristalli acuminati che puntarono contro il nemico.
«Elsa! » esclamò Anna ritraendosi spaventata. «Cosa stai facendo? »
La giovane però la ignorò e si rivolse direttamente ah Hans, con sguardo carico d’ira.
«Tu, dannato doppiogiochista, come osi rivolgere a mia sorella queste patetiche offerte d’aiuto? Tu, che sei la causa prima del suo dolore e che hai architettato tutto questo al solo scopo di ferirci! »
Se non fosse stata la donna raffinata e con l’ottima educazione che era, lo avrebbe preso a schiaffi o, peggio, avrebbe sputato ai suoi piedi con tutto il disprezzo di cui era capace. Invece non fece nulla di tutto ciò e Hans ne approfittò per ribattere.
«Cosa significa, altezza? Mi state accusando di aver organizzato l’incidente? » disse con espressione sconvolta. Poi le sue sopracciglia si aggrottarono e lo sguardo si fece più tagliente. «Un’accusa di omicidio è molto grave da pronunciare senza prove, anche per una regina. O volete dirmi che le avete?»
«Certo che le ho! Jack…»
«Jack? » domandarono in contemporanea Hans ed Anna.
Elsa s’interruppe bruscamente: la verità era che tutto ciò che aveva era la parola di una creatura che nessuno a parte lei poteva vedere. Non le avrebbero mai creduto.
Hans colse la sua esitazione e ne approfittò.
«Ritirate il vostro ghiaccio e le vostre minacce, maestà, qui sono del tutto fuori luogo e sarà bene che non si ripetano. »
Così dicendo, voltò le spalle alle ragazze e si avviò fuori dalla stanza ignorando completamente lo sguardo affranto di Anna.
«Elsa…» iniziò la sorella minore, disperata e confusa, e finalmente la Regina le si avvicinò accarezzandole una guancia ancora umida di lacrime.
Avrebbe potuto raccontarle tutto, dirle delle macchinazioni del Principe delle Isole del Sud, ma ancora le rimbombavano in mente le sue parole di scetticismo. Non voleva sentirsi respinta di nuovo, non voleva che la guadasse di nuovo con l’espressione di chi ha davanti qualcuno dalla dubbia sanità mentale.
Fu Anna stessa a toglierla d’impaccio parlando per prima.
«Cosa sta succedendo? Perché stai di nuovo accusando Hans? » chiese, mentre la fissava con gli occhi ancora gonfi. «Elsa, Kristoff non c’è più… Non tornerà più… Non voglio sentire persone che litigano, adesso. Quello che vorrei è…»
Non riuscendo più a proseguire, scoppiò in singhiozzi sulla spalla della sorella e finalmente Elsa trovò la forza di abbracciarla: si sentiva allo stesso modo, affranta e spezzata dal dolore e quegli scatti di rabbia altro non erano che il suo unico modo per affrontarlo. Anna aveva perso Kristoff, lei aveva perso Jack e la differenza tra loro era che Elsa non poteva nemmeno piangerlo, solo soffrire in solitudine e tentare di fermare chi aveva causato tutto questo.
«Mi dispiace, Anna. Mi dispiace tanto, per tutto. Lo fermerò, te lo prometto, lo farò prima che possa fare ancora del male. Lui e Pitch pagheranno per quello che hanno fatto. »
Troppo tardi si rese conto di aver di nuovo parlato di Pitch e che la sorella la fissava con una sorta di compassione negli occhi. Avrebbe voluto dirle di non guardarla in quel modo, che non era pazza, che stava facendo tutto quello per lei, per proteggerla, e avrebbe dovuto ringraziarla. Invece rimase in silenzio, consapevole del proprio errore e della propria precaria posizione.
«Lo vedi? Non si fida di te…»
La voce sibilò accanto al suo orecchio e svanì prima che se ne rendesse conto.
«Cos…? »
Elsa fece per guardarsi attorno ma sapeva bene che nella stanza c’erano solo loro due.
Anna nel frattempo non smetteva di fissarla con quello sguardo sempre più insostenibile.
«Non si fida. Ha paura di te e fa bene ad averne. »
«Cosa?! »
«Elsa, che succede? »
Anna la fissava stranita, ovviamente lei non aveva sentito niente e questo era ancora più preoccupante. E se avesse avuto ragione lei? Se non ci fosse mai stato nessun complotto, nessuno spirito della neve, nessun “uomo nero”? Se semplicemente fosse sempre stata lei a materializzare nella propria mente tutto questo? Se stava davvero impazzendo a causa di tutto quello che aveva passato? Allora sarebbe stata di nuovo un pericolo per tutti.
«S-stammi lontana, non voglio farti del male! » esclamò stringendosi le braccia attorno al corpo, non tanto per proteggere sé stessa quanto per impedirsi i movimenti.
«Ma cosa…? » tentò di obiettare Anna, tuttavia la sorella non la fece finire, indietreggiando di alcuni passi, per poi votarle le spalle e fuggire dalla stanza.
La paura si stava impossessando di lei come in passato, sapeva che questo non avrebbe portato a nulla di buono, ma non riusciva a controllarsi. La vecchia cantilena “niente emozioni, niente emozioni” non sembrava sortire alcun effetto e ad ogni passo che compiva una chiazza di ghiaccio si allargava sui pavimenti del palazzo. Sempre più in preda al panico, si rifugiò all’esterno, in un angolo del giardino ricoperto di neve dove sperava che nessuno l’avrebbe cercata. Non aveva importanza se affondava in quella coltre gelida fin quasi alle ginocchia, non la turbavano i fiocchi ghiacciati che cadevano sul su volto come lacrime del cielo, era lacerata da ben altri tormenti.
«Perché scappi? » le sibilò la voce all’orecchio. «Non sei tu quella che deve avere paura. »
«Smettila…» la implorò la ragazza coprendosi le orecchie. «Io non sono pazza. Non sono pazza. Non m’immagino le cose. »
«Ma certo che non sei pazza. » proseguì la voce, suadente. «Pazzo è chi vuole convincerti che tu lo sia. Perché ha paura della tua forza. Elsa, tu sei una regina, il mondo dovrebbe inchinarsi al tuo passaggio, non hai motivo di nasconderti. »
«Ma io… ho sempre pensato che fosse giusto così…»
«Perché è quello che loro ti hanno fatto credere. Pensa invece che cose meravigliose potresti fare. Il tuo potere, unito al mio, ci garantirebbe la supremazia assoluta. Il freddo e l’oscurità dominerebbero il mondo. »
«Dominare il mondo…»
Elsa si sentiva improvvisamente stordita, come se non riuscisse a comprendere pienamente quello che le veniva detto. Sapeva solo che l’ansia e la paura provate fino ad un attimo prima stavano lentamente scemando, per lasciare spazio ad una sensazione sconosciuta. Una sorta di desiderio di rivalsa si stava facendo strada dentro di lei, accompagnato ed incoraggiato da quella voce oscura e invitante.
«Per anni sei stata rinchiusa per colpa di chi ti ha fatto credere di essere sbagliata. Anna non ti ha mai creduta. Hans ti ha portato via Jack, l’unica persona che ti avesse accettata. Il popolo non ha esitato a chiamarti mostro alla prima occasione. Vuoi davvero che tutti loro la passino liscia? Vuoi davvero che questi soprusi continuino? Oppure vuoi mostrare loro quanto sei forte? Li zittirai tutti.»
«Sì, li zittirò tutti…»
Quando riprese pienamente coscienza di sé, Elsa si trovava ancora nel cortile. La notte era calata da un pezzo e solo la luna argentea illuminava la coltre di neve in cui affondava i piedi. A giudicare dai muscoli indolenziti, era stata per tutto il tempo seduta sulla panchina di pietra dove si trovava ora. Aveva anche l’impressione di aver parlato con qualcuno, ma non ricordava né con chi, né a proposito di cosa. Tutto quello che sapeva era che la terribile ansia che l’aveva attanagliata fino a poco prima sembrava scomparsa. Il dolore no, quello rimaneva, ma la paura di essere di nuovo mal giudicata e allontanata da tutti era stata sostituita da una sorta di sicurezza che, qualora fosse davvero successo, avrebbe saputo come difendersi.
Rendendosi conto che, probabilmente, con la sua scomparsa aveva messo in allarme buona parte della servitù di palazzo, per non parlare di sua sorella, raccolse attorno alle caviglie l’orlo inzuppato della gonna e ringraziò di non patire affatto quella temperatura rigida. Mentre rientrava a palazzo la sua mente vagava tentando di afferrare brandelli della conversazione che sapeva di aver sostenuto ma di cui non riusciva a ricostruire il contenuto. Che fosse ancora a proposito di Hans? In ogni caso, decise repentinamente, quel miserabile avrebbe potuto minacciarla in ogni modo ma l’indomani lo avrebbe cacciato da Arendelle. Non voleva un assassino sotto il suo stesso tetto, né tantomeno avrebbe tollerato la presenza della persona che le aveva sottratto l’unico che potesse capirla. Anzi, a ben vedere non era così necessario che lo cacciasse, poteva anche accettare che rimanesse ad Arendelle… Sotto forma di statua di ghiaccio per adornare la sua stanza.
Un sorriso inquietante si dipinse sulle sue labbra pallide: forse era questa la sicurezza che cercava da tanto tempo, il coraggio di compiere finalmente azioni che fino ad ora aveva sempre temuto, anche se giuste. Stava già dirigendo i suoi passi verso l’esterno del cortile, decisa a recarsi al porto dov’era ancorata la nave delle Isole del Sud, quando una voce dal tono accorato richiamò la sua attenzione.
«Elsa! Oh, grazie al cielo sei qui! Eravamo tutti preoccupati! » esclamò Anna correndole incontro dopo aver attraversato il salone del palazzo, ignorando il vento gelido che le scompigliava i capelli e gli abiti.
«Sto bene. » la rassicurò la Regina, muovendo un passo nella sua direzione.
Non temeva più di ferirla, non sarebbe successo nulla se non mosso dalla sua volontà.
«Piuttosto, non uscire con questo freddo, ti prenderai un malanno. Dove stavi andando? »
Gli occhi di Anna brillavano di una nuova luce, sembrava che tutta l’angoscia provata fino a poco prima fosse scomparsa, rimpiazzata da un’incomprensibile speranza.
«C’è qualcuno alle porte! » esclamò. «Una spedizione proveniente dalla Montagna del Nord! Oh, lo so che è sciocco illudersi, che è arrivata una missiva molto chiara, ma se qualcuno fosse sopravvissuto? Se ci fosse anche solo qualcuno che può raccontarci cos’è successo? Devo saperlo! »
Così dicendo prese la sorella per mano e la trascinò verso i pesanti portoni che sbarravano l’ingresso al palazzo.