E dopo la luuuuunga pausa di nalate-capodanno-befana, un luuuuuuuuuuuungo post per fare il punto della situazione.
IO
Ho passato un bellissimo natale nel quale sono anche riuscita a non impazzire del tutto ai fornelli… Solo un po’.
Sono uscita indenne dal salto per aria di almeno 4 programmi per capodanno. Nessuno mi ha regalato il capodanno da quindicenne che volevo, ma me ne sono fatta una ragione ed è stata una bella serata.
La vacanza Homer Simpson è ormai più che collaudata quindi niente particolari nuove… Anche se forse, a malincuore, in alcuni momenti ho pensato di non avere più il fisico… Sigh…
Ho ripreso il laboratorio con i bimbi delle elementari che dopo le feste sembrano un po’ più creativi… Rincoglioniti come sempre, ma più creativi.
Ho scritto le mie prime sceneggiature per fumetti e sto aspettando trepidante la realizzazione pratica da parte delle “mie” due disegnatrici… In assoluto il pensiero più elettrizzante del nuovo anno!
Come tutti gli anni ho creato un cesto dei progetti da cui attingere nei momenti di sconforto e se l’esperienza insegna non ne metterò in pratica nemmeno la metà, ma è stato tanto bello farlo!
Chi aveva scommesso che ripensando alla festa del cinema di Roma avrei ghignato ebete fino a natale ha vinto.
Chi aveva scommesso fino al mio compleanno dovrà attendere ancora sei mesi.
Fatti un po’ di caxxi miei, passiamo a degli articoli su chi ha una vita molto più avventurosa della mia. Sono tanti (infatti li dividerò in 2 post), ma li avevo tra i preferiti da 1 mese e prima o poi volevo leggerli. Per chi se li vuole sciroppare con me…
The way back. Il nuovo film di Peter Weir con Colin Farrell
Da Movieplayer.it del 9 - 1 - 09
Le star Colin Farrell, Ed Harris, Jim Sturgess e la giovanissima Saoirse Ronan reciteranno in The way back, nuovo progetto del regista australiano Peter Weir.
Gli attori sono nella fase finale delle trattative con lo studio per recitare nel film incentrato su un gruppo di soldati che organizza una rocambolesca fuga da un gulag siberiano nel 1942. Il film è basato sul romanzo autobiografico di Slavomir Rawicz “Tra noi e la libertà”.
Farrell interpreterà un soldato russo dal corpo tatuato, Harris sarà un americano e Sturgess un giovane militare polacco. Saoirse Ronan, che dopo il bel fantasy natalizio Ember - Il mistero della città di luce, è attesa alla prova come protagonista di Lovely Bones, diretta da Peter Jackson, vestirà i panni di un'adolescente russa che incontra il gruppo di fuggitivi. Le riprese di The Way Back prenderanno il via a marzo in Bulgaria.
Da Vivacinema.it del 23 - 12 - 08
Il 2009 si annuncia fitto di impegni per l’affascinante Colin Farrell.
Tra questi uno lo vedrà diretto dal regista Peter Weir.
Per chi non lo ricordasse, Weir è l’acclamato regista di pellicole come L’attimo fuggente, Truman Show, Green Card, e Master and Commander.
Il suo prossimo progetto si chiama The Way Back.
Si tratta della trasposizione di Tra noi e la libertà, romanzo autobiografico che narra le vicende di Rawicz Slavomir.
L’uomo, il cui ruolo dovrebbe venire interpretato proprio da Farrell, venne incarcerato nel 1939 dai russi, con l’accusa di essere una spia.
Sarà l’inizio di un incubo, fatto di anni in carcere,e venticinque anni di lavori forzati in un gulag siberiano; Slavomir fuggirà con altri sei prigionieri e con loro affronterà 6500 chilometri di marcia per raggiungere il Tibet, in cerca di asilo presso gli inglesi.
Del cast fa parte anche Ed Harris; le riprese avranno inizio nei primi mesi del 2009, in Bulgaria e nell’europa dell’est, noi lo vedremo nel 2011.
Farrell nel frattempo sarà impegnato sul set di Ondine, il fantasy di Neil Jordan.
Lo vedremo poi in Crazy Heart, Triage, The imaginarium of Doctor Parnassus, e Dirt Music.
Ma tu Colin sei proprio sicuro vero che Jared non s'incazzi a non vederti mai?
Farrell a Londra per le feste.
http://www.gossippando.it/colin-farrell-a-londra-per-natale/ Ecco le ultime foto di Colin al suo arrivo a Londra per le feste (notizia alla quale non credo, ma è solo una mia inferenza arbitraria, quindi non fateci caso)
Tralasciando l’articolo che dice pressoché niente, passiamo alle foto:
- Magrissimo per esigenze di copione come ormai siamo abituate a vederlo sempre più spesso (prima “Triage”, adesso “The way back”): Va bene foderarsi gli occhi per amore, ma… Tesoro mio, capisco che Jared è diventato una sottiletta e se non vuoi ucciderlo ti devi un po’ adeguare, ma un altro po’ e a tutti e due vi facciamo i raggi con un neon! Come ha suggerito una ragazza commentando lo stesso articolo: speriamo che il torrone sia arrivato in suo, nostro, e aggiungerei loro, aiuto.
- Solito stile definito “trasandato-chic”… Bha… A me, e qui forse si vede tutta la mia ignoranza in fatto di moda, sembra trasandato e basta. Che va benissimo, sia ben chiaro, ma chic dove?… Doppio bha…
Colin deve essersi offeso perché gli ho dato del trasandato-e-basta e ha fatto apparire, tra i link di un sito che stavo visitando, questo:
http://x17online.com/gallery/view_gallery.php?gallery=JaredLeto123108_X17&index=1 Ok Col, hai ragione, in confronto a lui tu sei il Principe Ereditario di Pitti Uomo…
Parnassus è stato rinviato
Da Badtaste.it
“Parnassus: l’uomo che voleva ingannare il diavolo” (In inglese The Imaginarium of Doctor Parnassus) è stato rinviato. L'ultimo film con Heath Ledger doveva uscire in Italia a marzo, almeno questo era nelle intenzioni della Moviemax, ma siamo venuti a sapere che il film non è ancora pronto e che quindi la release è slittata alla seconda metà del 2009.
Contestualmente, lo slittamento interessa tutti i Paesi nei quali il film di Terry Gilliam verrà distribuito, e la motivazione spiegherebbe il perché negli Stati Uniti non c'è ancora un distributore, nonostante il film abbia già destato molto interesse grazie alla presenza di Ledger e di un cast stellare (l'attore è morto durante le riprese, ed è stato sostituito per le scene mancanti da Johnny Depp, Colin Farrell e Jude Law). Probabilmente infatti le major attendono di vedere il prodotto finito prima di decidere se distribuirlo o meno, e ci vorrà ancora qualche settimana o mese.
Non è ancora noto se Gilliam, a questo punto, presenterà il film a Cannes a maggio o successivamente a Venezia a settembre, facendo uscire il film in autunno.
Harris e Mortensen raccontano i segreti di Appaloosa
Da 35mm.it di martedì 13 - 01 - 09
Dopo l'accoglienza trionfale al Festival di Roma "Appaloosa" sbarca in sala. Il film di Ed Harris con Viggo Mortensen protagonista insieme al regista, Jeremy Irons e Renee Zelwegger, è un western classico tratto dal romanzo omonimo di Robert B. Parker. Ecco come ce ne parlano i due protagonisti.
Harris, si è divertito a re interpretare il genere western?
Ed Harris: Non si tratta proprio di un revival del western perché è un genere che fa parte della nostra cultura, della storia del cinema, e non è mai stato in realtà abbandonato. È intenzionale che il film sia un omaggio al filone del western classico; ho visto tanti film di questo tipo, soprattutto quelli di John Ford, ma anche "C'era una volta il west" di Sergio Leone, che è uno dei miei preferiti.
Il valore aggiunto di "Appaloosa" sembra essere l'ironia
E. H.: Certo l'ironia e l'umorismo asciutto vengono dallo spirito dell'autore del romanzo su cui è basata la sceneggiatura. Ad esempio il personaggio di Allison, interpretato da Reneè Zellweger è interessante. Dipingiamo una donna indipendente e forte per quei tempi, sola nel nulla, che deve cavarsela da sola, che deve andare avanti senza diventare una vedova nera o una prostituta. In generale l'ironia nel mio lavoro è importante, me lo ha insegnato uno dei miei attori preferiti, Paul Newman. Mi piaceva il suo senso dell'umorismo. In tutti i suoi ruoli, faceva trasparire quella vena di umorismo speciale, ve lo ricordate in "Butch Cassidy"... Anche a me piacerebbero ruoli pieni di ironia, non stupidi ma sofisticati.
Molto ironico anche il personaggio interpretato da Viggo Mortensen, a cosa si è ispirato?
Viggo Mortensen: La vita ti fa sempre ridere. E visto che fa parte della vita, ci deve essere per forza in un film. Il film è tutto basato sulla forza dei personaggi, quello che mi piace di Ed è che dà sempre spessore e profondità ai personaggi; è stato bello ritrovarci insieme sul set, presta attenzione ai dettagli, e qui sono proprio i dettagli che definiscono il film. Ironia a parte si tratta di un western diverso perchè i personaggi appaiono moderni e costruiti con scrupolo.
All'interno di una profonda amicizia maschile tra lei ed Harris si inserisce una donna, poi che succede?
V.M.:In un mondo che l'iconografia classica ha dipinto come pieno solo di prostitute e squaw, Allie è un personaggio interessante, una donna rimasta sola in mezzo al nulla. Trovo giusto che non sia stata dipinta come una vedova nera, una prostituta, ma solo una che in fondo se la deve alla fine cavare.
Lei ruberebbe mai la donna ad un amico?
V.M.: Con tutto il rispetto, non rispondo.
Cosa l'ha convinta a recitare questo western moderno dopo "A History of Violence"?
V.M.: Il fatto che racconta la fine di un'epoca, con le cose che stavano cambiando radicalmente. Cominciavano a spuntare tribunali, forze dell'ordine, e il film rispecchia quel momento di transizione dal selvaggio alla modernità. La pellicola parte proprio da una documentazione accurata dell'epoca, anche per questo ho accettato.
Rocco Giurato
I vincitori dei Golden Globe
Film dell'anno: The Millionaire
Miglior Attrice: Kate Winslet, Revolutionary Road
Miglior Attore: Mickey Rourke, The Wrestler
Mglior attore in una commedia: Colin Farrell, In Bruges (Lo sapete già che sto in brodo di giuggiole per questo premio quindi inutile ribadire l’ovvio)
Miglior attrice in una commedia: Sally Hawkins Happy-Go-Lucky (Che qui a modena non è nemmeno uscito al cinema… Grrr…)
Miglior commedia: Vicky Cristina Barcelona
Miglior attore spalla: Heath Ledger, The Dark Night
Miglior attrice spalla: Kate Winslet, Revolutionary Road
Miglior film di animazione: WALL-E
Miglior film straniero: Valzer con Bashir
Miglior Serie Televisiva Drammatica: Mad Men
Miglior attrice in una serie drammatica: Anna Paquin, True Blood
Miglior attore in una serie drammatica: Gabriel Byrne, In Treatment
Miglior Serie Televisiva Comica: 30 Rock
Miglior attrice in una serie drammatica: Tina Fey, 30 Rock
Miglior attore in una serie comica: Alec Baldwin, 30 Rock
L’elenco completo con anche i premi minori lo trovate qui:
http://www.goldenglobes.org/nominations/ E per finire (almeno per oggi): Una perla di giornalismo inconcludente e presuntuoso in tipico stile “Io guardo solo film usciti da Venezia e Cannes, quindi posso parlare senza far capire un cacchio. Il mio unico scopo è far sentire voi poveri mortali ignoranti, oltre che in fatto di cinema, anche in fatto di linguistica”
Credo si commenti già abbastanza da solo anche se io non infierisco…
NOTA:
I corsivi sono del testo. Ci tengo a sottolinearlo innanzi tutto perché nessuno pensi che ho voluto dire la mia su alcuni punti (Questo presupporrebbe che ci avessi capito qualcosa), ma soprattutto perché li vedo come parte integrante del divertimento. Io a riprodurli tutti sono impazzita (sì, scrivo il lj con l’html), quindi si potrebbe pensare che anche chi ha scritto l’articolo abbia avuto dei problemi tecnici, ma a gente che scrive cose così non si può dare il beneficio del dubbio, quindi secondo me il tipo li ha proprio messi tutti, a caso e senza senso, come io ve li ripropongo.
Da Sentieri selvaggi.it. Articolo del 29 - 12 - 08
Bodies Of Lies - Lampi che assomigliano a delle Idee di Sergio Sozzo (del 29/12/2008)
He stands like a statue
Becomes part of the machine
Feeling all the bumpers
Always playing clean
He plays by intuition
The digit counters fall
That deaf, dumb and blind kid
Sure plays a mean pinball!
Pete Townshend - Pinball Wizard
(in The Who: Tommy)
The Departed, se non altro, già dal titolo fu il film che in maniera quasi inconsapevole esplicitava le caratteristiche di quello che non è, non è stato e probabilmente mai sarà un movimento di attori, senza manifesto né ‘dogma’, o tantomeno una scuola (ipotesi ‘impossibile’ dato il loro programmatico anti-accademismo, di cui Valeri nel profilo di Wahlberg), ma che ai più attenti sempre più insistentemente saltava agli occhi come un muoversi comune, un atteggiamento che - con tutte le differenze possibili da corpo a corpo - dimostrava in tutta una “generazione” di attori una consapevolezza costituente all’interno dei propri ruoli, del tutto istintiva, quasi animalesca, primordiale, genetica delle possibilità infinite e - è questo il punto - concettuali della propria essenza divistica. “Giocata” come modo di essere immutabile sia davanti alla macchina da presa che al di fuori - l’inafferrabilità fondativa dell’immagine del Divo risolta come irraggiungibilità (catch me if you can…) di un’immagine che non sfugga. Totalmente al di là di parametri di “valore recitativo”, ma anzi con una programmatica forma grezza (che i coevi nuovi eroi dell’action capiscono invece solo a tratti - Statham, Diesel... - perdendo costantemente la loro sfida con i Padri Fondatori…) che però penetra la macchina con precisione chirurgica (becomes part of the machine), intuisce gli sguardi (plays by intuition) che i diversi registi (divertente sarebbe poi tra l’altro stilare un elenco delle firme ritornanti, degli autori dal fiuto migliore) posano addosso, marchiandone indelebilmente i film diventandone il tendine, che come un muscolo si muove e si rilassa al ritmo del respiro del Cinema - that deaf, dumb and blind kid sure plays a mean pinball.
E il primo giocatore, il pinball wizard originario, fu negli anni ’80 proprio Tom(my) Cruise - con spaventosa lucidità Cruise ha attraversato i decenni senza mai perdere d’occhio un discorso attoriale, teorico, produttivo (l’ultima produzione della Cruise/Wagner è il formidabile Death Race di PWS Anderson…) di totale coerenza che lo pone come sicuro, geniale prototipo per tutti gli esempi successivi: la maschera immutata di Cruise (esplicitata in film come Eyes Wide Shut, i tre Mission: Impossible, Vanilla Sky, l’ultimo Tropic Thunder…) resta incontrovertibilmente sino a Collateral e Leoni per agnelli come punto di partenza (rivedere per credere Il colore dei soldi, di nuovo Scorsese…).
Tanto più esplicito tutto ciò nella manciata di corpi eccedenti (anche black, dalla statuarietà intermittente di Jamie Foxx alla ragione sociale di Will Smith) che abitano il cinema contemporaneo. Davvero anime straripanti il cui percorso segue traiettorie di assoluta espansione segnica: dalle infiltrature di Colin Farrell all’incredibile auto-esplosione di Russell Crowe, passando per il gesto sublime di Joaquin Phoenix che dopo Scott, Shyamalan, Mangold, e tre Gray di fila (e dopo il lutto di River…) smette di fare l’attore. Dimostrando per assoluta opposizione come lo scampolo di maledettismo che porta alle estreme conseguenze il make up come anima del cinema di Christopher Nolan nella vicenda della morte terribile di Heath Ledger sia in realtà la chiusura definitiva di un’altra stagione, quella dei Johnny Depp (e dei Kilmer, degli Slater, ecc.) che rinnegano di essere stati pupilli autoriali ( Burton, Kusturica, Jarmusch…) imboccando una via di assoluta normalizzazione (tutto il contrario, per dire, della fantastica eterizzazione di Ewan McGregor via Luhrman e Lucas…), finendo a fare i pupazzi per gente come Gore Verbinski (e dunque quello di Heath resta come gesto totale di rivolta alla cicatrice ghignante del Joker…), con la propria mediocrità oramai certificata e reinventata - questo si - con un certo talento, come simpatico “mestiere”, come fa Nicholas Cage. Ma ben presto, Depp - insieme ad un’altra fisionomia altamente affascinante com’è quella di Giovanni Ribisi (probabilmente al di sopra del gruppetto di ‘sbarbatelli’ ben poco entusiasmanti quali Tobey Maguire, Elijah Wood, Orlando Bloom…) finirà smolecolato nella salamoia di Michael Mann e Dante Spinotti, su negli azzurri spazi…mentre Christian Bale amato e maltrattato da Herzog supera Nolan per ritrovarsi nel West…
Dunque, nell’ambito della commedia è per forza di cose tutto più facile e netto (e non è nemmeno detto…) - Frat Pack, Crew Apatow… - e sarebbe davvero una forzatura considerare The Departed come il Tropic Thunder di tutta questa ‘new generation’, però eccoli lì: Leonardo Di Caprio, Matt Damon, Mark Wahlberg (che “resiste al massacro” solo perché il suo divismo è di matrice differente, estranea, derivata dalla carriera di rapper e modello - sembra parlare di se stesso quando descrive la doppia vita nei bassifondi dell’agente Costigan). Chi sono questi corpi attoriali? Recitano, riflettono, producono: per il cinema, per la televisione - Matt Damon tra questi è forse il caso più avanzato, avendo contribuito il suo Bourne con la sua tabula rasa interpretativa a rifondare le sorti del cinema d’azione contemporaneo nonostante Greengrass; di certo però il compare Ben Affleck che si riscopre grandioso regista non va perso di vista - basterebbero Dogma e Jersey Girl di Kevin Smith e Il diario di Jack di Binder (lo stesso dicasi per il fratellino Casey, che ha la meglio su di un Brad Pitt/Jesse James che finisce sì colpito alle spalle, ma che altrettanto colpevolmente col tempo ha fin troppo abbassato la guardia). E poi Di Caprio, Mister Green, l’attivista sociale, illusorio ponte di dialogo con la generazione dei “Mostri Sacri” (lui e non Edward Norton, a cui De Niro nel “suo” The Score chiedeva nel finale: “quand’è che ti sei convinto di essere più bravo di me?”), che come i campioni dell’Actor’s Studio continua ad attestare preparazioni meticolose e minuziose per ogni ruolo, ma che alla fine prosegue a fare letteralmente saltare in aria ogni set unicamente per la sua presenza materica e insieme intangibile.
Non è allora forse un caso se in un film di poco successivo a quello di Scorsese come lo Zodiac di Fincher (che ha perso Pitt per strada), a seguire le tracce nel panorama digitale (e che paradossalmente portano alla ricerca di una pellicola) non sia né l’antiquato giocoliere dello schermo Robert Downey Jr (che infatti resiste al cinema di Linklater così come in Iron Man resiste alla macchina), né l’opacità del bozzolo di Mark Ruffalo (che però è al fianco di Di Caprio nel nuovo Scorsese), quanto il personaggio su cui nessuno avrebbe puntato, il vignettista di poco conto, quel Jake Gyllenhaal che sin da Donnie Darko ha capito, alla stregua di tutta questa ‘nazione’ di attori, come essere nel Cinema oggi significhi essere nel tempo, nei tempi, in nessun luogo e in tutti gli spazi possibili, perennemente all'interno ed esterni al quadro.
“Vi sono degli istanti in cui il mio corpo s’illumina…
E’ molto curioso. Improvvisamente io posso vedere in me stesso…
distinguo la profondità di certi strati delle mie carni; e sento delle
zone dolorose, anelli, poli, pennacchi di dolore.
Vedete queste figure vive? Questa geometria delle mie sofferenze?
Vi sono lampi che assomigliano a delle idee.
Essi fanno comprendere da qui a lì. Tuttavia mi lasciano incerto. […]
Si producono nel mio essere dei luoghi…nebbiosi.”
Paul Valery, Monsieur Tesle