Fic: Right on the limits where we know we both belong tonight

Aug 13, 2011 20:17

Titolo: Right on the limits where we know we both belong tonight
Autore: el_defe
Pre-reader: anybeaver
Fandom: RPF Calcio
Personaggi: Diego Milito/Thiago Motta (♥)
Rating: 18+
Warning: slash
Conteggio Parole: 1,728 (FDP)
Note: Ovverosia, il vero regalo di compleanno per waferkya, colpevolmente in ritardo - ma per i miei standard neppure troppo, e ciò mi impedisce di vergognarmi quanto dovrei. ♥
Prompt: Serenata, Umidità, Poesia @ bingo_italia, e un paio di request personali da parte di waferkya e innocence8.
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro, non vuole offendere o essere lesiva nei confronti delle persone reali descritte, né pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità. Tutti i titoli da The Edge of Glory della Mother Monster. <3
Intro: Some people wear their history like a map on their face. (Noah and the Whale, L.i.f.e.g.o.e.s.o.n.)




RIGHT ON THE LIMITS WHERE WE KNOW WE BOTH BELONG TONIGHT

I'm on the edge of glory

Per dare un senso all’improvviso bum bum tunz che lo sveglia nel cuore della notte è costretto prima a rendersi conto di essere in albergo - dov’è Sofia? - e di essersi addormentato in accappatoio subito dopo esserci tornato, tanto era stanco - ah, già, Sofia arriva lunedì - e poi che, per capire cosa stia accadendo, deve aprire la portafinestra per uscire sul piccolo balcone della sua stanza, finendo solo per finire investito dall’ondata di caldo appiccicoso che fa volatilizzare all’istante la frescura post-doccia. Ai piedi del succitato poggiolo, un piano più sotto, si ritrova un tizio alto con un cappellino calcato fin sopra gli occhi, i jeans larghi che quasi gli cascano di dosso e una maglietta nera con un qualche disegno in bianco, troppo confuso perché possa capirci qualcosa, assonnato com’è. E il tizio alto ha uno stereo ai suoi piedi che spara quel bum tunz bum bum tunz a tutto volume, e un sorrisino malvagio che è l’unico segno che gli permetta di identificarlo con certezza. Con atterrita certezza.

«È tempo adesso - di dar voce a quello che io nego anche a me stesso - farlo prima che sia troppo tardi o che sia finita-»

«Oh, signore.» Diego nasconde il viso dietro le mani, lasciando (involontariamente o meno, a quella distanza, non gli è dato saperlo) uno spazio vuoto tra medio e anulare della sinistra che sembra abbastanza largo per guardarci attraverso. «Sono le due di notte e ho un pazzo ubriaco che mi fa una serenata rap sotto un albergo pieno di gente.»

«Non sono ubriaco» precisa Thiago, mentre a poca distanza si alterna un gruppetto di curiosi - quelli sì, fradici fino al midollo - che ridono e alzano le bottiglie vuote in segno di saluto, prima di allontanarsi ed essere rimpiazzati da altri viveur notturni. «Non così tanto, dai. Ed è l’una e dieci, e tutta quella gente non ci conosce.»

«Parla per te, ho passato la sera a firmare autografi» ribatte, piano, ma il rapper da due soldi, quattro metri più in basso, non sembra averlo sentito.

«Mi fai salire, allora?»

Diego strabuzza gli occhi, incredulo. «No» gli dice, ma non fa in tempo a voltargli le spalle che il volume dello stereo sembra raddoppiare, e un pensiero improvvisamente lucidissimo lo terrorizza: per quanto l’albergo non sia poi così pieno di gente come pretendeva fino a due minuti prima, resta il fatto che potrebbe svegliarsi tutto l’isolato, visto che gli sembra perfino che il pavimento stia vibrando per via dei bassi profondi. «Ti prego, torna a casa. Ne parliamo domani.»

«Adesso.» Con una fluidità impensabile per una persona molto brilla, Thiago si mette addirittura in ginocchio sul marciapiede; Diego quasi spera che un poliziotto di ronda passi ad arrestarlo per disturbo alla quiete pubblica. «Dobbiamo parlare di quello che è successo.»

«Non è successo-»

«Sì che è successo» gli grida, attirando l’attenzione di altri curiosi.

«Non è successo nulla di così importante da dover parlare adesso, nel cuore della notte!» Anche a quella distanza, Diego riesce a vedere che sta stringendo gli occhi come per sbirciare meglio, e stringe convulsamente i lembi dell’accappatoio già ben chiusi. Sospira. «Mi arrendo. Sali.»

Thiago fa un saltello nel rimettersi in piedi; il capannello di curiosi applaude sentitamente - qualcuno perfino fischia in maniera decisamente allusiva - e poi si disperde. Diego sospira, arrossisce, e rientra in stanza un momento prima dell’ultimo tunz.

And I'm hanging on a moment with you

«Non mi dai neanche il tempo di mettermi qualcosa» borbotta mentre gli apre la porta, prendendo poi ad aggiustarsi i capelli ancora umidi e a stringersi così tanto nell’accappatoio da dare l’impressione di essere infagottato in una spugna di due o tre misure più larga.

«Non mi pare di non averti mai visto nudo.»

«Thiago.» L’implorazione di Diego ha uno scarsissimo effetto sull’altro, più interessato al tono o all’accento di quell’unica parola che al rimprovero che essa nasconde. «Per favore. Non girare il coltello nella piaga.»

«E tu, allora?» Diego batte le ciglia un paio di volte, come ad aver notato soltanto adesso l’espressione di sofferenza dietro la finta leggerezza di Thiago e chiedendosi come abbia fatto a non notarla prima. «Okay, parla tu» aggiunge, dopo quel momento di silenzio forzato, e china appena la testa.

«Thiago.» Non c’è alcun richiamo, questa volta, nella sua voce, solo una tensione palpabile e spessa che resta sospesa nell’aria prima di spezzarsi di nuovo quando riprende a parlare. «Ho solo paura. Credi che potresti concedermelo?»

«Non hai idea di cosa ti concederei, se solo me lo chiedessi.»

«Ehi!»

«Non intendevo quello!» Thiago gli si avvicina al punto che non può nemmeno respirare, senza ritrovarsi a sfiorarlo: tuttavia Diego si rifiuta di indietreggiare, ben consapevole di quanto sia vicino il letto. «Intendo... farei qualunque cosa, se solo avessi una speranza in cambio.» Lascia andare una risatina nervosa. «Credi che potresti concedermela?»

Diego deglutisce. Ha paura di vederlo, perciò chiude gli occhi di colpo mentre Thiago china la testa su di lui e accosta le sue labbra alle proprie; e ha paura di sentirlo, così resta immobile e non tenta di avvicinarglisi o di accarezzarlo o di fare qualunque altra cosa, foss’anche respingerlo. Ma il contatto delle loro bocche lo vede e lo sente e lo rivive, tutto insieme, identico a come lo ricordava quando è fuggito dalla festa negli spogliatoi, ancora in mutande, il corpo fradicio per i gavettoni di acqua e gli spruzzi di Cinzano e una reazione troppo visibile nei suoi slip per non ammettere qualcosa di troppo difficile e terrificante. Thiago gli slaccia la cintura dell’accappatoio e ne discosta lentamente i lembi, infilando una mano al di sotto della spugna e posando la sua mano sulla sua schiena, umida per la doccia da cui non si è mai asciugato e per i sudori freddi.

«Non immagini neppure da quanto tempo sognavo questo momento» mugola sottovoce, staccandosi da lui per riprendere fiato.

«Cosa?» ansima Diego, sentendosi più che mai in bilico sull’orlo del precipizio.

«Che mi toccassi il culo.» E prima che possa ritrarsi in fretta, Thiago gli ferma entrambe le braccia con le mani, spingendo Diego a premere con più forza le sue sul sedere e godendosi il rossore intenso delle sue guance e l’eccitazione che non riesce più a trattenere o nascondere.

Con un ultimo bacio sui suoi zigomi bollenti, Thiago lo aiuta a distendersi sul letto. La spugna è morbida e umida e sfrega sulla sua guancia quando si accosta al suo inguine.

I'm on the edge with you

«È stato bello.»

Thiago esita per qualche istante, preso alla sprovvista. «Credevo dormissi» risponde, sostanzialmente sincero - si è perso a lungo tra i suoi pensieri, osservando le ciglia lunghe di Diego che fremevano sulle sue palpebre abbassate, il viso seminascosto sul suo petto e il resto del corpo intrecciato al suo in un abbraccio molto poco equivocabile, se mai qualcuno li avesse colti in fragrante, e non si è reso conto che in effetti sono passati soltanto pochi minuti. «E non ti avevo chiesto se ti è piaciuto.»

«E a te?»

«A me cosa?» Thiago scruta nei suoi occhi nuovamente aperti e sorride; trova quasi tenero che debba essere lui a rassicurare Diego, in una strana inversione della realtà dove il fatto di avere tre anni e una quantità indicibile di maturità in meno è di scarsissima importanza. «A me è piaciuto più di quanto tu possa mai concepire. Dovresti averlo capito, da quant’è che ti vado dietro. Probabilmente dalla prima volta che ti ho visto.»

«Eravamo ancora in Spagna, la prima volta. E non giocavamo insieme.»

Thiago fa spallucce. «Avere una maglia diversa cambia qualcosa?» dice, rabbrividendo piacevolmente quando Diego sfrega con le labbra contro la sua pelle, all’altezza di una costola. «Conta di più quello che succederà d’ora in poi. Sempre se... insomma.»

«E se non restassimo a Genova, dopo quest’estate?»

Con un battito del cuore inaspettatamente più forte (o è questa l’impressione che ne trae, perché gli sembra che sia risalito fino alla gola, chiudendogliela) Thiago comprende soltanto adesso che è questo il suo vero terrore - non il tradimento e la necessità di celarlo per sempre, non il dovere della prudenza ad ogni costo, non la possibilità di contemplare tutto quanto è successo nelle ultime settimane, o quella notte, come un errore irripetibile. Così scivola un po’ più in basso nella loro stretta e accosta le proprie labbra alle sue, senza toccarle.

«Avere una maglia diversa cambierebbe qualcosa?» ripete ancora in un sospiro, attendendo il suo piccolissimo cenno di diniego prima di impegnarsi sul serio. «E comunque, farò di tutto per seguirti ovunque tu vada.»

È Diego a protendersi quel tanto che basta per colmare la loro distanza, baciandolo senza più nessuno dei freni che l’avevano trattenuto anche prima. La sua pelle è ancora arrossata e rovente, e le sue labbra si schiudono ancora in un gemito sottile sospeso tra dolore e piacere, ma allo stesso tempo tutto cambia: Diego va incontro alle piccole spinte di Thiago con forza sempre maggiore ogni volta che si rende conto che i brividi lungo la sua colonna vertebrale sono più intensi ed appaganti se lo penetra più a fondo, lo bacia più volte come a voler capire in quanti modi diversi può farlo, circonda la mano di Thiago con le sue per fargli capire bene in che modo gli piace di più essere toccato; e Thiago se ne dimentica poco dopo, ma va bene, è così strano e così bello lasciare che si prenda cura di lui in quel modo, che gli faccia comprendere con quel gesto così naturale che gli piace anche se lo masturba più lentamente di quanto vorrebbe, se indugia sul suo capezzolo con la punta della lingua, se gli accarezza l’interno delle cosce e i testicoli e tutta una quantità di punti del suo corpo cui Diego ha sempre prestato scarsissimo interesse, mentre invece vorrebbe soltanto che quelle carezze durassero per sempre.

Non dura per sempre, naturalmente: Diego viene di nuovo, con un grido basso che è più una resa all’istinto che una manifestazione del suo piacere, e con una violenza completamente assente nella sua prima volta e che fa ridere entrambi per i suoi effetti. E poco dopo viene anche Thiago, con uguale soddisfazione, la voce che si spegne a poca distanza dall’orecchio di Diego in un gemito e il corpo che cede e si accascia per metà su di lui, tra lenzuola aggrovigliate e macchie inequivocabili. Nessuno dei due se ne preoccupa, troppo impegnati ad ascoltare i loro respiri affannati e le risate basse che ogni tanto lasciano andare per qualche secondo. Una sorta di poesia che, forse, potrebbe durare per sempre.

FINE

A/N: Mi duole dover ammettere di aver inventato io le parole dell'oscena serenata, su una base a caso. Non sono mai stato bravissimo come paroliere, in effetti. XD
(Invece, che Prinsi fosse bagnato e in mutande al momento della gran festa è verissimo. Proof because it did actually happen. XD

fic » fandom » sportivi » calcio, fic, fic » people » thiago motta, fan » el_defe, fic » people » diego milito

Previous post Next post
Up