FIC: We're running in circles again

Sep 02, 2011 12:15

Titolo: We're running in circles again.
Autore: sunset_noise
Fandom: RPF Calcio
Pairing: Santonelli! ∞
Rating: PG-13
Warning: Fluff, amicizia tra maschi, slash.
Disclaimer: Sono una studentessa squattrinata, non guadagno nulla da tutto ciò, se non puro divertimento.
Note: Questa fanfic è stata un parto durato quasi tre mesi di rilettura continua, di uno scrivere, correggere, aggiustare e rivedere che mi ha impegnata a lungo, e ancora non sono completamente soddisfatta, quindi se notate errori o strafalcioni vi prego di farmelo notare. L’ultima frase appartiene al signor Luciano Ligabue, mentre il titolo devo ringraziare i Sum 41.

Quando si sono conosciuti Davide era un ragazzino alto e magro come un chiodo, che lo fissava ammirato mentre faceva gol, ma dopo qualche secondo aveva già la testa bassa cercando di non farsi notare, pronto a disporsi nuovamente in campo.

Non si sono mai davvero presentati -Davide era un po’ sulle sue, Mario sapeva solo che dopo quasi nove mesi in primavera Davide era l'unico con cui non aveva ancora litigato.

Sono diventati amici perché il mister sperava che il temperamento di Davide riuscisse a tenere a freno Mario e insisteva perché fossero in camera insieme. La prima notte Davide non era riuscito a chiudere occhio, c'era un temporale terribile, e l'unica cosa che era in grado di fare era tremare e continuare a voltarsi da un lato e dall'altro, cercando di far meno rumore possibile.

Ad un certo punto Mario si era alzato dal suo letto per sedersi su quello di Davide e iniziare a chiacchierare per distrarlo intavolando discorsi di come quando pioveva così la mamma lo tranquillizzava con la cioccolata calda, e decine di piccoli particolari sulla sua vita a casa che Mario non aveva mai detto a nessuno.

Avevano parlato fino alle quattro del mattino, quando Davide aveva obbligato Mario a ritornare nel proprio letto per dormire almeno tre di fila. Il giorno dopo durante il riscaldamento correvano fianco a fianco, ridacchiando tra loro.



A Mario piace l'appartamento di Davide perché sa sempre di buono e c'è sempre cioccolata in qualche cassetto della cucina. Gli piace anche perché dopo qualche mesetto è un po’ come se fosse diventata anche casa sua, ha un mazzo di chiavi e persino una poltrona letto che Davide ha comprato apposta per lui all’Ikea.

Ovviamente gli piace soprattutto perché ci abita Davide, perché lì passano i pomeriggi a fare tornei di play station o maratone di film.

Quando è così arrabbiato che avrebbe voglia di rompere tutto - e capita spesso- Mario in un modo o nell'altro finisce sempre da Davide, che ha la strana abilità di capirlo solo guardandolo, che Mario apprezza infinitamente.

Finiscono a vivere insieme non per comodità - anche se la mamma di Mario per avere notizie del figlio chiama settimanalmente Davide- ma soprattutto perché Mario si accorge che da un po’ di tempo l'unico posto che riesce a chiamare casa sono le braccia di Davide, che lo accolgono sempre con devozione e cura che Mario non riesce a trovare in nessun'altra persona.



Le ragazze non significano nulla. Questa è la loro prima regola non scritta.

Le ragazze sono concesse a Mario, che se ne trova una diversa per ogni notte, ma anche a Davide, che ne preferisce il lato più soffice e romantico.

La seconda regola non scritta è che le ragazze si condividono, per quanto suoni maschilista nessuna ragazza finora si è mai rifiutata di avere prima Mario e poi Davide, e a volte entrambi contemporaneamente.

Hanno bisogno del contatto con l’altro sesso, salvo poi ritrovarsi insieme a casa o in ritiro non importa, e continuare a cercare la pelle dell’altro in alcuni gesti che tanto casuali non sono.



Respira. Continua a ripetergli Davide quando lo trova in lacrime e un bel po’ incazzato dopo lo scontro con Marco.

Respira. Perché gli sembra davvero che Mario stia soffocando mentre lo trascina a sedere accanto a lui contro le piastrelle delle docce.

Respira. Gli ripete mentre disegna figure strane con le dita sulla sua schiena, ma Mario non vuole saperne.

Respira. Mario lo stringe a metà tra un abbraccio e una testata mentre affonda il volto nella maglietta pulita di Davide.

Respira. A pieni polmoni Mario inala quell’odore che sa di casa e amore molto più di quanto lo sia la maglia nerazzurra che poco fa ha strattonato in malo modo.

Respira. Davide lo bacia, e a Mario sembra di succhiargli l’ossigeno dai polmoni, perché solo quando si staccano s’accorge di aver ripreso a respirare.



“Te ne vai, vero?” gli dice Davide, appena uscito dalla doccia.
Mario si volta distratto, togliendosi una cuffia dall’orecchio, “cosa?” risponde.
“Te ne vai?” ripete Davide evitando di guardalo negli occhi e continuando a frizionarsi i capelli.

L’odore di shampoo si diffonde nella stanza di Mario, che pigramente si sposta su di un lato del letto mentre Davide gli si accartoccia contro, respirando rumorosamente.

“Non piangere” lo avverte Mario, Davide annuisce contro la sua pancia.
Restano per un po’ così, Mario seduto scompostamente sul proprio letto con l’iPod che ancora suona qualche pezzo di Marracash e la testa di Davide sulle gambe.

I fianchi di Davide sono troppo invitanti e Mario si ritrova a stringerne uno con una mano solo per il gusto di vedere il segno rosso che lascia con le dita e sparisce poco dopo.
“Ti amo” lo informa distrattamente, ancora impegnato a pizzicargli il fianco, Davide vorrebbe rispondere qualcosa, ma onestamente non sa cosa dire, così si limita ad alzare la testa e aspetta che Mario lo baci.



Mario è stato lontano dalla sua città da quasi tutta la vita. Non ha mai avuto problemi, anzi questo significava non essere sotto alcun controllo dei genitori e questo gli è sempre stato benissimo.
Ma quando ha lasciato Milano, quando ha lasciato Davide, s'è sentito come se avesse lasciato il suo cuore senza preoccuparsene troppo.

Certo, continua a mangiare, parlare, giocare a calcio, ma nulla riesce a scalfirlo o toccarlo davvero, per questo ride in faccia a chiunque e combina qualsiasi cazzata. Perché non prova più nulla, il suo cuore se l'è tenuto Davide.



La lontananza fa schifo. Davide odia ciabattare in una casa vuota in una città che non è la sua, e che probabilmente non lo sarà mai, odia fare il caffè solo per sé, e non dover litigare con nessuno per avere la prima doccia la mattina.

Sa anche che dovrebbe ringraziare tutti i santi del paradiso perché ha quest'occasione al Cesena, ma non può fare a meno di sentirsi così tremendamente sbagliato e fuori posto.

Nonostante la lontananza e il fuso orario, Davide ogni mattina prima dell'allenamento riceve un messaggio di Mario, alcune volte sono brevi frasi, altre volte gli sms rasentano così tanto il porno che Davide non può far a meno di arrossire e toccarsi, la maggior parte delle volte il messaggio dice solo "Buongiorno" e Davide è consapevole che lo sarà.



Davide lo vede dallo spioncino della porta del suo nuovo appartamento a Cesena. Lo riconosce immediatamente, sinceramente non sa come potrebbe fare altrimenti, e gli sembra che le mani quasi prudano per la voglia di toccarlo che si ritrova dopo averlo visto solo per pochi secondi.

Si concede il tempo di riavviarsi i capelli guardandosi allo specchio, pregando di smettere di arrossire così violentemente e apre la porta.

Mario è appoggiato allo stipite, ma appena alza lo sguardo trova quello di Davide che è così familiare ma anche terribilmente estraneo da fargli tremare le gambe.

Davide sorride brevemente, e Mario si concede di passare una mano sulla guancia magrissima ricoperta di barba, Mario ancora si ricorda il tempo in cui si radevano insieme, quando vivevano a Milano e Davide era ancora un bambino.

Davide gli prende una mano e lo conduce all’interno del posto in cui vive -chiamarlo casa sarebbe offensivo, e restano in piedi a fronteggiarsi. Davide sembra molto più affilato di quando si sono salutati prima della sua partenza e perfino la webcam non rende giustizia agli ultimi cambiamenti.

Per Davide, Mario è esattamente lo stesso, non sembra assolutamente cambiato, è solo quando lo invita a togliersi il giubbotto che Davide nota un nuovo tatuaggio. E ancor prima di pensarci seriamente allunga una mano a tracciarne i confini, è un tatuaggio tribale e Davide dubita seriamente che abbia qualche significato particolare, probabilmente Mario si sarà solo innamorato del disegno dopo averlo visto da qualche parte.

Continua a carezzargli la spalla, come ipnotizzato, quando Mario sovrappone una mano a quella di Davide, è come se non si fossero mai davvero lasciati.



“Vado via” gli dice semplicemente.
Sono nel loro appartamento a Milano che nessuno dei due ha mai pensato di vendere e che è restato lì ad aspettarli accogliente e così loro come sempre.

Mario non è esattamente sorpreso -il trasferimento aleggiava da molto tempo. Sa bene che per Davide è un abbandono e una sconfitta e invece dovrebbe essere solo una nuova occasione.

“Newcasle” mormora Davide e Mario resta a fissarlo a bocca aperta, la mente gli rimanda in loop l’immagine di Davide che ripete la stessa parola all’infinito, fino a quando diventa vuota e priva di senso.
Newcasle Newcasle Newcasle Newcasle Newcasle continua a ripetere il Davide nella sua testa, Mario si perde a osservare la piega delle labbra delle sue labbra mentre pronuncia ancora e ancora il nome quella squadra.

Poi inizia a ridere, tenendosi la pancia, fino a quando non gli fa male la faccia per l’espressione divertita che è stata costretta a mantenere.

Quando si riprende Davide lo sta guardando con un’espressione un po’ preoccupata, così Mario gli si avvicina e ripete “Newcasle” sulle sue labbra, poi improvvisamente si allontana come fulminato da un’incredibile rivelazione.

“Minchia, giocheremo contro.”
Davide, suo malgrado, si ritrova a sorridere almeno un po’.



Di tutta la vita passata, questo è il momento.

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