«Secondo me, il primo che ci farà “scoprire” sarai tu con il tuo starnazzare» strizza l’occhio nel dirlo, perché questa faccenda del “non voglio che i paparazzi violino la mia privacy quindi posso mettermi gli occhiali da sole anche se piove” da parte di Arthur per lui non ha il minimo senso. Gli sembra quasi di vivere in un film d’azione, in cui il protagonista deve portare a termine la sua missione senza farsi vedere dai cattivi di turno. «Passiamo a questioni più importanti: come mi stanno questi calzoni?». Arthur sta per avere un embolo. Nonostante questo si alza con una calma inconsueta e si avvicina con fare critico «Fammi vedere meglio». Con uno scatto atletico che appartiene più al centurione che ad Arthur, il ragazzo s’infila nel camerino e cinge la vita di Matt, premendo sulla sua coscia il suo principio di erezione. «Non sono male questi jeans» soffia al suo orecchio «ma staresti meglio senza». Se tanto bisogna attirare l’attenzione, tanto vale farlo per un motivo valido.
III
Sta piovendo, nessuna novità. Una pioggia fitta e tagliente come aghi di vetro e - stranamente - silenziosa. È piacevole, la pioggia di Londra, ha un che di materno, è mite e metodica come le cose che piacciono ad Arthur. Infatti ad Arthur piace la pioggia. Da sempre. Da bambino saltava nelle pozzanghere davanti al vialetto oppure insieme a sua sorella cercava le lumache nel giardino del nonno, tra le petunie rigogliose di un rosa pallido e i boccioli delle gardenie. Da adolescente, invece, aveva scoperto che la pioggia è l’accompagnamento perfetto per le note nostalgiche della chitarra: spesso era in tournée con la compagnia della madre, lontano da casa e da suoi amici. Qualcuno, però, sta rovinando il suo angolino di tranquillità in questo tempo sospeso, rubato alle riprese. Il ragazzo alza gli occhi dal libro che sta leggendo, completamente stravaccato sul divano del proprio appartamento. «Se avessi veramente una Tardis, ce ne saremmo andati da un bel pezzo, in un posto meno nuvoloso. Che ne so, il Sole. O Mercurio. Ci saranno le nuvole su Mercurio?» sul tappeto ai suoi piedi, Matt ha il broncio. «Perché non fai qualcosa per distrarti? Guarda la Tv» gli passa il telecomando incoraggiante, per ricevere poi un’occhiataccia «L’antenna ha iniziato a fare i capricci mezz’ora fa, te l’ho anche detto. Ma tu eri troppo impegnato a leggere quello stupido libro per la milionesima volta». «Aspetta, aspetta: Le Cronache di Narnia non sono uno “stupido libro!”. Sono una scuola di vita. Tutti dovrebbero leggerle!». Arthur ha la voce un po’ più acuta del normale, quindi Matt decide di ritrattare l’affermazione, tirandosi su a sedere accanto a lui e fingendosi interessato. In realtà il suo vero intento è stendersi addosso al fidanzato e rubargli un angolo del plaid. «Ma quindi non ho capito: Edmund è un traditore ed è il tuo personaggio preferito?» Il minore sorride nel cercare di comprendere la logica di Arthur, ormai incantato ad accarezzargli il pizzetto biondo del mento. L’altro continua a blaterare dell’evoluzione del personaggio e tutto il resto, ma ormai Matt si è accomodato tra le sue braccia e ha iniziato a riempirgli il viso di baci infantili. «Ti piace così tanto, la mia barba? Karen mi ha detto di tagliarla». «In realtà» scende a succhiargli il lobo di un orecchio «stavo pensando» un brivido attraversa la schiena del compagno «Che già il solo fatto di avere la barba, dimostra come tu sia troppo grande per leggere i libri di C.S. Lewis».
Per Arthur Matt non capisce niente di letteratura. Glielo dirà domani.
Spero di aver fatto le cose per bene, non ho notato particolari richieste nel regolamento! Linciatemi pure, in caso di errore (sono una stupida frana).
«Passiamo a questioni più importanti: come mi stanno questi calzoni?».
Arthur sta per avere un embolo.
Nonostante questo si alza con una calma inconsueta e si avvicina con fare critico «Fammi vedere meglio».
Con uno scatto atletico che appartiene più al centurione che ad Arthur, il ragazzo s’infila nel camerino e cinge la vita di Matt, premendo sulla sua coscia il suo principio di erezione.
«Non sono male questi jeans» soffia al suo orecchio «ma staresti meglio senza».
Se tanto bisogna attirare l’attenzione, tanto vale farlo per un motivo valido.
III
Sta piovendo, nessuna novità.
Una pioggia fitta e tagliente come aghi di vetro e - stranamente - silenziosa.
È piacevole, la pioggia di Londra, ha un che di materno, è mite e metodica come le cose che piacciono ad Arthur.
Infatti ad Arthur piace la pioggia. Da sempre.
Da bambino saltava nelle pozzanghere davanti al vialetto oppure insieme a sua sorella cercava le lumache nel giardino del nonno, tra le petunie rigogliose di un rosa pallido e i boccioli delle gardenie.
Da adolescente, invece, aveva scoperto che la pioggia è l’accompagnamento perfetto per le note nostalgiche della chitarra: spesso era in tournée con la compagnia della madre, lontano da casa e da suoi amici.
Qualcuno, però, sta rovinando il suo angolino di tranquillità in questo tempo sospeso, rubato alle riprese.
Il ragazzo alza gli occhi dal libro che sta leggendo, completamente stravaccato sul divano del proprio appartamento.
«Se avessi veramente una Tardis, ce ne saremmo andati da un bel pezzo, in un posto meno nuvoloso. Che ne so, il Sole. O Mercurio. Ci saranno le nuvole su Mercurio?» sul tappeto ai suoi piedi, Matt ha il broncio.
«Perché non fai qualcosa per distrarti? Guarda la Tv» gli passa il telecomando incoraggiante, per ricevere poi un’occhiataccia «L’antenna ha iniziato a fare i capricci mezz’ora fa, te l’ho anche detto. Ma tu eri troppo impegnato a leggere quello stupido libro per la milionesima volta».
«Aspetta, aspetta: Le Cronache di Narnia non sono uno “stupido libro!”. Sono una scuola di vita. Tutti dovrebbero leggerle!».
Arthur ha la voce un po’ più acuta del normale, quindi Matt decide di ritrattare l’affermazione, tirandosi su a sedere accanto a lui e fingendosi interessato.
In realtà il suo vero intento è stendersi addosso al fidanzato e rubargli un angolo del plaid.
«Ma quindi non ho capito: Edmund è un traditore ed è il tuo personaggio preferito?»
Il minore sorride nel cercare di comprendere la logica di Arthur, ormai incantato ad accarezzargli il pizzetto biondo del mento.
L’altro continua a blaterare dell’evoluzione del personaggio e tutto il resto, ma ormai Matt si è accomodato tra le sue braccia e ha iniziato a riempirgli il viso di baci infantili.
«Ti piace così tanto, la mia barba? Karen mi ha detto di tagliarla».
«In realtà» scende a succhiargli il lobo di un orecchio «stavo pensando» un brivido attraversa la schiena del compagno «Che già il solo fatto di avere la barba, dimostra come tu sia troppo grande per leggere i libri di C.S. Lewis».
Per Arthur Matt non capisce niente di letteratura.
Glielo dirà domani.
Spero di aver fatto le cose per bene, non ho notato particolari richieste nel regolamento!
Linciatemi pure, in caso di errore (sono una stupida frana).
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