Titolo: Look inside yourself
Autore:
el_defeBeta: confidiamo nella buona sorte
Fandom: RPF - Arsenal/Inter FC
Personaggi/Pairing: José Mourinho, Davide Santon (Mouton!)
Rating: VM18
Warning: oralsex, slutness ed everlasting!Jobra
Word count: 1.432 (Word)
Note:
Terzo P0rn Fest @
fanfic_italia: RPF Calcio (Inter FC), Davide Santon/José Mourinho, "Ora sei il capitano?" Uhm, 2013 o 2014? Da quelle parti lì. Il banner, quando ho tempo XD
Disclaimer: FALSO, FALSISSIMO, DEPPIU'. E tutto gratis.
Introduzione: "Il mister portoghese, quello bello e un po’ rompicoglioni? Ma sei impazzito?"
Look inside yourself
«Ora sei il capitano?» gli chiede, alzando una mano per arruffargli i capelli senza che Davide faccia alcunché per fermarlo: il ragazzo resta fermo, come quando aveva diciassette anni, e José Mourinho (il mister portoghese, quello bello e un po’ rompicoglioni, gli aveva detto Mario all’orecchio, e Davide giù di gomitate per impedirgli di dire altre cattiverie) gli aveva scompigliato quella frangia assurda tre giorni prima di aggregarlo alla prima squadra e dargli una chance - no, la Chance, con la C e pure con tutte le altre lettere maiuscole e intarsiate di neon azzurri. Davide ride piano, abbassando lo sguardo con lentezza, e poi torna a fissare la linea di bordo campo.
«Il capitano è Wesley, mister. C’è tempo, per provare a ottenerla.»
«È da tanto che non sono il tuo mister» gli fa notare, e Davide alza una mano e la scuote in aria, a scacciare inesistenti mosche fastidiose.
«Da due anni, e allora? Cambia niente, sei sempre mister Mourinho.»
«Sei?» Il tono di José è quello divertito che riserva alle cose che lo fanno davvero ridere. «Mi dai del tu, finalmente?»
«Sì. Se ti sta bene» si affretta a precisare gesticolando, gli occhi chiari che si dilatano e la risata di José che sboccia davvero. «Okay, ti sta bene. Mi stai solo prendendo per il culo.»
«Con te c’era sempre gusto nel farlo.» Si avvicina un po’ a lui, dandogli una carezza così rapida che nessuno ci fa caso - o meglio, tutti quelli che hanno avuto a che fare con José ci fanno caso, sorridono lievemente e tornano a lavorare, e nessuno di quelli che hanno avuto a che fare con José ci fa davvero caso - e aggiunge, in un soffio, «Portami a vedere il centro. Manco da due anni, qui, muoio dalla voglia di vedere se avete provato a spostarmi anche solo una mensola.»
«È tutto esattamente com’era, squadra esclusa» commenta compiaciuto quando arriva al termine del giro di prammatica, di fronte agli spogliatoi, apparentemente disinteressato al fatto che portarlo a passeggiare di qua e di là sarebbe stato compito di qualcuno dello staff o di Wesley, ma a Davide fa piacere e comunque oggi è allenamento di scarico, quindi mister Zenga non si lamenterà troppo della sua assenza.
«Già, squadra esclusa. Come sta lo zingaro?»
«Cosa ti fa credere che sappia i fatti di Ibra?» risponde sprezzante, assumendo un tono disinvolto che diverte troppo Davide e lo costringe a scoccargli un bacio sulle labbra, in piena vista del corridoio. «Non davanti a tutti, cretinetto.»
«Ci sono gli spogliatoi, ma non ti ci porto se non parli.» Mormora contro la sua guancia, con un sorrisetto.
José sospira, infilando le mani nelle tasche del cappotto lungo e fastidiosamente pesante. «Sta bene. Ti saluta, e ti ha invitato a casa sua per la settimana di Natale.»
«Che stronzo» commenta Davide, facendo un gesto stizzito. «Se non ha invitato anche Mario, lo uccido.»
«Ha invitato prima Mario, credo.»
«Stronzo lui che non me l’ha detto, allora» borbotta, già pregustando la voglia di fargli una lavata di capo tremenda, gesso o non gesso. «Be’, andiamo?» sorride apertamente un secondo dopo, trascinandolo per la mano - e José inarca le sopracciglia, perché le dita di Davide sono ancora sottilissime e gli sembra di essere tornato almeno cinque o sei anni indietro nel tempo e sette o otto esaurimenti nervosi prima.
«Andiamo dove?» esclama José, ma il ragazzo non si prende neanche la briga di dargli una risposta.
Una cosa è effettivamente cambiata, lì: qualcuno ha fatto installare una porta nuova per gli spogliatoi e delle panche più larghe e piene, senza doghe trasversali. José lo nota quasi per caso quando Davide la chiude a chiave con cura, prima che si avventi su di lui con un desiderio che deve aver coltivato per due anni, a giudicare dal modo in cui lo bacia, affamato, quasi violento e di certo molto diverso dal bacio a fior di labbra che gli ha donato pochi minuti prima, quasi a volerlo ingannare che fosse tutto esattamente com’era. Non che José abbia voglia di respingerlo o di non rispondere al bacio, comunque, perché Davide è una sua creatura, era sua ancor prima di cederla malvolentieri a Mario e soltanto perché, nonostante non l’avesse trovato personalmente come lui, è pur sempre quello che l’ha sbozzato e levigato fino a farlo risplendere.
«Cristo» ansima, cercando di allontanarsi dalle labbra di Davide che lo attirano come una calamita e trovando invece le piastrelle fredde e dure contro la nuca. «Datti una calmata.»
Davide lo guarda truce, come per soppesare quanto sia grossa la stronzata che ha appena detto, e gli accarezza il cazzo già teso contro i pantaloni morbidi di velluto. «Non puoi darmi ordini, mister, ma terrò conto dei tuoi consigli saggi e coerenti con quello che pensi.»
«Passi troppo tempo con lo zingaro, ti fa male» ride di gusto, rendendo merito alle sue parole con una carezza lunghissima e insistente che ripercorre tutta la schiena - che, almeno quella, è sempre uguale, morbida e piacevole da toccare lì dove si fonde con il sedere che si contrae quando le dita tozze e ruvide di José si insinuano sotto i pantaloncini.
«Non più di te» ringhia Davide, scostando di scatto la mano, e si inginocchia ai suoi piedi, abbassando la cerniera e tirandogli giù i pantaloni e le mutande con trepidazione.
«Vieni a Londra» mugola José, accarezzandogli i capelli con affetto mentre Davide prende in bocca il suo cazzo e comincia a dargli piacere, muovendosi piano al ritmo che preferisce. «Ti copriranno d’oro, ti daranno quello che vuoi. Compreranno anche Mario- cazzo» geme, perché il contatto dei denti che premono appena su di lui e la lingua che lo lambisce con abilità sono abbastanza per mandarlo fuori di testa, e sono il segnale che doveva aspettarsi: non si parla di lavoro, o me ne vado e ti lascio qua col cazzo per aria. È esattamente quello che sente, anche se Davide non gli ha detto neanche una parola e continua a muoversi avanti e indietro tra le sue gambe, reggendosi ai suoi stessi polpacci e risalendo lesto fino alle cosce e al sedere. «Davide» sibila, premendo una mano contro la sua nuca, e Davide obbedisce docile e si spinge ancora oltre, accogliendolo tutto nella sua bocca fino a poggiarsi con la fronte contro il suo bacino, abbracciandolo da terra - ed è Davide a spingerselo contro, afferrandolo per i glutei e lasciando scivolare le dita tra di essi fino a quando i gemiti di José non gli riempiono le orecchie e l’orgasmo di José non gli riempie la bocca, violento, e neanche allora si ferma e continua a muoversi lungo l’erezione che scema finché due dita non si poggiano leggere contro la sua fronte, sospingendolo via con dolcezza. Davide si accascia all’indietro, seduto a gambe aperte mentre una macchia umida si allarga pigra sulla stoffa del calzoncini, a godersi lo spettacolo del rossore che spicca anche su una pelle così abbronzata come quella di José.
«Ti prego, vieni a Londra per le vacanze» ansima, fissando Davide che è quasi imbarazzante nella sua naturalezza - si abbassa i pantaloncini e prende a toccarsi davanti a lui, la lingua che scorre sulle labbra a ricercare il suo sapore e gli occhi fissi nei suoi, venendo in silenzio, solo per lui. «Non mi interessa con quanta gente dovrò litigare. Non mi interessa se dovrò prendere a pugni Zlatan e Mario e tutta la gente che ti fai qua perché ti voglio scopare per due o tre giorni. Possiamo scopare tutti, ma ti voglio, anche solo una volta, e-»
«Sta’ zitto, mister. Io non sono una puttana» ringhia Davide, spogliandosi e ripulendo in fretta le tracce compromettenti, prima di infilarsi nella doccia più vicina e aprire l’acqua. «Se scopo con te lo faccio perché lo voglio, non perché lo vuoi solo tu» aggiunge. José si sente avvampare di nuovo, e si passa una mano sulle guance in fiamme.
«E prima delle vacanze?»
«Chiedi il permesso» risponde con un sorriso, chiudendo la porta di plastica bianca. Quella non c’era, quando era all’Inter, constata José. Fa per andarsene, quando la voce di Davide, ben chiara, lo ferma.
«Potreste tornare voi, qui.»
«Lo sai com’è fatto Zlatan.»
«Io il mio sono riuscito a calmarlo… ma il tuo è speciale» insinua, e José ride ancora per la sua creatura più perfetta. «Digli che ci manca.»
«Anche voi gli mancate» gli risponde. «Vi aspettiamo dopo l’ultima di dicembre.»
«Per tre giorni» lo ammonisce Davide, schizzandogli dell’acqua da sopra la porta. «Non un’ora di più. Io voglio quella dannata fascia di capitano, prima o poi.»
FINE
Noticina: Sì, sono tutte troie. Ma everlasting!Jobra is everlasting.
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