Titolo: Love the trick, love the trickster
Fandom: Originale (
Cow-T!verse)
Personaggi/Pairing: Flemeth/Malchediel
Rating: PG14
Conteggio Parole: 1244 (
fidipu)
Prompt:
Cow-T!verse @
maridichallenge.
Avvertimenti: slash, pseudo-fantasy, scemità, politicheggiamenti (pessimi)
Note: Come di consueto: il nome dell'Angelo l'ho trafugato alla tradizione cristiana, quello del Cavaliere a Dragon Age. *rotola*
Disclaimer: Di mio ci sono solo i personaggi, l'ambientazione è colpa di quelli lì *indica
faechan ,
el_defe e
lisachanoando *. Ad ogni modo, continuo a non guadagnarci nulla, e da come stanno le cose non ci vincerò manco una strisciolina. Oh, beh.
~ Love the trick, love the trickster.
La stanza è piccola, umida, il soffitto così basso che Flemeth deve piegare il collo e curvare le spalle all’ingiù per non rimanere incastrato, ma in ginocchio davanti ad un tavolo muffito e tarlato c’è Malchediel, gli occhi chiusi in un’espressione concentrata e le mani giunte davanti al volto, perciò la stanza potrebbe anche essere una cella, a Flemeth non importerebbe.
Il Cavaliere si chiude la porta alle spalle e avanza di un passo, gli occhi fissi sulla figura dell’angelo in preghiera. La punta dell’enorme spada che Flemeth porta appesa al fianco struscia sul pavimento polveroso e dà un sibilo leggerissimo, ma tanto basta perché Malchediel riapra gli occhi.
«Capitano Flemeth,» mormora, senza neppure voltarsi, e il Cavaliere sorride appena. «Siete in ritardo.»
«Mi spiace avervi fatto attendere, ma eludere la vostra guardia è stato più complicato del previsto,» replica Flemeth, venendo ancora un po’ avanti, una mano posata sull’elsa della spada e l’altra che gli stringe l’elmo saldamente contro il fianco. Malchediel si alza, la tunica chiara miracolosamente immacolata, e china appena il capo. Subito, lunghe ciocche di sottili capelli biondi piovono a nascondergli il viso.
«Capite benissimo che non avrei mai potuto congedare le sentinelle,» dice, in tono di scuse. «Sono lieto che non ci siano state complicazioni, ad ogni modo.»
«Ne sono sicuro,» sogghigna Flemeth, e si dirige verso il tavolo, appoggiandoci sopra il pesante elmo. Lungo il percorso dei suoi piedi, la spada traccia ghirigori ondulati nella polvere. «Noto con piacere che la vostra ospitalità non è affatto cambiata, in questi mesi.»
Malchediel si stringe nelle spalle, raggiungendo il Cavaliere e aggirando il tavolo per andare ad affacciarsi alla minuscola finestrella ricavata dall’incastro imperfetto di due delle gigantesche pietre che formano il muro.
«Non pretenderete certo di essere ricevuto presso l’Altare del Fuoco,» dice, in tono vagamente di scherno, e guardando appena Flemeth con la coda dell’occhio. «Inoltre, credevo che, da Cavaliere, apprezzaste la frugalità dell’ambiente.»
Flemeth scoppia in quella risata roca e spensierata che forse ha fatto più vittime della sua spada, ma l’Angelo resta impassibile.
«Di certo non sono un amante del lusso,» commenta il Cavaliere, divertito. «Ma sicuramente mi piace poter tenere la schiena dritta.»
Malchediel si volta a guardarlo, allora, e sembra accorgersi soltanto adesso della postura innaturale cui il Cavaliere è costretto dalle ridottissime dimensioni della stanza. Flemeth si trattiene a stento dall’alzare gli occhi al cielo, esasperato. È forse la dodicesima volta che l’Angelo gli dà clandestinamente udienza in questa topaia di stanzetta, e fino ad ora non si era mai accorto del modo in cui struscia la nuca contro il soffitto anche standosene tutto rattrappito? Che la Triade abbia pietà di lui, davvero.
«Vi chiedo perdono, dunque,» dice l’Angelo, accigliandosi appena. «Non avevo realizzato la vostra difficoltà.»
Flemeth sbuffa, un po’ irritato e un po’ irrimediabilmente intenerito, e fa un cenno vago con la mano.
«Prima le cose importanti, Malchediel,» dice, e non gli sfugge il modo in cui l’Angelo si irrigidisce quando pronuncia il suo nome. «Dal vostro messaggio ho intuito una certa urgenza, o sbaglio?»
Malchediel sospira, e prende a passeggiare su e giù per la stanza, acquistando improvvisamente una notevole umanità che non manca di lasciare Flemeth impressionato e un po’ preoccupato. In pochissime occasioni l’Angelo ha dato segno di una tale inquietudine, e ogni volta nessuna delle Quattro Razze ha avuto di che festeggiare.
«Malchediel, parlate,» lo esorta Flemeth, appoggiando entrambe le mani sull’elmo e sporgendosi inconsciamente in avanti verso l’Angelo.
Malchediel sospira di nuovo, e si sistema una ciocca di capelli dietro un orecchio con un gesto rapido e nervoso. Umano, pensa Flemeth, così incredibilmente umano, e al tempo stesso troppo perfetto per essere soltanto tale.
«Sapete che c’è stato uno scontro tra i Maghi ed i Non Morti, due albe fa,» dice Malchediel, rigido, e Flemeth annuisce.
«Nella Piana di Verdecolle, naturalmente. È un territorio sotto il nostro diretto controllo, abbiamo già riscosso le dovute indennità da entrambe le parti, lo sapete bene,» commenta, e poi aggrotta le sopracciglia. «Non capisco come la cosa possa interessarvi.»
Malchediel sospira ancora, lo guarda negli occhi e perso nel suo sguardo azzurrissimo Flemeth si sente fremere dal più intimo recesso del proprio animo.
«Ho bisogno che sospendiate i pattugliamenti in quella zona per almeno tre ore, domani, a partire dal sorgere del Sole,» dice l’Angelo, incrociando le braccia al petto e fermandosi, al di là del tavolo, precisamente di fronte a Flemeth.
«Sospendere i pattugliamenti?» ripete questi, sorpreso e a dire il vero piuttosto intrigato dalla richiesta, e a tendere l’orecchio si sentirebbero gli ingranaggi del suo cervello che macinano ipotesi, cercando di svelare le ragioni e le conseguenze nascoste dietro le parole dell’Angelo. «Datemi una buona ragione per farlo, Malchediel.»
«Oro.»
«Sapete che non abbiamo bisogno di oro, con le nostre miniere,» ridacchia Flemeth, e intanto pensa: gli Angeli hanno un debito con i Maghi per quell’affare degli abeti sacri.
«È tutto quello che ho da offrire, Flemeth,» dice Malchediel, incrollabilmente dignitoso. «Sapete bene di che oro sto parlando. Quattro casse, le farò consegnare ai Cancelli della vostra Città. Per tre ore di riposo dei vostri esploratori, Capitano, mi pare un prezzo più che equo.»
Flemeth sorride, si guarda le mani.
«Ai Maghi basteranno due ore per recuperare i loro morti. Nella Piana possono usare tutta la magia di cui sono capaci,» dice, e non gli sfugge il modo in cui qualcosa si ammorbidisce, negli occhi di Malchediel. «Due ore a partire dall’alba di domani, per quattro casse del vostro oro.»
«Molto bene,» annuisce l’Angelo, visibilmente più tranquillo. «Vi ringrazio, Flemeth.»
«Lasciate che sia il vostro oro a dimostrarmi gratitudine, Malchediel,» sorride il Cavaliere, e l’Angelo s’imbroncia appena per le sue maniere. «Quattro casse.»
«Quattro casse, Capitano, sì. Ho proposto io l’accordo, ricordate?»
«E a proposito di accordo,» ridacchia Flemeth, piantando i pugni sul tavolo e sporgendosi appena. «Sapete che dalle mie parti è consuetudine suggellare gli accordi con un bacio.»
«Questa è un’assurdità,» si acciglia Malchediel, indietreggiando appena, perplesso dal ghigno furbo del Cavaliere. «Non esiste una consuetudine del genere, Flemeth. Sapete che conosco bene il vostro popolo.»
«È una consuetudine nuova che ho appena inventato,» replica il Cavaliere, testardo, sorridente.
«Allora non può essere una consuetudine, vi pare?»
«Ma non potete sapere che non lo diventerà,» osserva Flemeth, gli occhi che brillano, bastardo, e Malchediel non sa cosa rispondere. «Perciò, Malchediel, non vogliate offendere le future tradizioni della mia Razza. Mi pare che questa, uh, collaborazione abbia finora dato ottimi risultati, non vorremmo essere costretti a sradicare una pianta così fruttuosa, vero?»
Malchediel, in tutta la sua angelica grazia, vorrebbe davvero tanto prendere a pugni l’arrogante Cavaliere che, a capo chino e spalle curve, gli sorride con tanta sfacciataggine. Si controlla, però; sbuffa, esasperato, e fa il giro del tavolo, fermandosi ad un soffio dall’uomo che è più alto di lui di tutta la testa, è più largo di spalle e armato per la battaglia.
«Siete terribile,» brontola, sottovoce, ma si solleva sulle punte e preme un bacio rapido e insapore sulle labbra di Flemeth. Per un attimo solo si sente esplodere tutt’attorno l’odore prepotente dell’uomo, il calore incredibile del suo corpo, e si sente arrossire. Quando si allontana, il Capitano sta sogghignando di nuovo.
«È sempre un piacere fare affari con voi,» dice, osando sfiorare in una carezza sorprendentemente gentile una guancia di Malchediel. «Quattro casse, ricordate, per due ore a partire dall’alba. Giustizieremo chiunque indugi anche solo per un attimo.»
L’Angelo annuisce, e rimane fermo in mezzo alla stanza ad osservare l’uomo che recupera l’elmo e poi si allontana, sparendo furtivamente nelle ombre del corridoio, a dispetto della sua stazza.
D’improvviso, Malchediel si accorge delle dimensioni claustrofobiche della stanza, dell’umidità, della muffa sulle pareti.