Titolo: Chaos
Personaggi: Persefone, Ade
Genere: erotico, angst
Rating: NC17
Avvertimenti: flashfic, lemon
Wordcount: 388 (
Fidipù)
Note: -
Lui era l’uomo che l’aveva rapita, che l’aveva portata via da sua madre.
Quello che avrebbe dovuto uccidere, invece di accogliere fra le gambe.
Ade grugnì, il viso contratto in una smorfia mentre la sbatteva contro il tavolo e spingeva dentro di lei, sempre più forte.
Lentamente Persephone aprì gli occhi, osservando il volto coperto dalla barba scura e dagli occhi infossati, la mascella contratta per lo sforzo. Allungò una mano, accarezzandogli il volto con i polpastrelli, mentre lui serrava di più la presa sulle sue gambe e riprendeva a spingere il suo uccello dentro di lei.
E lei guardava i loro corpi che si univano, quello bianco cinereo di lui contro il suo, leggermente abbronzato, guardava dove si univano, dove lui spariva all’interno del suo corpo.
E Ade la possedeva, penetrandola più e più volte, avanti e indietro, mentre il tavolino su cui l’aveva gettata scricchiolava sotto le sue vigorose spinte e l’aria era carica dei suoi grugniti e dei gemiti di Persephone, mentre lei gli si aggrappava ai polsi, tesi dallo sforzo, cercando di rimanere ferma.
Ade urlò, dando un’ultima potente spinta e venendo con violenza; gettò indietro la testa, mentre l’orgasmo sembrava protrarsi all’infinito, fino a che non si rese conto che anche lei l’aveva raggiunto nell’estasi.
Il dio rimase fermo, la testa all’indietro, le pareti umide di Persephone che pulsavano attorno al suo membro: «Ti amo» bisbigliò la donna, allungando una mano e carezzandogli il petto.
Ade sospirò, abbassando lo sguardo e gustandosi la vista di lei, nuda, sdraiata sul tavolino e con il suo uccello ancora dentro: «Non dovresti odiarmi?»
«Come potrei?»
Il dio socchiuse le palpebre, uscendo da quel corpo caldo e riaggiustandosi i pantaloni di pelle: «Sarebbe tutto più semplice, credimi»
Persephone lo fissò, tirandosi su a sedere e coprendosi con la lunga gonna che aveva indossato fino a poco prima: «Ade, cos’ho detto?» bisbigliò, fissandolo con quegli occhi da cerbiatta e le labbra generose, atteggiate a broncio.
«Nulla, assolutamente nulla» mormorò l’uomo, passandosi una mano fra i capelli - quel cespuglio di ricci indomabili - e dandole le spalle, andandosene a grandi passi e lasciandola sola, nella sala da pranzo, nuda e con ancora il suo seme sulle cosce.
L’aveva rapita.
La usava per scopare.
La trattava male.
Eppure lei aveva iniziato ad amarlo.
Si fermò, guardandosi indietro e osservando la porta dalla quale era appena uscito: forse stava sbagliando, forse no.
Era tutto un gran casino.