Titolo: (under my) Skin
Autore:
el_defeBeta:
waferkyaFandom: RPF Calcio
Personaggi: José Mourinho/Zlatan Ibrahimović, Alberto Gilardino/Stevan Jovetić, José Mourinho/Davide Santon, Xabi Alonso/Steven Gerrard, David Beckham/Iker Casillas
Rating: 16+
Warning: slash, qualcosa di angst, qualcosa di sesso, qualcosa di blu e qualcosa di prestato (Sir Becks, chiaramente)
Conteggio Parole: 1,758 (FDP)
Note: Nessuna in particolare. Volevo scrivere, volevo scrivere quel che mi pareva, e volevo scrivere come mi pareva. XD Ne sono uscite quindici ficlet - cinque terzetti di "drabble" di lunghezza non canonica ma uguali all'interno dei tre terzetti. Ogni Jobra è da 110 parole, ogni Gilatić da 118, ogni Mouton da 139, ogni Gerlonso da 148 e ogni Becksillas da 71.
I minititoli vengono da alcune delle più belle canzoni di Skin e degli Skunk Anansie.
Prompt: scrivere dodici una drabble senza dialoghi @
it100 (le tre Becksillas, a rigor di conteggio, non valgono: e non imbroglierò accorpandole e facendole contare come una XD)
Disclaimer: Questa fanfiction non è a scopo di lucro, non vuole offendere o essere lesiva nei confronti delle persone reali descritte, né pretende di dare un ritratto veritiero di eventi o personalità.
Intro: Di un futuro che sembra passato, di qualcosa di rotto da non aggiustare, di adulti e bambini più che mai simili, della pioggia battente nel ruolo di sensale, di mani calde e di amore.
UNDER MY SKIN
Don't you know that I've been running from your heart
Ad Appiano José ritorna volentieri.
È vero che ha smesso di essere il suo posto di lavoro - la sua casa, come insisteva a chiamarla il presidente, che Dio l’abbia in gloria - da almeno quindici anni, che d’estate il parcheggio è infestato dalle zanzare e che non c’è inverno senza nevicate, grandinate e pioggia battente; tuttavia, è altrettanto vero che non si è mai sentito così a suo agio sulla mezza dozzina di panchine che ha scaldato da allora.
È cambiata la dirigenza, sono cambiati i giocatori, sono cambiate persino le vive mura: anche adesso che Appiano è tornata ad essere la sua casa, José si sente ancora un ospite.
And I feel like you've been running too
Ad Appiano Zlatan non ritorna volentieri.
La sua carriera da calciatore è stata un vagabondaggio continuo, sempre un passo avanti a tutti nei primi dieci anni e sempre all’inseguimento di un successo che ha continuato a sfuggirgli sempre, per beffa o per fallimento, nei successivi dieci, fino a quando la sua mente ha messo all’angolo il suo corpo e gli ha ingiunto di mollare compagni, società e procuratore al loro destino.
Lo spartiacque tra i due decenni è seduto a bordocampo, venti metri più in là: anche adesso che Appiano torna ad essere una tappa del suo viaggio itinerante, Zlatan, muto, chiede che qualcuno lo fermi e gli impedisca di proseguire oltre.
Watching as my ego breaks your fall
Ad Appiano sono tornati entrambi.
È stato Angelomario in persona a rivolerli indietro - “a qualunque prezzo”, anche se riferita da Jorge o da Claudio, resta una frase così potente da andare oltre gli zeri staccati per i loro assegni. Il prezzo riguarda il loro cuore, non il loro portafogli, e se José ne è sempre stato consapevole, Zlatan se ne rende conto soltanto quando lo incontra di nuovo e sente il suo, di cuore, gonfiarsi fino a soffocarlo.
Lavorare in simbiosi - come direttore sportivo e allenatore, questa volta, ma la sostanza non cambia - torna ad essere facile come il primo giorno. Bussare alla porta della camera di José, pure.
You pretend we’ve started again
Quando Adrian manda un messaggio a tutta la squadra - prestampato, per giunta: chiedergli di avere una parola soltanto per Alberto sembra davvero essere troppo - Stevan vorrebbe trovare un modo qualsiasi per fargli sentire la sua vicinanza, uno soltanto, e tuttavia sa già che non riuscirà a scoprirlo se non fuori tempo massimo: le sue labbra sono più imbronciate che mai, i capelli più radi, e ci sono due rughe nuove (le ha viste di sfuggita, Alberto si tiene a distanza da tutti) poco sopra il naso. Rughe che, peraltro, non lo rendono meno bello di quanto già non sia. Anzi.
Sembra che qualcosa, dentro Alberto, abbia ceduto. Stevan si chiede se sarà mai possibile rimetterlo a posto.
Waiting for me to say when
Quando Alberto segna il secondo gol al Treviso in amichevole - un gol senza importanza né valore, la conclusione di una carambola che ha l’unico pregio di essere entusiasmante da vedere in replay davanti al televisore - Stevan se lo ritrova a cavalcioni dopo pochi secondi, come se anche quell’assurdità facesse parte della loro azione. Alberto ride come non faceva da... no, Alberto ride come probabilmente non ha mai fatto, non in sua presenza almeno, e lo stringe e lo tocca in modi molto, molto vicini (pericolosamente vicini) a quelli che Stevan ha soltanto sognato nelle notti degli ultimi due anni.
Sembra che qualcosa, dentro Alberto, abbia ceduto. Stevan, senza fiato, si chiede se sarà possibile lasciarlo così com’è.
But I say purple
Quando Stevan indossa la fascia, seppur come sostituto di Alessandro, la sente pesare sul suo braccio come piombo: gli sembra estranea, gli sembra di averla rubata a Riccardo, e gli sembra che Alberto la meriti più di lui (nonostante lui sia stato comunque capitano, a Belgrado, mentre Alberto lo è stato soltanto per una partita). Eppure Alberto, quando vi fa cadere l’occhio, sorride più che mai - è quasi fastidioso, questo suo cambiamento dal suo perenne broncio cupo, e insieme incredibilmente piacevole.
Alla sera, la fascia di Stevan serra dolcemente i polsi di Alberto, e i suoi respiri pesanti e spezzati sono tutti per le sue orecchie. Stevan, nell’istante dell’orgasmo, si chiede se sarà possibile che continui in eterno.
Are those special moods for someone else?
A diciott’anni, Davide è un ragazzino alto e sottile, timido e dallo sguardo determinato; José l’ha osservato a lungo, dal loro arrivo - con discrezione, naturalmente - e ha scoperto un po’ di cose: per esempio, che non è capace di farsi la barba senza provare a sfigurarsi, oppure che in nessun caso potrebbe essere più sessualmente confuso di quanto non lo sia effettivamente.
In un’altra occasione, magari dopo uno dei suoi inconcludenti tentativi (bisogna avere la mente ben contorta, si dice José, e un abbondante spirito masochista per farsi venire una cotta per Mario: poi pensa che ha perso da mesi il diritto per questo tipo di critiche), gli avrebbe rivolto un ghigno compiaciuto, per imbarazzarlo. Invece gli sorride a malapena, sprofondando nei suoi pensieri temporaleschi almeno quanto i suoi capelli mal pettinati. Davide arrossisce, ma corruga la fronte.
Does laughter still discover you?
A quarantasei anni, José è un allenatore severo (“stronzo”, osa Mario, ridacchiando, e mal gliene incoglie) come pochi altri colleghi nella storia del calcio, uno di quelli che non si fa influenzare da alcuna scaramanzia ma che non si fa scrupoli nell’affibbiarti venti serie di ripetute soltanto se provi a distrarti mentre parla.
Davide l’ha sbirciato a lungo sin dall’anno prima - con discrezione, naturalmente: si è reso conto che si è dato tanta pena per nascondere ai loro occhi ciò che condivideva con Zlatan, senza sapere che i relativi, piccanti dettagli viaggiavano di bisbiglio in bisbiglio durante le visite dei ragazzi nelle camere altrui.
Adesso Zlatan se n’è andato (Davide ha paura di dire “per sempre”, non gli piace; non è una cosa cui ci si possa abituare, del resto), e José è così assente da dimenticarsi perfino di strigliarli.
Just because you feel good doesn't make you right, oh no
Il contrasto tra le labbra sottili di Davide e quelle ruvide di José è insanabile almeno quanto la loro sofferenza: Mario è così preso dallo scoparsi mezza L.A. che, Davide ne è certo, non contemplerà mai la possibilità di accontentarsi di molto meno; in quanto a Zlatan, non basteranno anni per lenire il dolore di José per la loro rottura, quindi tanto vale provare a tamponare la ferita fin d’ora.
Davide soffoca un grido inarticolato contro la spalla di José quando l’uomo comincia a farsi sentire dentro di lui, e per quante precauzioni possa avergli riservato resta pur sempre la sua prima volta; contrariamente ai suoi timori da bambino, però, il loro è un incastro accettabile, e, col passare dei minuti, appagante. A José piace, Davide comincia a scoprire che può piacere anche a lui, dunque non si chiedono altro.
Release your doubts
L’Inghilterra non sa che di pioggia, almeno i primi tempi: a fine agosto inizia un’insistente, incessante cascata di acqua sulla sua testa in ogni occasione, superiore anche rispetto alle descrizioni dei miti metropolitani, che gli tiene compagnia per le prime settimane quando Nagore è in Spagna, che diventa fastidiosa dopo il primo mese e che gli risulta assolutamente indifferente entro la fine di ottobre.
Ha imparato a non uscire mai di casa senza un ombrello - evitando accuratamente quelli pieghevoli, buoni soltanto a rompersi alla prima folata di vento - ma soltanto col tempo, naturalmente; né Steven né Alex si stupiscono se di tanto in tanto, alla porta, si ritrovano Xabi bagnato fin dentro le ossa perché è stato sorpreso da un acquazzone improvviso dall’altra parte della città rispetto a casa sua. E Steven si abitua in fretta a vederselo girare per casa con i suoi abiti indosso.
Resist, reborn
L’Inghilterra acquista l’esatto sapore di Steven - ed è già incredibile, per Xabi, come qualcuno possa essere registrato da lingua e cervello in una categoria infinitamente più precisa e dettagliata di “buono” - quando, tamponandogli i capelli con uno dei suoi asciugamani, si arrischia a lasciare un bacio sulla sommità della sua fronte.
Xabi sente un brivido irradiarsi dal punto di contatto tra le labbra di Steven e la sua pelle, scuotergli tutto il corpo infreddolito dal diluvio cui è appena scampato, e ritornare indietro nel giro di un nanosecondo fino a far tremare anche Steven; lo guarda a lungo da sotto in su, seduto sul suo divano - no, sdraiato sul suo divano, e dopotutto fa molto di più che guardarlo già la prima volta.
Poi arrivano la seconda, la terza e la decima, e Steven si abitua in fretta a vederselo girare per casa senza abiti.
I can’t move on
L’Inghilterra soffia la fragranza della nostalgia sulla lingua di Xabi ogni volta che ci torna per seguire una partita del Liverpool: deve ammettere che non gli capita più tanto spesso, perché il calendario al Real diventa sempre più fitto e lui risulta essere praticamente inamovibile dai titolari a meno di squalifiche, infortuni, cataclismi naturali o sciagure di questo genere, ma quantomeno riesce a prendere un aereo almeno una volta a bimestre.
La partita diventa comunque l’ultimo dei suoi pensieri, quando si ritrova a incrociare lo sguardo di Steven quando meno se lo aspetta - quasi sempre, visto che sembra essere perseguitato dalla pioggia, spunta seminascosto da sotto la tela di un ombrello nero abbastanza grosso per entrambi. E visto che, in ogni caso, Xabi non riparte mai senza far tappa nel suo letto, Steven non si abituerà mai abbastanza a vederselo girare per casa con quel sorriso così largo.
I see you
Le mani di Iker sono grandi e impacciate: restano a lungo ferme sui fianchi di David, come se non sapesse bene cosa farne, e a giudicare dallo sguardo sfuggente o dal brivido che lo scuote quando David gli slaccia i pantaloni potrebbe essere davvero così. Ma sono mani degne di un portiere e di un amante, perciò David le dirige con calma, fino al sedere; solo allora torna ad allungare la propria.
Nothing burns like your empathy
Le mani di David sono avide, mai sazie di carezze, sempre pronte a spingersi un po’ più in là di quanto già non fossero (o oltre il consentito). Stretto in una morsa senza uscita - una mano che lo masturba con urgenza, perché per David non c’è nulla di più bello che vederlo godere, l’altra che gli schiude le natiche - Iker geme, e forte; solo allora, torna ad allungare la mano.
All I wanted was someone safe to lean on
La mano di Iker è intrecciata a quella di David, come a chiedergli forza per resistere agli ultimi colpi di David, che scivola dentro e fuori di lui in un modo che riesce ad apparire non solo naturale, ma incredibilmente perfetto.
David si accascia su di lui, sopraffatto, la destra ancora stretta in quella di Iker. Quasi in sincrono, ognuno allunga l’altra mano verso il compagno, in un simmetrico gesto d’affetto.
A/N: Bonus point per voi se siete riusciti a risolvere il facile mistero dietro il conteggio delle parole. XD