Fandom: Harry Potter
Pairing: Lucius/Narcissa, Draco/Astoria, Albus Severus/Scorpius. Inoltre presenti: Draco a sei anni, Scorpius a sei anni e, new entries, Nicolae a sei anni e Nadia a quattro.
Rating: G (massimo PG13 perché Lucius stava facendo pensieracci…)
Parole: 1658
Genere: fluff a secchiate, slash
Avvertimenti: Per una fic G? Ehm… Uomini sposati tra loro con prole adottiva e temporali con tuoni.
Disclaimer: Se qualcuno ancora crede che io sia la proprietaria del mondo di Harry Potter è un povero fesso, e se pensate che qualcuno potrebbe pagare per leggere ‘ste cagate siete fessi due volte.
Note: Questa storia ritrae tre generazioni di Malfoy (più una quarta, anche se acerba). Le date segnano i tre momenti sulla linea del tempo. In tutte e tre si assisterà a una notte di temporale di tarda primavera e a qualcuno che ha paura dei tuoni. Giusto per la cronaca, la fic segue (come il Dracoverse, d’altronde) il canon dei sette libri compreso l’epilogo, per poi vertere sugli amati lidi dello slash. Mi soffermo sull’ultima scena: Albus e Scorpius vi faranno forse un po’ specie, soprattutto se mi conoscete, perché sono sposati e hanno adottato due bambini. Vi assicuro che ci ho pensato su, prima di decidermi. Credo che, sposandosi nel 2035 e adottando i bambini nel 2040, le cose si possano dire cambiate rispetto alla società in cui viviamo oggi. Sicuramente tra 30 anni qualcosa di diverso ci sarà, in meglio o in peggio. Voglio pensare che, in Romania, sia per il meglio.
Scritta per il prompt 069. Tuono della tabella di Scorpius di
fanfic100_ita.
TEMPORALE IN TRE TEMPI
Primavera 1986
Il lampo illuminò la camera da letto per un istante. Lucius contò lentamente tra sé i secondi. Nove, dieci, undici… Il tuono scrosciò a breve distanza, facendo tremare, seppur leggermente, persino i vetri della finestra.
“Che tempo da lupi…” commentò Narcissa accigliata, lo sguardo fisso sul temporale che infuriava.
“È stagione…” borbottò Lucius. “Mettiti giù.”
Narcissa si lasciò scivolare lentamente sotto le lenzuola. Lucius sorrise tra sé. La nottata era abbastanza cupa da spingerli a dormire abbracciati e abbastanza fresca da incoraggiare l’attività fisica. Adorava i temporali primaverili.
Con nonchalance si voltò di lato, passandole delicatamente la mano sulla pancia e lungo la curva della vita affusolata prima di fermarsi sui suoi fianchi, coperti soltanto dalla sottile camicia da notte. Narcissa sospirò appena e in quel momento la serratura della porta scattò.
Lucius sollevò la testa, indispettito. Nel buio gli era impossibile distinguere l’espressione di sua moglie sdraiata accanto a lui, figurarsi qualcosa dalla parte opposta della stanza; tuttavia quando l’ennesimo lampo squarciò l’oscurità i suoi occhi riconobbero al volo il riflesso pallido dei capelli di suo figlio ad un metro e venti d’altezza. Si tirò faticosamente a sedere: il bambino era immobile, in piedi di fronte alla porta, e fissava il lettone con gli occhi spalancati. Era così bianco, con la camicina da notte candida addosso, che sembrava un fantasma. Un tuono rimbombò all’esterno e il fantasmino sussultò.
“Draco, che ci fai alzato a quest’ora?” domandò con voce strascicata, mentre Narcissa, al suo fianco, si allarmava.
“C’è il temporale,” rispose il bambino, cercando di dare un contegno dignitoso alla voce esile dei suoi sei anni.
“Ma amore, nella tua stanza la finestra è incantata apposta. Non si vede lì il temporale,” obiettò paziente Narcissa. Lucius colse la velata preoccupazione nella sua voce e disse mentalmente addio ai propri sordidi propositi.
“L’ho sentito lo stesso attraverso la porta. C’è la finestra in corridoio,” ribatté il bambino.
“Va’ in camera tua e rimettiti a letto,” lo esortò Lucius bonariamente. “Se non ci pensi non te ne accorgerai neanche del temporale.”
“Ma io lo so che c’è,” replicò quello, testardo.
Un nuovo lampo di luce, seguito a breve distanza da un tuono fragoroso, non aiutarono Lucius nel suo blando tentativo di persuaderlo a tornare a dormire.
“Lucius, forse potremmo…” iniziò Narcissa.
“Cissy, no!” esclamò Lucius. “È grande ormai!”
“Ma sarebbe solo per stanotte…” insisté lei.
“Solo per stanotte,” le fece eco Draco dal fondo della stanza.
Lucius alzò gli occhi al cielo.
“Muoviti,” sospirò, lasciandosi cadere all’indietro, più che tornando a stendersi. “Ma che non si ripeta.”
Il bambino si lanciò sul lettone di corsa, senza nemmeno ascoltare i suoi moniti. Gattonò sul copriletto con la velocità di un furetto, suscitando l’ilarità di Narcissa, e si infilò tra i genitori, tirandosi il piumone fin sotto il naso. Lucius sentì uno dei suoi piedi gelati sfiorargli la coscia e rabbrividì.
“Buonanotte!” augurò Draco, rifugiandosi nel petto morbido di sua madre e chiudendo gli occhi.
Lucius rimase a fissarli, invidioso. Odiava i temporali.
***
Primavera 2012
Astoria incassò la testa nelle spalle quando sentì l’ennesimo tuono sovrastare lo scroscio della pioggia battente. Si alzò e tirò velocemente le tende, nascondendo alla vista la grande finestra della camera da letto e con essa la bufera al di fuori. Draco la fissò dal letto, alzando a malapena gli occhi dal libro che stava leggendo. Aspettò che la moglie tornasse a coricarsi prima di lasciarsi sfuggire un sorrisino canzonatore.
“Hai ancora paura dei tuoni?” le chiese, gongolante.
Astoria lo guardò torva, piegando in giù le labbra.
“Non ho paura dei tuoni, ma questo tempaccio mi fa saltare i nervi,” rispose. “E se anche fosse, comunque?” aggiunse secca.
“Sei cresciutella,” insisté Draco, il cui ghigno si allargava di secondo in secondo. “Un po’ mi vergognerei, se fossi in te.”
“Simpatico…” ribatté piccata. “Piuttosto… Non sarà meglio controllare che Scorpius stia bene? Se si fosse svegliato…”
“Svegliato? Astoria, nostro figlio non dorme mai a quest’ora.”
“Be’, appunto! Se avesse sentito i tuoni…”
“Abbiamo fatto incantare la finestra apposta, no?” la interruppe di nuovo Draco, tornando a leggere.
“Oh, smettila! Non capisci niente di bambini!”
Draco alzò un sopracciglio, guardandola storto, poi sospirò.
“Va bene, va bene…” mormorò, posando il libro. “Andiamo a vedere come sta Scorpius…”
Si alzò controvoglia, infilando i piedi nelle pantofole con la certezza granitica che quella notte si sarebbe gustato tutto il temporale fino all’alba del giorno dopo. E dire che quel noiosissimo tomo era quasi riuscito ad avere la meglio sulla sua amica insonnia.
Strascicò i piedi fino alla porta che divideva la loro camera da quella di Scorpius. Ricordò come lui, invece, fosse costretto ad attraversare tutto il corridoio, da bambino, per raggiungere i suoi genitori, e di come di notte gli ci volesse tutto il coraggio di cui disponeva anche solo per mettere la testa fuori dalla propria stanza. Sorrise tra sé, aprendo la porta, e si bloccò sulla soglia.
La ventata d’aria fredda che lo investì gli fece svolazzare i lembi del pigiama e istintivamente si portò le braccia attorno al corpo per ripararsi.
“Che diamine… Ah!”
Astoria, che l’aveva seguito come un’ombra, si lanciò in camera di Scorpius, travolgendolo nel passaggio. La finestra era spalancata e le tende svolazzavano sinistre nel buio, sbattute a destra e a manca dalla forza sferzante del vento. Scorpius era affacciato al parapetto ed era completamente assorto nell’ammirazione del temporale. Essendo ancora troppo basso per sporgersi aveva trascinato una sedia fino alla finestra e poi ci si era arrampicato sopra. Quando le braccia di Astoria gli si chiusero attorno il bambino trasalì e Draco osservò con amarezza il sorriso estatico sparire dalle sue labbra.
“Ma dico, sei impazzito?” strepitava la donna alle sue spalle, mentre Draco si affrettava a richiudere i battenti. Attraverso le vetrate ora poteva scorgere solo l’infinita stellata primaverile. “Vuoi prenderti una polmonite?”
“Voglio vedere il temporale!” replicò Scorpius, sottraendosi al suo abbraccio protettivo e indicando la finestra.
“Ho pagato una persona per far sì che non dovessi aver paura dei temporali e tu li vuoi guardare?” domandò Draco insofferente, massaggiandosi la fronte.
“Sì!” fece il bambino. “Apri! Dai!”
“Non se ne parla proprio,” rispose Astoria.
“Ma io voglio vedere i fulmini che cadono per terra!” insisté Scorpius, alzando la voce.
A Draco stava venendo un gran mal di testa.
“Senti, Scorpius, mi sta bene che vuoi vedere il temporale, ma dalla tua finestra non si può e se la tieni aperta ti bagni da capo a piedi e ti prendi un accidente, lo capisci?” gli disse, cercando di mantenersi calmo e pacato. “Quindi perché non vieni di là e dormi nel lettone con noi? Così potrai guardare tutti i fulmini che vorrai e forse tua madre smetterà di avere paura dei tuoni.”
“Yay!” esclamò Scorpius trionfale, superandolo di corsa e buttandosi sul letto dei genitori. “Sì!”
Draco lo seguì, sorridendo soddisfatto, poi lanciò un’occhiata alla moglie.
“Non ti dispiace se apro le tende, vero?” domandò ironico.
Astoria, alle sue spalle, non rispose.
***
Primavera 2041
“Mamma mia…” mormorò Albus, occhieggiando preoccupato la finestra scossa dalla bufera. “Credi che la casa reggerà?”
Scorpius lo scrutò, sogghignando sornione.
“Se ha retto finora…” borbottò ironico, passandogli casualmente una mano tra i capelli e posandogli un bacio appena dietro l’orecchio.
“Forse sarebbe meglio controllare i ragazzini,” fece Albus, invece, con aria seria.
“Perché mai?”
“Be’, potrebbero avere paura.”
Scorpius storse la bocca, poco convinto.
“Non sarà che tu hai paura, piuttosto?” lo canzonò, chinandosi su di lui per cercare le sue labbra. “Un uomo grande e grosso come te, che lavora tutto il giorno con feroci draghi sputafuoco…”
“Piantala,” lo zittì Albus, pur senza acredine, dandogli una spintarella per allontanarlo da sé. “Non ho più paura, adesso, ma quand’ero bambino me la facevo sotto. È normale.”
Scorpius sbuffò, occhieggiando perplesso la finestra.
“Io li adoravo i temporali,” biascicò.
“Anche i tuoni?”
“Soprattutto quelli. E i fulmini,” rispose Scorpius, sogghignando.
“Perché tu non eri normale nemmeno da bambino,” ribatté Albus, tirandolo finalmente a sé per baciarlo. Quando si staccarono rivolse al compagno uno dei suoi migliori sguardi imploranti. “Vai a controllare se stanno bene? Per favore?”
“Perché ci devo andare io?” domandò Scorpius lamentoso, iniziando ad alzarsi allo stesso tempo.
“Perché tu sei tanto più rassicurante,” rispose Albus, accarezzandogli la schiena prima che uscisse dalla sua portata.
Scorpius si infilò la vestaglia, scuotendo la testa col sorriso sulle labbra. Si era appena chiuso la porta della camera alle spalle, però, che si bloccò. In piedi, proprio accanto allo stipite, c’era Nicolae. Era lì già da prima, apparentemente, ma anche vedendolo non disse nulla, limitandosi a fissarlo serio.
“Che succede? Cosa ci facevi qui nascosto?”
Il bambino sembrò cercare le parole, poi scrollò le spalle.
“Nadia ha paura dei tuoni,” spiegò, farfugliando un po’ nella fretta.
“Oh, e tu eri venuto a chiamarci?”
Nicolae annuì.
“Capisco…” sospirò Scorpius. “Dov’è tua sorella?”
Il bambino corse all’angolo del corridoio, dove, rannicchiata a terra, stava Nadia. Era così piccola, tutta fatta su, che sembrava uno scricciolo. Scorpius sorrise, sciogliendosi un po’.
“Vuoi venire a dormire con me e Albus?” domandò, inginocchiandosi di fronte a lei e accarezzandole piano la testolina.
La bambina lo scrutò coi grandi occhi dorati spalancati, poi annuì.
“Bene…” fece quindi Scorpius, prendendola in braccio. “Andiamo, che è già tardi.” Si fermò sulla soglia a fissare Nicolae, che era tornato a fare da palo fuori dalla camera da letto matrimoniale. “Vieni anche tu?”
Il potente rombo di un tuono scosse la casa. Nicolae strizzò gli occhi, impaurito, e annuì con foga.
“Forza, fammi strada,” disse allora, aprendo la porta.
Non era nei piani di Scorpius per il futuro passare la notte con due bambini a dividerlo da suo marito, ma lo sguardo che Albus gli rivolse vedendolo entrare in camera con Nadia in braccio e Nicolae al seguito lo ripagò del sacrificio. Fuori, in lontananza questa volta, si udì un altro tuono. Scorpius sorrise tra sé. Adorava i temporali.