Titolo: Arigatou, Rei-chan.
Fandom: Free! - Iwatobi swim club
Rating: verde
Personaggi: Ryugazaki Rei, Hazuki Nagisa
Pairings: Rei/Nagisa, Nagisa/Rei
Riassunto: Missing moments dopo che Rei è andato a parlare con Rin e dopo la gara regionale dell'ultimo episodio.
Disclaimer: Free! e tutti i suoi personaggi appartengono alla Kyoto Animation.
Note: Scritta per Hina e Ste che volevano una ReiGisa, anche se probabilmente è molto meno di quello che avevano in mente.
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mystofthestarsWord count: 1481 (fdp)
Quando Haruka e Makoto se n’erano andati, Nagisa, con la scusa della vicinanza a casa, aveva deciso di fermarsi ancora un po’. Sulle prime Rei non aveva capito cosa avesse spinto il compagno a rimanere, ma dopo qualche istante, vedendo la sua espressione farsi seria, aveva intuito che la questione che aveva spinto i ragazzi ad andare a fargli visita non era ancora del tutto archiviata.
Probabilmente Nagisa non aspettava altro che Haruka se ne andasse per poter parlare liberamente, senza rischiare di ferire ulteriormente i sentimenti dell’amico. Forse voleva sgridarlo, rimproverargli il fatto che si fosse intromesso quando gli era stato esplicitamente detto che la cosa non lo riguardava. Forse ancora avrebbe preso le parti di Rin in quella strana contesa. Rei non sapeva cosa pensare né come affrontare la questione, tutto ciò che sapeva era che quell’espressione improvvisamente seria non si addiceva affatto al viso gioviale e sempre allegro di Nagisa.
Il biondino tuttavia non sembrava intenzionato ad attaccarlo in nessuno modo, non credeva nemmeno fosse nella sua indole, se ne stava semplicemente seduto sul letto con lo sguardo fisso sul pavimento.
Quando Rei fu sul punto di dire qualcosa per spezzare quel silenzio che si stava facendo troppo opprimente, l’amico finalmente si decise a parlare. Un semplice sussurro, a malapena udibile.
«Mi dispiace, Rei-chan. »
Rei lo fissò confuso: di cosa stava parlando? Non avevano appena chiarito che non c’era niente di cui scusarsi?
«Mi dispiace che tu ti sia sentito in questo modo e credo che in parte sia stata anche colpa mia. » continuò Nagisa. «Ho insistito io per farti entrare in squadra, quando sapevo benissimo che la questione con Rin-chan era bel lungi dall’essere risolta. È vero che avevamo bisogno del quarto membro, ma anche così non riesco a perdonarmi quanto siamo stati indelicati e ingiusti nei tuoi confronti. »
Il giovane con gli occhiali rimase ad ascoltarlo senza interrompere: ad essere brutalmente sinceri si era ritrovato spesso a pensare quelle stesse cose, ma mai e poi mai si sarebbe sognato di far pesare questo suo problema alla squadra.
«Rei-chan, tu sei una persona fantastica e t’impegni tantissimo, mentre noi non facciamo altro che pensare a Rin-chan. Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato e posso anche capire il motivo per cui sei andato alla Samezuka oggi. Mi sento davvero in colpa per tutto quello che sta succedendo. »
Rei era senza parole. In effetti era vero che i continui discorsi relativi a Rin lo innervosivano, ma non si sarebbe mai aspettato delle scuse del genere. Il motivo per cui era andato alla Samezuka era perché non sopportava l’idea che i suoi compagni stessero soffrendo per qualcosa di accaduto nel passato, qualcosa di estremamente insignificante, a suo parere, e facilmente risolvibile con una chiacchierata a quattr’occhi. Che poi si fosse accorto che non era affatto così, era un altro discorso. Parlare con Rin era stato come scontrarsi con un muro, un muro che doveva essere abbattuto se volevano davvero essere liberi lui, la sua squadra, Rin stesso. Gli era diventato intollerabile il modo in cui l’aria cambiava non appena il rosso veniva nominato o anche solo sottinteso, non sopportava lo sguardo di Haruka che si appannava, si faceva spento e sembrava non vedere più nessuno di loro. Voleva che Haruka lo guardasse, che notasse il suo impegno e la sua volontà, perché lo ammirava come si poteva ammirare l’ideale più alto. Con gli altri ragazzi era diverso: l’espressione sfuggente di Makoto lo faceva sentire come se avesse violato uno spazio sacro, mentre gli occhioni da cucciolo abbandonato di Nagisa erano il colpo di grazia. Avrebbe volto urlare loro che non avevano nessun bisogno di Rin, che la vita va avanti, che se lui non si era rassegnato era solo un problema suo. Erano le stesse cose che aveva detto al diretto interessato quel giorno e la sensazione che fossero state urlate al vento era frustrante.
«Non sono affatto arrabbiato, Nagisa-kun. » sospirò. «Come ho detto, sono felice di fare parte di questa squadra e m’impegnerò al massimo perché diventi la migliore di sempre. Allora vedrai che ogni problema si risolverà, che finalmente anche Haruka-senpai starà meglio. »
Finalmente Nagisa alzò gli occhi e dal suo sguardo Rei capì che in quel momento Haruka non c’entrava proprio niente.
«Forse è cattivo da parte mia dire una cosa del genere, ma adesso come adesso sono più preoccupato del fatto che tu stia bene. Haru-chan troverà il modo di cavarsela, c’è Mako-chan con lui, ma tu…»
«Se stai per dire che io non ho nessuno, beh, ti sbagli di grosso. » gli rispose Rei con un mezzo sorriso e, all’occhiata confusa di Nagisa, proseguì: «Tu sei qui, no? E ti stai preoccupando di cose che nessuno ha nemmeno notato. Non potevo chiedere compagno di squadra migliore. »
Arrossì un poco mentre lo diceva, consapevole che al posto di quelle parole avrebbe potuto usarne altre, che quella avrebbe potuto essere l’occasione che aspettava da tanto. Nagisa però stava di nuovo sorridendo e le sue guance si erano a loro volta colorate di rosa, come se avesse capito tutti i significati nascosti dietro di esse. Forse, per questa volta, avrebbe potuto soprassedere alla sua convinzione che parlare risolvesse tutto.
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Il problema di quei ragazzi era davvero la comunicazione, Rei ne era sempre più convinto. Se si fossero parlati come si deve avrebbero risolto ogni cosa molto tempo prima. Ma ovviamente, quando c’erano di mezzo sentimenti tanto forti, anche i passi più semplici sembravano impossibili. Doveva essere per quello che Rin aveva scelto di chiarire la faccenda con lui prima che con gli altri: parlare con uno sconosciuto poteva rivelarsi più semplice che non con persone che si conoscevano da una vita. Ed era stato per quel motivo che Rei aveva preso la sua decisione. Certo, accettare di mettere da parte il suo sogno era stata dura, ma lui per primo era consapevole che quello era ciò di cui tutti avevano bisogno. Aveva fatto la cosa giusta, li aveva visti nuotare insieme in quella gara dove avrebbero dovuto essere rivali, li aveva visti abbracciarsi tra le lacrime e, almeno in teoria, aveva gioito del loro riavvicinamento. Tuttavia la verità era che, da quegli spalti, mentre ammirava quelle scene commoventi, Rei si era sentito escluso e la sua parte peggiore aveva iniziato a pensare che avrebbe dovuto esserci lui in quell’abbraccio generale, che un’occasione del genere non sarebbe capitata mai più, che quel momento inestimabile si era perso per sempre senza che potesse goderne la meraviglia.
Tuttavia non odiava Rin; dalla sera prima, quando avevano parlato, aveva capito che non avrebbe mai potuto odiarlo. In fondo non era altro che una persona che inseguiva disperatamente un ideale, che poi quell’ideale fosse Haruka o il sogno olimpico, aveva poca importanza. Rei si era sentito quasi sopraffatto dalla forza dei sentimenti che quei ragazzi condividevano e il suo gesto di rinuncia era stato qualcosa che sentiva di dovere loro, una possibilità che meritavano di avere. Eppure, paradossalmente, il rimpianto non voleva saperne di abbandonarlo.
Successe quando tutti avevano già lasciato gli spogliatoi. Rei era rimasto pazientemente ad aspettare che Nagisa, l’ultimo della squadra che si stava ancora vestendo, finisse di allacciarsi le scarpe, ma sembrava che l’altro stesse tardando di proposito. Quando terminò l’operazione, alzò su di lui uno sguardo particolarmente luminoso.
«Rei-chan, grazie. » disse mentre sul suo volto si dipingeva un sorriso dolce.
Rei ebbe la tentazione di rispondere di nuovo con qualche frase ad effetto come aveva fatto con Haruka e Makoto, ma quello sguardo limpido glielo impedì: non poteva mentire davanti a Nagisa, gli era praticamente impossibile.
«So che è stato un grande sacrificio, solo una persona meravigliosa come te poteva farlo. Grazie a questo tutto è tornato a posto, ti dobbiamo tantissimo. »
Nel sentirgli pronunciare quelle parole, Rei quasi si commosse e si vergognò dei sentimenti meschini di poco prima: i suoi compagni stavano meglio, questa era la cosa più importante.
Ciò nonostante non riuscì nemmeno ad elaborare il pensiero che Nagisa si sporse in avanti e, inaspettatamente, posò le labbra sulle sue, shockandolo. Il contatto durò solo un attimo e quando si ritrasse il biondino era tornato quello di sempre.
«Ed è proprio perché sei una persona così meravigliosa che ti amo, Rei-chan. » disse con il consueto sorriso un po’ infantile e la testa inclinata da un lato.
Rei sentì gli occhiali appannarsi per quanto le sue guance andarono a fuoco e la risata di Nagisa contribuì solo ad accrescere il suo imbarazzo, ma allo stesso tempo seppe, con la certezza matematica che tanto amava, di aver appena trovato a sua volta il suo ricordo emozionante di quella giornata di gare. Certo, forse non sarebbe stata l’euforia della vittoria o l’entusiasmo di un’amicizia ritrovata, ma avrebbe avuto le sfumature più dolci di un sentimento cresciuto e sbocciato con naturalezza.
«Nuotiamo ancora insieme e stracciamo tutti la prossima volta! » esclamò Nagisa e Rei si ritrovò a pensare che, qualunque parola avessero pronunciato quelle labbra, avrebbe acconsentito senza battere ciglio.