Titolo: Off to take a moment just to be spectacularly domestic
Fandom: RPF Calcio
Personaggi/Pairing: Steven Gerrard/Xabi Alonso, Nagore Aranburu, OFC, figliolanza
Rating: PG14
Conteggio Parole: 2019 (
fidipu)
Prompt: genderswap, per la
settima settimana della
Cow-T di
maridichallenge.
Avvertimenti: het, genderswap, angst
Note: *fischietta*
- Posso dedicare anche questa a Marta o mi picchia? Hmm... gliela dedico anyway ♥ \o/
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.
~ Off to take a moment
just to be spectacularly domestic.
A Xabi non capita mai di svegliarsi troppo presto o troppo tardi, il suo bioritmo è una bomba ad orologeria che neppure la peggiore pioggia di radiazioni potrebbe danneggiare, perciò sono anni - anni, davvero, più o meno da che ha coscienza di sé, e persino quando i bamibni erano piccoli abbastanza da fare il diavolo a quattro ogni notte; Xabi non ha proprio la concezione della pigrizia, beato lui, - che ogni santa mattina Xabi apre gli occhi nell’esatto istante in cui si suppone che debba, non un secondo prima e non un secondo dopo. Naturalmente a volte capita che poi gli occhi li richiuda e rimanga a poltrire o si riaddormenti come se nulla fosse, ma, Dio, è una cosa che succede così di rado che non è per niente rilevante, statisticamente. Nell’ultimo anno, per dire, è rimasto a letto oltre le nove del mattino solo due volte, e nell’ultimo anno ha vinto il maledetto mondiale di calcio, per dire.
Nessuno scellerato festeggiamento si è protratto fino alle prime luci dell’alba, ieri sera, però, perciò stamattina, puntuale come un’allergia al polline i primi giorni di primavera, alle sette e due minuti Xabi si sveglia, salutando con un sorriso riposato il familiare panorama del soffitto della sua stanza. Si stiracchia pigramente, tendendosi tutto sotto le lenzuola e facendo schioccare i tendini del collo per sgranchirsi un po’ anche il cervello prima di alzarsi - è ancora tutto un po’ perso nel magnifico sogno che ha fatto stanotte, c’erano un sacco di ciliegie grandi come palloni da calcio e Jon che inseguiva una talpa gigante con un martello di spugna, tentando di colpirla sulla testa, e ogni volta che ci riusciva dal cielo piovevano monete d’oro in quantità industriali, - e poi si mette a contemplare un po’ il nulla, le mani intrecciate in grembo e un’incredibile serenità ad intiepidirlo tutto.
È principalmente per questo che gli piace svegliarsi presto e dopo aver dormito il giusto: poche cose lo soddisfano quanto il potersene stare pacificamente a far nulla, mentre tutti in casa dormono.
Alla fine si volta verso Nagore, che ancora dorme, sdraiata sulla schiena, un braccio sepolto sotto il cuscino e l’altro che pende oltre il bordo del materasso. A Xabi sfugge un sorriso, e poi punta un gomito contro il letto per potersi sporgere a baciarla.
Nagore ha il sonno leggero, e basta che le labbra di Xabi sfiorino le sue perché lei mugoli appena e cominci a svegliarsi. Xabi si allontana di pochissimo, la osserva, divertito, battere rapidamente le ciglia per un minuto intero, e poi finalmente arrendersi e aprire gli occhi. Le sorride, e Nagore sembra per un attimo stupita di vederlo lì, così vicino, così contento, come se Xabi non la svegliasse ogni mattina allo stesso sacrosantissimo modo, ma poi gli sorride di rimando e solleva un po’ la testa per baciarlo, ordinaria amministrazione.
Quello che Xabi non si aspetta è, però, di sentire le mani di Nagore circondargli delicatamente il viso e tenerlo giù, premuto a sé, e poi la sua lingua leccargli le labbra per invitarle a schiudersi. Non è che gli dispiaccia, per carità, è solo un po’ stupito ed è solo per questo che ci mette un attimo di troppo ad accontentarla e rispondere al bacio.
Quando si separano, con appena l’ombra di uno schiocco e neanche un po’ di fiato nei polmoni, Xabi si accorge di essere praticamente saltato dall’altra parte del letto, le ginocchia piantate ai due lati dei fianchi di Nagore, e ha la decenza di arrossire, imbarazzato.
«Buo... buongiorno,» bisbiglia, vagamente colpito, e Nagore ridacchia, sporgendosi a baciargli rapidamente un angolo della bocca.
«Buongiorno a te,» gli dice sulla pelle, e poi sorride, furba e maliziosa. Xabi la guarda negli occhi, e distingue un lampo di blu.
«Oh.»
*
Nina è già in cucina quando Xabi e Nagore - che, sorpresa delle sorprese, non è esattamente Nagore, è Stevie, di nuovo in visita a Madrid col corpo sbagliato, - emergono dalla camera da letto, e non è che siano visibilmente scompigliati o coi vestiti fuori posto o si siano lasciati addosso qualsiasi altra traccia evidentemente fisica di quello che hanno combinato nell’ultima mezz’ora, ma c’è questa specie di aura dorata che li circonda che proprio non lascia niente all’immaginazione. La domestica li guarda di sottecchi, esasperata, e poi torna a concentrarsi sul biberon di Ane.
«Buondì,» saluta Nagor-- Stevie, fermandosi a dare un bacio tra i capelli di Ane e poi a solleticare Jon, facendolo ridere e agitarsi così tanto che a un certo punto il bambino diventa praticamente viola. «Che c’è di buono per colazione, oggi?»
Xabi alza gli occhi al cielo per un momento, il cuore soffocato da qualcosa di incredibilmente peloso e caldo, e si versa una tazzina di caffè.
«Quello che vi pare, signora,» risponde Nina, con il minimo sindacale di gentilezza previsto dal suo contratto. «Come ogni giorno, oserei aggiungere.»
Stevie ride allegramente - Xabi resiste appena al bisogno di rinchiuderlo sul balcone, - apre il frigorifero e c’infila letteralmente la testa dentro, cercando qualcosa che gli stuzzichi l’appetito. È seriamente tentato da una confezione di take-away del cinese in fondo alla strada - lo conosce bene perché praticamente ogni volta che viene a Madrid costringe Xabi a portarcelo, non fanno un pollo alle mandorle così buono, a Liverpool, - ma suppone che non sarebbe molto d’esempio per la figliolanza, perciò opta per un vasetto formato famiglia di yogurt, in cui svuota mezza confezione di fiocchi di cereali al cioccolato e una manciata di arachidi che stavano lì docilmente nella loro coppetta in mezzo al tavolo. Nina lo guarda come se avesse appena partorito un gatto nel mezzo della sua cucina, e Jon soffoca a malapena una risata attorno ad un sorso di latte.
«Ci vuole pure due uova, signora?»
«Sa che non sarebbe male?» replica Stevie, masticando pensosamente, e quando la domestica fa una faccia scandalizzata sorride. «Scherzavo.»
«E voglio sperare!»
Poi Ane riesce a sbrodolarsi di omogeneizzato fin sotto i piedi, e grazie al cielo nessuno ha più tanta voglia di mettere in dubbio le abitudini alimentari di Stevie.
*
Nagore - quella vera - telefona verso le otto e mezzo, quando Xabi è ad accompagnare i bambini all’asilo e Nina è andata a fare la spesa.
«Non posso credere che sia successo di nuovo,» dice, non appena Stevie solleva la cornetta, e c’è una tale esasperazione nella sua voce che lui non riesce a fare a meno di ridacchiare un po’, se non altro per stemperare la tensione.
«Ciao,» dice, perché, davvero, che altro puoi dire quando senti la tua voce al telefono? «Sono felice che ci sia tu, al mio posto, e non un coniglio o un lupo mannaro.»
«Di questo passo non mi stupirei se cominciassi ad ululare alla luna piena,» sospira Nagore, evidentemente frustrata, e Stevie ride di nuovo e non è che non si sente stupido e insensibile, ma Dio, è sdraiato sul divano di casa di Xabi, ha addosso una camicia di Xabi che gli va meravigliosamente larga e non riesce a non essere idiotamente felice. Una volta ogni tanto se lo potrà pur concedere, no?
«Sarebbe un bel guaio per le cerette,» dice, e riesce a strappare a Nagore uno sbuffo che sembrava una risata e forse era una bestemmia.
«Stevie, ci dev’essere qualcosa che possiamo fare per farlo smettere. Non è... non è normale, no?»
«Assolutamente,» annuisce lui, il che non vuole dire che abbia intenzione di smettere di ritrovarsi nel letto di Xabi, di tanto in tanto, possibilmente non in giorni in cui deve giocare. «Ascolta, tra un’ora dovrei essere a Melwood per gli allenamenti...»
«Oh no, Steven Gerrard, no. Mi dispiace moltissimo per la tua forma fisica, ma non esiste che--»
«Tranquilla, tranquilla,» la interrompe Stevie, ridendo divertito. «Non voglio che tu ci vada, tranquilla. Stavo per dirti che puoi mandare un messaggio a Carra o a Dirk perché s’inventino una scusa qualsiasi col mister, e che non ti devi preoccupare di niente.»
«E con Alex come faccio?» domanda Nagore, e Stevie sa che si sta mordicchiando l’unghia del pollice, perché è quello che farebbe lui, se fosse in lei. Se fosse in sé. Insomma. «E con le bambine?»
«Stanno ancora dormendo, no? Non ti preoccupare,» dice, e sente una chiave infilarsi nella serratura della porta d’ingresso. «Vai nella stanza degli ospiti al secondo piano, ficcati sotto le coperte e di’ che non ti senti bene, che hai la febbre. Alex non ti si avvicinerà neppure, deve andare a questo importante colloquio di lavoro oggi pomeriggio, e al massimo Lexie ti verrà a rubare un bacio prima di scendere.»
«Stanza degli ospiti, ho la febbre, messaggio a Carra per saltare gli allenamenti, d’accordo,» ripete Nagore, e Stevie sorride. «Augurami buona fortuna, Stevie, l’altra volta ha funzionato bene.»
«Buona fortuna, stai tranquilla, sarai bravissima.»
«Oh, Dio, lo spero proprio.»
«Stai tranquilla, stai tranquilla,» dice Stevie, e rabbrividisce quando Xabi si china a dargli un bacio lievissimo sul collo. «Adesso ti devo lasciare, mi sa che è tornato Xabi.»
«Salutamelo,» replica Nagore, sarcastica, e Stevie ride prima di lanciare via il telefono e gettare le braccia al collo di Xabi.
*
«Potrei cominciare ad abituarmici, sai.»
Stevie è buttato un po’ a caso contro Xabi, che invece se ne sta sdraiato composto al centro esatto del materasso, e gli piace il modo in cui sente la sua risata riverberarglisi in tutto il corpo, tra le ossa.
«Io credo proprio di no, invece,» dice Xabi, accarezzandogli col dorso delle dita i capelli lunghi, disordinatamente sciolti sul sul petto, e Stevie sbuffa.
«Non intendevo abituarmi a questo,» dice, accennando al corpo di donna che è tutta la mattinata che non fa altro che lanciare addosso a Xabi come se fosse l’unica cosa utile e sensata che ci possa combinare. Il che, a pensarci bene, non è poi tanto diverso da quello che fa normalmente, col suo corpo vero. «Intendevo... sai. L’atmosfera... domestica. Stare con te, con i bambini. Questa specie di,» ed esita, perché Cristo benedetto, è il caso di dirlo? No, Stevie, non lo è, eppure è una cosa così incredibilmente giusta. Devono essere gli ormoni, il fatto di essere una dannata donna che lo riempie di sentimenti al punto che ha un bisogno praticamente fisico di svuotarsi un po’, di blaterare, di dire cose che normalmente non solo non direbbe, ma non penserebbe neppure. Che guaio, Dio santo, che guaio. Sospira. «...famiglia.»
Xabi non dice nulla, e Stevie, siccome ha già cominciato a fare danni, pensa che, a questo punto, tanto vale arrivare fino in fondo.
«Sai,» prosegue, la voce che gli trema appena perché gli pare che Xabi stia trattenendo il respiro. «Io, tu. Nina che porta Lexie, Lilly-Ella, Jon e Ane ad Anfield ogni domenica.» Perché non esiste che io possa anche solo lontanamente pensare di venire a Madrid, e tu Liverpool non hai mai smesso di considerarla casa, neppure per un secondo. «Non sarebbe male, penso... penso che ce la caveremmo.»
Xabi rimane zitto e fermo per un’eternità, e alla fine gli sfugge una risatina che Stevie non riesce a decifrare bene, e incolpa l’incapace corpo di Nagore perché, seriamente, non gli è mai capitato di non riuscire a capire Xabi, un suo tocco, un suo sguardo, un suo sorriso.
«Mi stai chiedendo di sposarti, Stevie?» chiede, e Stevie si morde le labbra; piega il collo all’indietro per poterlo guardare, e gli occhi di Xabi sono tremendamente scuri, tristi davvero, ma divertiti, come da qualcosa di molto tragico e comico allo stesso tempo, qualcosa di estremamente crudele.
Stevie sospira.
«Sto dicendo assurdità,» dice, e il sorriso di Xabi si allarga appena, come a dargli ragione. Solleva una mano ad accarezzargli una guancia, e Stevie apprezza molto il gesto, davvero. «Però non suonava male.»
«No,» acconsente Xabi, pianissimo. «Non suonava affatto male.»
Ed è tutto all’improvviso così pesante e denso, persino l’aria e il silenzio e il tocco delle dita di Xabi che Stevie si sente schiacciare e ridurre più sottile di un foglio di carta. Sorride, allora, come se fosse di nuovo nel corpo giusto, tutto denti e sfacciataggine e la sicurezza incrollabile che non ha ed è così bravo ad inventarsi.
«Te lo richiedo quando sono di nuovo nel mio corpo, e poi vediamo,» dice, e si sporge a catturare in un bacio la risata di Xabi, e forse è la sensazione più bella del mondo.