[RPF] You can't be missed, if you never go away (Fabriqué)

Dec 17, 2010 04:48

Titolo: You can't be missed, if you never go away (The day you quit me, baby, that's the day you die)
Fandom: RPF La Furia Roja
Personaggi/Pairing: Cesc Fàbregas/Gerard Piqué
Rating: PG14
Conteggio Parole: 1808 (W)
Avvertimenti: slash, angst, Geri ♥
Prompt: Estate, pioggia estiva per il XMas Tree Party di Fanworld.
- … tutti e dieci i prompt regalo del challenge speciale #9 di it100  ":D
Note: …sottraetemi Word, sottraetemi il soccerdom, insomma, FATE QUALCOSA.
- Titolo rubato ai Cobra Starship (~ You can't be missed if you never go away, appunto), sottotitolo trafugato a Bob Dylan (~ You're gonna quit me).
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.



~ You can't be missed if you never go away.
(The day you quit me, baby, is the day you die)

we’re a little too free.
È come se Cesc dovesse partire per la guerra.
Gerard siede sul bordo del letto, curvo in avanti come se si volesse allacciare le scarpe coi denti, e non proferisce parola da un pezzo; Cesc, irritato da tutto questo melodramma, s'è ficcato sotto la doccia almeno venti minuti fa, e non ha intenzione di uscirne molto presto - forse, se Gerard lo raggiungesse, avrebbero qualche speranza di riuscire a risolvere questo scazzo che è esploso un minuto fa tra di loro; Cesc, soprattutto, forse avrebbe qualche speranza di riuscire a prepararsi la valigia prima che l’aereo lo lasci a piedi.

remember when you were so insecure.
Gerard, però, non sta assolutamente pensando all’orario, né al fatto che, tra un po’, tutta la squadra si radunerà da qualche parte nel vicinato per salutare Cesc prima che tolga le tende dal suolo patrio; non sta pensando alla colossale figura di merda che farebbero se si presentassero di sotto, innocenti come due stoccafissi, con due, magari tre ore di ritardo. Non sta pensando a che guaio sarebbe, se Cesc perdesse la coincidenza per Madrid e di conseguenza quella per Parigi e di conseguenza quella per Dublino e di conseguenza quella per Londa, no; Gerard si sta frantumando la schiena, piegato in due su se stesso, perché gli sembra di stare accordando a Cesc, una volta di più, il permesso di arruolarsi nel corpo intergalattico di esploratori di buchi neri, che sarebbe a dire la cosa più irraggiungibile che gli venga in mente in questo momento.

with no intention of consoling you | i was controlling you.
Sa che è un pensiero estremamente infantile, così come è stato un gesto estremamente infantile soffocare Cesc in quella maglietta blaugrana davanti al mondo, così come è estremamente infantile, tutto sommato, il suo bisogno di non vederlo ripartire per l’Inghilterra, la voglia di implorarlo con ogni mezzo, eventualmente addirittura costringerlo con la forza a non andarsene più, mai più.
Gerard non è mai stato più a proprio agio con la propria incapacità di ragionare come un adulto, comunque, e se ne convince sempre di più - è sempre più arcisicuro di essere nel giusto, di avere ragione, lui, e che Cesc abbia torto marcio, come in una lite in mezzo al cortile dell’asilo, - quando lo sguardo gli cade sul trolley spalancato sul materasso, sulle mutande sparse per la stanza, sul jeans buttato sotto l’armadio - non dentro, come una qualsiasi persona normale avrebbe fatto, ma sotto, perché stiamo parlando di Cesc Fàbregas e Cesc Fàbregas è decisamente troppo figo per usare gli armadi come chiunque altro nell’universo, - e insomma su qualsiasi dettaglio fuori posto che indica, come un’insegna fosforescente al neon, il passaggio di Cesc.
Cesc non deve andarsene.

promises, they break before they're made.
Gerard si rende conto di essere tremendo e ripetitivo, e tutto sommato questa solfa - che si ripete ogni anno a Natale, dopo le vacanze di Pasqua, dopo quelle estive, ogni volta che Cesc torna a Barcellona, insomma, fosse anche solo per dieci minuti, - sta cominciando a venire a noia pure a lui; persiste, comunque, ad arrabbiarsi e immusonirsi e sbattere testardo la testa contro la volontà di ghiaccio di quello stronzo - spera che ci sia affogato, sotto la doccia, tra l’altro, così potranno seppellire il suo cadavere in terra spagnola e finalmente sarebbe al suo posto, - perché poi, quando Cesc se ne riparte, quando se ne ritorna così immensamente lontano, - lui che, con quel sorriso spensierato e il suo essere sempre, matematicamente sempre al suo fianco, sembrava giurare, decenni fa, che non esiste al mondo nulla che fosse forte a sufficienza da dividerli, e il problema è che pare continuare a giurarlo anche adesso, ogni volta che lo guarda, e sono tutte sue fisime mentali, quasi sicuramente, ma, Dio, permettetegli di starci male comunque, - puntualmente Gerard sente la sua mancanza ad ogni respiro che gli gonfia il petto, e allora s’incazza con se stesso, per non essere riuscito a tenerselo stretto.

everyone's got a place to be, | but there's no room for me.
Sono anni che Gerard continua ostinatamente a combattere una battaglia che sa essere persa in partenza - una battaglia da cui sa di uscire soltanto ogni volta più ferito, perché Cesc non si fa problemi a fargli presente quanto sia asfissiante la sua pretesa che molli l’Arsenal una volta per tutte e se ne torni a Barcellona, e non è che sia divertente, eh, passare le ultime ore che trascorrono sullo stesso fazzoletto di terra a urlarsi in testa a vicenda, Cesc che Gerard è esagerato e possessivo e infantile, Gerard che Cesc è insensibile e stupido e cieco.
Glielo ripetono tutti, sempre, che si fa solo del male, che è uno scemo ad insistere così, che sicuramente non riuscirà a convincere Cesc per sfinimento, e comunque non ne hai abbastanza di ripetergli sempre le stesse cose, Gerard?, ma no, Gerard non ne ha abbastanza, non ne avrà mai abbastanza: non crede che smettere di volere Cesc a casa - smettere di ricordarglielo ogni santa volta che lui va via, mettendo distanze infinite tra di loro, - servirà a farlo tornare. Forse è troppo ingenuo, forse ancora troppo infantile; il mondo non lo capisce, ma il mondo non capisce mai.

those strange manners, i loved 'em so.
Sono anni che, puntualmente, quando deve tornarsene in Inghilterra Cesc arriva al Prat da solo, incazzato come una iena, sbuffando insulti e parolacce nelle tre o quattro lingue che sa. Sono anni che Gerard lo segue a distanza di due o tre auto, e se ne rimane nascosto dietro una colonna in mezzo alla sala d’aspetto, a vigilare su Cesc mentre fa la coda al check-in, firma autografi, brontola ininterrottamente fino ai gates d’imbarco, si mette in fila alla dogana, si lascia fotografare e neppure le fan più sfegatate, nude e attraenti di questo mondo riescono a strappargli un sorriso.
Sono anni che, non appena il cellulare di Cesc torna raggiungibile dopo i tremila cambi d’aereo e gli ottantaquattro miliardi di ore buttate al duty-free e poi in viaggio, Gerard gli manda un messaggio - sempre lo stesso, sempre, scusami. chiamami?, - e Cesc sospira, e dal sedile posteriore di un taxi, ubbidiente, lo chiama. Sono anni che vanno avanti così, ormai è una consuetudine che ha tutto il sapore di una specie di rito, ma non basta questo a rendere Gerard meno ansioso, meno triste all’idea che Cesc, di nuovo, se ne stia partendo - di nuovo, lasciandolo indietro. Ed è una sensazione talmente brutta che riesce a rovinare l’umore di Gerard anche se ha appena vinto i mondiali, anche se, dopo tanto tempo, dovrebbe esserci abituato - è come il temporale estivo che da un minuto all’altro compare ad annegarti il pic-nic, è una di quelle cose che ti aspetti sempre, e magari ci scherzi un po’ su, facendo il coglioncello (infilando magliette a tradimento e giustificandoti con una risata, quando la verità è che eri così serio che avresti potuto andare ad un funerale), e che arrivano, guarda caso, e pure con tutto il preavviso del mondo ci resti di merda comunque perché, diamine, ci avevi messo l’anima, in quei panini col tonno e la maionese.

say something, cause i can't take this silence anymore.
Cesc emerge dal bagno con la testa bassa, si sta strofinando energicamente un’asciugamano tra i capelli; Gerard continua a fissarsi le scarpe, e quando Cesc la smette di violentarsi lo scalpo e alza gli occhi su di lui non riesce a trattenere uno sbuffo contrariato, che però non gli esce come vorrebbe, ma più sincero, perciò suona anche triste, intenerito, semplicemente stanco.
“Geri,” comincia, la voce tesa come una nota troppo bassa e tenuta troppo a lungo. Avanza di tre passi nella camera, si volta appena per sedersi sul letto accanto a lui, senza neppure pensare che forse è il caso di coprirsi - almeno di far finta, - dato che ha addosso giusto un paio di boxer e la sua stessa pelle, ancora un po’ umida e arricciata per la doccia. Gerard solleva appena lo sguardo e ha un’espressione corrucciata e triste che avrebbe potuto spezzare il cuore di Cesc, se Parigi 2006 gli avesse lasciato qualcosa d’intatto nel petto. “Geri. Possiamo risparmiarcela, stavolta?” Gerard apre la bocca per replicare qualcosa, ma Cesc non ha finito: “Per favore?”

it's days and months before i see you again.
Gerard lo guarda, visibilmente impressionato dalla gentilezza, forse dalla stanchezza del suo tono. Cesc gli fa un sorriso piccolissimo, fragile come vetro, e Gerard sospira.
“È che mi manchi,” dice, guardandosi le ginocchia, sconsolato. “Mi manchi ogni volta, e se penso che passeranno mesi prima di riuscire a rivederci mi viene voglia di ingabbiarti da qualche parte. Ti pare tanto sbagliato?” Cesc sorride, gli stringe un braccio attorno alle spalle. No che non gli pare sbagliato, e non è che non la provi pure lui, ogni volta che sono insieme, una voglia intossicante di non separarsi mai più, neppure per andare in bagno, e non è che gli piaccia, Cristo, dover sentire la sua mancanza - perché la sente, sempre, che gli tira il cuore e lo graffia; e se non la sentisse, che bisogno avrebbe di chiamarlo ogni giorno, di cercare la sua risata ogni giorno?, - ma non può dirglielo, quasi non può ammetterlo neppure con se stesso, perché ad un sentimento così non c’è una soluzione rapida e semplice: non ci sono mai soluzioni rapide e semplici, nel mondo degli adulti, che non è come il calcio, e Cesc l’ha imparato a proprie spese, lo sta ancora imparando, e tutto quello che vuole è riuscire a farsene una ragione - tutto quello che vuole, soprattutto, è che Gerard riesca a farsene una ragione. È per questo, poi, che s’arrabbia - perché non otterrà niente, Gerard, se non frantumarsi la testa, a forza di ostinarsi a rivolerlo indietro.

i could wait around for the dust to still, but i don't believe that it ever will.
“Dai,” mormora, allora, sporgendosi per baciargli appena una tempia. Gerard mugola piano al contatto, a Cesc sfugge un sorriso e la mano che gli aveva stretto attorno alla coscia risale fino a trovare la sua, prenderla ed intrecciare le loro dita assieme. “Dai, che il tempo passa in fretta. E non dobbiamo mica aspettare Natale, in mezzo ci sono le qualificazioni degli Europei e poi un sacco di amichevoli, quand’è la prima, già ad agosto, no?”
“L’undici,” brontola Gerard, e Cesc si accorge subito del fatto che si sta già tranquillizzando. “Contro il Messico.”
“Ecco, appunto, tra meno di un mese potrai già saltarmi addosso di nuovo,” dice, esasperato un po’ per gioco, e Gerard gli regala un sorrisetto quasi convinto, che diventa subito un’espressione furba, smaliziata.

i need a fresh start.
“Preferirei saltarti addosso adesso, comunque,” dice, gli occhi azzurrissimi che quasi scintillano e quel ghigno sghembo che riempie le spalle e la schiena di Cesc di pelle d’oca e brividi. “Visto come sei conciato, voglio dire.” Cesc, quasi ipnotizzato, abbassa il mento per guardarsi - oh, fa il suo cervello, stupito, sono praticamente nudo, - e si sente arrossire fino alla radice dei capelli, tant’è che Gerard scoppia a ridere di cuore.
Non che questo gli impedisca, un secondo dopo, di gettarsi effettivamente addosso a Cesc, schienarlo sul materasso - quasi mandandolo a sbattere contro il trolley che ancora aspetta di essere rimpinzato di vestiti, - e, naturalmente, baciarlo.

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