[RPF] Until the race is run

Feb 11, 2013 22:23

Titolo: Until the race is run
Fandom: RPF Basket
Personaggi/Pairing: Juan Carlos Navarro/Sarunas Jasikevicius, past!Pau Gasol/Juan Carlos Navarro/Sarunas Jasikevicius
Rating: R
Conteggio Parole: 1295 (fidipu)
Avvertimenti: slash, threesome, fluff
Prompt: threesome NSFW @ CoW-T di maridichallenge. #goCroste
Note: *RIDE* Saras che bacia la Copa a ripetizione è verso la fine di questo video. *MUORE*
Disclaimer: Non mi appartiene nulla; è tutta fantasia; nessuno mi paga un centesimo.

~ Until the race is run.

Saras bacia e bacia e bacia ancora la Coppa nel lampeggiare isterico dei flash; Juan Carlos non lo sta guardando ma sente lo schiocco delle sue labbra, lo sente dire Lo champagne!, e tira su una gamba, appoggiando il piede sulla panca per slacciarsi la scarpa e nascondere un sorriso dietro il ginocchio. Saras dà ancora un bacio al trofeo lucido e non fa in tempo a posarlo a terra che CJ e Alex ci si tuffano sopra; Saras si lascia cadere accanto a Juan Carlos e ride, mentre quelli si azzuffano per gioco e, alla fine, decidono che possono benissimo condividere una foto o due.

Victor balla la samba in un angolo e Joe tenta di tirargli giù i pantaloni mentre Pete e Ante li riprendono col cellulare; Marko e Raba sono placcati da una giornalista alta un metro e un tappo di bottiglia e non fanno altro che ridere perché Erazem ha già infilato cinquanta cose diverse nelle tasche della giacca di Joe, e ora sta cercando la cinquantunesima. Juan Carlos appoggia la schiena al muro, si rilassa e, siccome tutti i fotografi gli stanno dando le spalle, si concede un sorriso vero, contento delle facce estasiate che popolano il suo spogliatoio.

Saras gli appoggia il mento su una spalla e, quando Juan Carlos si volta a guardarlo, fa una smorfietta impressionata come a dire, hai visto che bello. Juan Carlos si ritrova a sorridere ancora di più, per forza di cose - perché Saras è caldo contro di lui, perché hanno appena vinto la terza Coppa in quattro anni, perché in finale è stato assolutamente inutile e il viso familiare e spigoloso di Saras riesce a farglielo dimenticare, per un istante. Saras arriccia le labbra in un ghigno, prende Juan Carlos per mano, intreccia le proprie dita alle sue, gli guarda la bocca. Con un’occhiata impanicata, Juan Carlos si assicura che i fotografi li stiano ancora ignorando in favore di Victor che, oh, ora per qualche ragione è finito in mutande insieme a Rabaseda.

Quando torna a guardarlo, Saras gli sta osservando la bocca con un’intensità per cui diresti che non ha mai visto niente di più invitante; Juan Carlos arrossisce e, come un milione di volte prima di adesso, tenta di non rabbrividire per la certezza bollente che Saras lo bacerà. Come un milione di volte prima di adesso, Juan Carlos si sbaglia: Saras scopre i denti in un sorriso famelico e poi, rapido come se dovesse dribblare un difensore alto il doppio di lui e lento il triplo, china la testa e lecca la curva della sua spalla, risalendo dal bicipite fino alla fossetta dove la coda della clavicola s’immerge sotto la pelle.

Juan Carlos perde un battito e mezzo, e sbatte gli occhi, e si sente ridotto ad una pozza informe di calore. Saras sorride, furbo, e gli soffia contro un orecchio, «Sai di champagne.»

L’aereo è piccolo e leggero, ma il cielo è limpido e il pilota è un tifoso e quindi non c’è nulla che impedisca a Joe e CJ e Marce di scorazzare su e giù come invasati, come se stessero celebrando una Coppa del Mondo, e nessuno tenta davvero di resistere al loro entusiasmo, nemmeno Juan Carlos, perché conosce perfettamente tutti i passeggeri e questo li rende di famiglia, e allora va bene, la famiglia può vederlo squagliarsi e ridere e persino strappargli un paio di foto, sotto solenne promessa di non condividerle su Internet neanche dietro tortura.

Saras gli si siede accanto, a un certo punto del volo in cui, per qualche strana ragione, si sono seduti tutti; gli si siede accanto e accavalla le gambe per nascondere la mano che gli appoggia su una coscia con confidenza, risalendo il muscolo teso senza un briciolo di discrezione. Juan Carlos è un pochino ubriaco, perché Joe e Nate hanno trovato questa marca di birra australiana all’aeroporto e ne hanno portate a bordo quattro casse per tener viva la celebrazione e sarebbe stato ineducato rifiutare di bere; poi intorno alla metà della terza bottiglia Juan Carlos ha smesso di tenere il conto, e adesso si sente tiepido e soddisfatto e guarda Saras da sotto le ciglia.

«Hn?» mormora, inclinando la testa verso di lui. Saras sorride, continua a sorridere ininterrottamente da ore e Juan Carlos si domanda se riuscirebbe a sorridere anche in un bacio. Probabilmente sì. Juan Carlos vuole davvero saperlo.

«Ti ricordi quell’altra Coppa?» bisbiglia Saras, anche se non c’è davvero bisogno di non far rumore perché, tre file di posti più indietro, hanno appena cominciato il mini-torneo di Ruzzle più chiassoso della storia. «Nel Duemilauno, la prima che abbiamo vinto insieme, e-»

Juan Carlos ridacchia. «Mi ricordo,» dice, e Saras strizza la sua coscia come un rimprovero.

«Non mi hai fatto finire.»

Juan Carlos chiude gli occhi, affonda un po’ nel sedile e il dorso delle dita di Saras sfiora quasi casualmente il cavallo dei suoi pantaloni.

«Mi ricordo,» ripete, sottovoce, e sente le guance arrossarsi.

Ricorda, come se ce le avesse addosso, le mani di Pau sui suoi fianchi, e il suo sorriso contro il collo; ricorda il primo bacio, che non era stato né il primo di sempre e neppure il primo di quel giorno, ma il primo da Campioni di una Copa del Rey, il primo da eroi del loro Barça, e ricorda il modo ancora impacciato, ancora quasi timido con cui avevano trovato l’incastro giusto, la lingua di Pau nella sua bocca e le dita di Juan Carlos tra i suoi capelli.

Ricorda, poi, il tocco tutto diverso delle labbra di Saras, perché dove Pau domandava il permesso, sorpreso che gli fosse concesso anche solo di chiedere, Saras ha sempre, più che altro, preteso, e preso, e corteggiato e ha sorriso e ha insistito e non ha mai neppure dovuto fare troppa fatica, perché luminoso e caldo e predatore com’è, rumoroso e indiscreto e aperto e osceno com’è, Juan Carlos non ha mai avuto speranza.

Juan Carlos ricorda di aver trattenuto il fiato così a lungo che i margini del suo campo visivo avevano preso a scomparire inghiottiti dal nero, quando la bocca di Pau gli sfiorava un capezzolo mentre quella di Saras già assaliva il suo sesso; Juan Carlos ricorda di aver sentito ogni centimetro di pelle messo a fuoco dalle loro mani, dai loro respiri, dal pensiero di avere di entrambi tutta l’attenzione.

Ricorda di aver baciato Pau, mentre Saras gli mordeva il collo, e di aver succhiato le dita di Saras mentre Pau gli giurava all’orecchio che non c’era nessuno, nessun altro oltre lui al mondo che avrebbe mai voluto toccare così e sentire vicino così, nessuno - e Saras stava già pensando a Bodiroga?

Juan Carlos ricorda di essersi trovato addosso un’infinità di segni, così tanti morsi e baci e carezze che non gli pareva possibile che la sua pelle avesse potuto ricevere così tanto; ricorda di aver dormito in un angolo di spazio incastrato tra Pau e Saras, ricorda di aver dormito poco, ricorda di aver riaperto gli occhi, al mattino, ancora Campione della Copa, tra le braccia di Pau che, sveglio, gli accarezzava la nuca, e ricorda il rumore della doccia, e Saras che cantava un qualche inno in lituano.

Ricorda di aver nascosto un sorriso contro il petto di Pau, e ricorda la risata leggera di Pau, il sollievo e la gioia di poter strusciare in su lungo il suo corpo e baciarlo, tranquillo, innamorato perso.

«Mi ricordo,» ripete Juan Carlos, e guarda gli occhi chiari di Saras come per chiedere, come faccio a dimenticarmelo?

Saras arriccia gli angoli della bocca all’insù e, con la medesima voce roca e profonda con cui quella mattina cantava sotto la doccia, gli dice, «Magari Ante ha voglia.»

Juan Carlos scoppia a ridere; attira a sé il suo viso, appoggiandogli una mano sulla guancia, e, quando lo bacia, Saras continua a sorridere contro le sue labbra.

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