Ricercatrice o lobbista?

Nov 28, 2012 19:12

Non ho mai sopportato le persone che blaterano sognanti a proposito di una doppia personalità - diavolo e angelo, santa e puttana, affidabile affabile manager di giorno e Batman di notte - soprattutto quando tali rivelazioni vengono condite con un tono di finta fatalità.
Non ho mai sopportato neanche l'incoerenza - se non quella sfacciata e irriverente, che è un trasgressivo e sornione "who cares?".
Quindi deve essere per amor del paradosso che mi trovo a riflettere sul nascere di una mia potenziale doppia personalità.
Niente Dr Jekyll e Mr Hide - troppo esteticamente soddisfacente. La doppiezza che mi trovo a contemplare non ha l'eleganza di un'idea platonica. Ha più il retrogusto insoddisfatto di una freddura post-moderna.
Insomma, senza prolungare ulteriormente questo inutile prologo...
Preferirei fare la ricercatrice o la lobbista?
Non ho sette anni, e quindi la domanda va presa con le pinze - ossia simbolicamente. Non conto su una puntuale esclusività reciproca - se non sarà l'una, sarò l'altra. Diciamo che sono tendenze. Diciamo: preferisco speak truth to the power, che è poi la crociata romanticizzata dei ricercatori, o vendermi a una causa a caso tanto per il gusto di vendersi del tutto, da capo a piedi, emancipandosi dalle crociate etiche?
Non mi porrei la domanda, credo, se il mondo accademico non fosse quel che è, ossia una cricca autocompiaciuta che si logora il cervello su dilemmi che non interessano a nessuno (non in quella forma, almeno), immersa nella versione addomesticata (quindi tendenzialmente ipocrita) della legge della giungla. Non tutti, eh. Alcuni sarebbero da incoronare come profeti della post-contemporaneità. Amo, come al solito, i cinici della situazione. Vorrei essere la cinica della situazione - vorrei essere l'equivalente accademico di un vecchiaccio peloso che si tuffa con gioia in una piscina di bambini beati e beoti. Sarebbe molto epico. Non credo riuscirò mai a prescindere del tutto dell'epico.
Ma c'è una certa epicità anche nella posizione della lobbista. Sarebbe molto più epico fare la lobbista. Non per amor della trasgressione della legge morale o cazzate del genere, ma per uno strano assoluto senso etico. Insomma, immaginate che l'avvocato del diavolo non sia un essere corrotto ma essenzialmente un applicatore puntuale del principio per cui chiunque, e qualsiasi causa, ha diritto di essere ascoltato/a. E', in fondo, quello che in teoria dicono i buoni valori della nostra epoca: che siamo tutti uguali e che i cattivissimi in fondo sono dei buoni disillusi. Non credo a una tale stronzata, ma credo nell'equivalenza delle persone e dei valori su un piano assoluto. Se il piano è assoluto, e non è quindi tagliato da criteri, come può stabilirsi una gerarchia? Insomma, perché il conforto tratto dall'aiutare bambini denutriti dovrebbe essere migliore di quello tratto dall'indossare un diamante? Non si tratta sempre, in ultima analisi, di conforto?
Quell'"in ultima analisi" poggia su un mosaico di assunti scalciati via. Scalcio via l'assunto tutto occidentale che proclama i diritti umani, la sacralità della vita, la nobiltà della ragione e dei sentimenti, la libertà come valore e il divieto di ledere quella altrui, e tutte quelle contraddizioni che ci portiamo dentro e con cui si può morire senza che si scontrino l'una con l'altra.
Studiare teoria delle relazioni internazionali e un corso intitolato "Societal modernization and the transformation of democracy" mi fa male. Molto male. Quel genere di dolore che ci piace tanto. Relazioni Internazionali non è nulla, in fondo, se non l'accorpamento di concetti provenienti da altre discipline - politiche, economiche, sociologiche, filosofiche. L'unica grande differenza è che Relazioni Internazionali chiama in causa Kant: le tue idee sono valide al punto che le imporresti ad altre società?
Questi generi di studi mi sta rendendo sempre più muta.

uni, the.point

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