Per quel che riguarda le comunicazioni attraverso Internet, mi par proprio che il detto latino "Verba volant, scripta manent" debba essere rivisto, e questo in entrambi i sensi che esso ha avuto: da un lato la parola scritta su Internet si propaga a una velocità incomparabilmente maggiore di quella delle parole che pronunciamo nella vita di tutti i giorni; dall'altro le comunicazioni tramite Internet, sebbene scritte, hanno una volatilità ed un'impermanenza, che nell'epoca dell'oralità neanche la parola pronunciata aveva. Un sito che ieri c'era, oggi non esiste più; un tizio con cui ieri avevamo "chattato", oggi è non è più rintracciabile (e forse non è mai esistito, date le identità fittizie che frequentemente si usano in Rete).
Questo solo per introdurre l'argomento di cui vorrei parlare: le mutazioni che le nuove forme di comunicazioni stanno introducendo o potranno introdurre nel futuro sulle nostre strutture di pensiero e sulle nostre modalità di relazionarci agli altri
Alcune di esse sono state notate sin da ora; uno studio effettuato negli Stati Uniti mostra -per esempio- che tra gli adolescenti (la categoria ovviamente più esposta ai cambiamenti) che fanno uso intensivo di Internet, vi è un forte incremento del cosiddetto fenomeno dell'upspeak: il terminare le frasi in tono crescente e leggermente dubitativo, quasi che quanto si dice sia una domanda, piuttosto che un'affermazione. Come se i loro pensieri necessitassero della convalida delle altrui reazioni.
Internet certamente ci fornisce delle possibilità di comunicazione mai prima realizzatesi, con l'unica discriminante della conoscenza della lingua possiamo entrare in contatto con persone indipendentemente da quanto lontano esse si trovino, dalla loro razza, sesso, età, religione, classe sociale etc. Ma va notato che sebbene le comunicazioni in Rete possano avere delle caratteristiche proprie delle comunicazioni verbali vis-à-vis (interattività, colloquialità, estemporaneità), differiscono enormemente da queste per almeno due ordini di motivi. Innazitutto vi è un grande assente: il corpo degli "interlocutori"; questo fa sì che queste comunicazioni siano estremamente più povere di quelle di persona. In un abituale colloquio ciò che diciamo è solo una piccola parte di ciò che comunichiamo: l'intonazione della voce, le espressioni del volto, il linguaggio dei gesti, fors'anche i ferormoni che emaniamo, rivelano molto più delle nostre parole. In secondo luogo (ma a ben vedere le due osservazioni sono tra loro strettamente interconnesse) lo schermo del computer nello stesso momento in cui ci unisce a tante persone, ce ne separa. E il fondato sospetto è che uno dei motivi del prorompente successo delle comunicazioni in Rete, sia proprio la presenza di questo schermo protettivo. La comunicazione in Rete ci dà un senso di sicurezza perché ci consente di rivelare di noi stessi solo ciò che vogliamo, anzi, creiamo di noi stessi un'immagine fittizia da proporre agli altri che appaga il nostro ego (e spesso in diversi contesti proponiamo immagini fittizie differenti). E come non sembriamo disposti a rivelare noi stessi, così sembriamo tutt'altro che propensi ad accettare gli altri nella loro compiutezza. È come se si prediliga una comunicazione di puri spiriti incorporei, liberati dal peso della materia, ma così, di fatto, si nega l'autentica umanità dell'interlocutore, che puro spirito non è di certo. E quand'anche la comunicazione così contraffatta assumesse per noi un andamento sgradevole, ci basta un click per sottrarci ad essa e sparire nell'infinità della Rete. Ma così si perde l'autentica ricchezza della comunicazione con l'altro, il comprendere il suo modo di porsi nel mondo, il divenire partecipi della sua sfera emotiva, lo scoprire le sue fragilità mentre scopriamo le nostre.
Naturalmente si può sostenere che la modalità di comunicazione in Rete appena illustrata non sia che un gioco di cui si conoscono le regole e i confini. Me è difficile allontanare il timore che il diffondersi sempre più capillare ed esteso di tali modalità e l'abituarsi ad esse, possano poi rendere più difficili di quanto già non siano, i rapporti interpersonali nella vita reale.
Un altro aspetto della comunicazione in Rete, messo in evidenza da vari autori, sono le componenti regressive della stessa: il linguaggio si fa piu sboccato, l'atteggiamento più litigioso, sembrano cadere molti freni inibitori, si dicono cose che in una relazione faccia a faccia non si direbbero, si rifugge da ogni complessità, per rifugiarsi in una semplificazione estrema, si affastellano gli argomenti l'uno sull'altro, anziché strutturarli in un ordine logico. Il timore è allora quello che il "villaggio globale" preconizzato da McLuhan, del villaggio assuma anche gli aspetti più deteriori. Passi bisticciare al bar per la squadra del cuore (che può comunque avere un ruolo di rafforzamento dei legami in una piccola comunità), ma farlo su Internet con un perfetto sconosciuto, di cui ignoriamo ogni cosa, appare davvero poco sensato.
Un altro aspetto per me sgradevole di Internet è la natura aforistica di molti siti, quasi che la brillantezza e l'icasticità di un'affermazione (moto spesso, però, tratta da altri: il copia-incolla pare una delle principali attività della Rete) possa sostituire il rigore, ed anche la fatica, dell'argomentare razionale. E l'ipertesto, con la sua capacità di trasportarci con un semplice click da un testo all'altro, spingendoci di rimando in rimando, sembra fatto apposta per navigare sulla superficie, sia pure di un oceano sterminato, senza mai approfondire adeguatamente nessun argomento.
Un altro punto che vorrei esaminare riguarda il futuro, se pur ne avrà uno, del testo scritto. Al momento sembra di assistere ad un aumento della comunicazione scritta rispetto a quella parlata (si pensi solo a quante persone preferiscono inviare un SMS, piuttosto che fare una telefonata), ma è facile prevedere che grazie allo sviluppo delle nuove tecniche di riconoscimento vocale (che permettono la conversione della parola in testo) nel giro di pochi anni si detteranno e si ascolteranno i messaggi al computer o allo smartphone, senza bisogno di scrivere o leggere alcunché. C'è allora da domandarsi che fine farà il testo scritto; parlo in prospettiva, per le nuove generazioni; per chi, come me, sin da bambino ha usufruito dei testi principalmente attraverso i libri, sarà comunque impossibile rinunciare al piacere di sfogliarne le pagine, di sentirne l'odore, di sentirli scrocchiare sotto le proprie mani. Tre sono le possibiltà realistiche: o tutto resta grosso modo come prima, o sparisce (o almeno resta marginalizzata) l'attività dello scrivere, sostituita da quella di dettatura, ma resta inalterata quella del leggere, o -infine- spariscono entrambe queste attività, e quindi sparisce il testo scritto in quanto tale. Tutte e tre le tesi hanno i loro sostenitori. A me l'ultima sembra davvero poco credibile. Come nota l'antropologo Dan Sperber, la lettura di un testo ha degli insostituibili vantaggi rispetto al suo ascolto, e questo sia a livello di fruizione del testo, in quanto la lettura consente al lettore di seguire i propri ritmi interni, e non quelli del locutore, sia a livello di creazione del testo, perché avere di fronte agli occhi il testo che via via si compone, significa averne simultaneamente presente ogni sua parte, mentre nell'ascoltarlo il testo si presenta in maniera sequenziale, frase dopo frase, e chiunque abbia pratica di scrittura sa bene che la simultaneità è molto più aderente al concreto farsi di un testo sufficientemente complesso rispetto alla sequenzialità.
Io credo però che anche la tecnica della scrittura sopravviverà alla rivoluzione telematica, magari si scriverà su una tavoletta grafica o su un monitor, anziché su un foglio o su una tastiera, ma si continuerà a scrivere. D'altro canto sembrerebbe contradditorio che mentre si procede sempre più decisamente verso una civiltà dell'immagine, proprio il testo debba perdere il proprio aspetto visivo. Se, come credo, si andrà verso una creazione di testi sempre più multimediali, dove accanto al testo propriamente detto compariranno figure, grafici, immagini, video e quant'altro (che ovviamente possono essere visti, ma non ascoltati), sarà inevitabile che anche il testo scritto faccia parte di questa "videata".
Naturalmente questo non significa che per brevi e semplici comunicazioni la dettatura-ascolto non possa sostituire la scrittura-lettura, anzi lo ritengo probabile, ma l'attività dello scrivere non scomparirà.