(no subject)

Nov 03, 2005 19:51


Il treno rischia di diventare la mia seconda casa. Le ferrovie la mia patria di esule dall'apatia. Il numero dei viaggi e delle mete è cifra irrazionale. Profugo da una terra di staticità, cerco il mio caos vitale precipitandomi dritto alle sinapsi da cui parte l'impulso. E i neuroni di questa rete han sembianze di vagoni e rumore di ferraglia su binari verso est.

Immagini si sovrappongono. Scenari mutevoli dissolvono uno nell'altro in stile hollywoodiano, la mia memoria dirige la fotografia, onda del sentimento in cabina di regia. Ogni viaggio riassume i precedenti, li riesuma, li spolvera per rimetterli in bacheca a brillare, mentre nuove colline scivolano appena percettibili al di là del vetro.

Galleria. E il vetro si fa specchio, riflette l'interno. Lo scompartimento buio, il mio viso che mi osserva. Scruta. Sorride. Si sofferma sui piccoli cambiamenti dal viaggio precedente. Poi di nuovo la luce, riappare il mondo esterno, riacquista consistenza. Mille pensieri in mente, testa contro il finestrino, il mio occhio sul bersaglio come fosse di un cecchino, un dettaglio da fissare come in una polaroid, da gettare in un cassetto e conservare finchè puoi. Questa volta la meta la conosco, è un ritorno, il tempo è ciclico e come una marea mi spinge nuovamente nella stessa baia di cobalto.

Dove il mare non gela.
Dove il bianco non uccide.

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