Fic: Wake up to the sound of your fleeting heart

Jun 29, 2012 13:26

Titolo: Wake up to the sound of your fleeting heart
Autore: ary_true
Fandom: RPF - Inter F.C. (... Che resta così. Punto. E non ditemi niente.)
Personaggi/Pairing: Mario Balotelli/Davide Santon (Santonelli ♥)
Rating: PG-13
Word Count: word mi dice 1948.
Warnings: slash, fluff a non finire, frocianza a fiumi
Disclaimer: Thiz iz a big, fat lie.
Intro: "Sarei voluto essere lì… solo per te. Sarei voluto essere parte del tuo momento, capisci? Qualcuno che, guardando indietro, ricorderai sempre come parte integrante di uno dei giorni che ti hanno segnato la vita. Anzi, non solo qualcuno a caso… qualcuno che si sarebbe fatto spaccare le gambe, purché tutti vedessero bene quello che sei, pur di porgerti il tuo momento di gloria."
Note: EBBENE! Io ancora non ci credo. Ieri, calcisticamente parlando, è stata una delle serate più emozionanti della mia vita. Nessuno più degli utenti di questa community, e in particolare di lisachanoando e el_defe (♥♥♥), sa quanto è stata lunga la strada fino a questa partita, per lui e per noi. Vederlo brillare in quel modo è stato un colpo al cuore, e uno dei momenti più belli e pieni che potessi sognare. È incredibile, ma finalmente, dopo anni di scazzi e di dolori e di preoccupazioni e di amore purissimo, tutti hanno visto quello che noi abbiamo sempre avuto chiaro.
Ecco allora perché ho scritto di loro, diciamo. Perché un'occasione così va commemorata (?) e volevo farne parte, e questo è l'unico modo in cui potevo farlo.
Mario Balotelli è solo all'inizio di una carriera brillante, e questa storia è per tutti quelli che ci hanno sempre creduto. Viva Mario, viva il Santonelli, che vive sempre e che, con un po' di fortuna, tra qualche anno vivrà queste notti bellissime insieme! :)
(Scusate l'eccessivo sentimentalismo di queste note E SOPRATTUTTO DI QUESTA STORIA X'D Ma sono troppo felice e non ce la sto letteralmente facendo a farcela.)



"Ehi."

A Davide ci vogliono esattamente tre squilli contati, prima di rispondere. La sua voce si sente appena, attutita dal frastuono di urla, canti e trombette varie ed eventuali che rombano in sottofondo, e il cuore di Mario fa una capriola al pensiero che anche lui sia fuori a festeggiare la vittoria (la sua vittoria).

"Ohi, ciao."

Esita un secondo, grattandosi la nuca con la punta delle dita e stringendo con un po' più forza di prima il cellulare, come se avesse paura di sentirlo scivolare via; c'è una piccola parte di lui che è perfettamente consapevole del fatto che quello che ha detto sia parecchio stupido, o per lo meno strano, considerato che è lui che ha chiamato e che le cose da dire sono tantissime, a partire da Dove sei, Con chi sei, HaivistoHaivistoHaivisto, Mi hai visto, Davide, mi hai visto, cazzo, Davide, cazzo, la Finale, ma al momento non riesce a fregarsene davvero, perché è un giorno così bello e così pieno che ha solo bisogno di un momento per tenere insieme tutto, compreso lui.

"Mario? Aspetta un secondo, che qui in mezzo non sento un cazzo, aspetta…--" lo sente muoversi, mentre il casino in sottofondo sembra allontanarsi pian piano, fino ad annullarsi quasi del tutto al suo "Ok, ora puoi parlare," che è più chiaro e più forte di qualsiasi altro suono gli sia capitato di sentire durante tutta la serata.
Può quasi vederlo, mentre si apparta da qualche parte, accovacciandosi in un angolo più riparato e intimo, spalle al muro e gambe al petto, una mano a stringere il telefono e l'altra a coprirsi l'orecchio libero, proprio come lui adesso, ed è tutto tremendamente semplice, per una volta.

"Ho detto solo ohi, ciao. Avevo voglia di sentirti, non è che abbia chissà che cosa da dire."

Davide ride, e sembra quasi soffiare contro il ricevitore, come fosse una carezza, mentre Mario sorride un po', e si rilassa, ed è bello.

"Dio santo, hai una vocetta sottile sottile. Stai per addormentarti, o cosa? Ma che ore sono? Da quando è finita la partita non ho più controllato l'orologio."

Sei emozionato. Sei così emozionato che non ho bisogno di vederti per capirlo, perché mi basta sentirti, e ti conosco così bene che forse non avrei bisogno neanche di quello per sapere davvero come stai.

"Vaffanculo, che vuol dire che ho una vocetta sottile? La mia voce è uguale al solito, coglione. E non è così tardi."

Non è ancora il momento di chiudere. Ci sono ancora un sacco di cose da dire. Un sacco di tempo per respirarsi un po'.

"Sai cosa? Parlo io. Penso che tua madre abbia pianto da matti, stasera. Chissà quanto l'hai fatta felice. Dille da parte mia che la felicità la rende più bella, mh?"

La voce di Davide, quando spezza quel silenzio leggero per parlare di sua madre con tutto l'affetto del mondo, è piena di simpatia e tenerezza, e Mario in realtà neanche si sorprende a sentire che abbia scelto di parlare proprio di quello, piuttosto che delle mille altre cose ovvie che avrebbe potuto tirar fuori, perché Davide ha sempre avuto la naturale capacità di individuare immediatamente il nocciolo della questione, quando si tratta di lui.

Davide è l'unica persona che sia mai stata capace di tagliar via con precisione tutti i casini e tutte le stronzate che si è sempre portato appresso per vedere bene quello che restava sul fondo, ignorato da tutti, e che forse era davvero importante.
Davide, soprattutto, è l'unica persona che sia mai stata capace di sbattergli in faccia quelle verità nascoste, ma con tutta la cura e tutto il tatto del mondo, con una grazia che lui stesso non riesce neanche a capire da dove venga, a volte, perché non sempre è stato in grado di meritarsela.

"Mi credi se ti dico che non riuscivo a pensare ad altro che a darle un buon motivo per essere venuta fin qui?"

Ed è proprio vero che non riusciva a pensare ad altro, mentre si sbatteva dietro alla palla e cercava di tanto in tanto il suo viso tra gli spalti, il respiro corto e il cuore in gola; ha passato una vita a farsi rimbrottare dietro per la sua maleducazione, la sua noncuranza, e ha passato anni a riempire stadi e giornali di voci al veleno, senza riuscire a capire il perché o il per come, e per tutta la sera non è riuscito a pensare ad altro che a fare qualcosa di bello, qualcosa di buono che fosse solo per lei, qualcosa che lo rendesse orgoglioso di dire, per una volta soltanto, Questo è per te, solo per te, perché mi hai cambiato la vita come nessun altro avrebbe potuto fare, perché ti voglio un bene che le parole non possono descrivere, perché tu sei mia e io sono tuo e ho bisogno di ringraziarti per tutto quello che fai per me.

E forse è vero anche questo, che la sua voce è un po' più sottile del solito, ma è notte e sono soli, sono lontani e in qualche modo dovranno pur scaldarsi, quindi che male c'è?

"Sei tu il buon motivo, cretino. Se anche non avessi segnato, sarebbe stata contenta lo stesso, sai? Però sei stato eccezionale, si è capito subito che da stasera volevi qualcosa di speciale, e l'hai ottenuto. Ed è stato molto-… è stato molto dolce, da parte tua, dedicarle i tuoi gol e abbracciarla in quel modo, davanti a mezzo mondo. Sono sicuro che l'abbia resa molto orgogliosa. Quale madre non si sentirebbe orgogliosa di un figlio così?"

Lo dice in tono confidenziale, quasi gli stesse rivelando una qualche meraviglia del mondo o un grande segreto della vita, la voce bassa e calmissima che sembra quasi modulata apposta per un bambino, e a Mario si stringe lo stomaco. Ha sempre considerato la sua famiglia come un qualcosa di profondamente privato e personale, un mondo tutto suo in cui pochissime persone avevano diritto di entrare, eppure ritrovarla sulla bocca di Davide sembra normale, quasi scontato, e questa cosa lo fa sentire straordinariamente nudo.

"Vorrei che fossi qui," mormora, prima ancora di riflettere.

Non è esattamente una frase piena di tatto, ma ancora una volta lui e Davide sono diversi, e almeno è qualcosa di onesto, qualcosa di vero.
Vorrebbe che fosse lì per mille motivi diversi, perché lo merita come giocatore e perché egoisticamente vorrebbe poter allungare una mano e sentirlo sotto le dita, ma soprattutto perché vorrebbe dividere questa cosa con lui, come nel corso degli anni hanno diviso un sacco di cose, come un campetto, uno stadio, una casa, un letto, una vita intera, il tutto con tutta la naturalezza del mondo.

"Anch'io vorrei essere lì."
Non c'è la minima traccia di risentimento nella sua voce, forse una nota in più di calore.

"Sono felice. Non è solo la partita. Sono felice e basta. Ha senso?"

Sono felice perché mi sento parte di qualcosa. Sono felice perché le persone cui voglio bene sono qui a vivere questo momento di chiarezza con me. Sono felice perché questo pezzetto di felicità me lo sono sudato.

"Tu non lo senti, ma qui la gente è impazzita. Cantano per voi, per la finale, ma soprattutto cantano per te. Ti sorprenderesti a vedere quanta gente ha cantato il tuo nome, quanta gente è impazzita ai tuoi gol, in culo al non esistono italiani negri. Hai fatto un sacco di strada, stronzo. E magari riprenderanno a romperti i coglioni domani, ma oggi sei l'uomo più amato d'Italia, quindi ha senso. È giusto che tu sia felice, anche se non è solo per la partita."

Hai fatto tutto da solo. Per una notte, sei riuscito a trasformare tutto l'odio di sempre in un ammasso di amore caldo e senza speranza, che si riverbera in ogni vicolo d'Italia. Sei riuscito a farti ammirare per intero, a farti desiderare e a farti accettare senza se e senza ma, e lo hai fatto senza scendere a compromessi, senza farti toccare da niente. Sei così bravo, sei così forte, sei così vero. È giusto che tu sia felice.

"Ci puoi giurare che riprenderanno a rompere i coglioni da domani…"

"E sai un'altra cosa? Prima pensavo che sarei voluto essere lì per giocarmela come tutti. Perché me la sarei potuta giocare meglio di altri, forse, o semplicemente perché è il sogno di una vita. Quando ti ho visto stasera, invece, è stato diverso.
Sarei voluto essere lì… solo per te. Sarei voluto essere parte del tuo momento, capisci? Qualcuno che, guardando indietro, ricorderai sempre come parte integrante di uno dei giorni che ti hanno segnato la vita. Anzi, non solo qualcuno a caso… qualcuno che si sarebbe fatto spaccare le gambe, purché tutti vedessero bene quello che sei, pur di porgerti il tuo momento di gloria. Ha senso questo, semmai? Se anche avesse senso, è un po' patetico, mh? Ma non me ne frega un cazzo, perché oggi sei stato fottutamente meraviglioso e devi sentirtelo dire da qualcuno che ci creda sul serio."

È come se lo vedesse, mentre mormora accorato quel fiume di parole con una mano davanti alla bocca e una ruga minuscola che gli spunta sulla fronte, le sopracciglia leggermente aggrottate in un'espressione seria, prima che sbuffi una risata priva di reale umorismo; ma la realtà non è un condizionale, e quindi non lo vede. Non lo vede perché non è lì, e quindi non può toccarlo, e questo improvvisamente diventa un problema serio, perché al momento vorrebbe solo baciarlo fino a perderci il fiato e la testa e invece può solo stringere convulsamente il telefono.
E ci prova anche, a cercare qualcosa da replicare, ma in realtà si sente la gola chiusa, il petto così pieno di cose ingestibili da essere molto vicino all'esplosione e DioDioDio, Davide, Dio, come si fa a vivere una giornata così e tornare poi alla vita di tutti i giorni, come cazzo ti aspetti che te lo spieghi che quioraadesso sei diventato il momento migliore in assoluto, e la sua mente sta ripetendo in maniera febbrile quelle parole nella sua testa, quasi avesse paura di perderne immediatamente qualcuna, e sa che comunque niente avrebbe altrettanto importanza e peso, dopo quello che Davide gli ha lasciato sentire, quindi che senso ha?

"Non è che il livello di frociaggine della conversazione ti ha improvvisamente fatto sanguinare le orecchie, vero?"

"Vaffanculo, Dade. Sto… elaborando."

"Vaffanculo tu, se a questo punto non torni con una medaglia. Non pensare ad altro, mh?"

Il tono è provocatorio, divertito, vagamente malizioso, ed è anche il modo di Davide di fargli capire che va bene così, e che è tempo di andare.
Per un attimo desidera trattenerlo ancora, solo per un altro po', ma poi si rende conto che davvero va bene così, e che non c'è nessun bisogno di aggiungere altro, perché per una volta tutto è perfetto e semplice e il momento va conservato proprio così.

"Torno con la medaglia e la porto per te, ok?"

Lo dice col sorriso, e sa che Davide sarà capace di leggere in quella risposta ironica tutto quello che non avrebbe senso dire a voce alta.

Sono felice se sei felice. Voglio essere parte della tua felicità perché tu sei parte della mia. Voglio dimostrare qualcosa anche a te, perché non mi hai mai chiesto di dimostrarti niente.

"Ci conto, allora. Buonanotte, Ma'."

"Buonanotte, Dade, sogni d'oro."

Il saluto è un po' ironico e un po' dolce, e Mario resta a guardare il cellulare per qualche minuto, dopo che hanno chiuso la chiamata, prima di alzarsi e strisciare fino al letto, per chiudere gli occhi su una giornata che vorrebbe non finisse mai.

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